Manca poco alla fine di un anno difficile eppure ricco di accadimenti.
Io tendo a sminuire quello che faccio eppure voltandomi indietro mi rendo conto di aver lavorato tanto: ho fondato e avviato con delle socie una nuova casa editrice Farnesi Editore, per la quale ho curato tre libri di successo usciti nel 2012; sono presente con miei racconti in varie antologie di livello alto, sono stata semifinalista a IO SCRITTORE col mio romanzo che uscirà nel 2013, ho fatto crescere un blog con interviste culinarie di grande successo, mi sono impegnata in una collaborazione a Lovvy.it con la rubrica di cucina. Ho pubblicato Ricette su Cotto e Mangiato, le ricette dei fans e sono responsabile con il direttore Mauro della neonata Dalim Ebook. E poi ho seguito amici, amore, figlia, cani, famiglia, consorzi e dato consigli di architettura. Lacrime e risate.
Per questo vi dico grazie a tutti.
lunedì 31 dicembre 2012
IN CUCINA CON LO SCRITTORE Jolanda Buccella
Interviste culinarie di
Federica Gnomo Twins
Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autrice Jolanda
Buccella che ha scritto il romanzo Fortuna,
il buco delle vite, edito da Ciesse edizioni, per averci aperto la porta
della sua cucina.
Fortuna, il buco delle vite è la storia di una quarantenne che per amore del suo compagno Nadir, un affascinante
pediatra ruandese, decide di lasciare l’Italia e di trasferirsi in Ruanda a
pochi giorni dall’inizio del genocidio dei tutsi del 1994. Le intricate vicende
del destino poi la porteranno a trascorrere i suoi ultimi giorni in un carcere
militare dove ripercorrerà il complicato cammino delle sue vite passate perché,
a differenza della maggior parte degli esseri umani, Fortuna è una donna che ha
vissuto tre vite completamente diverse e prima di arrivare alla sua identità
definitiva, ha prestato il suo volto e le sue emozioni alla piccola J. una
bambina con i capelli rossi e una brutta malformazione alla colonna vertebrale
e alla fragile Piccoletta una povera barbona che viveva di espedienti per le
strade di Roma. Lungo questo viaggio nel passato ritroverà i volti e le voci
delle persone che più ha amato e odiato… il resto della storia toccherà ai
lettori scoprirlo.
La prima domanda di rito è: le piace
mangiare bene? E cucinare?
Sono sempre stata di buon appetito sin da bambina, adoro mangiare così
come mi piace moltissimo mettermi ai fornelli, nonostante abbia una madre che
cucina in modo sublime e prepara dei dolci che farebbero invidia al miglior
pasticcere del mondo.
Lo fa per dovere o per piacere?
Ora che vivo da sola a Milano sono costretta a prepararmi tutti i giorni il
pranzo e la cena da sola, ma lo faccio con piacere per mettere in pratica tutto
ciò che ho imparato in questi anni osservando mia madre mentre preparava il
pranzo della domenica che per noi gente del sud è un momento speciale per
ritrovarsi con tutta la famiglia e rimanere a tavola fino a pomeriggio
inoltrato.
Invita amici o è invitato?
Quando sono libera dai miei impegni lavorativi invito spesso gente a casa,
mi aiuta a sentire meno la mancanza della mia famiglia che vive in provincia di
Salerno, mi sento la regina del mondo quando qualcuno mi fa i complimenti per
il mio ragù o la parmigiana di melanzane.
Ha mai conquistato amici o un uomo cucinando?
I miei amici milanesi li ha conquistati la pastiera di mamma, per quanto
riguarda gli uomini invece ancora non ho avuto modo di prenderli per la gola,
forse perché fino a questo momento ancora non c’è mai stato qualcuno che mi sia
interessato a tal punto da volerlo invitare a cena a casa mia.
Vivrebbe con un compagno che non sa mettere mani ai
fornelli?
Mi piacerebbe molto che il mio futuro compagno fosse una buona forchetta,
detesto gli uomini che stanno attenti a tutte le calorie che ingeriscono e non
si lasciano mai andare, se poi fosse anche un ottimo cuoco ancora meglio,
avremmo una passione in più da condividere.
Quando ha scoperto questa sua
passione?
È avvenuto tutto in modo molto naturale, un giorno di qualche anno fa mi
sono ritrovata a casa da sola con le mie due sorelline minori e non c’era
niente di pronto, così ho preso un pentolino nel quale ho versato un po’ d’olio
e un pelato e ho fatto il mio primo sugo. Non era niente male, forse mancava un
po’ di sale e gli spaghetti erano un tantino scotti ma le mie sorelle hanno
gradito molto, così ho capito che preparare da mangiare per gli altri mi
rendeva felice e da allora non ho più smesso di farlo.
Ci racconta il suo primo ricordo
legato al cibo?
Il mio primo ricordo legato al cibo risale ai miei primissimi anni di vita,
era una fetta gigantesca di pane fatto in casa con pomodoro tagliato a cubetti
e olio extravergine d’oliva appena uscito dal frantoio, davanti al portone di
casa di mia nonna.
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Amo senza alcun ritegno le lasagne, la parmigiana e qualsiasi tipo di
dolce, mentre non ho mai avuto un buon rapporto con le verdure.
Un colore dominante proprio di cibi
che la disgustano?
Il verde delle verdure, però le mangio perché fanno bene alla salute.
Quando è in fase creativa ha un rito
scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare
ferma a scrivere?
Quando scrivo ho bisogno delle crostate alla frutta di mia madre, sono
veramente divine. Purtroppo ora che siamo così lontane devo accontentarmi di
litri di caffè ristretto che, soprattutto la mattina presto, vanno giù che è
una meraviglia.
Scrive mai in cucina?
A Milano mi riesce difficile visto che ho un cucinotto minuscolo, quando
sono a Salerno a volte capita, in modo particolare la mattina all’alba quando è
ancora deserta e posso godermela pienamente.
Altrimenti dove ama scrivere?
Scrivo soprattutto in soggiorno tra i libri che mi hanno fatto compagnia
sin dall’infanzia e i mie fogli pieni di appunti disordinati che soltanto io
riesco a interpretare.
No, ho sempre mangiato roba genuina e continuerò a farlo per il resto della
mia vita, in fondo non ci vuole poi così tanto a mettere su un po’ di sugo al
pomodoro, calare una porzione di pasta nell’acqua bollente e concedersi dieci
minuti per nutrirsi e riordinare le idee.
Che tipo di cibo desidera di più
quando scrive ed è presa dal suo lavoro? Salato o dolce?
Come anticipavo in una domanda precedente, quando scrivo avverto il
desiderio di qualcosa di dolce ma davanti a una pizza fatta come si deve non mi
tiro certo indietro.
