domenica 30 marzo 2014

Dieci consigli sulla scrittura che non vorresti mai ricevere, dal Libro di Amleto de Silva, La nobile arte di misurarsi la palla.

E' in libreria La nobile arte di misurarsi la palla, il nuovo romanzo di Amleto de Silva che tutti noi scrittori dovremmo leggere.
Nel libro si parla di scrittura, in una "spassosa e irreverente satira dell'Italia letteraria". Ecco a voi un estratto, ovviamente in forma di Playlist con le cose che nessun aspirante scrittore vorrebbe mai sentirsi dire.


1) Sarebbe meglio che abbandonaste l'insano proposito di scrivere. Lo so che vi riesce difficile crederlo, ma non esiste una sola scuola al mondo che tenti in tutti i modi di demoralizzare gli alunni come una scuola di scrittura. Magari la cosa vi sembra talmente cretina che dite no quello è stesso Enea che esagera, invece è proprio così, come se tu andassi al ristorante e il cameriere venisse da te a farti una capa tanta dicendo no dotto' sentite a me non è cosa, a parte che già state chiatto come a che, ma guardate che quando si mangia si combatte con la morte, e poi voi non avete idea della porcheria che sta dentro la roba da mangiare. Ecco, la Scuola è esattamente così. Solo che, ovviamente, ti fanno pagare prima.

2) In Italia si pubblicano troppi libri. Non trovate uno, ma dico uno di numero, che dopo dieci minuti esatti non vi appicci questa pippa qua. Solo che te lo dicono loro, che i libri li scrivono e li pubblicano, che uno poi che ti deve dire? Eh, si pubblicano troppi libri, e il problema è che la maggior parte sono i tuoi.

3) Eh ma in Italia tutti hanno un romanzo nel cassetto. A parte che onestamente non ho mai capito cosa ci sia di male nell'avere un romanzo nel cassetto; capirei un'arma carica e senza sicura quando hai tre bambini per casa, ma un romanzo, e nel cassetto, poi. E devo anche dire che giù, al paesone che ho lasciato, conoscevo davvero un bel po' di gente. Diciamo che tra amici di sempre, compagni di scuola, di università, di palestra, conoscenze e mandate affanculo di una sera, fidanzate, ex fidanzati di fidanzate, gente che sei venuto a sapere che si chiavava le tue fidanzate, l'unico con una qualche timida velleità letteraria ero io. Uno, diciamo, su trecento. Mo', o esiste un posto dove stanno trecento amici tutti con un romanzo nel cassetto oppure qualcuno sta dicendo una stronzata.

4) Prima di scrivere bisogna leggere. Voi non leggete. E va bene, lo capisco, qualcosa devi dire, ma. Ma tu metti uno come me, che non ha fatto altro che leggere in vita sua, e alla fine dopo essersi letto pure gli elenchi dei telefoni ha deciso di spendere una vagonata di soldi in una scuola di scrittura per farsi dare qualche consiglio su come scrivere e magari una dritta su come pubblicare: uno come me, diciamo, arriva lì, sempre dopo che ti sei fatto pagare e gli dici, bello e buono eh ma tu non leggi. Ma come non leggi? E che ne sai tu? Dico, facciamo un test, un'interview, e loro niente: tu non leggi. O magari non leggi abbastanza. Oppure leggi male. O anche (giuro che l'ho sentita), tu leggi troppo.

5) Non è che perché andavi bene in Italiano a scuola poi sai scrivere. Questa, lo confesso, era la mia preferita in assoluto, perché rasentava l'offesa personale, mortificava quelle quattro fetenti e rare soddisfazioni che ti avevano lasciato tanti anni di studio, e perché poi era assolutamente gratuita, nella sua cattiveria astrusa. Cioè, per dire, mi ricordo quando dopo la scuola media dovemmo scegliere il liceo, chi il classico, chi lo scientifico, chi l'alberghiero. E poi ancora, quei pochi rimasti dai licei, l'università, chi fisica, chi lettere, chi scienze politiche. E non dico che tutte, ma una buona parte delle scelte era basata su un accenno di passione, un'ombra di inclinazione, che poi arrivavi qui e te la cancellavano. A sentir loro, dovevi andare a chiamare l'amico tuo che alla fine aveva deciso di fare l'odontotecnico e dirgli hei vieni tu qua, che tanto io e te abbiamo le stesse identiche capacità e le stesse speranze di farcela, anche se tu non avendo mai letto un libro in vita tua contravvieni alla regola precedente, ma che ce frega, questa regola qua annulla e sostituisce la precedente se si tratta di andare in culo a me. Che ho pagato prima.

