sabato 31 ottobre 2015

DOLCETTO O SCHERZETTO? racconto di Federica Gnomo Twins


Dolcetto o Scherzetto?
di Federica Gnomo Twins



Finalmente aveva tirato giù la serranda del negozio e stava cercando di chiudere quella giornata infernale.
Bambini mascherati per tutto il pomeriggio gli avevano svuotato il locale da caramelle e cioccolatini, gratis naturalmente. Non se la sentiva di negare un dolcetto a quei faccini dipinti per fare paura, che di paura non ne facevano proprio, ma solo tanta tenerezza.
Ora però  Tommy, detto Dolcetto da tutti, era stanco.
Stanco morto, non solo del via vai di quel giorno,  ma anche dell’attività ereditata da suo padre. Un buchetto di locale che vivacchiava sul Corso di una città di provincia, stritolato da grandi negozi lussuosi e pieni  di oggetti firmati.
Dolciumi. Vendeva dolciumi e cioccolatini che quasi tutti ormai preferivano comprare nei supermercati.
Non aveva soldi per ristrutturare il suo negozio, che era rimasto vecchiotto, e quasi scompariva tra le luci degli altri.
Spesso la sera, da solo, davanti a una pizza comprata a taglio e una bibita, si chiedeva “ ma perché insisto?” Avrebbe potuto cedere alle pressioni della boutique vicina, che voleva allargarsi. Abbassare  la saracinesca e starsene in pace, magari a fare il commesso da qualche parte. Almeno lo stipendio sarebbe stato sicuro …ma era un romantico, un romantico goloso di emozioni.
Inchiavò le serrature. Stanotte ci avrebbe pensato. Seriamente. Non erano tempi da fare i sentimentali. Che importanza potevano avere i ricordi di lui e suo padre intenti  a scartare pacchi in arrivo pieni di caramelle colorate, o  affondare le mani in quel mare  profumato  per  sistemarle in sacchi e barattoli. Era piccolo eppure già aiutava in bottega. Si arrampicava sulla scala lunga e misteriosa che portava al soppalco perché era agile,  e faceva cadere fra le braccia del padre cioccolate e pupazzi sotto lo sguardo vigile del nonno, che ancora si ostinava a stare dietro al bancone.
Un mondo magico. Da cui aveva preso il soprannome: Dolcetto.
Così lo chiamavano in casa;  poi era divenuto grande, il nonno era morto, il padre era andato in pensione  e lui aveva ereditato l'attività ma per tutti era rimasto Dolcetto.
Si alzò dalla scomoda posizione.  Le serrature stavano in basso e giravano male.
Come la sua vita. Era anche infreddolito.Non vedeva l'ora di correre a casa per scaldarsi.
Un voce lo fece sobbalzare, e poi un tocco leggero sulla spalla.
    "Scusa è troppo tardi per chiederti qualcosa?"
Tommy si voltò. Un volto truccato di nero, profondo e  oscenamente bello lo colpì.
   "Mi hai messo paura!" fu la prima risposta. "Veramente…sto …sto chiudendo…Anzi ho chiuso" balbettò poi.
   "Peccato!"rispose la ragazza, facendo una smorfia," volevo un dolcetto…"
   "Stai scherzando? Non sei troppo adulta per queste cose?" continuò  inquieto Tommy.
   "Forse… ma mi piace questa festa,   e da quando ero bambina  non ho mai smesso di truccarmi da vampiro e vestirmi di nero, per Halloween".
Tommy notò, infatti , che era vestita completamente di nero, e con un lungo mantello.
  "Sei un tipo originale. Piacere di averti conosciuto, ora se non ti dispiace vorrei andare a casa" tagliò corto, sempre più turbato.
Ci mancava solo una squilibrata per finire degnamente la giornata di Halloween.

  "Posso fare due passi con te?"chiese la sconosciuta.
  "Veramente …mi devo fermare in pizzeria, e poi ho un impegno…"cercò di accampare Tommy, per levarsela di torno.
  "Vai a fare dolcetto o scherzetto a qualcuno?" chiese maliziosa la ragazza, sollevando il sopracciglio e facendo brillare un piercing che lo  intimorì.
 "Sì, ecco, brava…vado dalla mia fidanzata a fare dolcetto e scherzetto, e magari bacetto".
Si immaginò di stare in compagnia. Con gli amici. Gli venne in mente  solamente  il suo cane. In realtà non aveva nessuno…meno che meno un amore con una donna.
 "Sei un bugiardo!" lo schernì la ragazza."Non vai da nessuno".
 "Ma che ne sai? Mi stai facendo girare le palle! Vedi di svolazzare a largo…"si stupì delle sue stesse parole. Era stato lui? Lui a parlare? Lui, Dolcetto, affabile, paziente, timido?
 "Ehm…Vuoi veramente che vada? Vuoi stare da solo? Eppure stasera dovremmo stare insieme noi due".
 "Insieme? E a fare cosa?" chiese camminando velocemente per raggiungere la pizzeria e togliersi il pazzo dai piedi.
 "Dolcetto o scherzetto!" rispose quella.
 "Ma sei ubriaca o fatta di cocaina?"chiese Tommy.
 "Nessuna  delle  due cose".
 "Senti cosa, io non ti capisco quando parli, vedi di lasciarmi in pace. Il negozio è chiuso, non ho caramelle in tasca, non mi va di fare due passi con te, non…non…"non terminò la frase che si ritrovò sbattuto contro il muro.
 "Mi stai facendo innervosire…"fece la ragazza mora stingendolo e schiacciandolo per poi parlargli in faccia.
 "Guardami bene…Chi sono io?"
 "E che ne so?"
 "Non hai immaginazione?"
 "No, mi ha sempre fatto difetto, sarà tutto lo zucchero che ho mangiato".
  La ragazza vestita di nero dal volto spendente sorrise e si presentò:
 "Sono Scherzetto. Piacere!"
Tommy strabuzzò gli occhi.
 "Ma la pianti di prendermi per il culo?"
Stava diventando volgare.
Riprese a camminare a passo veloce, con l’altra alle spalle, come un’ombra.
Che senso aveva tutto questo?
 "Aspettami!" ordinò Scherzetto
 "Tu sei pazza!" rispose Tommy correndo verso casa.
Alla porta si fermarono.
 "Allora facciamo Dolcetto o Scherzetto?" chiese la sconosciuta.
 "Facciamo che ora entro e mi lasci in pace!?" rispose Tommy, cercando le chiavi di casa nelle tasche.
 "Allora?"
Tommy ci pensò. Magari quella era una svitata che voleva solo una risposta alla domanda come le decine di ragazzini venuti al negozio, poi se ne sarebbe andata.
 "Dolcetto…"rispose un po' esitante.
 "Risposta esatta!"urlò l' affascinante ragazza.
 "E ora te ne vai?"
 "Non proprio…devo prendermi prima il Dolcetto che mi spetta…"e si avvicinò  per baciarlo.
 "E' uno scherzo?"chiese turbato Tommy.
 "Sì…uno Scherzetto!"
E così, in una notte di luna piena, Dolcetto si fidanzò con Scherzetto e visse per sempre felice con lei nel suo magico negozio di dolci stretto tra le sue braccia e i grandi negozi lussuosi del centro.