Neanche io…
Ha un aneddoto legato al cibo da
raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Ho tanti aneddoti carini legati al cibo, perché ha sempre rappresentato una
parte molto importante di me. Per esempio fino a qualche anno fa il sabato
mattina mi alzavo all’alba per aiutare mia nonna a fare il pane, era qualcosa
di magico… mi sembra ancora di sentire
il profumo caldo e avvolgente delle pagnotte appena uscite dal forno a legna,
un profumo che non dimenticherò mai.
Lei è uno scrittore di narrativa quando esce a
cena con i suoi amici che tipo di locale
preferisce?
Visto che a casa mia si mangia solo ed esclusivamente italiano, quando esco
con i miei amici preferisco i locali etnici dove posso conoscere e apprezzare i
cibi di altri Paesi. In questo momento vado matta per la cucina eritrea.
Ha mai usato il cibo in qualche
storia?
No, fino a questo momento non ho mai usato il cibo in una storia, però è
una bella idea. Magari un giorno potrei scrivere un romanzo che ha per
protagonista il vino, un altro elemento che adoro accompagnato a un buon
formaggio o a dei salumi.
In “Fortuna,
il buco delle vite” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Sì, per un certo periodo della sua vita Fortuna lavorerà nel ristorante di
un amico del suo compagno e avrà modo di deliziare i clienti con i suoi
buonissimi dolci.
Lei evoca con il cibo?
Il cibo e io ci evochiamo a vicenda, quando sono troppo impegnata a
scrivere a un certo punto è lui a richiamarmi a sé e a ricordarmi che per
scrivere qualcosa di decente ho bisogno di nutrirmi bene.
“Fortuna, il buco delle vite” a che ricetta lo legherebbe, e
perché?
Fortuna mi ricorda un tortino al cioccolato, fuori con una crosta un
pochino dura e dentro con un delizioso cuore morbido, perché lei è proprio così
apparentemente sembra una donna arida ma dentro ha un mondo di tenerezza che
aspetta solo di essere scoperto e compreso.
Nelle sue presentazioni offre un
buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Fino a questo momento sono riuscita a fare una sola presentazione il 23
agosto scorso nella Sala delle Conferenze del Comune di Campagna (Sa), dove
vivevo prima di trasferirmi a Milano e subito dopo ho offerto a tutti quelli
che hanno avuto la gentilezza di partecipare un piccolo buffet di dolci che è
stato molto gradito, speriamo di ripetere presto l’esperienza in altre città
d’Italia.
Per concludere ci potrebbe regalare
una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
PARMIGIANA DI MELANZANE.
Ingredienti:
2 Spicchi di aglio, qualche foglia di
basilico, 300g di caciocavallo, ½ cipolla 1,5 kg di melanzane, 1 dl di olio
d’oliva extravergine, 150 g di parmigiano, 2 bottiglie da 700 ml di passata di
pomodori, 100 g di sale grosso, sale per condire qb.
Per preparare la parmigiana di melanzane, per prima cosa dovete preparare
il sugo di pomodoro ponendo in un tegame la cipolla e l'aglio tritati assieme a
4 cucchiai di olio di oliva. Fate soffriggere per qualche minuto, poi
aggiungete la passata e lasciate bollire fino all'addensamento del sugo in
ultimo aggiungete il sale e delle foglie di basilico spezzettate con le dita,
quindi spegnete il fuoco. Spuntate le melenzane, lavatele e tagliatele a fette
molto sottili, circa 1 cm ciascuna.
Mettetele in una scolapasta, disponetele a strati e cospargete ogni strato con del sale grosso. Lasciate risposare le vostre melanzane per almeno 1 ora, in modo che possano espellere una buona parte del liquido amarognolo che le caratterizza. Trascorso il tempo necessario, toglietele dalla ciotola, sciacquatele e asciugatele per bene. Preparate quindi, una padella con un po' d'olio, friggete le melanzane finché saranno dorate su tutti e due i lati e lasciatele asciugare su un foglio di carta assorbente. Ungete una pirofila, cospargete il fondo con un po' di sugo e iniziate a disporre un primo strato di melanzane che devono essere sistemate una di fianco all'altra senza sovrapporle. Versate un po' di salsa sulle melanzane, stendendola uniformemente, e cospargete con un bel po’ di parmigiano. Tagliate a fettine il caciocavallo e distribuitene qualche fetta sulla salsa lasciandole un po' distanziate l'una dall’altra. Ora preparare il secondo strato e continuate ricoprendole di sugo poi di parmigiano e infine di fettine di caciocavallo fino all'esaurimento degli ingredienti. Ricordatevi che l'ultimo strato deve essere di solo pomodoro e parmigiano grattugiato. Mettete la parmigiana in forno a 200° per 40 minuti finché il pomodoro non presenterà la caratteristica"crosticina"dorata. Potete servire la vostra parmigiana sia ben calda, appena tirata fuori dal forno, che a temperatura ambiente... è ottima lo stesso anche fredda!
Mettetele in una scolapasta, disponetele a strati e cospargete ogni strato con del sale grosso. Lasciate risposare le vostre melanzane per almeno 1 ora, in modo che possano espellere una buona parte del liquido amarognolo che le caratterizza. Trascorso il tempo necessario, toglietele dalla ciotola, sciacquatele e asciugatele per bene. Preparate quindi, una padella con un po' d'olio, friggete le melanzane finché saranno dorate su tutti e due i lati e lasciatele asciugare su un foglio di carta assorbente. Ungete una pirofila, cospargete il fondo con un po' di sugo e iniziate a disporre un primo strato di melanzane che devono essere sistemate una di fianco all'altra senza sovrapporle. Versate un po' di salsa sulle melanzane, stendendola uniformemente, e cospargete con un bel po’ di parmigiano. Tagliate a fettine il caciocavallo e distribuitene qualche fetta sulla salsa lasciandole un po' distanziate l'una dall’altra. Ora preparare il secondo strato e continuate ricoprendole di sugo poi di parmigiano e infine di fettine di caciocavallo fino all'esaurimento degli ingredienti. Ricordatevi che l'ultimo strato deve essere di solo pomodoro e parmigiano grattugiato. Mettete la parmigiana in forno a 200° per 40 minuti finché il pomodoro non presenterà la caratteristica"crosticina"dorata. Potete servire la vostra parmigiana sia ben calda, appena tirata fuori dal forno, che a temperatura ambiente... è ottima lo stesso anche fredda!
Quale complimento le piace di più
come cuoco? E come scrittore?
Come cuoca tiro fuori un sorriso a
quarantadue denti quando mi dicono che la mia parmigiana è insuperabile, come
aspirante scrittrice sono felice quando i lettori mi raccontano di essersi
emozionati fino alle lacrime per la storia un po’ amara della mia Fortuna.