6) Eh ma voi avete fatto leggere le vostre cose ai vostri amici. Ecco pure questa è una cosa che ti dovevano dire, che ne so, a scuola: ragazzi mi raccomando mettetevi il parapesce se andate a puttane, non vi sparate le cipolle e i raudi in mano e soprattutto, se mai un giorno lontano doveste decidere di scrivere qualcosa chiudetevi in soffitta a uso Anna Frank e non dite niente a nessuno se no vengono i nazisti e vi sparano. In sostanza, l'idea è che far leggere le proprie cose agli amici ti mette di fronte ad un pubblico troppo ben disposto. A parte che evidentemente loro sono cresciuti nel paese dei Teletubbies e non conoscono i miei amici, che se ti scappava un condizionale di troppo erano capaci di chiamarti frocio ricchione pallareto per tutta la vita, è anche abbastanza ovvio che se tu scrivi, e hai degli amici, questi amici prima o poi si rendano conto del terribile segreto che custodisci in soffitta. Solo che invece di candidarti al Nobel, gli amici normali si cacano il cazzo di leggere dopo sette righe e ti chiedono se vuoi andare sempre a giocare a pallone, anche se sei diventato ricchione. Non è granché, mi rendo conto, ma è sempre meglio che fermare un estraneo per strada e chiedergli scusate signore non è che volete leggere questo mio raccontino? Sarà anche più imparziale, ma il rischio che ti pigli per stronzo e ti sputi in faccia è molto alto.

7) Mai, mai, mai e poi mai scrivere su un blog. Se c'è una cosa che le scuole di scrittura odiano con tutto il cuore, a parte i loro alunni e le altre scuole di scrittura (generalmente chiamate quelli), è internet, il posto dove i malvagi del mondo vanno a scrivere le malvagità, e in particolare i blog, che permettono a chiunque di scrivere quello che vuole. Hai voglia a dire che se fai un blog di merda fai due accessi l'anno, ma loro la merda la conoscono e sanno che se fai veramente cacare da due a duecentomila è il caso che ci arrivi, e poi internet è quel posto purulento e schifoso dove puoi trovare le recensioni ai loro libri che non sono state scritte dai loro amici, dalle loro fidanzate, da quelli che si chiavano le loro fidanzate, e dai loro editors. E tutta questa libera circolazione di pensiero, tutta questa libertà, secondo loro, nuoce alla libertà e nuoce al pensiero.

8) Ha bisogno di un corposo lavoro di editing. Qualsiasi cosa scriviate, ha bisogno di editing. Qualsiasi. Anche un biglietto tipo GERARDO, COMPRA IL LATTE SE NO DOMANI MATTINA CI MAGNAMM' COPPOLE 'E CAZZ', ha, anzi necessita di un lavoro corposo di editing. Gli editors sono una cosa che è stata inventata per dare lavoro a gente che altrimenti non avrebbe saputo che cazzo fare ma doveva essere impiegata comunque perché o sono sfortunati e godono di apposite tutele previste dalla legge per quelli, appunto che sono nati così, oppure sono figli di ricchi e sono l'equivalente dei commercialisti. Pensateci: una volta stabilite le percentuali di tassazione, le esenzioni e le detrazioni ammesse, il commercialista ti dice un numero a cazzo e ti fa firmare una dichiarazione che poi il fisco ti contesterà (a ragione) perché, ti dirà il commercialista, abbiamo sbagliato noi.
E con quel noi intende che lui ha sbagliato e tu paghi. Ha sbagliato facendo un mestiere che nei paesi civilizzati viene svolto da un'app android gratuita. Così gli editors. Siccome che, poverini, devono lavorare, se tu prendi e scrivi una cosa che non ha bisogno di essere corretta questi pigliano e correggono il lavoro a prescindere, come quei meccanici ladri che per una candela sporca ti fanno ricomprare la macchina un pezzo alla volta, solo che poi la macchina va di merda. Esattamente come qualsiasi cosa sia passata per le manine sante di un editor.

9) Dovete togliere, non dovete mettere. La scrittura è sottrazione. Questa, devo dire la verità, è la regola per la quale provo veramente invidia, ma tanta. Non tanto per la regola in sé, che poi alla fine chi se ne frega, ma è esattamente uguale a quando i parlamentari si aumentano lo stipendio così, a prescindere, solo perché più soldi gli fanno più comodo che meno soldi. Cioè, quelli delle scuole di scrittura, scrittori stitici e senza idee, si guardano in faccia a un bel momento, e dicono: oh ragazzi, a me non mi vengono più di dieci cartelle l'anno eh. E tutti sì sì anche a me! A me manco sette! A me tre! E allora decidono che la scrittura è sottrazione. Alla faccia dei due volumi e dei tre chili del Circolo Pickwick che tengo sul comodino. A me la faccia come il culo, quando è così esagerata, mi fa un che di rispetto. Che vi devo dire.

10) A giudicare se puoi diventare uno scrittore deve essere uno scrittore. Non fa una grinza se lo scrittore in questione è Stephen King o, che so, J.K.Rowling, gente che venduto ventimila milioni di fantastiliardi di libri e ha un conto in banca che nemmeno i cartelli messicani se lo sognano. Sono quasi sicuro che saprebbero tenere la giusta distanza tra i loro giudizi e le loro piccole miserie e invidie personali. Il problema nasce quando a giudicare un esordiente, e un esordiente pagante (perché è pagante il problema, qui), è uno scrittore da seicento barra mille copie ma con amici nelle redazioni giuste. Uno così si vede minacciato anche dalle tre pagine scritte a mano della riunione di condominio, e metterlo a giudicare uno che, entro pochi giorni, potrebbe diventare un suo diretto rivale, come dire, non mi pare la più brillante delle idee. Come far giudicare le concorrenti di un concorso di bellezza dalle altre concorrenti. Non sappiamo chi vincerà, ma mi gioco almeno una palla che non sarà mai quella più bella.