FINE

venerdì 23 ottobre 2015

IN CUCINA CON LO SCRITTORE. O meglio scrittrice, Maura Maffei, autrice di “Feuilleton”, Edizioni della Goccia, 2015

Oggi salutiamo e ringraziamo Maura Maffei, autrice di “Feuilleton”, Edizioni della Goccia, settembre 2015 per averci aperto la porta della sua cucina.


Dublino, 1894. Nella cronaca rosa del quotidiano si parla di sir Ardal Mac Corra, giovane e ricco industriale tessile, e della bella moglie Sibéal, figlia d’un attore morto alcolizzato. I loro screzi e flirt, assai ghiotti per i lettori, hanno persino soppiantato la pagina destinata al “feuilleton”.
Il giornalista Doug Doherty propone a Sibéal di convivere con lui. Lei non lo ama ma lo frequenta perché malata di solitudine. È indecisa. Così irrompono i ricordi, dall’infanzia disagiata al matrimonio con Ardal, che l’ha lasciata la sera delle nozze, alla rivelazione: «Ti ho sposato solo per il tuo danaro!»
Durante un drammatico colloquio, Ardal rifiuta a Sibéal il divorzio. Allora lei, che lo ritiene un bigotto, schiavo delle convenienze, decide di estorcerglielo. Lo segue di nascosto, sperando di sorprenderlo con un’amante. Ciò che scoprirà in quella notte sarà una rivelazione inaspettata.

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La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Amo la cucina casalinga, con i sapori di una volta, delle buone cose che mi cucinava la nonna e che riempiono i ricordi di colori e di aromi. Amo anche cucinare, sebbene io non abbia molto tempo da dedicare ai fornelli. Mi piace preparare piatti gustosi e dietetici, sostituendo i condimenti troppi grassi con le spezie e le erbe selvatiche, dato che sono pure erborista.

Lo fa per dovere o per piacere?
Un po’ per entrambe le cose: sono responsabile dei pasti di mio marito e di mia figlia, che mangiano quasi sempre a casa, e quindi ci tengo a offrire loro cibi sani e nutrienti, ma è anche un piacere perché in ciò che preparo mi lascio trasportare dalla fantasia e dal desiderio di variare spesso il menù quotidiano.

Invita spesso amici a casa o è ospite di altri?
È una gioia invitare gli amici, per condividere con loro un dialogo costruttivo e sereno intorno alla tavola. Mi diverto ad apparecchiarla cercando di accordarla alla personalità degli ospiti che verranno.

Ha mai conquistato un uomo cucinando?
Ammetto che, quando ero fidanzata con Paolo, mi impegnavo di più nell’inventare ricette o nel cercare piatti insoliti o esotici da preparare, Adesso che è mio marito da ormai 21 anni prevale la necessità di scegliere cibi soprattutto salutari.

Vivrebbe con  un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Quando abbiamo ospiti, mi è gradito che mio marito mi dia una mano in cucina, per preparare tutto in tempo e nel miglior modo possibile. Altrimenti, per i pranzi e le cene di ogni giorno, preferisco essere io sola a gestire mestolo, mezzaluna e tagliere…

Quando ha scoperto questa sua passione?
Ho iniziato a cucinare più o meno quando ho iniziato a scrivere: da bambina. Preparavo le prime torte, con l’aiuto di mia nonna Teresina, mentre scrivevo i primi racconti.

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Allora abitavo ancora a Savona: la domenica mia mamma Elda e mio papà Angelo caricavano il barbecue sulla macchina (un maggiolino VW) e mi portavano sul Monte Beigua, che si trova nell’entroterra di Varazze. Qui cucinavano la carne en plain air, raccogliendo il timo, il serpillo e il ginepro freschi per insaporirla. Non dimenticherò mai il profumo di quelle grigliate della mia infanzia. Come ricordo con la stessa nostalgia le frittelle di fiori di acacia che, a primavera, friggeva la  mia mamma o i fiori di zucca ripieni di ricotta e pangrattato.

Ha un piatto che ama e uno che detesta?
A dire il vero mangio di tutto, o meglio mangio tutto quello che mi è permesso, visto che sono intollerante a una trentina di alimenti, tra cui il grano, il latte, le uova, il lievito e, purtroppo, le nocciole. Mi piacciono molto il pesce e le verdure, quindi uno dei piatti che preferisco è senz’altro la zuppa di pesce, come la cotriade tipica della Bretagna. Mi attirano meno i piatti assai elaborati: ecco, al ristorante non sceglierei mai le lasagne al forno o le melanzane alla parmigiana!

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Il rosso delle ciliegie candite o l’azzurro del gelato gusto puffo!

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale che la fa stare concentrato a scrivere?
Mentre scrivo non ho mai fame: se sono sola a casa, potrei continuare per ore, lasciando perdere persino i pasti canonici. Al limite sgranocchio un pezzetto di cioccolato amaro, di quello che contiene almeno l’85 % di cacao.

Scrive mai in cucina?
Scrivo quasi sempre in cucina, perché il tavolo è più grande della scrivania e mi permette di tenervi aperti sopra tanti libri contemporaneamente. Scrivendo romanzi storici d’ambientazione irlandese, infatti, ho bisogno sempre il vocabolario e la grammatica in lingua gaelica e monografie sul periodo storico che fa da sfondo al libro.

Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
A volte scrivo anche nello studio: più che altro vi rileggo testi già ultimati, perché mi piace limare lo stile per renderlo il più possibile scorrevole e musicale. Se, invece, ho bisogno della massima concentrazione, esco di casa e vado in biblioteca. Il mio ultimo romanzo, ad esempio, per esigenze varie l’ho composto tutto nella Biblioteca di Alessandria.
Non ho un orario fisso, per scrivere: di solito scrivo al pomeriggio, perché al mattino tengo in ordine la casa. Ma qualsiasi momento è buono per trasporre sulla pagina la giusta ispirazione.

 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
A causa delle mie intolleranze alimentari, non posso mangiare né panini né tranci di pizza. Se sono molto presa, piuttosto mangio un piatto di frutta. Se ho l’idea giusta da sviluppare mi si chiude lo stomaco e, cioccolatino amaro a parte, lavoro a oltranza.

Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Risale al mio primo viaggio in Irlanda: mia mamma, conoscendo la mia passione per l’Isola di Smeraldo, mi regalò una vacanza tutta irlandese per la mia brillante promozione all’esame di terza media. Vi arrivammo con treno e traghetto (ancora adesso non amo volare). Ricordo che la mia prima colazione nell’albergo di Dublino fu un po’ scombussolata dalla mia gioia di essere finalmente là: ero talmente emozionata che versai nel the il sale al posto dello zucchero e che lo bevvi ugualmente perché nessuno si accorgesse che avevo combinato un pasticcio. È stata la tazza di the più disgustosa della mia vita!

Lei è una scrittrice di romanzi storici: quando esce a cena con i suoi figli o amici che tipo di locale preferisce? E quando esce con suo marito? Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
In ogni caso prediligo le osterie o le trattorie tipiche, in cui si preparano piatti regionali e cibi cosiddetti poveri. M’intrigano le reti appese alle pareti o le foto incorniciate che risalgono a un secolo fa oppure le stoviglie di terracotta o le formelle di rame sulle credenze velate di pizzi antichi…
Ordino ciò che è semplice e che è insolito, nel senso che non si mangia comunemente. Non prendo mai primo e secondo insieme: scelgo uno dei due, con un antipasto di verdura o con un contorno.

Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Il 2 ottobre scorso, qui a Casale Monferrato, che è la mia città, c’è stata la prima presentazione assoluta del mio romanzo “Feuilleton”. Si è tenuta in una splendida chiesa barocca, ossia la chiesa di Santa Caterina, che è un gioiello da restaurare e per questo è stata istituita una Onlus per valorizzarlo e per sensibilizzare l’opinione pubblica. Sono stata quindi ospite del Santa Caterina Welcome Center che, grazie all’appoggio di produttori locali, mi ha organizzato un aperitivo da favola nel coro ligneo della chiesa (avrebbe dovuto essere sul sagrato, ma quel giorno pioveva), con tartine spalmate con i nostri intingoli monferrini, con fette di muletta, che un prezioso salame della zona, e con il buon vino rosso delle nostre colline. È stato davvero molto apprezzato dal pubblico intervenuto.

Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  “Feuilleton” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Il cibo è mai co-protagonista?
Molte scene dei miei romanzi si svolgono a desco, perché essere insieme intorno alla tavola facilita il dialogo o mette in evidenza le tensioni latenti tra i personaggi. Quindi mi capita spesso di descrivere che cosa si mangia, anche se non posso affermare che il cibo assurga a ruolo di protagonista. In “Feuilleton” ci sono tre episodi fondamentali che avvengono a cena, perché quando si è seduti uno di fronte all’altro ci si guarda negli occhi e si ritrova il coraggio delle parole e delle decisioni.

“Feuilleton” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Sicuramente “Feuilleton” è legato all’Irish stew, ossia allo stufato irlandese, quello che non manca mai sulla tavola dei miei protagonisti nelle occasioni importanti. Forse è il piatto irlandese più conosciuto nel mondo, ma io l’ho scelto per giocare con l’apparenza, ingannando il lettore con un tradizionalismo che può essere rigido e incolore o mascherare piuttosto valori più profondi di quelli che trapelano a prima vista. Ciò che è tradizionale, per me, ha sempre in sé il fascino e la nostalgia di un’Aurea aetas da riscoprire.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio?
*IRISH STEW ALLA FEUILLETON*



Ingredienti: (dosi per 4-5 persone)
-        700 grammi di polpa di montone;
-        300 grammi di patate;
-        300 grammi di cipolle;
-        2 o 3 carote;
-        sale e pepe, quanto basta;
-        un mazzetto di odori.

Preparazione:
Scegliete la carne di montone, prediligendo un taglio tenero e poco grasso. Se vi trovate nella stagione giusta, potete sostituirla con quella d’agnello o d’agnellone. Passatela sotto l’acqua corrente e tagliatela a cubetti regolari, piccoli ma non troppo, che porrete in una casseruola con i bordi abbastanza alti.
Mondate, a questo punto, le verdure e gli aromi. Le patate e le cipolle andranno sbucciate e ridotte a dadini o affettate, come preferite, mentre le carote, dopo essere state accuratamente spazzolate o addirittura raschiate, andranno fatte a rondelle sottili.
Mescolate i pezzi di patate, di cipolle e di carote alla carne e coprite il tutto con acqua fredda.
Accendete il fuoco e portate a bollore. Dopo aver eliminato la schiuma che affiora in superficie, conviene assaggiare e regolare di sale e, volendo, di pepe. Gli aromi dovranno essere aggiunti a metà cottura: vi consiglio il prezzemolo, la maggiorana e l’erba cipollina ma, pur evitando i sapori troppo mediterranei, può andar bene quant’altro vi suggerisce la vostra fantasia.
Occorre cucinare lo stufato a fiamma dolce, facendolo sobbollire, per un tempo compreso tra l’ora e mezza e le due ore, controllando che non asciughi troppo e incorporando eventualmente un mezzo bicchiere d’acqua quando serve. A cottura ultimata, il suo aspetto dovrà essere vellutato, non troppo liquido e la carne si presenterà in dadini compatti ma decisamente morbidi.
Questa che vi propongo è la versione tradizionale, casalinga, del piatto più famoso della cucina irlandese che, non prevedendo l’impiego di grassi aggiunti, risulta anche assai digeribile.
Vi segnalo tuttavia una variante, più elaborata, che a volte viene servita nei ristoranti e che, sinceramente, mi convince meno. Non è un vero e proprio stufato ma assomiglia piuttosto a una cosiddetta blanquette. Se volete provarla, procedete come sopra. Quando però la carne comincerà a essere tenera, toglietela dalla pentola e passatela in una besciamella fatta con farina, burro e, anziché il latte, un po’ del liquido di cottura dello stufato stesso, affinché la salsa rimanga fluida. Cuocete il montone nella besciamella per una decina di minuti, quindi rituffatelo nello stufato, date ancora una fiammata e poi servite.

Quale complimento le piace di più come cuoco?
Mi fa piacere quando i commensali mi dicono che ciò che ho preparato è digeribile e che le portate sono ben armonizzate tra loro.

E come scrittore?
Sono orgogliosa quando i lettori affermano che le storie che narro sono vere, che i personaggi fanno parte del loro vissuto e che le pagine dei miei romanzi hanno suscitato in loro delle domande. Sono infatti convinta che ogni romanzo debba essere l’occasione di un dialogo tra chi scrive e chi legge, per riscoprire insieme ciò che conta davvero nel nostro esistere.

Che frase tratta dalla sua opera possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Da “Feuilleton”, Libro III, Capitolo II:
“Lo aveva atteso: tanti piccoli segnali glielo testimoniavano e lo facevano gioire. […]
Passando davanti alla cucina, aveva assaporato infine l’odore pieno dello stufato d’agnello. Era tradizione che comparisse sulla mensa dei Mac Corra in tutte le occasioni importanti. E c’era la tovaglia migliore, sul tavolo. L’argenteria e le posate erano state lucidate. Scintillavano. Un vino rosato sprigionava la sua nota cupa sotto i cristalli del lampadario.”

Grazie per la sua disponibilità

 Vuoi sapere di più sull'autrice?

