giovedì 15 ottobre 2015

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Jean-Christophe Casalini,autore di OTTO. Luce e Ombra, Vertigo Edizioni, maggio 2015





Oggi salutiamo e ringraziamo per averci aperto le porte della sua cucina Jean-Christophe Casalini, uomo poliedrico e affascinante. Un design del suono e l’autore di OTTO. Luce e Ombra /
Vertigo Edizioni (Maggio 2015), ISBN 9788862063517.  

Otto è un romanzo noir, gotico, demoniaco, visionario. E’ la storia di un aspirante mago che si trova costretto ad affrontare il comportamento anomalo del suo riflesso, capace di un’autonoma vitalità, che in breve tempo lo porta alla catastrofe completa. Ma quando tutto sembra ormai perduto, un accordo stretto proprio tra Otto e il suo riflesso ribalta la situazione portandolo a raggiungere il successo tanto desiderato. Ma niente, nel romanzo di Jean-Christophe Casalini, è come sembra e in breve tempo la situazione prende un piega assurda, a tratti allucinante. In un crescendo di suspense e di violenza. Sarà Anna, la sua compagna, a scoprire la verità. La vita dei protagonisti sarà più volte sconvolta, tra omicidi, spettacoli ed eventi demoniaci. Un romanzo di indubbia attrazione, capace di coinvolgere il lettore oltre la sua volontà, dove il Male veste i panni affascinanti del successo e del potere senza confini.
Acquistabile on line:
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Casalini/dp/8862063512/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1444146756&sr=1-
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La prima domanda di rito è: ti piace mangiare bene? E cucinare?
Mi piace mangiare bene e vario. Ho una famiglia ‘europea’ tra Italia, Danimarca, Francia, Austria, ogni incontro con i parenti diventa una splendida occasione per ritrovare sapori apprezzati sin dall’infanzia. Ho sviluppato il piacere per qualsiasi pietanza grazie alle differenze culinarie colte tra un paese e l’altro. Quando viaggio ricerco sempre il prodotto tipico di ogni luogo,  mi diletto anche tra i prodotti tipici regionali e locali che in Italia hanno reso la nostra cucina la più poliedrica del mondo.  Mi piace anche cucinare, è una passione. A detta di altri, sembro avere un dono. Mi capita purtroppo poche volte per via del tempo che mi è sempre contro, ma quando mi ci applico, il risultato è sempre un piatto prelibato.

Lo fai per dovere o per piacere?
Il più delle volte mi nutro velocemente, con i minuti contatti. Non mi vergogno ad ammetterlo, sono prigioniero della nostra frenesia umana. Il lavoro mi costringe ad optare per la facilità di piatti veloci, il più delle volte preconfezionati. Quando invece riesco a ritagliarmi del tempo libero in cucina, mi diverto a provare pietanze da solo che poi ripropongo ai miei invitati nei momenti conviviali.

Inviti spesso amici a casa o sei ospite di altri?
Vorrei poter invitare più spesso gli amici a casa mia. Ho una cucina open-space con zona pranzo e salotto e l’interazione con i presenti è sempre piacevole. Il più delle volte infatti finisco tardi di lavorare. Devi sapere che oltre ad essere uno scrittore, sono un produttore pubblicitario, un lavoro che amo nonostante le consegne sempre in urgenza! Mi è più semplice incontrare gli amici ad un ristorante. Ne approfitto per assaggiare pietanze nuove e per carpire i segreti e gli accostamenti dei cuochi professionisti. Invece, quando sono ospite degli amici, do delle grandi soddisfazioni perché divoro tutto e non lascio mai niente sul piatto. Sono la soddisfazione dei cuochi.

Hai mai conquistato una donna cucinando?
Sin dalle prime volte che ho cucinato, ho cominciato a credere che i miei piatti fossero afrodisiaci…

Vivresti con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Ho avuto per molti anni una compagna pigra in cucina, la quale mi faceva pervenire delle pietanze squisite da sua madre, ma a lungo andare ho sentito mancare l’intimo scambio reciproco delle esperienze in cucina e il piacere di profumi e sapori da ricercarsi insieme.

