lunedì 22 aprile 2013

IN CUCINA CON LO SCRITTORE: Laura Rico, Ballerine di carta, Ciesse Edizioni, 2012


Interviste culinarie di Federica Gnomo Twins

Oggi salutiamo e ringraziamo l'autore Laura Rico, Ballerine di carta, CIESSE Edizioni, 2012 per averci aperto la porta della sua cucina.Questo libro si addice molto a questa intervista essendo ricco di ricette antiche di famiglia. 


Ballerine di carta, edito da CIESSE Edizioni nell'aprile 2012, è un romanzo storico-sentimentale ambientato in Veneto, precisamente nella cittadina termale di Abano Terme. Bianca, ormai anziana, riceve in dono il diario scritto molti anni prima dalla cara amica Dora, regalo che sarà occasione per abbandonarsi ai ricordi e per rivivere emozioni e dolori che il tempo ha offuscato. Sullo sfondo degli avvenimenti storici che hanno caratterizzato il ventennio durante il regime fascista, Bianca cerca di dare un senso agli eventi che hanno messo a dura prova la sua esistenza e quella dell'amata amica Dora, dall'ascesa del fascismo alla seconda guerra mondiale. La giovane Bianca, incapace di piegarsi ai voleri di una famiglia all'antica e di un fidanzato fascista, si ribella alle convenzioni e sfida l'intransigente zio e le assurde regole imposte alla “nuova donna italiana” lasciandosi prendere per mano da Costante, membro delle buona società aponense, ma sfrenato donnaiolo e sovversivo. Le pagine sono pervase dalle eco della cultura popolare veneta, si tratti di dialetto e usanze tipiche, di costumi o vecchi giochi, ma soprattutto di aromi e sapori che si possono ritrovare nei piatti della tradizione. Fritole e galani, quindi, pevarini e fugazze, ma anche un pizzico di magia.

 


La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Mi piace mangiare bene, dai piatti tradizionali alle novità del momento. Amo la cucina della tradizione e adoro tutto ciò che è dolce. Devo fare una confessione: sono una patita della pizza Margherita, che mangerei in ogni momento. Sì, mi piace cucinare, c'è persino chi dice che io sia una brava cuoca.

Lo fa per dovere o per piacere?
In cucina e nella vita sono piuttosto umorale: se in giornata buona (e quelle son le giornate in cui produco molto in ogni settore, scrittura compresa) dalla mia cucina fuoriescono odori e aromi sopraffini, dessert inclusi. Talvolta, però, a “profumare” è soltanto il tostapane. Dovere o piacere, quindi? Forse non mi resta che dire: “Dipende!”. Quel che è invece un vero piacere è sfornare dolci: focacce, biscotti, tiramisù, gelati e budini. Fin da quand'ero una ragazzina ho scoperto che lavorare insieme burro, uova, zucchero e farina mi mette di buonumore: un effetto terapeutico irrinunciabile.

Invita amici o è più spesso invitato?
Invito, soprattutto se ho scoperto una nuova ricetta da proporre (rigorosamente già sperimentata da marito e figli, non amo le sorprese). Adoro le cene nella nostra taverna, le chiacchierate accanto al caminetto acceso, il profumo della legna che arde, la tavola imbandita e un buon bicchiere di vino. E a chi non piacerebbe?

Ha mai conquistato amici o un uomo cucinando?
Mio marito. Credo. Forse. Mah... Sono convinta che i miei dolci siano degni di un pasticciere, ma chissà se a distanza di anni la mia dolce metà mi confiderà di averli apprezzati soltanto per amore. Quel che è certo è che gli amici escono sempre soddisfatti dalla mia cucina. Non posso chiedere di più.

Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Certo che sì, ma che soddisfazione quando mio marito si mette ai fornelli per me!

Quando ha scoperto questa sua passione?
Da ragazza, quando ho iniziato a compilare il mio quadernetto delle ricette (provate e approvate) che ancora conservo.

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
È un ricordo legato a mia nonna che faceva i galani (cenci, chiacchiere, frappe...) più buoni del mondo. La rivedo ancora nella sua cucina a tirare la pasta con il mattarello e a friggere quelle prelibatezze in una vecchia pentola (altro che friggitrice). Li ho offerti ai compagnetti delle scuole elementari, agli amici delle medie e perfino a quelli delle superiori: i galani di nonna Ada sono stati conosciuti e apprezzati negli anni da molti amici, anche dai colleghi di lavoro.

Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Da brava italiana adoro le lasagne al forno, ma detesto tutto ciò che è frattaglia (cervella, fegato, cuore, ecc.) o, peggio, le lumache.

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Verdino/marroncino luccicante e sbrodolante.

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
Caffè, seguito da caffè per finire con caffè. Niente riti scaramantici, ma caffè bollente, lungo e rigorosamente amaro.