Per continuare comprate il libro, che parla di Enea :), giovane aspirante scrittore che vuole partire per Roma e conoscere un mondo stimolante, pensando di trovare cultura vera, e si ritrova tra falsità e botox, scrittori, editor e addetti vari pieni di sé, che si fotografano davanti a librerie intasate di volumi che non hanno mai letto. Affonda la mano, il bravo autore, in un mondo cattivo e falso più di quanto si creda. Una sorta di messaggio alla "Grande Bellezza" letteraria, vorrei aggiungere; libro che dopo aver letto vi farà venire voglia di scrivere bene per voi stessi, per coccolarvi, e senza tanti secondi fini. Uno spaccato che può abbattere o caricare. Peccato la copertina, che è un po' bruttina, e povera di rimandi veloci al mondo dei libri. Io stessa sono arrivata al testo attraverso i consigli...  Penso finirà con il penalizzarlo.



Autore : Amleto de Silva
Titolo: La nobile arte di misurarsi la palla
Editore: Round Midnight Edizioni

domenica 23 marzo 2014

Fuori catalogo, un passo doloroso

Spesso mi imbatto in discussioni sul fuori catalogo. Per gli autori la comunicazione che un loro libro vada fuori catalogo è come la messa a morte di un figlio. Da autrice comprendo e soffro, ma oggi voglio spiegarvi perché un editore è costretto, talvolta, a fare questo passo e non puntare più su un titolo. A parte la morte naturale per fine detenzione diritti (che non vengono rinnovati), le vendite tra editori di diritti ancora in essere che poi seguono logiche interne alle CE, o edizioni nuove dello stesso titolo, che in genere riguarda la grandi CE, la messa fuori catalogo dopo qualche anno di un titolo in cui un editore piccolo ha creduto (sborsando soldi per produrre i testi e diffonderli) dipende dalla legge fiscale italiana. I resi tornano in magazzino, ma il magazzino è considerato un possibile futuro guadagno, quindi un attivo (cioè un bel prodotto che hai e che guadagnerà il che in editoria dove si stampano più di 60000 titoli all'anno, e c'è un ricambio in libreria  ormai all'ordine di nemmeno un mese, a meno di un passaparola ritardato che porti ad un boom di vendite, che è quasi un miracolo) è pura follia. I libri  occupano spazio, non vendono più, ma sono considerati soldi veri. Allora volenti o nolenti tanti editori sono costretti ad ucciderli fisicamente, mandandoli al macero, per abbassare le tasse.
E' la dura verità.
Andrebbero cambiate le leggi che considerano gli editori dei produttori alla stregua di altri. E' vero che il libro è un prodotto, ma è anche vero che è un prodotto anomalo, un serbatoio di sogni e cultura; un amico, un figlio, un amante.Un percorso che costa fatica e tante ore di lavoro.  E se un romanzo è buono ha bisogno del suo tempo per emergere, non si può fare affidamento solo sul marketing, lanciare pochi autori di solito già famosi e mandare allo sbaraglio tutti gli altri. I piccoli autori devono poter avere almeno il tempo di farsi conoscere.I loro libri devono vivere. Ormai si pubblica troppo e male, si legge ancora peggio, vittime della pubblicità, le librerie hanno poco spazio, e stanno morendo le indipendenti a favore dei colossi, tutti scrivono e pochi leggono, e allora? Allora serve una collaborazione fisco,editori, librai e autori. Servono leggi nuove e non punitive per la piccola editoria e i bravi librai; insomma non so se mi sono fatta capire, magari la mia è utopia, ma l'editoria non è solo un'industria e talvolta assomiglia più all'artigianato. Si ragiona col cuore e non solo con i numeri, i libri non sono solo profitto, sono anche  sogni e speranze, hanno bisogno di cura, sono creati con tempo e fatica, non possono vivere venti giorni... non costringeteci unicamente alla stampa digitale o a demand...e poi a mandarli  al macero. Cari legislatori, la cultura e l'arte sono sedimenti di secoli, restituiteci il tempo.
(Federica Gnomo T.)

giovedì 20 marzo 2014

Primavera: fioriscono le partite IVA, dieci cose che devi sapere.

Quanti di noi, stanchi di cercare lavoro decidono di mettersi in proprio allettati dai nuovi regimi minimi, o comunque dall'idea di fare da soli?
Stanchi di soprusi o sfruttamenti, altamente incompresi decidiamo di inseguire sogni di vario genere, o semplicemente ci viene detto di passare da dipendente ad autonomo perché l'azienda è costretta a ridurre il personale...be' ...attenti alle bolle di sapone.
Riporto questi 10 punti da tenere a mente, poi non dite che non lo sapevate:

