CON
Il pane sotto la neve
Vanessa Navicelli
Selfpublishing
(CreateSpace Independent Publishing Platform)
Anno: Novembre 2017
Breve sinossi a cura dell’autore:
Il pane sotto la neve è
un romanzo di narrativa popolare, ambientato “da qualche parte sulle colline
dell’Emilia, al confine con la Lombardia, dove la provincia di
Piacenza abbraccia la provincia di Pavia.”
È la saga di una famiglia contadina dai primi del ’900 fino alla
primavera del 1945.
Si racconta della prima guerra mondiale, della fatica del
lavoro in campagna, delle figlie che crescono e si fidanzano. Dell’arrivo della
seconda guerra mondiale, della Resistenza. E dei nipoti: chi parte soldato, chi
diventa partigiano.
Un mondo e una felicità fatti di piccole
grandi cose. Tra politica e apparizioni
della Madonna, canzoni degli alpini e orgoglio partigiano, la musica di Verdi e
le passeggiate lungo il Po, innamoramenti inattesi e le gare ciclistiche di
Bartali e Coppi, le recite di Natale in parrocchia e un bicchiere di vino
all’osteria.
Per ricordare
le nostre radici. Chi siamo e quanto
ci è costato arrivare fin qua.
Un romanzo sulla
famiglia e per tutta la famiglia.
Un romanzo “trasversale”, che si rivolge sia agli adulti
che ai ragazzi.
Il linguaggio è semplice ed essenziale,
come lo è la gente di cui si racconta.
Molte cose
sono vere. Molte altre sono verosimili.
Ci sono parti drammatiche e parti umoristiche. Come nella
vita.
Questo romanzo è il primo della Saga
della Serenella.
La serenella
(o lillà) è un fiore semplice e profumatissimo. È il mondo contadino, la
famiglia, la primavera dell’anima. È il
simbolo di ciò che è buono e vero. Di un mondo pulito e schietto.
Ma tutto
questo lo potrete capire, veramente, solo leggendo le storie della gente nata
là, sulle colline al confine tra Emilia e Lombardia, nella terra dove cresce la
serenella.
“La
libertà, per ora, riposa sotto la neve.
Ma
arriverà la primavera… e non sarà solo il grano a germogliare.”
N.B. Ogni romanzo della saga è pensato per
poter essere autonomo e completo anche individualmente.
1) Come è il tuo rapporto con il Natale, definiscilo con un
aggettivo solo?
Ottimo rapporto da sempre. Lo adoro come avessi ancora 5
anni!
Un solo aggettivo per definirlo? Uhm. Direi “gioioso”.
2) Presepe o albero?
Mi piacciono entrambi. E da piccola, coi miei genitori, li
facevo entrambi.
Però ammetto che nel mio immaginario natalizio, oggi,
l’albero ha guadagnato qualche punto rispetto al presepe. Forse per il tripudio
di luci e colori che fanno tanta allegria in casa. Mi piace il clima festoso
degli addobbi natalizi.
3) Albero vero o finto?
Be’, ora che vivo in un appartamento in città, albero finto
per motivi di spazio e di praticità.
Ma finché ho vissuto coi miei genitori in collina, sempre
albero vero, altissimo e col profumo di bosco. Lo andava a prendere mio padre e
io gli dicevo: “Deve arrivare al soffitto, ricordatelo!” Finito il Natale, lo
piantavamo in qualche parte del giardino. E infatti, più che un giardino, il
nostro era un boschetto!
4) Ami più fare regali o ricevere regali? Che tipo di
regali? Preferisci la sorpresa o suggerisci a qualcuno i tuoi desideri?
È sicuramente più divertente farli. Pensare a qualcosa di
speciale per le persone che ami, sperare che le renda felici. Ti fa star bene.
In quanto ai regali che ricevo, è bello quando sento che c’è
dell’affetto vero dietro a quel dono. Non importa il valore economico. Può
essere anche un gingillo preso al mercato, se ha un valore simbolico che lega
me e la persona che l’ha fatto. Quindi no, non do suggerimenti perché, con
questi requisiti, mi va bene tutto.
