giovedì 9 ottobre 2014

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Susanna Raule, Il Club dei Cantanti Morti, Otto Micron,2014


Interviste cook & book di Federica Gnomo Twins

Oggi salutiamo e ringraziamo la scrittrice Susanna Raule , Il Club dei Cantanti Morti, Otto Micron, 2014, per averci aperto la porta della sua cucina.
        * La storia si apre con la morte di Jimmy Razor, l’ennesima rockstar trasgressiva morta misteriosamente. Del caso sono incaricati i detective Wyte e Pullman della squadra rapine-omicidi di Los Angeles. Nessuno dei due è particolarmente entusiasta: è un caso ad alta esposizione mediatica; né la stampa, né i fan, né i  superiori daranno loro un attimo di tregua.
Nello stesso tempo, dall’altra parte dell’oceano, nella lussuosa biblioteca di due nobili inglesi compare una rappresenteza del Club dei Cantanti Morti, composta dal presidente, Johnn Lennon e da alcuni dei soci: Janis Joplin, Kurt Cobain, Jim Morris e Jimi Hendrix. Sono apparsi nella biblioteca di Nastasia Scott-Greene e Weasley Pennington per chiedere loro un’indagine: Jimmy Razor ha chiesto di entrare nel Club, ma nessuno è certo di come sia morto. E solo chi è morto di morte violenta può far parte del Club.

    
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Mi piace molto mangiar bene, ma non cucino. Ossia... cucino se proprio ci sono costretta. Se sono da sola per un periodo non mi lascio morire di fame, ma di solito cucina il mio compagno o mangiamo fuori.
Lo fa per dovere o per piacere?
Quando devo, lo faccio per dovere, appunto. E so cucinare tre piatti “basic”, diciamo. Quelli mi vengono bene.
Invita spesso amici a casa o è ospite di altri?
A volte. Ma più che altro con gli amici mangiamo fuori e poi finiamo la serata a casa nostra con un bicchiere... di passito o di coca-cola per mandare giù, a seconda di com’è andata la cena!
Ha mai conquistato un uomo cucinando?
Decisamente no. Piuttosto il contrario: mi faccio prendere per la gola piuttosto facilmente.
Vivrebbe con  un un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Oh, be’, ma certo. Voglio dire, credo che le basi di un rapporto siano altre. Ma sono molto contenta del fatto che al mio compagno piaccia cucinare e sia bravo ai fornelli. Se non lo fosse lo amerei lo stesso, eh.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Uno dei primi ricordi, che non so se sia “mio” o se sia un falso ricordo che mi sono formata per via dei racconti dei miei. Comunque, ero in montagna con loro. Ero molto piccola, per cui in teoria avrei dovuto mangiare ancora cibi per bambini. Magari non omogeneizzati, però cose morbide e non molto saporite. Se non che, a un certo punto inizio a lamentarmi dicendo che ho fame, ho fame, ho fame. Hai presente come fanno i bambini. I miei non hanno dietro niente da darmi, perché doveva essere un’escursione molto breve, avevo già mangiato e così via. Hanno solo un panino con lo speck. Provano a darmelo e io divoro il panino con lo speck, molto, molto soddisfatta. Ecco, questo è uno dei miei primi ricordi, o forse no.
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Sono pochissime le cose che non mangio, ma tra queste ci sono le rape rosse. Mai piaciute e probabilmente mai mi piaceranno. I piatti di cui non mi stancherei mai sono diversi, invece. Su tutti la pasta con il tonno come la prepara Armando (il boyfriend). La adoro. Poi amo la tartare, la frittata di cipolle e, prima di diventare intollerante al lattosio, i profiteroles. Ah, e i pancake. Amo i pancake!
Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Mh, no. Dicevamo: le rape rosse. Ma in realtà il colore delle rape rosse mi piace moltissimo. È il sapore che proprio non sopporto.
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale che la fa stare concentrato a scrivere?
Bevo parecchio caffè, ma indipendentemente da quello che faccio. Ho la pressione bassa e il caffè in alcuni momenti mi tiene letteralmente in piedi. D’inverno, dopo cena, quando sono al computer a scrivere, trovo molto piacevole un dito di Zibibbo.
Scrive mai in cucina?
No, non ho lo spazio!
Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Di solito scrivo in sala. Ho davanti un albero gigantesco e molto vecchio e sento il rumore del traffico, quattro piani più sotto. Il momento in cui scrivo meglio è dopo cena, fino a notte fonda.
 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
A volte, paradossalmente, proprio quando sono molto presa dalla scrittura stacco e mi preparo qualcosa. Così metto a fuoco quello che sto scrivendo, mentre le mie mani fanno dell’altro. L’ultima volta sono stati i noodles con le verdure e la salsa di soia. Unico problema: le mie verdure à la julienne sembravano tronchi d’albero. Le ho mangiate lo stesso, ma, be’...
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
In generale sono più un tipo da salato. Ma ultimamente dopo cena mangio un Mars.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Non la definirei “carina”. Riguarda i bomboloni polacchi. Cioè, assomigliano a bomboloni. Bellissimi bomboloni coperti di zucchero... Ero in Polonia per un festival, avevano messo noi autori italiani in questa incredibile Casa della Cultura, uno dei lasciti “buoni” della dominazione sovietica. Dentro a questo edificio c’era un bar per i dipendenti e per gli ospiti, in cui andavo a fare colazione. Quindi, il primo giorno di permanenza, entro nel bar e vedo questo bombolone. Ha un aspetto succulento. Armando mi dice: “Non mangiarlo: ci ho provato anch’io, ma è pesantissimo”. Io mi stringo nelle spalle e lo divoro. Era enorme. Era anche molto buono, anche se non sapevo che mi avrebbe messa KO per un giorno intero, con lo stomaco a pezzi e tutto. Mi hanno poi spiegato che quei bomboloni sono preparati con lo strutto. Quintali di strutto. Se andate in Polonia, guardatevi dai bomboloni.
Lei è uno scrittore di gialli, horror, fantascienza. Quando esce a cena con i suoi  amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con  il suo compagno?
Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Spazio. Con gli amici o con il mio compagno tendiamo ad andare nei ristorantini del centro. E io e Armando prendiamo regolarmente pizza, kebab e cinese take-away. Con gli amici a volte andiamo al giapponese, ma non tutti lo apprezzano.
Quando vado in un ristorante italiano sono un po’ limitata dall’intolleranza al lattosio, quindi cerco di prendere piatti di pesce o carne e di evitare la pasta, perché quasi sempre c’è del formaggio dentro. E sono pochissimi i dolci che posso mangiare al ristorante, per via del burro. Un’eccezione è il castagnaccio, tipico della mia zona, che è fatto usando olio, farina di castagne e uvetta.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Dipende da chi organizza la presentazione, in realtà. A volte prevedono un buffet, a volte no. Non penso che sia importante, onestamente. Per gli aperitivi ci sono i bar. A meno che non sia una presentazione in un bar, in effetti!
Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  “Il Club dei Cantanti Morti” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Il cibo è mai co-protagonista?
In realtà, nel Club uso il cibo per rimarcare le differenze sociali e culturali tra i protagonisti. È sempre successo e negli ultimi anni l’attenzione un po’ radical chic all’enogastronomia ha accentuato ulteriormente la cosa. Non è bello, ma è un fenomeno. Quindi nel libro due personaggi particolarmente upper class mettono in mostra i loro gusti particolarmente upper class. Mentre il protagonista mangia una pizza surgelata, ecco.
“Il Club dei Cantanti” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
A diverse ricette per i diversi personaggi. Roba da fast-food per Jack Wyte, novelle cuisine per Pennington e Scott-Greene. E mint julep per Sonia, la ragazzina che muore subito all’inizio del libro. Dolcissimo mint julep ghiacciato.
Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio?
Dunque, no. Ve la regala Armando, almeno sarà commestibile. Eccola:
*RICETTA* ( ingredienti e procedimento)
BRUTUS SALAD
( elaborazione da un basic concept di Susanna, da noi così chiamato perché è praticamente l’omicidio di una Caesar Salad)
Ingredienti (per 2 persone)
300 g d fettine di tacchino
1 insalata iceberg (o lattuga, se vi piace l'insalata molla)
3-4 patate medie
1 cetriolo
il succo di mezzo limone
sale
pepe
olio