Scrive mai in cucina?
Scrivo SEMPRE in cucina. Apro il mio portatile sul tavolo della stanza più vissuta della casa ed è lì che arrivano le idee migliori.

A che ora le viene più naturale?
Non c'è un'ora più congeniale per farlo. L'ispirazione quando arriva, arriva e se per caso sono fuori casa mi si può vedere fermare l'auto, estrarre il mio taccuino dalla borsetta, penna alla mano ed eccomi pronta per buttar giù qualche appunto che nel giro di qualche minuto fuggirebbe dalla mia mente. Eh sì, le parole perfette non tornano più.

Si compra cibo pronto (tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto presa dalla scrittura?
Cucino. Adoro tramezzini, pizza e snack vari, ma i miei figli preferiscono la pastasciutta.

Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Dolce o salato, non ho preferenze purché ci sia il caffè, naturalmente.

Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Quand'ero bambina, negli anni '70, si usava molto fare gite fuori porta che erano sempre l'occasione per organizzare dei picnic luculliani. Tutta la famiglia (nonni, zii, cugini, fino ai parenti più lontani) si adoperava per non far mancare nulla, dall'antipasto al dolce, a tavoli, sedie e ombrelloni. Ricordo con particolare nostalgia quelle enormi fette di anguria che il nonno tagliava per noi bambini affinché potessimo affondarvi i denti e tutta la faccia. E non aveva importanza se ci sporcavamo i vestiti o se ci sputavamo addosso i semi a vicenda, nessuno ci avrebbe rimproverati per una cosa del genere. Ah, i tempi sono un po' cambiati. Chissà se davvero in meglio!

Lei è uno scrittore di romanzi, quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con suo marito?
Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Con amici e figli non ci sono preferenze, dalla pizzeria alla trattoria tutto va bene. Con il marito le cose cambiano: mi piacciono i locali romantici, poco affollati, dove si mangia pesce.

Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Penso che chiudere una serata con qualcosa da mettere sotto i denti sia sempre piacevole. Mi è capitato di offrire i dolcetti menzionati nel romanzo (sono riportate anche le ricette). Si tratta di dolci della tradizione veneta che sono stati molto graditi, tra l'altro.

In “Ballerine di carta” ci sono ricette, passi che ricordano cibi o profumi di cibo.
Il cibo è protagonista?
La cultura culinaria della tradizione è un aspetto importantissimo nel romanzo. Un romanzo si definisce storico quando è ambientato in un'epoca storica e intende trasmetterne lo spirito, i comportamenti e le condizioni sociali attraverso dettagli realistici e con un'aderenza ai fatti documentati. Va da sé che non è possibile dipingere un'epoca storica senza affrontare il tema del cibo che è un elemento importantissimo per aiutare il lettore a “entrare” nel periodo di riferimento attraverso profumi, aromi e, nel mio caso, manciate di caramelle all'orzo. 

“Ballerine di carta” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Sicuramente ai pevarini (peperini), deliziosi biscotti rustici al pepe che venivano venduti durante le sagre paesane, dolci al primo assaggio, ma che pizzicavano lievemente la lingua dopo qualche istante. Un po' come la storia del romanzo, una struggente avventura d'amore che si trasforma in una storia parecchio dura anche se alla fine ci lascia nuovamente un dolce sentore di ottimismo e di speranza.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
Penso che regalerò proprio la ricetta dei biscottini al pepe, molto particolare direi.
PEVARINI
peperini

Ingredienti: 700 g di farina bianca, 450 g di melassa, 50 g di strutto, 1 cucchiaio di pepe bianco macinato (aumentare a piacere), 1 bustina di lievito, 1 pizzico di sale.

Impastare tutti gli ingredienti fino a ottenere un impasto omogeneo. Stendere la pasta in una sfoglia di circa mezzo centimetro e ricavarne dei biscotti lunghi e stretti. Adagiare i biscotti su una piastra imburrata e infornarli a 175° per 15/20 minuti. Una volta sfornati spennellare con uno sciroppo di acqua e zucchero.

Quale complimento le piace di più come cuoco?
“Favoloso, mi dai la ricetta?”

E come scrittore?
“Favoloso, non riesco a scollarmi dalle pagine del tuo libro”. Potrei chiedere di più?

Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
“Bianco. Immaginai che il colore della nostra speranza fosse il bianco che, pur essendo senza tinta, conteneva tutti i colori esistenti. Bianco, il colore della gioia, della purezza, della nascita, perfino della resa. Ecco, sentivo la pace scendere lentamente nel mio spirito e rendere fertile la mia anima perché la speranza potesse germogliarvi”. Perché credo che la speranza altro non sia che cibo per la mente e per lo spirito.

Grazie per la sua disponibilità e per le belle risposte.
Il libro mi ha incuriosito.




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