10 cose che devi sapere prima di aprire la Partita Iva

da:http://www.grandain.com/

1.       Se il tuo datore di lavoro vuole farti passare dal contratto attuale alla partita Iva sai già che perderai ogni tutela e buona parte dello stipendio. Potresti rimanere fottuto.
2.       Se ricorrono almeno due di queste condizioni devi sapere che sei una finta partita Iva, ovvero una persona che svolge un lavoro dipendente mascherato da lavoro autonomo.
3.       Fino ai 35 anni puoi usufruire del regime fiscale dei minimi, che consiste in una tassazione totale di circa il 33% di quello che guadagni, così divisi: 5% di Irpef e 28% di Inps. Questo discorso vale per chi ha la “gestione separata”, cioè tutti quei lavoratori generici che non usufruiscono di casse previdenziali di settore (come giornalisti, avvocati, commercianti) e con la clausola che i ricavi siano entro i 30.000 euro l’anno (per l’anno in corso il limite potrebbe aumentare a 65.000). Superati i 35 anni e i 30.000 euro di reddito l’Irpef sale dal 5% al 23% creando una pressione contributiva totale del 51%. Insomma, se hai più di 35 anni sei un po’ fottuto.
4.       Alla pressione contributiva devi aggiungere gli acconti sulle tasse dell’anno successivo. Funziona così: tra giugno e agosto 2014 inizierai a pagare le rate delle tasse relative alla tua dichiarazione dei redditi del 2013. Ma assieme a queste dovrai pagare anche l’acconto sulle tasse dell’anno successivo, quindi sul 2014 che è in corso (che in teoria dovresti pagare nel 2015). Questo acconto consiste nel 50% di quanto hai appena pagato per le tasse del 2013. In breve: hai dichiarato 21.000 euro di ricavi per il 2013 e hai pagato 7.000 euro (33%) di tasse? Bene, dovrai pagare subito altri 3.500 euro, come acconto dell’anno successivo. Questa cifra verrà poi scalata dalle tasse che ti ritroverai a pagare l’anno successivo. Ma non te ne accorgerai neanche, perché l’anno successivo ti ritroverai a pagare comunque l’acconto dell’anno dopo ancora, il 2015. E così via.
5.       Difficilmente potrai fare a meno di rivolgerti e pagare un commercialista per fare la dichiarazione dei redditi. Vuoi provarci?
6.       La partita Iva per essere sostenibile prevede che tu, svolgendo il tuo lavoro, abbia dei costi. La benzina per l’auto, metà di quanto spendi per l’affitto se lavori in casa, i biglietti del treno o di aereo, il ristorante: tutte queste cose si possono detrarre, ma non tutte al 100%. Hai ricavi per 21.000 euro l’anno? Bene, se hai avuto 6.000 euro di costi, il tuo reddito è di 15.000 euro, e su quelli pagherai un terzo di tasse (al regime dei minimi). Se nel tuo lavoro non hai costi aprire una partita Iva è difficilmente sostenibile. Facciamo un esempio: su un reddito lordo di 12.000 euro – i miseri mille euro al mese – ci si trova a dover pagare 4.000 euro di tasse più 2.000 di acconto e 1.000 (circa) di commercialista. Un totale di 7.000 euro di tasse, e in tasca ne rimangono meno della metà, 5.000. Oltre i 35 anni, poi, si paga molto di più. Insomma, se non fai i conti sei fottuto.
7.       Se usufruisci del regime fiscale dei minimi puoi detrarre un elenco molto ristretto di costi, diversamente da chi ha più di 35 anni, che paga un 51% di tasse (28% Inps + 23% Irpef) ma può detrarre molte più cose.
8.       La cosa migliore che puoi fare è capire in anticipo, mese per mese, quanti costi dovrai fare entro la fine dell’anno per abbassare il reddito, e pagare una cifra sostenibile di tasse.
9.       Metti da parte un terzo (o più) dei tuoi guadagni dal primo momento: così facendo eviti il rischio, molto comune, di non rientrare più con le cifre una volta che inizierai a pagare le tasse.
10.    Non avrai alcun diritto o tutela: ammortizzatori sociali, malattia, assicurazioni o ferie. Ti capita una disgrazia, il tuo committente ti abbandona da un giorno all’altro? Sei fottuto. Non dire che non te l’avevamo detto.
di Michele Azzu su L’Isola dei Cassintegrati


martedì 18 marzo 2014

VAMPATE in menopausa: infuso di salvia, un rimedio antico ed efficace.


La salvia, dal nome stesso la cui radice richiama la salute, è sempre stata preziosa in erboristeria.
La sua proprietà di contrastare le vampate in menopausa però mi è nuova.
Una mia amica, Isabella,  mi ha svelato questo segreto della nonna: 7/8 foglie in infusione con  due bicchieri di acqua calda tutte le mattine o le sere. Lei addirittura le aromatizza con tè,  miele, o finocchio; insomma la rende anche gradevole a suo gusto. Mi ha confermato che in un mese di trattamento riduce notevolmente il problema. Siccome non costa nulla e non nuoce, possiamo provarla. Al più avremo un alito profumato!

martedì 11 marzo 2014

Dream (libro di Dorotea De Spirito). Sempre una grande emozione

)

IN CUCINA CON LO SCRITTORE: Linda Bertasi, “Il profumo del sud”, Butterfly Edizioni, 2013

Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autrice Linda Bertasi, “Il profumo del sud”, Butterfly Edizioni, 2013 per averci aperto la porta della sua cucina e regalato una ricetta di TIRAMISU' senza uova :)



AUTORE: LINDA BERTASI
EDITORE: BUTTERFLY EDIZIONI/  ISBN:  978-88-97810-21-6ANNO DI PUBBLICAZIONE:  MAGGIO 2013/ PAGINE: 226/ PREZZO: € 14,00 (CARTACEO)/ DOVE TROVARLO: http://www.blomming.com/mm/ShopButterflyEdizioni/items/il-profumo-del-sud?page=1&view_type=thumbnail
in tutti gli store online e nelle librerie indicate sul sito de Butterfly Edizioni.