1.  mettete a bollire le patate in abbondante acqua salata.
2.  preparate in un piatto la miscela di succo di limone, un po' d'olio d'oliva, un pizzico di sale e di pepe e lasciatevi marinare le fettine di tacchino per 20 minuti.
3.  pulite e sminuzzate l'insalata
4.  sbucciate e tagliate a fettine il cetriolo, salatelo e mettetelo in un'insalatiera capiente insieme all'insalata.
5. cospargete il fondo di una padella di un sottile strato di sale fino e mettetela a scaldare a fuoco medio.
6. quando la padella è bella calda metteteci le fettine di tacchino marinate e continuate a rigirarle finché non sono dorate ma morbide. poi toglietele e tagliatele a quadratini.
7. quando le patate sono cotte lasciatele raffreddare, sbucciatele, e tagliatele a fettine.
8. aggiungete le patate  e il tacchino all'insalata e il cetriolo. condite con olio d'oliva, mescolate, e aggiungete un altro pizzico di pepe.
fatto!
 (se volete il tacchino un po' più morbido e saporito potete passarlo in un sottile strato di farina prima di metterlo in padella. ricordate però che in questo caso il fondo della padella va oliato).

Quale complimento le piace di più come cuoco?
“Sono sopravvissuto”.
E come scrittore?
I complimenti più belli di tutti li ho ricevuti dagli adolescenti. Un paio mi hanno addirittura detto “prima non leggevo”. Sono cose che ti fanno fluttuare a qualche metro da terra, onestamente.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
“«Quale club?» chiesi io, stranita.
Moon sospirò. «Il Club dei Cantanti Morti».
Mi servì qualche secondo per rendermi conto delle implicazioni di quello che avevo appena scoperto. Era… Era… Era la più immensa, sfavillante figata dell’universo! Ovviamente non feci domande stupide tipo “che cos’è il Club?”. Avevo già capito tutto. E stavo per avere un tracollo ormonale o qualcosa del genere.
«Ehi, che figata» dissi. «Cioè, tu sei in contatto con…?». Non ci potevo credere. Avevo trovato un senso alla mia morte, così, per puro caso. Era chiarissimo.”

Grazie per la sua disponibilità
Federica Gnomo Twins                                                                           








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