Che frase tratta dalla sua opera o
dalla sua esperienza possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Mi porto nel cuore ogni frase della mia opera, sceglierne una in
particolare significherebbe fare torto a tutte le altre, invece una frase che
fa parte della mia esperienza e che mi ha riscaldato il cuore, dandomi la forza
per non arrendermi mai è una frase di Giovanni Paolo II, un uomo che è
fondamentale nella mia vita di tutti i giorni, la frase è: NON ABBIATE PAURA! Io grazie al mio amato Papa ho cominciato a non averne più.
Grazie per la sua disponibilità
sabato 29 dicembre 2012
DIETA
Siamo ancora nel mezzo delle feste e relativi banchetti sontuosi che da giorni i media ci martirizzano suscitandoci sensi di colpa per aver addentato torroni, tortellini , e tacchino. Impazzano infatti rimedi miracolosi sciogligrasso, toglipeso, antifame, mangiatantoenoningrassa, cibi con calorie inverse e via dicendo. Io vi consiglio di non spendere soldi in pillole e fialette e se volete la pancia piatta, di fare sana sexy-attività fisica, notturna o diurna. Nel caso non ci riusciste perché il marito o il compagno critica il vostro aspetto ( e non il suo) dicendo che siete troppo ciccione e vi stronca di continuo l'autostima, fate come quella signora che ha lasciato il suo consorte e così ha perso di colpo 80 chili. A parte la barzelletta, il peso spesso si accumula per stress, se il marito stressa sarà più difficile combattere la ciccia. Prendetevi un amante ( o se non osate tanto un amico) che adori mangiare, divertirsi e trovi eccitanti le vostre rotondità, vi farà sentire subito interessanti e più carine, sexy e desiderate, otterrete così ottimi risultati fisici e psicologici, e non vi intossicherete di medicinali svuotando inutilmente il portafoglio. Quello che risparmiate investitelo in qualche completino malizioso e lasciatelo bene in vista per casa. Forse il bradipo che convive con voi lo noterà facendosi qualche domanda.
giovedì 27 dicembre 2012
TEA for TWO: ciambellone bicolore alla panna e cacao.
Ma come si sta bene in casa a mettere su due tre chili per Natale e feste varie? Io ne approfitto per sfornare dolci: oggi vi scrivo la ricetta di un classico rivisitato da me per caso. Un pomeriggio volevo fare un ciambellone e non avendo il burro e il latte, ma una confezione di panna liquida, ho sostituito qualche ingrediente e ne è uscito un dolce soffice, facilissimo e veloce perché non si deve lasciar ammorbidire il burro.
Ciambellone bicolore alla panna e cacao
Ingredienti:
Ciambellone bicolore alla panna e cacao
Ingredienti:
- 250 gr farina 00
- 250 gr zucchero + due cucchiai per decorare
- 3 uova
- due cucchiai di olio di semi di arachide
- una bustina di lievito per dolci alla vaniglia
- una confezione piccola di panna liquida(200ml)
- 2 cucchiai di cacao amaro o dolce se si preferisce.
- burro per imburrare la teglia
Procedimento:
In un mixer sbattete le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso, aggiungete l’olio molto delicatamente, la panna e continuare a mescolare fino ad amalgamarli del tutto. Infine unite la farina a cucchiaiate, il lievito e amalgamate molto bene il composto. Lasciatelo riposare almeno 15 minuti.Intanto imburrate e infarinate uno stampo a ciambella da 26 cm, passati i 15 minuti versatevi i 3/4 del composto e in quello rimanente metteteci i due cucchiai di cacao amaro e mescolate energicamente per ottenere un composto al cioccolato. Versatelo sopra all'altro aiutandovi con un cucchiaio, quindi delicatamente con una forchetta mescolate un po' a casaccio il composto scuro su quello chiaro. Cospargetelo di due cucchiai di zucchero che cuocendo si spaccherà sopra alla crosta rendendo il ciambellone bellissimo.
In un mixer sbattete le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso, aggiungete l’olio molto delicatamente, la panna e continuare a mescolare fino ad amalgamarli del tutto. Infine unite la farina a cucchiaiate, il lievito e amalgamate molto bene il composto. Lasciatelo riposare almeno 15 minuti.Intanto imburrate e infarinate uno stampo a ciambella da 26 cm, passati i 15 minuti versatevi i 3/4 del composto e in quello rimanente metteteci i due cucchiai di cacao amaro e mescolate energicamente per ottenere un composto al cioccolato. Versatelo sopra all'altro aiutandovi con un cucchiaio, quindi delicatamente con una forchetta mescolate un po' a casaccio il composto scuro su quello chiaro. Cospargetelo di due cucchiai di zucchero che cuocendo si spaccherà sopra alla crosta rendendo il ciambellone bellissimo.
Mettete in forno già caldo a 180° per 40 minuti circa.
lunedì 17 dicembre 2012
IN CUCINA CON LO SCRITTORE, Marco Proietti Mancini
Interviste culinarie di
Federica Gnomo
Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Marco
Proietti Mancini “Roma per sempre” – Edizioni della sera – 2012 - per averci aperto la porta della sua cucina.
In “Roma per sempre” Marco Proietti Mancini riesce a far viaggiare i
lettori attraverso tre dimensioni: lo spazio, il tempo e le emozioni. Nelle
storie che racconta c’è una descrizione dei luoghi, dei posti e degli
spostamenti, c’è il viaggio nel tempo che riporta indietro dai primi ricordi di
vita fino ai giorni nostri e ci si immerge pienamente nelle sensazioni. Le
emozioni prettamente romane che in quei posti, in quel tempo, i protagonisti
delle storie di Marco hanno vissuto.
L’autore ci accompagna, ci descrive, ci rivela i particolari, i dettagli, i
segreti che Roma ancora nasconde: e noi viaggiamo insieme a lui per le
strade e i vicoli di questa metropoli, corridoi di teatro che sfociano nella
platea delle piazze, dove la rappresentazione della vita esplode. Ma lo spettacolo
vero è dietro le quinte, dove i protagonisti veri sono i popolani, la gente
normale che Roma la vive nella quotidianità dei suoi giorni.
Perché per chi vive a Roma ogni giorno è straordinario per il solo fatto
di viverlo lì, nella capitale del mondo, nella città eterna. Un libro
che può essere considerato allo stesso tempo un romanzo e una guida emozionale
per conoscere ancora meglio la metropoli più bella del mondo.*
La prima domanda di rito è: le piace
mangiare bene? E cucinare?
Mi piace mangiare e non esiste altro modo di
mangiare che “bene”. Se non si mangia bene non si mangia, ci si nutre, ingozza,
senza soddisfare il gusto (che è un senso) ma solo saziando la fame (che è un
bisogno). Cucinare mi piace molto, mi
piace inventare e creare, perché questo è cucinare; come scrivere, comporre,
cantare. Se fatto bene cucinare è una forma d’Arte – Intendiamo, io mi ritengo
al massimo un artigiano dilettante, in cucina.
Lo fa per dovere o per piacere?