SINOSSI:  Luglio 1858. Un piroscafo prende il largo dal porto di Genova verso il Nuovo Mondo. Sul ponte, Anita vede la terraferma allontanarsi e, con essa, tutto il suo passato: una famiglia alla quale credeva di appartenere, i suoi affetti, una scomoda verità. A condividere il viaggio con lei, la matura Margherita e il suo protetto, il seducente Justin Henderson. Giunti in America, Margherita convince Anita ad essere sua ospite per qualche tempo, nella sua dimora a Montgomery. La ragazza accetta, sicura di dover ripartire al più presto. A farle cambiare idea saranno le bianche colline del Sud e un tormentato amore più forte delle sue paure. All’orizzonte, l’ombra oscura della guerra civile. Linda Bertasi scrive un romanzo che dell’Ottocento ha il sapore, un romanzo nel quale la Storia non è semplice sfondo ma protagonista attiva della vicenda. Narrativamente impeccabile, emotivamente travolgente, Il profumo del sud è una storia di passione: quella per la terra alla quale sentiamo di appartenere e quella per la persona che siamo destinati ad amare.

La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Salve e grazie per avermi ospitato nel suo blog. Io amo mangiare, forse troppo, ma ancor di più amo cucinare, in particolar modo i dessert.

Lo fa per dovere o per piacere?
I pasti quotidiani più per necessità che per piacere, costretta ai ritmi frenetici di tutti i giorni, ma la domenica è un piacere dedicarmi a confezionare manicaretti per la mia famiglia.

Invita amici o è più spesso invitato?
Direi che è uno scontro alla pari, sono invitata ma invito spesso anche io.

Ha mai conquistato amici o una donna( uomo) cucinando?
No, o meglio non credo, ma ammetto che mio marito è sempre piacevolmente deliziato dalla mia cucina, quindi chissà … potrei averlo conquistato inconsciamente sotto questo aspetto.

Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Ci vivo già: mio marito più di un piatto di pasta e una braciola non sa fare.

Quando ha scoperto questa sua passione?
Ho sempre aiutato mamma in cucina, ricordo che la domenica facevo sempre il risotto e quest’abitudine mi ha seguito anche quando ho abbandonato il tetto materno. Per non parlare delle torte, le facevo sempre per i miei genitori e per i parenti, in occasione di feste e compleanni o anche solo per una cena in famiglia.

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Come ho detto aiutavo mamma in cucina. Il primo dessert che ho realizzato è stato il mascarpone, con una ricetta ereditata dalla mia prozia. Ricordo che all’inizio avevo annotato tutti gli ingredienti e la preparazione su un foglietto e lo seguivo scrupolosamente, ogni domenica mattina. Allora, c’era ancora il mitico Mascarpone Fiorello.

 Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Il tiramisù è il mio preferito e non sopporto le svizzere, assolutamente immangiabili.

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Il bianco, essendo allergica a quasi tutti i tipi di formaggio.

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
No non mangio mai mentre scrivo, né prima, né dopo.

Scrive mai in cucina?
Non scrivo in cucina, ma correggo. Quando devo rivedere un capitolo o un testo, ho la mia postazione accanto al fornello. E’ eccezionale per scovare anche il più piccolo errore.

Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Sempre davanti al pc, nella cameretta della mia bimba. Di solito scrivo nelle prime ore del pomeriggio, quando ho la pausa dal lavoro, e, a volte, durante la notte.

 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Di solito cucino sempre a pranzo e cena, ma non nascondo una passione smodata per pizza, snack e tutti quei cibi prelibati ed estremamente calorici.

Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Amo il dolce ma non sempre posso permettermelo.

Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Qualche aneddoto particolare no, ma come ho detto prima amo cucinare la domenica e sto trasmettendo questa passione anche alla mia bimba, nonostante la sua tenera età: appena due anni. Per Natale abbiamo preparato insieme la Stella di mascarpone, nel vero senso della parola: lei stendeva il mascarpone e io componevo la stella di Pandoro. E ogni domenica, armata di pentolino e mestolo, mi aiuta in cucina, prende la sua sedia e si posiziona di fianco a me: anche lei deve cucinare il suo risotto un po’ speciale.

Lei è una scrittrice di  narrativa, che spazia anche spaziando tra rosa, fantasy e storico, quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con suo  marito? 
Solitamente prediligiamo le pizzerie e, quando esco con mio marito, quasi sempre andiamo al ristorante cinese. Ci piace immensamente quel cibo.

Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Un piccolo buffet con pizzette, salatini, qualche pasticcino. Qualcosa di semplice ma allettante.

Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Trovo che offrire qualcosa da sgranocchiare sia piacevole e contribuisca ad ammorbidire il clima e rompere il ghiaccio. E’ sempre gradevole avvicinarsi grazie al cibo.

Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Gli aperitivi, a casa mia, sono standard: patatine, olive e tante bollicine.

Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Quasi sempre è stato il contorno se i personaggi si riunivano per una cena o una colazione, un pretesto per incontrarsi e interagire. Per tirare fuori vecchi scheletri o vivere un momento d’intimità famigliare.

Ad esempio in  “Il profumo del sud” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Nel mio romanzo, il profumo domina tutto il libro e compare anche nel titolo, ma si riferisce al profumo delle camelie, delle fragole e del gelsomino, delle felci e del muschio. Il profumo della terra più che di una pietanza.
Tuttavia, ci sono passi che menzionano il cibo come la colazione a bordo del piroscafo che conduce la protagonista nel Nuovo Mondo o le cene durante le ricorrenze. C’è una scena in particolare dove la protagonista aiuta un’amica a confezionare una torta al cioccolato per il marito e, naturalmente, una menzione è fatta alle pannocchie e alla prima volta che la protagonista ne assaggia una, essendo ambientato nel 1858 in Alabama, tra schiavi e piantagioni di cotone.

Il cibo è mai protagonista?
Come ho detto prima, il cibo è attivamente presente in due scene: quando confezionano una torta al cioccolato e la protagonista, grazie all’odore nauseante, si riscopre gravida e quando  si accosta per la prima volta a una pannocchia, scoprendo il gusto delicato e particolare del mais.

“Il profumo del sud” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Forse a una bella polenta, magari profumata con qualche erba aromatica. Il mio romanzo parla innanzitutto della terra e delle origini, quindi penserei a prodotti semplici partoriti dalla natura.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
Pensavo che non l’avrei mai svelata e invece decido di farvi dono del mio
 TIRAMISU’ SENZA UOVO (Una ricetta perugina)
INGREDIENTI:
MASCARPONE 500 gr.
SAVOIARDI
AMARETTI (piccoli)
CAFFE’
LIQUORE(Glend Grant o Chivas) 2 cucchiai
ZUCCHERO 2 cucchiai
CACAO in polvere
1 scacco di CACAO FONDENTE

PREPARAZIONE: In una terrina dalle sponde alte versare il mascarpone e stemperarlo con un cucchiaio, aggiungere lo zucchero e, con un frullino, frullare a media velocità sino a ottenere un composto omogeneo. Aggiungere due cucchiai di liquore e mescolare dal basso verso l’alto. Unire due cucchiai di caffè(Raffreddato precedentemente) e mescolare velocemente, sempre dal basso verso l’alto.
Tagliare il cioccolato con un coltello da cucina, in modo da ottenere tante scaglie più o meno grandi, a piacere. Unire il cioccolato al mascarpone.
Su un piatto o in una pirofila, disporre i savoiardi precedentemente bagnati nel caffè, unire un primo strato di mascarpone. Porre sopra il composto gli amaretti(a piacere) precedentemente imbevuti nel caffè e ricoprire con un secondo strato di mascarpone. Coprire con il composto anche i lati del dessert e spolverare la parte superiore con del cioccolato amaro in polvere.
Decorare a piacere.
Riporre in frigorifero e lasciarlo riposare per almeno 8 ore.

Quale complimento le piace di più come cuoco?
Più che un complimento mi bastano i piatti vuoti, quando nessuno parla e si sente solo il rumore delle forchette che cozzano contro i piatti, ho fatto centro.

E come scrittore?
Sapere che qualche lettore si è emozionato nel leggere le mie storie o si è sentito vicino a un personaggio è il massimo per me, perché questo vorrei trasmettere quando scrivo.

Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Io ho cercato di rendere mia una frase di Jane Austen, autrice che venero da sempre: ‘scrivi solo di ciò che conosci’. E’ un po’ la mia filosofia in ambito letterario, scrivere degli ambienti che si sono frequentati o toccati con mano, ricercare sino allo sfinimento ma presentare al lettore una storia ricca di particolari che coinvolgano il lettore. Non raccontare solo una vicenda ma mostrarla davanti ai suoi occhi, farlo entrare nel libro e vedere con i suoi stessi occhi il mio mondo.

Grazie per la sua disponibilità                                                                           
Grazie per questa bellissima intervista, molto diversa e originale rispetto a tutte le precedenti che ho rilasciato. Complimenti, un saluto a tutti i lettori del blog e voglio sapere com’è venuto il dolce.
Lascio un mio recapito: bertasilinda@gmail.com












sabato 8 marzo 2014

Buon 8 Marzo!


Un augurio a tutte le donne e ricordate:
Nessuno vi lega se non voi stesse!

Scrivere? Non è un mestiere per donne; Laura Costantini per Historica Edizioni, 2014.