Quando hai scoperto questa tua passione?
Mio padre, regista, era un cuoco a dir poco incredibile. La ricetta che vi propongo oggi è sua. Quando si metteva ai fornelli superava di gran lunga millantati cuochi professionisti. I suoi piatti erano intensi, equilibrati. Gli ospiti e io stesso chiedevamo sempre il bis. Inoltre, aveva un dono nell’abbinamento dei vini, una passione che ha saputo trasmettere. Molte volte, in famiglia, abbiamo fantasticato e pensato di aprire un ristorante. Da mia madre, pittrice, ho imparato che anche l’occhio vuole la sua parte; i suoi smørrebrød danesi dai colori sgargianti e dalla combinazione estetica di carni, legumi, sottaceti e salse erano infatti dei quadri.
Ritengo di aver colto il meglio da entrambi.

Ci racconti il tuo primo ricordo legato al cibo?
Lo ricordo come se fosse ieri. Da piccolo, nostra madre tendeva a bruciare le cose per distrazione e quando mio padre decise per la prima volta a prepararci la cena – allora ignorava di avere un talento – noi lo rimproverammo perché il suo piatto era privo di quel tipico retrogusto di bruciato che, a nostro dire, solo nostra madre sapeva abilmente ‘creare’!

Hai un piatto che ami e uno che detesti?
Li amo tutti. Devo ancora provare gli insetti e sono certo che apprezzerò anche quelli. Speravo che l’Expo potesse essere una occasione per allargare gli orizzonti, ma ho avuto la terribile delusione della kermesse di brand transnazionali.

Un colore dominante proprio di cibi che ti disgustano?
Di un colore specifico, no. Posso essere sospettoso perché i miei sensi mi inducono ad esserlo quando vedo colori che non corrispondono alla naturale cromia del cibo o di una bevanda, ma da curioso quale sono, mi presto sempre ad un assaggio; sentito il sapore, se mi piace, procedo.

Quando sei in fase creativa hai un rito scaramantico legato al cibo? Prendi caffè? O tè, una bibita speciale che ti fa stare concentrato a scrivere?
Ottima domanda che mi porta a focalizzare una cosa alla quale non avevo mai prestato attenzione. Mi piace sorseggiare il tè, prediligo quelli fruttati ed esotici. Altrimenti, mi capita di sorseggiare un buon calice di vino da meditazione, tendenzialmente quelli rossi, corposi e decisi.

Scrivi mai in cucina?
Ho una isola con uno snack bar e sgabelli all’americana dove molto spesso mi metto a scrivere. Ho la comodità di avere tutto a portata di mano per prepararmi il tè e sgranocchiare qualcosina di veloce quando lo stomaco reclama la sua attenzione.

Altrimenti dove ami scrivere? e a che ora ti viene più naturale?
Mi piace molto scrivere sulla chaise longue, con le gambe distese e il computer sui quadricipiti; questo mi succede quando faccio tardi. Metto la mia concentrazione volutamente a dura prova. Ho una regola ben precisa: al primo cedimento nell’attenzione, dovrei alzarmi per andare a letto, mentre il più delle volte mi ritrovo addormentato in piena notte con il computer ancora acceso. J

Ti compri cibo pronto (tramezzini, pizza, snack) o cucini anche quando sei molto preso dalla scrittura?
Se sono da solo, preferisco non interrompere il flusso creativo per dilungarmi sui fornelli. Mi organizzo con snack, cracker, grissini e altri carboidrati che poi brucio con una sana corsa. Se voglio qualcosa di caldo, ho scoperto i risotti liofilizzati al quale si aggiunge acqua e che non richiedono grande attenzione se non mescolare ogni tanto; così riesco a dedicarmi alla narrazione, mentre il cibo si prepara da solo.


Che tipo di cibo desideri di più quando scrivi e sei preso dal tuo lavoro? Salato o dolce?
Dolce il mattino, salato a seguire. Questo succede sia che io scriva o mi affaccendi in altre cose.