Maura Maffei è ligure di nascita e piemontese d’adozione. Erborista, cantante lirica, impegnata nel volontariato come insegnante di Metodo Billings per la regolazione naturale della fertilità di coppia e come presidente diocesano di Azione Cattolica Italiana, ha pubblicato con Marna 2 romanzi, Il traditore (1993) e Le lenticchie di Esaù (2003), e il saggio sul diario di guerra del capitano Pietro Apostolo, intitolato La Lunga strada per Genova (2007). Per la prestigiosa Casa Editrice irlandese Coiscéim, specializzata in testi in lingua irlandese, ha pubblicato il romanzo storico medioevale An Fealltóir (1999). Ha collaborato per sette anni con la rivista Keltika, a diffusione nazionale e vendita in edicola (la testata ha chiuso nel 2007), firmando oltre 200 articoli monografici sulla storia, la cultura, la letteratura e la musica in Irlanda, Scozia, Cornovaglia, Bretagna e Galizia. Il 28 aprile 2012 il suo romanzo inedito Feuilleton ha vinto una puntata della trasmissione di RAI Radio 1 Tramate con noi. Finalista nel 2012 al Torneo IoScrittore di GeMS, ha pubblicato il 24 aprile 2013 in e-book il romanzo storico Astralabius, ambientato nella Francia XII secolo e ispirato al contrasto dottrinale che oppose il filosofo bretone Pietro Abelardo a san Bernardo di Chiaravalle. Il 25 ottobre 2014 la sua tragedia An Nuachar – Lo sposo  (che aveva ottenuto la medaglia di bronzo al XX Premio Firenze 2002) si è classificata seconda, ma prima classificata nella sezione Teatro, al Concorso Letterario Nazionale Cinquantesimo Marcelli ed è stata pubblicata nel dicembre dello stesso anno in edizione digitale.
Il 30 agosto 2015 il suo romanzo La sinfonia del vento ha vinto il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale “San Domenichino – Città di Massa”, nella sezione narrativa inedita; il romanzo sarà pubblicato nella primavera del prossimo anno.
Intanto, oltre a Feuilleton, pubblicato da Edizioni della Goccia a fine settembre 2015, l’autrice ha altri libri in pubblicazione: il suo romanzo più ampio, pensato come una saga familiare, scritto a quattro mani con il linguista, scrittore e storico irlandese Rónán Ú. Ó Lorcáin e intitolato Dietro la tenda, sarà presto pubblicato dalla Casa Editrice piacentina Parallelo45 sotto forma di trilogia. Il primo volume, Dietro la tenda – La fragilità della farfalla, uscirà probabilmente già per Natale. Seguiranno nei prossimi mesi Dietro la tenda – L’ala del corvo e Dietro la tenda L’astuzia della volpe, tutti ambientati nel Connemara del XVIII secolo.










giovedì 15 ottobre 2015

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Jean-Christophe Casalini,autore di OTTO. Luce e Ombra, Vertigo Edizioni, maggio 2015





Oggi salutiamo e ringraziamo per averci aperto le porte della sua cucina Jean-Christophe Casalini, uomo poliedrico e affascinante. Un design del suono e l’autore di OTTO. Luce e Ombra /
Vertigo Edizioni (Maggio 2015), ISBN 9788862063517.  

Otto è un romanzo noir, gotico, demoniaco, visionario. E’ la storia di un aspirante mago che si trova costretto ad affrontare il comportamento anomalo del suo riflesso, capace di un’autonoma vitalità, che in breve tempo lo porta alla catastrofe completa. Ma quando tutto sembra ormai perduto, un accordo stretto proprio tra Otto e il suo riflesso ribalta la situazione portandolo a raggiungere il successo tanto desiderato. Ma niente, nel romanzo di Jean-Christophe Casalini, è come sembra e in breve tempo la situazione prende un piega assurda, a tratti allucinante. In un crescendo di suspense e di violenza. Sarà Anna, la sua compagna, a scoprire la verità. La vita dei protagonisti sarà più volte sconvolta, tra omicidi, spettacoli ed eventi demoniaci. Un romanzo di indubbia attrazione, capace di coinvolgere il lettore oltre la sua volontà, dove il Male veste i panni affascinanti del successo e del potere senza confini.
Acquistabile on line:
AMAZON
http://www.amazon.it/Otto-Luce-ombra-Jean-Christophe-
Casalini/dp/8862063512/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1444146756&sr=1-
1&keywords=otto.+luce+e+ombra
FELTRINELLI
http://www.lafeltrinelli.it/fcom/it/home/pages/catalogo/searchresults.html?prkw=otto.+luce+e+
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HOEPLI
http://www.hoepli.it/libro/otto-luce-e-ombra/9788862063517.html
IBS
http://www.ibs.it/code/9788862063517/casalini-jean-christophe/otto-luce-ombra.html
WUZ
http://www.wuz.it/libro/Otto-Luce-ombra/Casalini-Jean-Christophe/9788862063517.html
EBAY
http://www.ebay.it/itm/Otto-Luce-e-ombra-Casalini-Jean-christophe-
/131524229894?pt=LH_DefaultDomain_101&hash=item1e9f747b06

La prima domanda di rito è: ti piace mangiare bene? E cucinare?
Mi piace mangiare bene e vario. Ho una famiglia ‘europea’ tra Italia, Danimarca, Francia, Austria, ogni incontro con i parenti diventa una splendida occasione per ritrovare sapori apprezzati sin dall’infanzia. Ho sviluppato il piacere per qualsiasi pietanza grazie alle differenze culinarie colte tra un paese e l’altro. Quando viaggio ricerco sempre il prodotto tipico di ogni luogo,  mi diletto anche tra i prodotti tipici regionali e locali che in Italia hanno reso la nostra cucina la più poliedrica del mondo.  Mi piace anche cucinare, è una passione. A detta di altri, sembro avere un dono. Mi capita purtroppo poche volte per via del tempo che mi è sempre contro, ma quando mi ci applico, il risultato è sempre un piatto prelibato.

Lo fai per dovere o per piacere?
Il più delle volte mi nutro velocemente, con i minuti contatti. Non mi vergogno ad ammetterlo, sono prigioniero della nostra frenesia umana. Il lavoro mi costringe ad optare per la facilità di piatti veloci, il più delle volte preconfezionati. Quando invece riesco a ritagliarmi del tempo libero in cucina, mi diverto a provare pietanze da solo che poi ripropongo ai miei invitati nei momenti conviviali.

Inviti spesso amici a casa o sei ospite di altri?
Vorrei poter invitare più spesso gli amici a casa mia. Ho una cucina open-space con zona pranzo e salotto e l’interazione con i presenti è sempre piacevole. Il più delle volte infatti finisco tardi di lavorare. Devi sapere che oltre ad essere uno scrittore, sono un produttore pubblicitario, un lavoro che amo nonostante le consegne sempre in urgenza! Mi è più semplice incontrare gli amici ad un ristorante. Ne approfitto per assaggiare pietanze nuove e per carpire i segreti e gli accostamenti dei cuochi professionisti. Invece, quando sono ospite degli amici, do delle grandi soddisfazioni perché divoro tutto e non lascio mai niente sul piatto. Sono la soddisfazione dei cuochi.

Hai mai conquistato una donna cucinando?
Sin dalle prime volte che ho cucinato, ho cominciato a credere che i miei piatti fossero afrodisiaci…

Vivresti con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Ho avuto per molti anni una compagna pigra in cucina, la quale mi faceva pervenire delle pietanze squisite da sua madre, ma a lungo andare ho sentito mancare l’intimo scambio reciproco delle esperienze in cucina e il piacere di profumi e sapori da ricercarsi insieme.

Quando hai scoperto questa tua passione?
Mio padre, regista, era un cuoco a dir poco incredibile. La ricetta che vi propongo oggi è sua. Quando si metteva ai fornelli superava di gran lunga millantati cuochi professionisti. I suoi piatti erano intensi, equilibrati. Gli ospiti e io stesso chiedevamo sempre il bis. Inoltre, aveva un dono nell’abbinamento dei vini, una passione che ha saputo trasmettere. Molte volte, in famiglia, abbiamo fantasticato e pensato di aprire un ristorante. Da mia madre, pittrice, ho imparato che anche l’occhio vuole la sua parte; i suoi smørrebrød danesi dai colori sgargianti e dalla combinazione estetica di carni, legumi, sottaceti e salse erano infatti dei quadri.
Ritengo di aver colto il meglio da entrambi.