In occasione dell'8 Marzo si può acquistare e scaricare a 2,90 euro l'ebook "Scrivere? Non è un mestiere per donne", un saggio sulla scrittura femminile ideato, curato e scritto da una donna scrittrice e giornalista, Laura Costantini, dopo quasi due anni di interviste a donne autrici, editor, giornaliste e lavoratrici in genere nel campo editoriale. C'è anche un mio contributo.
http://www.bookrepublic.it/book/9788896656815-scrivere-non-e-un-mestiere-per-donne/
L'autrice:
Laura Costantini, giornalista Rai, scrittrice, amante delle parole. Da sempre attenta alle questioni di genere, è stata nominata Ambasciatrice del Telefono Rosa lo scorso 25 novembre 2013 per la sua partecipazione all’antologia contro il femminicidio “Nessuna più” (Elliot Edizioni).
Quarta di copertina:
In Italia si legge poco. Tra i pochi lettori le donne sono la maggioranza.In Italia si scrive troppo. Tra i troppi scrittori le donne sono la maggioranza.In Italia si pubblica troppo. Tra i troppi libri pubblicati, quelli scritti da donne sono la minoranza.Esiste un problema di genere nell'editoria italiana? Abbiamo provato a chiederlo alle donne. Scrittrici. Lettrici. Blogger. Giornaliste.

Contributi di:
Alfano Vincenza, Altieri Assunta, Ancordi, Armonioso Veruska, Avanzato Maria Silvia, Balmelli Maurizia, Battistella Francesca, Bertuzzi Francesca, Bianchini Alexia, Bilotti Sara, Bonalumi Laura, Borghese Isabella, Boriosi Rossella, Bove Cristina, Bruzzone Marta e Sara, Buccella Jolanda, Calamandrei Sergio, Camoardi Mariangela,Cenciarelli Gaja, Clesis Eva, Comastri Milvia, Consiglio Francesco, Conventi Gaia, D’Amico Fabiola, De Mari Silvana, De Spirito Dorotea, Di Cesare Amneris, Di Donato Patrizia, Di Giuseppe Sofia, Falcone Loredana, Fanti Morena, Franceschi Arianna, Frascati Daniela, Frola Aurora,  Federica Gnomo, Giacchetta Manuela, Guida Lucia, La Ferla Manuela, Lama Diana, Lattaro Cristina, Lenti Marina, Limone Loredana, Lipperini Loredana, Lo Iacono Simona, Longo Silvia, Luini Lilli, Luini Maria Giovanna, Mango Silvia, Mazzeo Cecilia, Mercadante Gianluca, Montomoli Francesca, Morozzi Gianluca, Musneci Marzia, Oliva Marilù, Orlandi Elisabetta, Parisi Mavie, Piacentini Federica, Piccinni Flavia, Pivari Cristiana, Proietti Mancini Marco, Pugliese Maria Rosaria, Ranise Raffaella, Renyi Andrea, Repetto Alessandra, Riccioli Maria Lucia, Righi Donatella, Risoli Barbara, Rocchi Livia, Santamaria Simonetta, Segre Chiara, Sironi Paola, Terranova Nadia, Troncanetti Luana, Tursi Floriana, Ungaro Giordana, Valle Maria Teresa, Venditti Annalisa, Verasani Grazia, Viviani Viviana, Zauberei.

venerdì 7 marzo 2014

Book & Breakfast: Gente non comune, di Fausta Genziana Le Piane, e Pane perduto, Pane trovato

In questo periodo di Quaresima si compra più pane e spesso ne avanza; Fausta Genziana Le Piane ci regala una ricetta belga per una colazione super o una merenda ghiotta che recupera il pane.
Per chi non conoscesse Fausta Genziana Le Piane, voglio dire che è in primis un' amica sensibile; una poetessa, una giornalista e anche un'artista ( collage ) oltre che conoscitrice di ricette francesi.
Una donna a tutto tondo: impegnata e pure birichina, aggiungo io. In gente (non) comune (edito da Il mio libro, gruppo l'Espresso, già in terza edizione) potrete trovare splendide interviste a donne, ognuna protagonista in storie di vita o di professione diverse. Le poesie ( che sono dell'autrice) chiudono ciascuna intervista e, talvolta, appaiono come commento conseguente alla storia raccontata. Insomma un bel regalo da fare e farvi per l'8 marzo.
 Potete scaricare anche la versione E book, a cura della Società Dante Alighieri a questo link:  http://www.bookrepublic.it/book/9788853440877-gente-non-comune/ o ordinarlo in formato cartaceo all'autrice.

Ed ora la bella ricetta a cura di  Fausta Genziana:
Pane perduto, pane trovato

Colui che, un giorno, immaginò questa ricetta a base di questo prezioso pane…praticamente buono da buttare, non avrebbe mai immaginato, nel corso delle sue cogitazioni avventurose, di ciò che la sua trovata avrebbe avuto di più importante: il lato “perdita” iniziale o il “guadagno” finale. Poiché oggi questa ricetta è chiamata talvolta “Pane perduto”, talvolta “Pane trovato”. Nell’oratorio di Claudel e Honegger, “Jeanne au bücher” (“Giovanna al rogo”), i Re, la Morte e le loro Compagne (La Stupidità, l’Orgoglio, l’Avarizia e la Lussuria) parlano un po’ nello stesso modo della loro fortuna alle carte: “Ho perso, voglio dire che ho vinto – Ho vinto, voglio dire che ho perduto”. Questa filosofia un po’ sconcertante, la si può ritrovare in semplice pezzo  di pane perduto.