5) Ami ricevere libri o preferisci comprarteli? Hai mai
ricevuto un libro che non sei riuscito a leggere? O un regalo veramente
sbagliato? Quale e perché? O uno che invece è stata una bella sorpresa inaspettata?
Mi piace anche ricevere libri, perché spesso è un modo per leggere
testi che, da sola, non avresti mai pensato di acquistare. A volte sono delle
belle scoperte, a volte delle delusioni (che molli dopo pochi capitoli). Però è
sempre interessante avere la possibilità di confrontarsi con cose nuove, e coi
gusti degli altri.
Mi fanno regali da quand’ero bambina, quindi… di pacchetti
che ho aperto e che poi son rimasta a fissare chiedendomi: “Ma perché?” ce ne
sono stati parecchi. Un ricordo buffo che mi viene in mente tra i primi è un
minuscolo-minuscolo-minuscolo (ho già detto minuscolo?) cuoricino d’oro che mi
hanno regalato da ragazzina dei mie parenti. Parenti decisamente più benestanti
della mia famiglia, ma di una tirchieria assurda e quasi comica. Quando ho
aperto il pacchettino e ho visto questo cuoricino disperso in mezzo al cotone
(ci affondava dentro e ci spariva), ho guardato mia mamma e siamo scoppiate a
ridere. Poi ho commentato: “Cavolo, stiamo attente, perché se ci cade su un
tappeto non lo ritroviamo più!”
N.B. A nessuno della mia famiglia è mai importato niente di
ricevere oggetti d’oro. M’avessero regalato un pupazzo buffo, sarei stata
felicissima. La cosa comica (che ha suscitato battute per anni!) era l’evidente
contrasto tra il desiderio di regalare qualcosa di prezioso e il dolore
straziante di separarsi dai soldi che sarebbe costato!
6) Come si intitola il romanzo che hai scritto e vorresti
consigliare come regalo di Natale?
“Il pane sotto la neve”. Un romanzo storico, di narrativa
popolare. Una saga familiare.
Con questo libro inauguro anche la Saga della Serenella.
[“Serenella” è il nome colloquiale con cui, specie nelle
zone di campagna, veniva e viene chiamato il lillà.]
7) Cosa ha di particolare il tuo romanzo per finire sotto
l’albero di Natale? A chi è adatto?
È un romanzo sulla famiglia e per tutta la famiglia. Un
romanzo “trasversale”, che si rivolge sia agli adulti che ai ragazzi.
Me lo sono sempre immaginata come una di quelle storie che
si raccontavano una volta, avete presente? Attorno al fuoco, tutti assieme
(bambini compresi). Qualcosa da condividere.
Ci tenevo che si sentisse la vita. Lacrime, sorrisi, colpi
di scena, amore, odio, dolore, risate, amicizie… Sentire la vita scorrere.
E ci tenevo che i personaggi uscissero dalla pagina e
diventassero reali, coi loro mondi e le loro personalità. Io li conosco – e ci
convivo – da tanti anni, ormai. Mi hanno fatto ridere, piangere, preoccupare,
rallegrare. Voglio bene a tutti loro, perché se lo meritano.
Spero di essere stata capace di accompagnarli sulla pagina
scritta rispettandoli e raccontandoli in modo che anche altri gli possano voler
bene.
8) Ti è piaciuto scriverlo? Da dove nasce la storia?
Io sono cresciuta con un grande amore e interesse per tutto
quello che riguarda la prima metà del Novecento (dalla Storia, alla musica, ai
film, ai libri…). Ho ascoltato a occhi sgranati gli aneddoti di mia nonna,
della mia prozia e dei miei genitori.
Così, con tutto questo amore dentro, è stato naturale, per
me, voler raccontare storie ambientate in quel periodo.
Io credo nell’importanza della Memoria. Sapere da dove
veniamo aiuta a capire chi siamo e cosa possiamo diventare; in bene o in male,
a nostra scelta.