Quando devo cucinare la sera, a casa, magari dopo
una giornata di lavoro; allora non sto a raccontare balle. E’ un dovere. Ma il
sabato e la domenica mi prendo il tempo per farlo con piacere.
Invita amici o è invitato?
Bah; veramente più che altro invito, almeno se si
tratta di qualcosa legato al mangiare insieme. Mi piace cucinare per amici e mi
piace anche cucinare in compagnia.
Ha mai conquistato amici o una donna
cucinando?
No, direi proprio di no. Fidanzato a ventuno
anni, sposato a venticinque, non ho avuto modo di sperimentare la cucina come
arte seduttiva. Non credo che mia moglie sarebbe stata d’accordo. Questo per
quanto riguarda le donne. Per quanto riguarda gli amici... boh, ma non mi pare
proprio.
Vivrebbe con una compagna o un compagno che non sa mettere
mani ai fornelli?
Lo preferirei. Con mia moglie sono scazzi
continui. A volte mi pare di essere sposato con Gordon Ramsey, mai che gliene
vada bene una. Ma si vede che l’ho abituata bene e lei, sapendo cucinare, è
molto esigente.
Quando ha scoperto questa sua
passione?
Essendo il quinto di cinque figli ho dovuto
iniziare presto ad arrangiarmi, a essere autonomo. Mia madre, per forza di
cose, ha dovuto insegnarci a fare quello che serviva per arrangiarci un po’. Ho
capito subito che mi piaceva ed ho iniziato subito a pasticciare.
Ci racconta il suo primo ricordo
legato al cibo?
Le merende, semplicissime e squisite, che mi
preparava la mia nonna materna. Pane ammollato condito con olio e sale. Oppure
lo zucchero caramellato nel tegamino. Credo di aver avuto quattro o cinque
anni, eppure quei sapori me li sento ancora qui, tra lingua e palato.
Ha un piatto che ama e uno che
detesta?
Ne amo tantissimi, si vede che sono fedele in
amore e infedele al cibo. Detesto gli asparagi. Ci sono anche altre cose che
non mi piacciono, ma gli asparagi mi stanno antipatici, non mi piace nulla di
loro.
Un colore dominante proprio di cibi
che la disgustano?
Il verde spento o il biancastro di certe verdure
cotte, come i finocchi al gratin. Sono come le ballerine ai piedi di una bella
donna. Spengono l’eccitazione.
Quando è in fase creativa ha un rito
scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare
fermo a scrivere?
No, per scrivere, anzi, il cibo mi distrae. Al
massimo un po’ di pane.
Scrive mai in cucina?
Mai! Altrimenti come farei a scrivere? Mi
distrarrei.
Altrimenti dove ama scrivere? e a
che ora le viene più naturale?
Davanti alla finestra della mia camera da letto.
Ho fatto realizzare una ribalta che si tira su, mi piazzo lì e scrivo mentre
ogni tanto guardo fuori. Scrivo prevalentemente la sera ed a volte è una
sofferenza, perchè l’ispirazione me la porto dentro dalla mattina.
Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza,
snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Quando sono presissimo non sento proprio lo
stimolo della fame, mi alzo al volo, acchiappo la prima cosa che capita e la
trangugio senza nessun gusto. Anche se a volte nei miei lavori descrivo
ricette, piatti antichi. Forse sazio il gusto rivivendone il sapore mentre lo
descrivo con le parole.
Che tipo di cibo desidera di più
quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
In assoluto preferisco il salato, sempre meglio
una fetta di salame che una di torta. Con l’eccezione della frutta. Ecco, la
frutta è una di quelle cose che mentre scrivo mi piace mangiare.
Ha un aneddoto legato al cibo da
raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Qualcuno è stato così scervellato da preparare le
ricette che ho descritto nei libri. E poi mi ha anche scritto per dirmi che gli
erano piaciute.
Lei è uno scrittore di narrativa quando
esce a cena con i suoi figli, o amici
che tipo di locale preferisce? E quando esce con sua moglie (o la sua
compagna, marito, ecc)? Oppure per festeggiare una pubblicazione? Cosa tende a ordinare in un locale?
E’ una bella battaglia. Io sono un carnivoro, mia
moglie una pastasciuttara, i miei figli sono delle specie di facocerini
onnivori. Alla fine ce ne andiamo quasi sempre a mangiare una pizza da un amico
pizzettaro sotto casa. Non sarà il massimo, ma fa una pizza, ma una pizza....
Ha mai usato il cibo in qualche
storia?
E’ una componente essenziale. Le mie storie
raccontano vite “normali”, di tutti i giorni. Magari di tempi passati.
Descrivono ambientazioni, arredi, atmosfere. La sensazione di un lenzuolo sulla
pelle, del vento nei capelli. Se non descrivessi cosa si prova a mangiare, a
cucinare, ad assaggiare un pomodoro maturo appena raccolto, lascerei monca una
parte delle sensazioni dei miei personaggi.
Ad esempio in “Roma
per sempre” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Si, dei cibi di una volta, dai sapori unici,
decisi. Contrapposti alle pietanze pronte ed omologate di adesso, che sono
fatte per piacere a tutti tutti, senza scontentare nessuno.
Lei evoca con il cibo? Il cibo è mai
protagonista? “Roma per sempre” a che
ricetta lo legherebbe, e perché?
Il cibo è parte integrante di una cultura, di
abitudini, di vita del popolo. I miei libri parlano del popolo. Quindi il cibo
è protagonista delle storie come un comprimario, come uno sfondo, uno scenario.
“Roma per sempre”è una carbonara, carboidrato, uova, proteine, olio, formaggio
(pecorino), pensateci, conoscete pasto più completo?
Nelle sue presentazioni offre un
buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due
olive e patatine o ad offrire quasi un pasto completo?
Alle mie presentazioni non so e non capisco
nulla, non organizzo mai nulla e in genere sono in trance passionale da ore
prima. Figurati se riesco a pensare al mangiare. Quando ho finito sono spossato
come se avessi fatto una corsa. Mi dicono che a volte i posti dove vado offrano
qualcosa, cosa sinceramente non saprei.
Per concludere ci potrebbe regalare
una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
CARBONARA
Fate a
cubetti del guanciale (150 gr - se usate la pancetta... non vi dico come vi
definisco!), metteteli in una padella e fate rosolare a fuoco medio, non serve
olio, il grasso si scioglie e crea il fondo di condimento, fino a che non
cristallizza diventando trasparente e i pezzetti di guanciale sono croccanti.
Fate raffreddare appena, poi versateci dentro due uova intere (nel senso sia il
bianco che il rosso, non con il guscio!) e sbattetele appena, senza farle a
frittata. Attenzione, la padella e l’olio del guanciale non devono essere
troppo caldi, o rischiate che l’uovo rapprenda troppo. Scolate la pasta bene al
dente, qualsiasi formato e rovesciatela nella padella con il guanciale e le
uova, riaccendendo sotto a fuoco vivo. Tenete da parte un po’ di acqua di
cottura, se l’uovo tende a farsi frittata dovrete aggiungere dell’acqua.