Preparazione: togliere la crosta a vecchie fette di pane e metterle a inzuppare nel latte freddo (preventivamente bollito con zucchero e un bastoncino di vaniglia o di cannella), passarle in un uovo sbattuto e poi in una padella con del burro fino a che le due facciate non siano ben dorate. Prima di servire, spolverizzare di zucchero vanigliato o di zucchero in polvere con l’aggiunta di cannella (Si può anche profumare il latte, dopo averlo lasciato raffreddare, con rum, cognac, maraschino, fiori d’arancio o di gelsomino).


martedì 4 marzo 2014

IN CUCINA CON LO SCRITTORE:Luciano Valli, COME PERLA DENTRO UNA CONCHIGLIA, Edizioni Progetto Cultura, 2014

Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Luciano Valli , COME PERLA DENTRO UNA CONCHIGLIA, (Edizioni Progetto Cultura, 2014; a cura dell’autore Luciano Valli) per averci aperto la porta della sua cucina e averci regalato una besciamella particolare e uno sformato olandese.





L'Olanda della seconda metà del XVII secolo, come scrive Silvia Locatelli nella sua introduzione, fa da sfondo alle vicende di questo romanzo, dove il tema portante è quello della libertà nelle differenti sfaccettature: quella religiosa, quella politica, quella sentimentale e quella artistica. Nel romanzo si susseguono intrecci di persone, di situazioni e avventure ricche di colpi di scena alla ricerca di quel prezioso tesoro che gli ideali e gli affetti rappresentano per ciascuno di noi.
 http://www.ibs.it/code/9788860925657/valli-luciano/come-perla-dentro.html
Come potrete notare leggendo l'intervista, l'autore è un tipo sintetico, ma le sue ricette sono veramente da provare, come il suo grandioso libro.
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Sì, certo, entrambe le cose.
Lo fa per dovere o per piacere? Tutti e due i motivi
Invita amici o è più spesso invitato? Invito gli amici, spesso.
Ha mai conquistato amici o una donna cucinando? Mia moglie...
Vivrebbe con  una compagna  che non sa mettere mani ai fornelli? Potrei cucinare tutti i giorni.
Quando ha scoperto questa sua passione? Il giorno in cui andai a vivere da solo, a 18 anni.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo? La besciamelle per le lasagne... cipolla, mela verde grattugiata e poi in padella con burro, farina, latte e formaggio olandese.( deve essere speciale...)
 Ha un piatto che ama e uno che detesta? Lo  sformato di carote e cipolle olandese, mentre non mi piace il gulash ungherese.
 Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano? Rosso porpora.
 Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere? Un caffe olandese.
Scrive mai in cucina? Raramente.
Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale? Alla scrivania del mio studio ma anche in giardino. Due ore al mattino e due al pomeriggio.
Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura? Un panino con mozzarella, pomodoro e prosciutto crudo, condito con olio di olivia, basilico fresco e origano.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce? Desidererei  un pezzo di pizza bianca appena sfornata.( pure io...)
 Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta? Mentre preparavo la besciamelle che dicevo prima, per completare le lasagne e infornarle, mi cadde sulla testa  mezzo sacco della farina che avevo posato poco prima e in fretta sulla credenza sopra di me. Aggiungo che mi ero appena  cambiato i vestiti per ricevere gli amici invitati a cena quella sera di carnevale...
Lei è uno scrittore di narrativa quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con sua moglie? Anche  una buona pizzeria.
Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale? Non manco mai di ordinare il contorno.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti? Non  è avvenuto, finora.
Tenderebbe a offrire un aperitivo con due olive e patatine o  quasi un pasto completo? No, mi sembra troppo. In fondo si tratta di letteratura.
 Ha mai usato il cibo in qualche storia? Certo, nel mio primo romanzo storico ambientato nella Roma imperiale, Lucio L'antico Romano.
Ad esempio in  “LUCIO L’ ANTICO ROMANO” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo? Un banchetto.
Il cibo è mai protagonista? No. Fa parte della scena e della sua decorazione, come nel teatro. Nella sala del vice re spagnolo a Palermo nel romanzo.
“COME PERLA DENTRO UNA CONCHIGLIA” a che ricetta lo legherebbe, e perché? Un banchetto rinascimentale.
 Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
RICETTA DELL'AUTORE
*Sformato di carote e cipolle. Cuocere le patate e poi  passarle nel passapatate. Cuocere le carote e cipolle affettate fino a farle ammorbidire. Poi mischiare gli ingredienti, aggiungendo formaggio olandese e guanciale passato in padella precedentemente. Riempire del tutto la teglia, ricoprire con pan grattato e infornare per tre quarti di ora.*
 Quale complimento le piace di più come cuoco? ‘Ma come mi piace questa tua ricetta!?'
E come scrittore? 'Ma come mi piace il tuo romanzo che sto leggendo!'
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina? 'Sempre cortese, De Guzman invitò i due olandesi a servirsi delle specialità allineate sulla sontuosa  tavola del buffet... Caraffe piene di vino, piatti da portata colmi di selvaggina e di riso fritto, di pesce e di verdure che emanavano un profumo da far venire l’acquolina in bocca persino alla imbronciata fanciulla...’

Grazie per la sua disponibilità