Ci racconti il tuo primo ricordo legato al cibo?
Lo ricordo come se fosse ieri. Da piccolo, nostra madre tendeva a bruciare le cose per distrazione e quando mio padre decise per la prima volta a prepararci la cena – allora ignorava di avere un talento – noi lo rimproverammo perché il suo piatto era privo di quel tipico retrogusto di bruciato che, a nostro dire, solo nostra madre sapeva abilmente ‘creare’!

Hai un piatto che ami e uno che detesti?
Li amo tutti. Devo ancora provare gli insetti e sono certo che apprezzerò anche quelli. Speravo che l’Expo potesse essere una occasione per allargare gli orizzonti, ma ho avuto la terribile delusione della kermesse di brand transnazionali.

Un colore dominante proprio di cibi che ti disgustano?
Di un colore specifico, no. Posso essere sospettoso perché i miei sensi mi inducono ad esserlo quando vedo colori che non corrispondono alla naturale cromia del cibo o di una bevanda, ma da curioso quale sono, mi presto sempre ad un assaggio; sentito il sapore, se mi piace, procedo.

Quando sei in fase creativa hai un rito scaramantico legato al cibo? Prendi caffè? O tè, una bibita speciale che ti fa stare concentrato a scrivere?
Ottima domanda che mi porta a focalizzare una cosa alla quale non avevo mai prestato attenzione. Mi piace sorseggiare il tè, prediligo quelli fruttati ed esotici. Altrimenti, mi capita di sorseggiare un buon calice di vino da meditazione, tendenzialmente quelli rossi, corposi e decisi.

Scrivi mai in cucina?
Ho una isola con uno snack bar e sgabelli all’americana dove molto spesso mi metto a scrivere. Ho la comodità di avere tutto a portata di mano per prepararmi il tè e sgranocchiare qualcosina di veloce quando lo stomaco reclama la sua attenzione.

Altrimenti dove ami scrivere? e a che ora ti viene più naturale?
Mi piace molto scrivere sulla chaise longue, con le gambe distese e il computer sui quadricipiti; questo mi succede quando faccio tardi. Metto la mia concentrazione volutamente a dura prova. Ho una regola ben precisa: al primo cedimento nell’attenzione, dovrei alzarmi per andare a letto, mentre il più delle volte mi ritrovo addormentato in piena notte con il computer ancora acceso. J

Ti compri cibo pronto (tramezzini, pizza, snack) o cucini anche quando sei molto preso dalla scrittura?
Se sono da solo, preferisco non interrompere il flusso creativo per dilungarmi sui fornelli. Mi organizzo con snack, cracker, grissini e altri carboidrati che poi brucio con una sana corsa. Se voglio qualcosa di caldo, ho scoperto i risotti liofilizzati al quale si aggiunge acqua e che non richiedono grande attenzione se non mescolare ogni tanto; così riesco a dedicarmi alla narrazione, mentre il cibo si prepara da solo.


Che tipo di cibo desideri di più quando scrivi e sei preso dal tuo lavoro? Salato o dolce?
Dolce il mattino, salato a seguire. Questo succede sia che io scriva o mi affaccendi in altre cose.

Hai un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che ti è accaduta?
Ho il ricordo di un viaggio durante le riprese di un telefilm la cui storia si svolgeva in tutto il mondo ‘Interbang!? Le 7 Torri di Pisa’, nel quale ero uno degli attori protagonisti. Ero con la troupe su un treno che percorreva tutta la costa tailandese verso Sud per raggiungere Koh Samui quando ancora non esisteva l’aeroporto. Non esisteva il turismo che si riscontra oggi e la nostra presenza fu motivo di attenzioni e sorrisi da parte dei passeggeri. Un tizio spingeva uno scaldavivande lungo le carrozze aperte per vendere e servire del Tom Yam, una zuppa a base di citronella e ingredienti vari, in questo caso era di pollo e latte di cocco. Da italiani curiosi, la assaggiammo tutti. Con terribile sorpresa, scoprimmo per la prima volta cosa fosse il vero piccante sotto gli occhi divertiti dei passeggeri che erano rimasti stupiti della nostra scelta temeraria. Per orgoglio procedetti con alcune cucchiaiate, ma dovetti desistere suscitando l’ilarità di tutti. Fu l’assistente operatore a salvaguardare l’onore del nostro paese portando a termine l’ardito compito di pulire il piatto. Sollevò la scodella vuota e strappò un applauso generale.

Tu sei uno scrittore gotico, di thriller, horror, demoniaco, visionario, quando esci a cena con i tuoi figli, o amici  che tipo di locale preferisci? E quando esci con la tua compagna?
I miei figli prediligono i fast food dai quali non mi sottraggo perché adoro tuffarmi nel trambusto per cogliere lo spaccato umano davanti alle opzioni da scegliere in fretta. Colgo una affinità nella vicissitudine reciproca dei consumatori in fila, legata al tempo che sembra sempre corto tanto da richiedere di essere ottimizzato fino al secondo per non creare ingorghi. E’ un aneddoto della vita. Se attendi, rimandi, accumuli ritardo fino a ingolfare la tua vita. Ritrovo nelle scelte veloci, efficaci e mirate, la mia disciplina per evitare di perdere tempo quando scrivo momenti di azione.
Con gli amici variamo dal giapponese - in questi anni è di tendenza - alle trattorie. L’importante è trovare situazioni dove poter parlare e condividere il piacere della tavola. Si varia nel cibo come nei nostri dialoghi. Si parla di tutto, si mangia di tutto. Si vive nella curiosità e nella ricerca condivisa.
Quando esco invece con la mia compagna, cerco sempre un posto intimo, tranquillo, senza distrazioni. Rallento appositamente il ritmo per cogliere al meglio il momento che è poi simile alle situazioni che mi creo per scrivere pensieri ed emozioni; in fondo, ogni momento passato insieme è una storia che va delineandosi e che richiede la massima attenzione e nel contempo spontaneità. Come un libro, ogni incontro diventa un atto d’amore.

Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
In ogni occasione, provvedo ad un rinfresco per creare situazioni di convivialità tra i presenti. L’ho imparato sui miei set di film perché ritengo che l’atto di offrire il cibo o una bevanda ai propri dipendenti e colleghi siano l’opportunità per distrarsi un attimo e per alleggerire il carico delle tensioni accumulate poco prima o per prepararsi al divenire. E’ un punto di incontro fondamentale tra il proprio corpo che si rigenera e la mente che si scarica. Questo vale anche per le presentazioni e i monologhi che ho sostenuto nelle mostre di mia madre in giro per l’Europa, così come per il book tour del mio romanzo. In questi casi, è fondamentale far sentire gli astanti a loro agio, far sentire loro il flusso comunicativo del dare. Si dona cibo, così come si donano emozioni racchiuse nel proprio romanzo e altre ancora da comunicare con un dialogo. Nell’offrire qualcosa agli altri, ci si pone nella condizione di una apertura verso il prossimo. Chi riceve si mette nella posizione di ascoltare, di percepire. Il cibo diventa il mezzo per far capire la direzione del flusso informativo ed emotivo.

Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  “OTTO. Luce e Ombra” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Il cibo è mai co-protagonista?
Otto sfugge alle riprese e alle fotografie perché è un essere diventato irreale, disumano. Egli non mangia, non beve. Il cibo è volutamente non descritto nella storia perché il personaggio non si nutre di sostanza, ma di luce. La luce è il suo unico approvvigionamento energetico. Nel romanzo descrivo una cucina senza citare alcun alimento, pentolame o posate. E’ un luogo amorfo, inutilizzato a differenza degli altri luoghi ben descritti. Porto il lettore a cogliere inconsciamente informazioni nascoste attraverso le cose non scritte. E’ nell’assenza degli elementi, come ad esempio del cibo, che il lettore percepisce le stranezze che permeano la nuova vita di Otto, ponendosi gli stessi dubbi della sua compagna Anna fino a scoprire la terribile verità.

“OTTO. Luce e Ombra” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Verrebbe spontaneo pensare ad un piatto di spaghetti al nero di seppia, ma preferisco citare il piatto che ho suggerito durante una intervista con una tua collega blogger: per far comprendere come sia la storia del mio romanzo, ho proposto un tortino al cioccolato scuro con una leggera sfarinata di zucchero a velo posto su un piatto nero come la copertina del libro. È un piatto che, di primo impatto, incute sensazioni contrastanti tra il terrore, il mistero e la dolcezza; ad assaggiarlo si scopre che l’interno è denso, carico e imprevedibile come il cacao.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio?

-        LINGUINE ALL’ASTICE (4 porzioni)
-        TEMPO 15’/20’
-        500 grammi di linguine
-        600 grammi di astice minimo (suggerisco già precotto congelato 2x 300 grammi)
-        500 grammi di polpa di pomodoro
-        15 grammi di burro
-        2 bulbi Aglio (va bene anche quello surgelato)
-        1 bulbo Scalogno (va bene anche la cipolla classica)
-        Vino bianco o rosato (lo stesso che servirete con il piatto)
-        Brandy (va bene anche del Rum invecchiato)
-        Olio di Oliva Extra Vergine
-        Sale grosso (suggerisco quello Oceanico)
-        Sale (suggerisco quello Himalayano)
-        Zucchero
-        Timo
-        Peperoncino in polvere
-        Prezzemolo fresco


PENTOLA: Portate l’acqua a bollire dentro una pentola capiente, aggiungendo una bella manciata di sale grosso.
TAGLIERE: Preparate l’astice, se è congelato come nella preparazione di oggi, mettetelo sott’acqua in una bacinella, ripulitelo da tutto il ghiaccio che avrete sciolto sotto l’acqua corrente e asciugatelo. Spezzatelo in più pezzi, distaccandone gambi, testa e chele. Rompete il guscio delle chele e delle zampe. Potete utilizzare uno schiaccianoci per lo scopo.
Tritate lo scalogno, poi  l’aglio togliendone il cuore e schiacciandolo.
PRIMA PADELLA: Soffriggete a fuoco lento l’aglio senza dorarlo e lo scalogno senza rosolarlo con un po’ di olio di oliva, bagnandoli con il vino che accompagnerà poi il piatto sul tavolo. Mescolate con un cucchiaio di legno. Quando la cipolla sembra sciogliersi aggiungete la passata di pomodoro, salate e aggiungete un pizzico di zucchero per toglierne l’acidità. Aggiungete un pizzico di timo.
Recuperate con un cucchiaino l’interno della testa per aggiungerlo al sugo che si sta scaldando. Mescolate.
TIP: Uso questo trucco per evitare di avere il sapore del pomodoro ‘distaccato’ dal gusto dell’astice.
Se serve mantenere morbida la consistenza del sugo, aggiungete pure un cucchiaio di acqua di cottura dalla pasta ogni tanto.
PENTOLA: L’acqua nel frattempo sta bollendo, buttate le linguine senza spezzarle.
SECONDA PADELLA: Nel frattempo in una seconda padella molto ampia o un wok, scaldate del burro senza imbrunirlo e scottate le code di astice per 1 minuto a vuoto veloce, serve a sigillarle e renderle ferme. Alche riducete la fiamma e aggiungete il resto dell’astice che si svuoterà dell’acqua interna evaporandosi. Aggiungete con attenzione (è il momento più delicato) un mezzo bicchiere di brandy senza sbordare, per sfiammarlo in padella lontano dai fuochi e con mano ferma.
TIP: Consiglio di utilizzare un accendino di quelli lunghi da camino o un fiammifero lungo da accendersi prima (soprattutto con un wok) che terrete con l’altra mano. E’ sempre un momento magico per gli ospiti! Se non vi sentite sicuri, fate soltanto evaporare l’alcool tenendo la padella sempre sul fuoco.
Riversate nella stessa padella, ora di nuovo sulla fiamma, il sugo che avete preparato nella prima. Aggiungete il peperoncino a seconda della vostra desiderata soglia del piccante. Non esagerate, tutto il resto dovrà sublimare il palato. Mescolate.
Quando le linguine saranno vicine alla cottura, spegnete il fuoco della pentola, scolate velocemente, ributtate nella padella col sugo e mescolate a fiamma bassa.
PIATTI: Spegnete e ponete la pasta, al dente e intrisa di sugo, sui piatti componendo velocemente un ‘quadretto’ con i gusci e zampe con un forchettone.
Tagliate il prezzemolo con le forbici sopra il piatto (a me piace vedere ancora le foglioline).
Servite con il vino che avete utilizzato in cottura.
Suggerimento di oggi: un Alghero Rosato servito fresco.

Quale complimento le piace di più come cuoco?
Che tengo sempre la cucina in ordine mentre cucino.

E come scrittore?
Che so tenere il lettore inchiodato alla storia per sorprenderlo con il finale, così come tengo col fiato sospeso il mio ospite fino a che non arrivo con il suo piatto.

Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Le leggi, le regole, le convenzioni, i principi, le convinzioni, le credenze, i tabù e gli handicap sono corde che ci tengono legati a un ruolo condizionato e che possono rendere misera una esistenza.
Grazie per la sua disponibilità
 Naturalmente io ho comprato il romanzo e lo recensirò su questo blog. 

Vi è piaciuta la ricetta?
Volete saperne di più sull’autore /cuoco di questa settimana? 