Condite con pecorino grattugiato mentre saltate la pasta in padella, girando e
mantecando.
Buon appetito. Mi è venuta fame.
Buon appetito. Mi è venuta fame.
Quale complimento le piace di più
come cuoco? E come scrittore?
Come cuoco? Bòno. Riferito al cibo, non a me.
Come scrittore? Mi fai vivere quello che leggo.
Come scrittore? Mi fai vivere quello che leggo.
Che frase tratta dalla sua opera o
dalla sua esperienza possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
“... ho sognato che posso ricominciare a vivere,
mille volte e mille vite. Ancora. Sempre. Per sempre. Roma per sempre.”
Grazie per la sua disponibilità
lunedì 10 dicembre 2012
IN CUCINA CON LO SCRITTORE Alexia Bianchini, "Minon".
Interviste culinarie di
Federica Gnomo
Oggi salutiamo e ringraziamo Alexia Bianchini per averci aperto la porta
della sua cucina.
Minon
romanzo dark fantasy – edito da CIESSE
Autrici: Alexia Bianchini – Fiorella Rigoni
Minon è una cacciatrice di spettri. È
inconsapevole dell'origine del dono di poterli vedere e di riuscire a mandarli
in un'altro mondo attraverso un portale che lei stessa apre.
Si accorge però che qualcosa sta cambiando...
Gli spettri sono soliti a indurre al peccato per
potersi nutrire del male, ma ora spariscono anche umani in carne e ossa.
La prima domanda di rito è: le piace
mangiare bene? E cucinare?
Mi piace mangiare, a ogni ora del giorno. Sono onnivora e curiosa.
Adoro cucinare e sperimentare.
Lo fa per dovere o per piacere?
Per dovere perché ho tre pargoli e un marito goloso. Per piacere, dato che
è appagante.
Invita amici o è invitato?
Entrambi. Adoro avere gente a cena, ma mi piace anche essere invitata e
“mettere le gambe sotto il tavolo”.
Ha mai conquistato amici o un uomo cucinando?
In parte. Forse perché mio marito è del sud, mentre io sono una polentona
milanese. Ho imparato a cucinare i suoi piatti preferiti e lui ha cominciato ad
apprezzare i risotti.
Vivrebbe con una compagna o un compagno che non sa mettere
mani ai fornelli?
Certo, tanto cucino io.
Quando ha scoperto questa sua
passione?
Da bambina. Preparare i risotti era la mia passione.
Ci racconta il suo primo ricordo
legato al cibo?
È tristissimo. Mia madre era sempre a dieta, quindi non c’era un granello
di cioccolato fondente per casa, preparava pietanze insipide e le porzioni
erano scarse.
Ha un piatto che ama e uno che
detesta?
Adoro il risotto (non si era capito?) con salciccia e funghi, ma non posso
sopportare nemmeno la vista del pancotto (piatto antico che mi propinava mia
madre).
Un colore dominante proprio di cibi
che la disgustano?
Bordeaux, non sopporto le barbabietole.
Quando è in fase creativa ha un rito
scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare
fermo a scrivere?
Caffè con tanto latte, oppure tisane a go-go.
Scrive mai in cucina?
No, in cucina leggo (oltre a mangiare).
Altrimenti dove ama scrivere? e a
che ora le viene più naturale?
Scrivo nella stanzetta di mio figlio, con un vecchio PC che temo mi
abbandonerà presto. Scrivo a ogni ora.
Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza,
snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Mi capita di cibarmi al volo con i grissini.
Che tipo di cibo desidera di più
quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Salato. Rumino nervosamente mentre scrivo.
Ha un aneddoto legato al cibo da
raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Non vi è mai successo di dover mangiare due volte? Capita che non riesca a
frenare il desiderio di cibarmi. Mi chiama, mi incita, e alla fine cedo. Solo
che succede quando sono da sola, a volte poco prima di dovermi mettere a tavola
con la famiglia. Che fare? L’unico modo per non farsi scoprire è mangiare di
nuovo, e con gusto.
Lei è uno scrittore di fantasy-horror
quando esce a cena con i suoi figli, o amici
che tipo di locale preferisce? E quando esce con sua marito?
Scelgo in base al cibo. Amiamo mangiare il pesce, la pizza e il cibo
giapponese. Se siamo solo io e mio marito preferisco un luogo più intimo, con
musica e luci soffuse (sperando che non
sbuchi fuori all’improvviso uno zombie dalle cucine).
Oppure per festeggiare una
pubblicazione? Cosa tende a ordinare in
un locale?
Pesce. Una bella zuppa di cozze, due linguine agli scogli, una frittura
gustosa.
Inizio ad avere fame, molta fame.
Ha mai usato il cibo in qualche
storia?
Non rammento, ne ho scritte troppe.
Ad esempio in “Minon”
ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Minon mangia una mela e un misero panino, non sta vivendo una bella
situazione.
Lei evoca con il cibo? Il cibo è mai
protagonista?
Diciamo che la sua mancanza ha una spiegazione logica. Minon vede persone
felici, che cenano nelle loro case, ma per lei la vita è un po’ diversa. In
compenso la principessa Exafiria, l’incarnazione del male, ha una fame
indomabile, il problema è che per saziarsi vuole mangiare noi umani.
“Minon” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Risotto di seppia. Perché è un dark fantasy, si accosta decisamente bene!
Nelle sue presentazioni offre un
buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Sì, preparo sempre un po’ di spuntini. Credo sia gradevole, un modo per
stare insieme dopo aver parlato del libro.
Tende a fare un aperitivo con due
olive e patatine o ad offrire quasi un pasto completo?
Non proprio due olive, ma nemmeno un pasto. Offro diversi stuzzichini,
dolci e salati.
Per concludere ci potrebbe regalare
una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
LE UOVA RIPIENE DI TONNO non durano più di un minuto in tavola. I miei
bambini ne vanno matti.
Ingredienti Uova Ripiene:
5 uova sode
Tonno in scatola in olio d’oliva
1 ciuffo di prezzemolo
Maionese
Cuocere le uova sode, tagliare a metà e rimuovere il tuorlo. Stemperare
bene i tuorli con tonno (almeno una scatola) e maionese (mezzo tubetto),
prezzemolo (tritato fine), sale e pepe quanto basta.
Riempire gli albumi con il composto.
Impiattare decorando a piacere.
Quale complimento le piace di più
come cuoco? E come scrittore?
È un piatto da divorare.
È un libro da divorare.
Che frase tratta dalla sua opera o
dalla sua esperienza possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
«Padrona, sto andando a vedere se gli spettri stanno facendo il loro
dovere, non vorrei mai che la mia signora potesse rimanere senza cibo», rispose
il servo con voce raspante.