Da sempre mi sento in debito con tutte quelle persone che
hanno fatto sì che oggi si possa essere liberi. Un’incredibile e variegata
Italia.
Volevo ringraziarle.
Per questo ho scritto romanzi che si rivolgono sia agli
adulti che ai ragazzi. Ragazzi che ormai conoscono sempre meno le due guerre
mondiali che ci hanno devastato, la lotta di liberazione dal nazifascismo, la
Resistenza, le leggi razziali. E cosa voleva dire essere giovani nella prima
metà del Novecento – nelle difficoltà, sì, ma anche nella semplicità dei
desideri.
Alla fine della lettura, dovrebbe restare addosso il senso
delle cose importanti della vita. Questo è quello a cui tengo di più.
9) Ci doni un piccolo l’incipit che ci lasci la voglia di
leggere?
Capitolo I
Il vento degli angeli
Da qualche parte sulle
colline dell’Emilia, al confine con la Lombardia, dove la provincia di Piacenza
abbraccia la provincia di Pavia.
È il 1897. Una domenica di maggio.
Un ragazzo di diciassette anni cammina per una stradina
sterrata di collina. In mano ha dei rametti di serenella. Ogni tanto prende
dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto, se lo passa sulla fronte; poi lo gira
sull’altro lato, si china a terra e lo passa sulle scarpe. Guarda il sole, con
gli occhi socchiusi; fa un bel respiro e riprende a camminare.
Una ragazza di quindici anni aspetta davanti alla chiesa del
suo paese. Stringe un santino della Madonna tra le mani. Di fianco a lei c’è il
parroco che la osserva mentre, nervosa, zoppicando un poco, va avanti e
indietro da una fontanella a rinfrescarsi il viso.
“Arriva” dice il parroco, indicando il fondo della piazza
antistante.
10) Una volta scartato, aperto e ammirato con soddisfazione
il tuo libro, un lettore, per gustarlo al meglio, con cosa lo potrebbe
accompagnare, una musica, un profumo ecc? O dove sarebbe magico leggerlo se
potesse scegliere un luogo o una stanza?
Lo si dovrebbe accompagnare con qualcosa che ci fa pensare
alla famiglia (intesa come famiglia di sangue o di elezione).
Può essere una fetta di torta della nonna. O la cioccolata
che beviamo nelle giornate no con le amiche più care. O il profumo delle
caldarroste in cucina.
Magari ascoltando una musica di Verdi, il compositore
preferito dal protagonista. [Anche se io, quando leggo, preferisco il silenzio
su tutto. Mi piace sentire le parole risuonarmi in testa.]
Davanti a un camino, mentre fuori nevica, sarebbe perfetto.
Ma alla fine… l’unica cosa che conta, davvero, è leggerlo in un posto che ci faccia
sentire sereni. Come dentro a una bolla di sapone.
BREVE BIO AUTORE
Vanessa Navicelli è nata in provincia di Piacenza, ma da
anni vive a Pavia.
Nel 2012 con il suo romanzo Il pane sotto la neve è stata finalista della prima edizione del
Premio Letterario "La Giara", indetto dalla RAI. Scelta come
vincitrice per l'Emilia Romagna.
Scrive romanzi per adulti e ragazzi; e storie per bambini.
Ha pubblicato due libri per bambini: Un sottomarino in paese (ebook e cartaceo, italiano e inglese),
fiaba illustrata sul tema della pace; e Mina
e il Guardalacrime (solo cartaceo), che inaugura la collana delle Fiabe
Bonbon.
È cresciuta con persone che, pur cercando di scherzarci su,
nella loro giovinezza hanno sperimentato cosa fosse la povertà vera.
È cresciuta in un minuscolo paesino emiliano dove ancora
oggi ben pochi anziani sanno cos’è il lillà, ma tutti sanno cos’è la serenella.
E lei lo trova stupendo.
Il suo ultimo libro, appena uscito, è il romanzo storico
(saga familiare) Il pane sotto la neve.
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