Breve Biografia
Jean Christophe CASALINI nasce a Milano il 3 gennaio 1962 da madre danese Annette Lorentzen (1942-2004), pittrice, e padre francese Paul Casalini (1933-2013), regista. Strimpella la chitarra sotto le attente orecchie del M° A. Pizzigoni (noto jazzista italiano) e compone a 16 anni il suo primo jingle pubblicitario, per poi diventare un vero professionista del settore. Polivalente, diventa l’aiuto per un noto regista pubblicitario italiano Livio Mazzotti, poi scenografo, cosceneggiatore e attore protagonista in una serie televisiva: ‘Interbang!? Le Sette Torri di Pisa’ distribuita e trasmessa in vari paesi. Intuisce per primo in Italia la rivoluzione digitale acustica, fonda una startup, la Mach 2, una società di post produzione e servizi audio per la sonorizzazione di filmati con l’utilizzo delle prime piattaforme informatiche in sincrono con il video. Nel 1993, Salvatores lo coinvolge nel suo film ‘Sud’ per coordinare i vari professionisti dell’audio e realizzare la prima colonna in quadrifonia con il sistema Dolby SR. Ottiene per la prima volta nei credits di film italiani, la menzione di ‘Sound Designer’. Nel 1996 Gabriele lo chiama per il suo nuovo film ‘Nirvana’ per affidargli il sound design della prima colonna audio italiana in 5.1, portando finalmente il cinema italiano ai livelli acustici già sperimentati all’estero. L’anno successivo inventa il suono, utilizzato ancora oggi in tutto il mondo, del morso di Magnum. Il successo è tale che, negli anni a seguire fino ad oggi, sonorizza una decina di film (tra cui Anni 90, Viva San Isidro, Estomago), realizza oltre 13.000 masters audio digitali per tutte le marche italiane e circa 2500 radiocomunicati prima di diventare produttore pubblicitario di spot nazionali. Nel 2000 realizza il primo libro ‘CA43’ su sua madre che non ha mai voluto esporre le sue opere, rivelando i significati ermetici dei suoi dipinti post moderni. Insieme a suo fratello Brunetto nel 2014 decide di esporre per la prima volta dal vivo le opere di sua madre al Palazzo della Regione Lombardia in occasione del decimo anno dalla sua scomparsa prematura. Autoproduce e pubblica il libro ‘Inventory of Dreams’ con il curatore Alan Jones e, quest’anno, il secondo volume in occasione della mostra al museo Æglageret di Holbaek (DK), la città natale di Annette.
In concomitanza esce il suo primo romanzo OTTO. Luce e Ombra / Ed. Vertigo.


mercoledì 7 ottobre 2015

A LETTO CON LO SCRITTORE MARINO BUZZI, autore de "L'ultima volta che ho avuto sedici anni" Editore Baldini&Castoldi, anno 2015.



Stasera facciamo irruzione nella camera da letto di Marino Buzzi, autore de L'ultima volta che ho avuto sedici anni Editore Baldini&Castoldi, anno 2015.

Premetto che è uno scrittore di cui ho letto tutto, a partire da Le confessioni di un ragazzo perbene, libro che me lo ha fatto conoscere.

Riassunto dell’opera: Giovanni è un ragazzo di sedici anni e vive, quotidianamente, la violenza del bullismo. Tutti lo chiamano palla di lardo perché è obeso e questo lo rende la vittima privilegiata di un gruppetto di bulli. Improvvisamente però Giovanni scompare, decide che ne ha avuto abbastanza e se ne va. La sua scomparsa scopre i nervi di un'intera comunità. I precari equilibri si rompono e tutto inizia a precipitare. 

1)               Per prima cosa vorrei chiederle: ama dormire molto? Se non dovesse lavorare o studiare andrebbe a  letto tardi, o presto? si sveglierebbe all’ora di pranzo o all’alba?
Mi piace molto dormire, amo andare a letto tardissimo e svegliarmi altrettanto tardi. Purtroppo negli ultimi anni ho un sonno molto leggero e mi sveglio frequentemente durante la notte. Soprattutto quando la mia gatta decide che è ora di svegliarmi...

2)               Che tenuta notturna preferisce? Le piace dormire nudo, anche in inverno, o comunque con poche cose addosso o ben coperto? Ci descrive il suo pigiama preferito o camicia da notte? Si è mai comprato qualcosa che esce dal suo schema e poi non ha indossato?
Sono un tipo freddoloso quindi ho bisogno di un pigiama che mi scaldi, amo i pigiami comodi, mi piace farmi avvolgere da una coperta pesante o da un plaid. Mi piacciono le cose semplici, leggere un buon libro sotto le coperte per me è il massimo.

3)               Potendo avere una casa grande, vorrebbe dormire in coppia o in stanze singole? Le piace un letto singolo o matrimoniale?
Mi piace il letto grande, direi quindi quello matrimoniale anche perché è bello avere un sacco di spazio per poter affrontare la notte. I miei sonni poi non sono mai tranquilli: scalcio, parlo, mi rigiro continuamente. Il letto grande serve anche per la sopravvivenza di chi dorme con me (gatta compresa).

4)               Cosa fa prima di dormire, una volta entrato nel letto? (Leggere, scrivere, guardare la tv,  stare al portatile con gli amici, mangiare cioccolatini, pregare, ecc…)
Solitamente leggo, il comodino accanto al letto è sempre pieno di libri.

5)               Comodino piccolo o gigantesco? Cosa tiene di solito sul suo comodino?
Ho anticipato la risposta: libri, libri e ancora libri. Libri già letti e ancora da leggere naturalmente.

6)                Le capita di alzarsi di notte, completamente riposato? E cosa fa? Mangia, scrive perché ha un’idea, si rilassa  leggendo e riprende a dormire, o cosa?
Mi capita spesso il contrario: mi sveglio ed è come se  non avessi dormito per niente,  anche se sono passate ore.  I miei sonni raramente sono ristoratori.

7)               Le capita di sognare? Cosa sogna spesso? Ha incubi ricorrenti? Sogna a colori? Ricorda i sogni?
Sì mi capita di sognare ma spesso non ricordo quel che ho sognato. Non c'è un sogno ricorrente, spesso però ho la sensazione che i miei sogni non siano particolarmente piacevoli.

8)               Ha mai sognato la trama di un romanzo che poi ha scritto?
Mi è capitato di pensare a una trama prima di addormentarmi ma mai di sognarla.

9)               Come è nato il suo ultimo romanzo? Ricorda lo spunto?
Sì. Ero in libreria, è entrato un ragazzo che ha dato del frocio a un altro ragazzo che stava leggendo un libro davanti al settore QUEER. È stato terribile per me, ho sentito cadere le barriere che mi ero costruito. A distanza di tanti anni quella parola mi fa ancora un male lacerante. Così ho deciso di scrivere un romanzo sul bullismo. Non è stato facile aprire il cassetto dei ricordi, fortunatamente sono riuscito a dare al romanzo un'impronta “autonoma” nel senso non autobiografica.

10)            Lo consiglierebbe ai nostri lettori da leggere prima di dormire? Secondo lei che reazione avrebbe un lettore: si addormenterebbe sereno dopo poche pagine, continuerebbe a leggere tutta la notte, smetterebbe terrorizzato o cosa le hanno detto i suoi fan?
Sino ad ora il commento più bello lo ha scritto un mio contatto su Facebook: "L'ultima volta che ho avuto sedici anni" di Marino Buzzi è un romanzo bellissimo. Parla di bullismo, lo fa con una scrittura lieve e scarna, da una prospettiva inedita, mostrando il lato mostruoso di ciò che abbiamo imparato a considerare consuetudine. Ne sono sorpreso, terrorizzato, rapito. Davvero un gran libro. “

11)            Al risveglio fa sempre colazione? Cosa mangia a colazione? Dolce o salato? A casa o  al bar?
Sono sempre di corsa, raramente faccio colazione a casa. Di solito prendo qualcosa al bar. La mattina preferisco il dolce.

12)            Mi regalerebbe  una frase del suo romanzo per iniziare la giornata e una su cui sognare stanotte?