Exafiria lo fissò per un altro momento, stringendo le palpebre, poi
lentamente ruotò il capo, non prestandogli più attenzione e tornò a mirare
oltre le grandi finestre, persa nei suoi pensieri inquietanti.
Il suo stomaco emetteva continui gorgoglii per la fame, provocando un
rumore sordo che la disturbava oltremodo.
La creatura ebbe un moto di rabbia.
Allungò le braccia esili che tese tremavano come corde bagnate, si portò le
mani alla testa chiudendo le orecchie per non sentire più nulla attorno a sé.
I lamenti delle vittime, rinchiuse nelle segrete della dimora, arrivavano
sino alla sua stanza, stuzzicandole l’appetito, mentre le liti di quei grandi
rapaci che aleggiavano intorno alla torre erano sempre più frequenti, attirati
dagli avanzi della principessa.
Grazie per la sua disponibilità
Grazie a voi, lietissima di aver risposto alle domande. Unico problema: mi
è venuto un languorino…
lunedì 3 dicembre 2012
IN CUCINA CON LO SCRITTORE Marino Buzzi
Interviste culinarie di Federica Gnomo
Marino
Buzzi
Oggi presento uno dei miei scrittori preferiti. L'ho amato da subito. Mi piace la sua sensibilità e il suo sarcasmo sottile, l'ironia romantica che lo pervade anche come persona. Adoro la sua apparente fragilità che nasconde un caratterino di ferro : Marino Buzzi, autore di “Confessioni
di un ragazzo perbene” Luciana Tufani Edizioni e “Un altro best seller e siamo rovinati” Edizioni Mursia 2011.
Devo dire che trovo i
due libri scritti da Marino entrambe deliziosi come l’autore.
Il
primo tratta una storia di amicizia e amore tra giovani
adulti, con intermezzi spassosissimi di una bambina di dieci anni, nipote del
protagonista: Michele è un trentenne che viene licenziato
il giorno stesso in cui apprende del suicidio di uno dei suoi migliori amici.
Incaricato dagli altri tre amici di organizzare il funerale, Michele si troverà
a vivere situazioni al limite del paradossale. Si innamorerà del bel becchino
che cerca di rimorchiarlo per telefono, si ritroverà come eredità la casa di
Francesco (l’amico suicida) da dividere con Paolo, l’amico col quale vive un
rapporto conflittuale, Luca e Donatello. .Come se non bastasse dovrà fare i
conti con la famiglia biologica, che non perde occasione per ricordargli il
legame di sangue e il suo ruolo all’interno della famiglia, e con la sua
terribile nipote, incuriosita e affascinata dall’omosessualità dello zio. Michele si nasconde spesso nel suo mondo di fantasia
in cui può essere padre di una bellissima bambina immaginaria. Ma le cose si
complicano con l'arrivo di un misterioso ragazzo dal volto deturpato e di una
ragazza che porta con sé una grande sorpresa.
Il secondo si riallaccia all’esperienza di vita vissuta dell’autore e ci parla
delle disavventure, comiche e a volte amare, di un libraio. Consiglio il libro a tutti, perché di facile lettura, e
istruttivo. In fondo siamo anche noi spesso clienti distratti o frettolosi, sbagliamo
i titoli e gli autori, e siamo disorientati e rimbambiti dai best
seller. Il libraio Marino, carino e gentile, che dentro ti analizza e si
morde le labbra per non mandarti al diavolo, lo vorremmo ogni giorno a
soccorrerci; io magari ci prenderei anche un caffè. Le sue avventure potete seguirle anche sul blog di
Marino Buzzi “Cronache dalla libreria” che consiglio vivamente.
La prima domanda di rito è: le piace
mangiare bene? E cucinare?
Ho frequentato l'istituto alberghiero prima dell'università e ho lavorato
14 anni come cuoco. I primi passi professionali li ho fatti proprio nelle
cucine quindi posso dire che cucinare mi piace moltissimo anche se oggi non lo
faccio più di professione. E mi piace moltissimo la buona cucina, quella
semplice. Le mie scelte cadono sempre su prodotti biologici e Slow food.
Quindi ho di fronte un vero
professionista!
Ora lo fa per dovere o per piacere?
Un tempo, come ho accennato, cucinare era per me una professione. Quello
del cuoco è un lavoro molto bello ma anche estremamente stancante, lavori
moltissime ore al giorno, tutti i festivi sei a lavorare, hai ritmi davvero
pesanti. Ho abbandonato per questo soprattutto, non reggevo più la pressione.
Oggi lo faccio per piacere e le cose vanno molto meglio.
Invita amici o è invitato?
Invito, anche se due delle mie migliori amiche hanno frequentato la scuola
alberghiera con me e una ha un ristorante a Comacchio, quindi capita anche di
essere ospite.
Ha mai conquistato amici cucinando?
Ho conquistato colleghe e colleghi. Persino qualche professore
all'università.
Vivrebbe con una compagna o un compagno che non sa mettere
mani ai fornelli?
Ci vivo già.
Quando ha scoperto questa sua
passione?
Direi a 14 anni quando ho cominciato a frequentare l'istituto alberghiero.
Ci racconta il suo primo ricordo
legato al cibo?
Il mio primo giorno da “aiuto cuoco”, ristorante pieno, cuochi e cuoche che
correvano per la cucina, chili di pasta, pesce, insalata... un delirio.
Ha un piatto che ama e uno che
detesta?
Da sette anni sono felicemente vegetariano quindi ho escluso dalla mia
dieta quotidiana carne e pesce, ho ridotto il consumo di uova (che prendo da un
contadino amico che alleva le galline all'aperto), sostituito la soia al latte
e ho ridotto al minimo i formaggi. Ho scoperto, così facendo, un mondo intero
legato a verdure, cereali, legumi e molto altro. Un piatto che amo
particolarmente è il minestrone di verdura con verdure di stagione.
Un colore dominante proprio di cibi
che la disgustano?
Il rosso del sangue.
Quando è in fase creativa ha un rito
scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare
fermo a scrivere?
No, nessun rito. Mi prendo però del tempo, modifico le ricette, ne invento
di nuove, sperimento. Per me cucinare è come scrivere, mi rilassa e mi
completa.
Scrive mai in cucina?
Preferisco lo studio.
E a che ora le viene più naturale?
Non c'è un orario preciso, ho sempre pochissimo tempo quindi il tempo
libero, spesso, è dedicato alla scrittura o alla lettura.
Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza,
snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Ricorro al cibo confezionato solo quando sono costretto, non amo questo
genere di cibo.
Che tipo di cibo desidera di più
quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Solitamente salato anche se spesso mi limito a bere caffè.