Hai un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che ti è accaduta?
Ho il ricordo di un viaggio durante le riprese di un telefilm la cui storia si svolgeva in tutto il mondo ‘Interbang!? Le 7 Torri di Pisa’, nel quale ero uno degli attori protagonisti. Ero con la troupe su un treno che percorreva tutta la costa tailandese verso Sud per raggiungere Koh Samui quando ancora non esisteva l’aeroporto. Non esisteva il turismo che si riscontra oggi e la nostra presenza fu motivo di attenzioni e sorrisi da parte dei passeggeri. Un tizio spingeva uno scaldavivande lungo le carrozze aperte per vendere e servire del Tom Yam, una zuppa a base di citronella e ingredienti vari, in questo caso era di pollo e latte di cocco. Da italiani curiosi, la assaggiammo tutti. Con terribile sorpresa, scoprimmo per la prima volta cosa fosse il vero piccante sotto gli occhi divertiti dei passeggeri che erano rimasti stupiti della nostra scelta temeraria. Per orgoglio procedetti con alcune cucchiaiate, ma dovetti desistere suscitando l’ilarità di tutti. Fu l’assistente operatore a salvaguardare l’onore del nostro paese portando a termine l’ardito compito di pulire il piatto. Sollevò la scodella vuota e strappò un applauso generale.

Tu sei uno scrittore gotico, di thriller, horror, demoniaco, visionario, quando esci a cena con i tuoi figli, o amici  che tipo di locale preferisci? E quando esci con la tua compagna?
I miei figli prediligono i fast food dai quali non mi sottraggo perché adoro tuffarmi nel trambusto per cogliere lo spaccato umano davanti alle opzioni da scegliere in fretta. Colgo una affinità nella vicissitudine reciproca dei consumatori in fila, legata al tempo che sembra sempre corto tanto da richiedere di essere ottimizzato fino al secondo per non creare ingorghi. E’ un aneddoto della vita. Se attendi, rimandi, accumuli ritardo fino a ingolfare la tua vita. Ritrovo nelle scelte veloci, efficaci e mirate, la mia disciplina per evitare di perdere tempo quando scrivo momenti di azione.
Con gli amici variamo dal giapponese - in questi anni è di tendenza - alle trattorie. L’importante è trovare situazioni dove poter parlare e condividere il piacere della tavola. Si varia nel cibo come nei nostri dialoghi. Si parla di tutto, si mangia di tutto. Si vive nella curiosità e nella ricerca condivisa.
Quando esco invece con la mia compagna, cerco sempre un posto intimo, tranquillo, senza distrazioni. Rallento appositamente il ritmo per cogliere al meglio il momento che è poi simile alle situazioni che mi creo per scrivere pensieri ed emozioni; in fondo, ogni momento passato insieme è una storia che va delineandosi e che richiede la massima attenzione e nel contempo spontaneità. Come un libro, ogni incontro diventa un atto d’amore.

Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
In ogni occasione, provvedo ad un rinfresco per creare situazioni di convivialità tra i presenti. L’ho imparato sui miei set di film perché ritengo che l’atto di offrire il cibo o una bevanda ai propri dipendenti e colleghi siano l’opportunità per distrarsi un attimo e per alleggerire il carico delle tensioni accumulate poco prima o per prepararsi al divenire. E’ un punto di incontro fondamentale tra il proprio corpo che si rigenera e la mente che si scarica. Questo vale anche per le presentazioni e i monologhi che ho sostenuto nelle mostre di mia madre in giro per l’Europa, così come per il book tour del mio romanzo. In questi casi, è fondamentale far sentire gli astanti a loro agio, far sentire loro il flusso comunicativo del dare. Si dona cibo, così come si donano emozioni racchiuse nel proprio romanzo e altre ancora da comunicare con un dialogo. Nell’offrire qualcosa agli altri, ci si pone nella condizione di una apertura verso il prossimo. Chi riceve si mette nella posizione di ascoltare, di percepire. Il cibo diventa il mezzo per far capire la direzione del flusso informativo ed emotivo.

Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  “OTTO. Luce e Ombra” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Il cibo è mai co-protagonista?
Otto sfugge alle riprese e alle fotografie perché è un essere diventato irreale, disumano. Egli non mangia, non beve. Il cibo è volutamente non descritto nella storia perché il personaggio non si nutre di sostanza, ma di luce. La luce è il suo unico approvvigionamento energetico. Nel romanzo descrivo una cucina senza citare alcun alimento, pentolame o posate. E’ un luogo amorfo, inutilizzato a differenza degli altri luoghi ben descritti. Porto il lettore a cogliere inconsciamente informazioni nascoste attraverso le cose non scritte. E’ nell’assenza degli elementi, come ad esempio del cibo, che il lettore percepisce le stranezze che permeano la nuova vita di Otto, ponendosi gli stessi dubbi della sua compagna Anna fino a scoprire la terribile verità.