Per iniziare la giornata ti regalo un passaggio fra i più duri del libro, perché deve essere chiaro che il bullismo è violenza e distrugge l'autostima delle persone: “Mi chiamano ciccione, maiale, lurido porco, malato, merendina, grassone, cicciobomba, panzone, trippone, barile, latrina, lardoso e in un milione di altri modi anche se il soprannome che usano più spesso è Palla di lardo, come il personaggio del film.”
Quella su cui sognare, o riflettere, è questa: “Si allontana in fretta con lo stomaco in subbuglio e la testa che gli gira. Appena dentro si accascia a terra. È felice e sollevato. Non gli importa cosa accadrà, non gli interessano le conseguenze. Si è portato addosso questo peso per troppo tempo. Finalmente è finita

Grazie per avermi concesso un’intervista così intima. E naturalmente presto leggerò il suo romanzo, e lo recensirò su questo blog.
Ricordate per l'acquisto 

giovedì 1 ottobre 2015

A LETTO CON LO SCRITTORE Maurizio Milazzo, il mistero di Thola, Nulla Die, 2015




Stasera facciamo irruzione nella camera da letto di Maurizio Milazzo autore de Il mistero di Thola Editore Nulla Die, anno 2015
Riassunto dell’opera “Nicola Enaldi è un giovane manager della Vertex farmaceutici, fondata dal padre, a Thola, tranquillo paesino nei pressi di Roma. È in aperto contrasto con la sua azienda che ha deciso di quotarsi in borsa e, per problemi utilitaristici, si oppone alla realizzazione di un farmaco necessario a una malattia rara. Le oscure circostanze che hanno portato alla morte di suo padre, notissimo ricercatore italiano, perito in un tragico incidente aereo, riaffiorano quando un vecchio amico di famiglia, che cerca di rivelargli la verità, cade ucciso tra le sue braccia. Accusato dell’omicidio, Nicola è costretto a fuggire. Nello scontro con i poteri forti e oscuri che governano l’economia di Thola, lo aiutano la sua fedele segretaria, un vecchio compagno di scuola, giornalista del quotidiano locale, e gli amici di vecchia data Giulio, Simone e Gman, il misterioso hacker.”
1)     Per prima cosa vorrei chiederle: ama dormire molto? Se non dovesse lavorare o studiare andrebbe a  letto tardi, o presto? si sveglierebbe all’ora di pranzo o all’alba?
Sono un vero pigro, non vado a dormire, mi faccio venire a prendere dal sonno.
Lavorando e trascorrendo la maggior parte del tempo in una grande città (Roma), gli spostamenti mi rubano molte ore della giornata, poi c’è il lavoro, e per il resto delle attività non  rimane gran che; per questo cerco di dormire in fretta…per non perdere troppo tempo. Mi sveglio  molto presto,  per condividere un’ora di gioco col gatto e con la coniglietta nana che convivono nella mia fattoria…ops..casa… poi mi dedico a preparare la colazione per tutta la famiglia. Mi piace l’alba, è il momento dei buoni propositi, l’aria è fresca e colori e rumori sono ancora tenui. E’ un buon momento.

2)     Che tenuta notturna preferisce? Le piace dormire nudo, anche in inverno, o comunque con poche cose addosso o ben coperto? Ci descrive il suo pigiama preferito o camicia da notte? Si è mai comprato qualcosa che esce dal suo schema e poi non ha indossato?
Quando il sonno viene a prendermi mi faccio trovare pronto, sarebbe da maleducati farsi attendere, sia in inverno che in estate indosso il pigiama, la tenuta notturna.
In ogni caso una tenuta ‘sportiva’ una calda tuta d’invero, pantaloncini corti e maglietta a mezze maniche d’estate. Pigiami veri e propri però, mai altri indumenti riadattati.
Non son mai uscito fuori da questo schema.

3)     Potendo avere una casa grande, vorrebbe dormire in coppia o in stanze singole? Le piace un letto singolo o matrimoniale?
Mi piacerebbe comunque dormire in coppia, si sta talmente poco insieme che se nemmeno ci si addormenta e risveglia col proprio partner. E’ uno dei pochi momenti d’intimità che rimane.

4)     Cosa fa prima di dormire, una volta entrato nel letto? (Leggere, scrivere, guardare la tv,  stare al portatile con gli amici, mangiare cioccolatini, pregare, ecc…)
Non ho mai avuto la TV in camera da letto. Per quanto mi riguarda il letto ha solo due funzioni, di cui una è dormire.  

5)     Comodino piccolo o gigantesco? Cosa tiene di solito sul suo comodino?
Comodino piccolo, sufficiente per una lampada e per la radiosveglia che puntualmente spengo prima che suoni. Un porta orologi che non apro mai, indosso sempre lo stesso, finché va la batteria…

6)      Le capita di alzarsi di notte, completamente riposato? E cosa fa? Mangia, scrive perché ha un’idea, si rilassa  leggendo e riprende a dormire, o cosa?
Non spesso, dormo poche ore ma le dormo tutte. Quando succede mi rilasso leggendo e, da gran golosone, mangio qualcosa.

7)     Le capita di sognare? Cosa sogna spesso? Ha incubi ricorrenti? Sogna a colori? Ricorda i sogni?
Sogno più spesso ad occhi aperti. Sono un sognatore professionista. Perché lasciare questo piacere al nostro inconscio? Ad ogni modo, quando il mio stato di veglia è dominato dall’anarchia, allora i pensieri in libertà danno origine a dei sogni molto strani; surreali, vere e proprio opere d’arte…come dei quadri di Magritte.

 8)     Ha mai sognato la trama di un romanzo che poi ha scritto?
No, se dovessi trarre un romanzo dai mie sogni bizzarri, forse riuscirebbero a leggerlo in due…i miei compagni di stanza del centro di riabilitazione mentale.

9)     Come è nato il suo ultimo romanzo? Ricorda lo spunto?
Ci lavoro insieme col mio spunto! L’ultimo romanzo è nato da un’idea del mio collega Luigi D’Ippolito, lui aveva in mente una storia (non so se l’avesse sognata) io avevo in mano una penna…e così….

10) Lo consiglierebbe ai nostri lettori da leggere prima di dormire? Secondo lei che reazione avrebbe un lettore: si addormenterebbe sereno dopo poche pagine, continuerebbe a leggere tutta la notte, smetterebbe terrorizzato o cosa le hanno detto i suoi fan?
Il romanzo ha un buon ritmo, non si rischia di addormentarsi, i lettori più affezionati mi hanno detto che il dialoghi brillanti e la scrittura scorrevole fanno in modo che si tenda a leggere senza sosta.
Quindi dipende da quanto tempi prima di dormire i lettori vadano a letto, di certo non è un thriller quindi si può interrompere e andare a dormire sereni.  E’ un libro adatto alla lettura in treno o dal parrucchiere (esperienza decisamente indiretta…)

11) Al risveglio fa sempre colazione? Cosa mangia a colazione? Dolce o salato? A casa o  al bar?
Sempre! E’ il pasto più importante della giornata e mi prendo tutto il tempo necessario. E’ quasi un rito.  Caffè, fette biscottate con miele o marmellata fatta in casa, e se non l’ho divorata nella notte, una bella fetta di crostata  o di ciambellone (ovviamente fatti in casa) , qualche biscotto al cioccolato; d’estate fanno la comparsa anche dei corn-flakes nel latte freddo (in aggiunta a tutto il resto).

12) Mi regalerebbe  una frase del suo romanzo per iniziare la giornata e una su cui sognare stanotte?

“La casualità è il nome che diamo al processo che non conosciamo.”
Buonanotte.