Ha un aneddoto legato al cibo da
raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Una cosa che riguarda la mia gatta. Quando faccio il dolce al mascarpone,
di cui lei è golosissima, sale su una sedia e mi fissa sino a quando non ho
finito. Appena sente che prendo gli attrezzi per sbattere le uova arriva si
siede e mi guarda. Poi quando ho finito, con il dito, prendo un po' del dolce,
lei lo lecca e se ne va felice. Lo fa ogni volta, è un momento tutto nostro.
Lei è uno scrittore di narrativa
quando esce a cena con i suoi amici che
tipo di locale preferisce? E quando esce con il suo compagno?
Quando esco con gli amici, le amiche o il mio compagno scegliamo locali
Slow Food che abbiano anche piatti vegetariani. Ci piace molto sperimentare e
ci informiamo attraverso internet, guide enogastronomiche, ecc...
Oppure per festeggiare una pubblicazione? Cosa tende a ordinare in un locale?
Per festeggiare brindiamo con un buon vino bianco e magari una cena con gli
amici.
Ha mai usato il cibo in qualche
storia?
Non ancora ma ho una storia in mente interamente ambientata in cucina,
chissà, magari un giorno...
Nelle sue presentazioni offre un
buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due
olive e patatine o ad offrire quasi un pasto completo?
Non mi è ancora successo ma trovo sia una buona idea.
Per concludere ci potrebbe regalare
una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
IL RISOTTO AL RADICCHIO (VEGETARIANO)
Ingredienti:
Burro
cipolla
radicchio
riso
vino bianco
Formaggio grana grattugiato
brodo vegetale (cipolla, sedano, carote)
Preparazione:
Preparate il brodo vegetale con acqua, cipolla, carote e sedano, fate
bollire 15 minuti circa.
Tagliate il radicchio e fatelo “appassire” con il burro, in una pentola
coperta a fuoco lento. Tagliate la cipolla a julienne e mettetela in una
pentola a parte con il burro, lasciatela rosolare per qualche minuto, sempre a
fuoco lento e facendo attenzione a non bruciarla. Mettete il riso e fatelo
“tostare” qualche minuto mescolando continuamente, bagnate con un bicchiere di
vino bianco e fate evaporare. Aggiungete il radicchio appassito e un mestolo di
brodo. Aggiungete, mescolando, brodo sino a termine cottura. Spegnete,
aggiungete una noce di burro e del formaggio grattugiato, mescolate e fate
mantecare per un minuto.
Quale complimento le piace di più
come cuoco? E come scrittore?
Mi piace l'idea che i miei libri, così come i miei piatti, siano
onestamente genuini.
Che frase tratta dalla sua opera o
dalla sua esperienza possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Invitare qualcuno a pranzo vuol dire incaricarsi della felicità di questa
persona durante le ore che egli passa sotto il vostro tetto.
Anthelme
Brillat-Savarin, Fisiologia
del gusto, 1825
Grazie per la sua disponibilità
domenica 2 dicembre 2012
Racconto Hot della domenica: CAFFE' SCORRETTO , di Federica Gnomo Twins
1 di noi 2 dice:
“ Sono 3mendamente affascinato da te”.
“ Ma se neanche ci conosciamo!” esclamo al telefono.
Ci eravamo scambiati il numero di cellulare dopo aver chattato pochi giorni su
FB.
“ Allora incontriamoci per fare 4 chiacchiere e bere
un caffè”, mi propone.
Ci penso 5 minuti, e accetto.
6 una pazza!,
mi riconosco subito dopo, chiudendo la comunicazione.
Incontro in stazione con un semisconosciuto il 7 di 8bre, il mese del mio compleanno.
Mi faccio un regalo, mi dico. Un colpo di
testa, e magari anche al cuore, chissà.
La sua voce è profonda, lo immagino bello, e forse anche lui pensa sia una
bella donna.
Sarò una delusione,
ma non mi importa.
Non ci conosciamo di persona, FB, 9llo ruffiano, ci
ha fatto trovare. Strano mostrarsi prima dentro e poi fuori, uno strappo alla
consuetudine, un’espansione dell’anima e
poi il precipizio: solidificherò in
qualcosa di banale, e tutto tornerà come prima, come tanti incontri fatti di
giudizi affrettati.
Ore 10 a Roma.
Fa caldo: mi sono vestita di seta leggera, un abito scollato, le gambe
un po’ abbronzate ancora nude, i tacchi alti; voglio sembrare una donna perché
ho le palle di un uomo, in genere, e talvolta mi piace fare la femmina bambina.
Ho viaggiato su un treno scomodo tra
occhiate di pendolari. Ero un’intrusa.
Non sanno, non possono immaginare che uccido facilmente
me stessa e mi trasformo 11 volte all’anno, o 12…una al
mese, se serve, perché scrivo e leggo.
Vivo molte vite.
Loro spiano le tette, e seguono centimetro dopo
centimetro la curva dei polpacci. Niente di anormale, fare 13 al totocalcio, e
scopare con soddisfazione sono desideri
comuni e senza peccato. Non posso biasimarli… e poi mi fa piacere.
Arrivo un po’ in ritardo, mi affretto per
raggiungere il bar dove ci dobbiamo vedere, anzi riconoscere. Io non credo che
lui possa riuscirci, sono sicuramente difforme dalle sue fantasie.
Provo io. Scruto tutti e lo noto in un angolo vicino
alla porta, appoggiato a un tavolino. Legge un quotidiano. 14 minuti di ritardo ma mi ha aspettato. Deve
essere galante, o tirchio, perché non mi ha telefonato per sapere se ci avessi
ripensato. Deve avere una forte considerazione di se stesso, forse ha più di 15
cm di sesso, che è la media maschile italiana, e questo lo rende stabile.
Indifferente alle donne, sicuro di essere un numero 1. Di averla sempre vinta.
Mi avvicino, lo chiamo per nome. 2 occhi chiari, per
niente sorpresi mi individuano. Faccio un cenno. Lui prova a fissare il mio viso, cerca i miei, io li
abbasso.
Troppo confidenziale lo sguardo. 3mendamente
indagatore, intimo.
“Lorenzo?” chiedo.
“Federica?” mi risponde lui.
Sorrido. Lui si guarda intorno, c’è troppa
confusione.
“Facciamo 4 passi?” mi propone, “ c’è un posto molto
carino qui fuori”.
Non so perché ma 5 dita incontrano 5 dita e lo
prendo per mano.
“ 6 come pensavo…” dico. Lui non risponde.
7 scalini di travertino. Mi appoggio al suo braccio.
Mi sostiene. Arriviamo in una piazza, tavolini all’aperto. 8ni lucidi, un bar
elegante. Sole. “Ottima scelta!”, esclamo. “Non amo la confusione”.
Ci sediamo, ordiniamo il nostro caffè.
“ A che ora hai il treno?” mi chiede. Forse già si è
stancato.
Faccio finta di pensare, in realtà ho studiato tutti
gli orari. Deciderò secondo come si mette.
“Il primo tra poco, un’ora”, rispondo. Mi viene da
ridere, che credevo di stare al cinema?