“OTTO. Luce e Ombra” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Verrebbe spontaneo pensare ad un piatto di spaghetti al nero di seppia, ma preferisco citare il piatto che ho suggerito durante una intervista con una tua collega blogger: per far comprendere come sia la storia del mio romanzo, ho proposto un tortino al cioccolato scuro con una leggera sfarinata di zucchero a velo posto su un piatto nero come la copertina del libro. È un piatto che, di primo impatto, incute sensazioni contrastanti tra il terrore, il mistero e la dolcezza; ad assaggiarlo si scopre che l’interno è denso, carico e imprevedibile come il cacao.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio?

-        LINGUINE ALL’ASTICE (4 porzioni)
-        TEMPO 15’/20’
-        500 grammi di linguine
-        600 grammi di astice minimo (suggerisco già precotto congelato 2x 300 grammi)
-        500 grammi di polpa di pomodoro
-        15 grammi di burro
-        2 bulbi Aglio (va bene anche quello surgelato)
-        1 bulbo Scalogno (va bene anche la cipolla classica)
-        Vino bianco o rosato (lo stesso che servirete con il piatto)
-        Brandy (va bene anche del Rum invecchiato)
-        Olio di Oliva Extra Vergine
-        Sale grosso (suggerisco quello Oceanico)
-        Sale (suggerisco quello Himalayano)
-        Zucchero
-        Timo
-        Peperoncino in polvere
-        Prezzemolo fresco


PENTOLA: Portate l’acqua a bollire dentro una pentola capiente, aggiungendo una bella manciata di sale grosso.
TAGLIERE: Preparate l’astice, se è congelato come nella preparazione di oggi, mettetelo sott’acqua in una bacinella, ripulitelo da tutto il ghiaccio che avrete sciolto sotto l’acqua corrente e asciugatelo. Spezzatelo in più pezzi, distaccandone gambi, testa e chele. Rompete il guscio delle chele e delle zampe. Potete utilizzare uno schiaccianoci per lo scopo.
Tritate lo scalogno, poi  l’aglio togliendone il cuore e schiacciandolo.
PRIMA PADELLA: Soffriggete a fuoco lento l’aglio senza dorarlo e lo scalogno senza rosolarlo con un po’ di olio di oliva, bagnandoli con il vino che accompagnerà poi il piatto sul tavolo. Mescolate con un cucchiaio di legno. Quando la cipolla sembra sciogliersi aggiungete la passata di pomodoro, salate e aggiungete un pizzico di zucchero per toglierne l’acidità. Aggiungete un pizzico di timo.
Recuperate con un cucchiaino l’interno della testa per aggiungerlo al sugo che si sta scaldando. Mescolate.
TIP: Uso questo trucco per evitare di avere il sapore del pomodoro ‘distaccato’ dal gusto dell’astice.
Se serve mantenere morbida la consistenza del sugo, aggiungete pure un cucchiaio di acqua di cottura dalla pasta ogni tanto.
PENTOLA: L’acqua nel frattempo sta bollendo, buttate le linguine senza spezzarle.
SECONDA PADELLA: Nel frattempo in una seconda padella molto ampia o un wok, scaldate del burro senza imbrunirlo e scottate le code di astice per 1 minuto a vuoto veloce, serve a sigillarle e renderle ferme. Alche riducete la fiamma e aggiungete il resto dell’astice che si svuoterà dell’acqua interna evaporandosi. Aggiungete con attenzione (è il momento più delicato) un mezzo bicchiere di brandy senza sbordare, per sfiammarlo in padella lontano dai fuochi e con mano ferma.
TIP: Consiglio di utilizzare un accendino di quelli lunghi da camino o un fiammifero lungo da accendersi prima (soprattutto con un wok) che terrete con l’altra mano. E’ sempre un momento magico per gli ospiti! Se non vi sentite sicuri, fate soltanto evaporare l’alcool tenendo la padella sempre sul fuoco.
Riversate nella stessa padella, ora di nuovo sulla fiamma, il sugo che avete preparato nella prima. Aggiungete il peperoncino a seconda della vostra desiderata soglia del piccante. Non esagerate, tutto il resto dovrà sublimare il palato. Mescolate.
Quando le linguine saranno vicine alla cottura, spegnete il fuoco della pentola, scolate velocemente, ributtate nella padella col sugo e mescolate a fiamma bassa.
PIATTI: Spegnete e ponete la pasta, al dente e intrisa di sugo, sui piatti componendo velocemente un ‘quadretto’ con i gusci e zampe con un forchettone.
Tagliate il prezzemolo con le forbici sopra il piatto (a me piace vedere ancora le foglioline).
Servite con il vino che avete utilizzato in cottura.
Suggerimento di oggi: un Alghero Rosato servito fresco.

Quale complimento le piace di più come cuoco?
Che tengo sempre la cucina in ordine mentre cucino.

E come scrittore?
Che so tenere il lettore inchiodato alla storia per sorprenderlo con il finale, così come tengo col fiato sospeso il mio ospite fino a che non arrivo con il suo piatto.

Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Le leggi, le regole, le convenzioni, i principi, le convinzioni, le credenze, i tabù e gli handicap sono corde che ci tengono legati a un ruolo condizionato e che possono rendere misera una esistenza.
Grazie per la sua disponibilità
 Naturalmente io ho comprato il romanzo e lo recensirò su questo blog. 

Vi è piaciuta la ricetta?
Volete saperne di più sull’autore /cuoco di questa settimana? 

Breve Biografia
Jean Christophe CASALINI nasce a Milano il 3 gennaio 1962 da madre danese Annette Lorentzen (1942-2004), pittrice, e padre francese Paul Casalini (1933-2013), regista. Strimpella la chitarra sotto le attente orecchie del M° A. Pizzigoni (noto jazzista italiano) e compone a 16 anni il suo primo jingle pubblicitario, per poi diventare un vero professionista del settore. Polivalente, diventa l’aiuto per un noto regista pubblicitario italiano Livio Mazzotti, poi scenografo, cosceneggiatore e attore protagonista in una serie televisiva: ‘Interbang!? Le Sette Torri di Pisa’ distribuita e trasmessa in vari paesi. Intuisce per primo in Italia la rivoluzione digitale acustica, fonda una startup, la Mach 2, una società di post produzione e servizi audio per la sonorizzazione di filmati con l’utilizzo delle prime piattaforme informatiche in sincrono con il video. Nel 1993, Salvatores lo coinvolge nel suo film ‘Sud’ per coordinare i vari professionisti dell’audio e realizzare la prima colonna in quadrifonia con il sistema Dolby SR. Ottiene per la prima volta nei credits di film italiani, la menzione di ‘Sound Designer’. Nel 1996 Gabriele lo chiama per il suo nuovo film ‘Nirvana’ per affidargli il sound design della prima colonna audio italiana in 5.1, portando finalmente il cinema italiano ai livelli acustici già sperimentati all’estero. L’anno successivo inventa il suono, utilizzato ancora oggi in tutto il mondo, del morso di Magnum. Il successo è tale che, negli anni a seguire fino ad oggi, sonorizza una decina di film (tra cui Anni 90, Viva San Isidro, Estomago), realizza oltre 13.000 masters audio digitali per tutte le marche italiane e circa 2500 radiocomunicati prima di diventare produttore pubblicitario di spot nazionali. Nel 2000 realizza il primo libro ‘CA43’ su sua madre che non ha mai voluto esporre le sue opere, rivelando i significati ermetici dei suoi dipinti post moderni. Insieme a suo fratello Brunetto nel 2014 decide di esporre per la prima volta dal vivo le opere di sua madre al Palazzo della Regione Lombardia in occasione del decimo anno dalla sua scomparsa prematura. Autoproduce e pubblica il libro ‘Inventory of Dreams’ con il curatore Alan Jones e, quest’anno, il secondo volume in occasione della mostra al museo Æglageret di Holbaek (DK), la città natale di Annette.
In concomitanza esce il suo primo romanzo OTTO. Luce e Ombra / Ed. Vertigo.


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