Una bella sessione hard con tanto di gatto a 9 code? Oppure un pranzo galante,
10 violini e 11 rose rosse?
“ Un po’ troppo presto…” si lamenta.
“ Be’… ce n’è uno quasi ogni ora”, lo rassicuro.
Sorride.
“Aspetta, mi
pare…12,13…14,15…”. Lui si alza, avvicina la sedia e mi mette 1 dito davanti
alla bocca.
“Shhhhh…,
parli troppo”, mi dice mentre si avvicina. Avverto che vorrebbe baciarmi.
Potrebbe piacermi, ha labbra seducenti e un buon odore di maschio, ma allunga
un po’ insistentemente le mani sotto al tavolo e senza preavviso.
Arrivano i 2 caffè, neanche si accorge preso com’è a
risalire la pelle delle mie cosce; io con un braccio glieli rovescio sui pantaloni. 3 strilli, 4 imprecazioni; 5 minuti
e sono sulla strada della stazione.
“ 6 un bell’uomo Lorenzo, con te avrei potuto
continuare a contare anche oltre il 15, fino a 88… che è il numero dei baci o un più
intimo 69, ma tu almeno fino a 10 avresti potuto provarci…”.
lunedì 26 novembre 2012
IN CUCINA CON LO SCRITTORE, Gaetano Barreca, Inquietudini di cera.
Interviste libro-culinarie di Federica Gnomo
Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Gaetano Barreca per aver aperto la porta della sua cucina
in quel di Londra.
Questa intervista sarà leggermente diversa perché l'autore
ha voluto interpretarla e parlarci di sé a tutto campo, rivelandoci di
essere un artista poliedrico e pieno di interessi. E naturalmente molto
originale!
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene?
Sarà che la mia è una famiglia di ben due generazioni di
ristoratori, ma mangiare bene per me è un obbligo. Sono cresciuto in uno dei
ristoranti più grandi di Reggio Calabria, in riva alla spiaggia del bellissimo
Stretto di Messina. Mia madre si occupava della preparazione dei piatti mentre
io sognavo già viaggi alla scoperta di nuovi mondi. Il pesce spada è sempre
stato uno dei piatti caratteristici della zona, e il polipo fresco con il
limone il mio antipasto preferito.
Dopo aver vissuto dieci anni nella terra umbra del cinghiale e del
tartufo, della torta al
testo e degli strangozzi, oggi vivo a Londra, città multiculturale
tra le più estese d’Europa, dove tuttavia tra una corsa e l’altra non ho mai
abbastanza tempo per dedicarmi ai fornelli.
Ritengo che il cibo abbia bisogno d’amore e pazienza per essere
preparato, e per questo
mi trovate spesso nei ristoranti della zona in cui vivo, Angel
Islington. Tra le cucine che
preferisco, quella italiana detiene ancora il primato. Ho scoperto
Sartori un ristorante
napoletano in Leicester Square assolutamente delizioso, piatti
abbondanti, non troppo
costosi e degni del tipico sapore dei cibi preparati al Sud.
Insomma, ricordano i piatti di
mamma!
E cucinare?
Mangiare è un vero piacere per me, in particolar modo quando il
pasto è condiviso con
amici e una bottiglia di buon vino italiano. Cucinare non mi fa
impazzire, anche se non
nascondo che uno dei lavori in cui mi sono divertito di più è
stato fare proprio il cuoco.
Durante i due anni in cui ho lavorato nel caffè del museo
impressionista Courtauld Gallery, ho avuto modo di dedicarmi anche alla cucina.
Come piatto fisso nel menù c’era la zuppa con scone alle erbe o
con insalata e un
formaggio a scelta tra blue cheese, goat cheese o cheddar. Per gli
inglesi, la zuppa è un
piatto irrinunciabile - ricordo ancora un giorno in pieno agosto
in cui servii ad una signora la zuppa bollente di carote e peperoni
accompagnata da cioccolata calda, l’avrei uccisa!
Qual è stato l’aspetto più entusiasmante del tuo lavoro come cuoco
in un museo
britannico?
La cosa più affascinante e divertente era che ogni mostra è
abbinata ad un menu a tema, e assieme al capo cuoco della compagnia ci
adoperavamo in ricerche sul sito BBC food per trovare piatti tipici, buoni e
senza troppe difficoltà di preparazione. Sono stato
chiamato ai fornelli per preparare i piatti della cucina inglese
per la mostra Life, Legend,
Landscape: Victorian Drawings and Watercolours (17 febbraio – 15
maggio 2011) e in seguito per preparare i piatti francesi per i visitatori della
mostra di Toulouse-Lautrec and Jane Avril Beyond The Moulin Rouge (21 ottobre
2010- 16 gennaio 2011). Infine, chorizo a volontà per l’esibizione spagnola di
Drawings from Ribera to Picasso (13 ottobre 2011– 15 gennaio 2012). In passato,
avevamo avuto anche la cucina italiana con Michelangelo’s Dream (18 febbraio –
16 maggio 2010), ma appena arrivato a Londra il mio lavoro era servire ai
tavoli, godere delle mostre e naturalmente mangiare. In un clima cosi appagante
e culturalmente stimolante, puoi immaginare come scrivere fosse un vero
piacere.
Tra queste variegate cucine, quale tra le cose che hai preparato
ti piaceva cucinare,
mangiare e soprattutto su quali piatti ricevevi più complimenti?
Tra tutti i piatti che preparavo, quello di cui andavo più ghiotto
era la mousse di trota
avvolta in filetti di salmone affumicato, servita con una fetta di
limone fresco, insalata verde e pane di semi per la mostra di Toulouse-Lautrec.
I migliori complimenti che ho ricevuto da numerosi clienti erano per le mie
zuppe, qualcuno ha addirittura azzardato dire che in tutta Londra fossero le
migliori!
Invita amici o è invitato?
Mi piace accogliere la gente a casa, un’ottima occasione per
comprare fiori freschi e godere del proprio appartamento. Mi diletto a
preparare gli antipasti cercando di portare in tavola il tipico sapore
italiano. Olive, pomodori freschi e secchi, formaggi e salumi vari accompagnati
da grissini e pane di Altamura abbinati con qualcosa di poco nostrano, ma ottimo
con carote e sedano, è l’humus. Il tutto sorseggiando un buon prosecco.
Servo questo gustoso tripudio di sapori mediterranei in soggiorno
appoggiando ai tappeti
della casa dei vassoi intrecciati di bambù. Con gli ospiti ci si
sposta poi in cucina per
consumare un piatto unico, generalmente le lasagne vegetariane. A
differenza dell’Italia in Inghilterra il tempo delle chiacchiere è preferito
sulle poltrone davanti a un tè verde che concilia la digestione più che intorno
alla tavola, per questo gli inglesi scelgono spesso un piatto unico. Quando
l’invito a cena arriva improvviso o non ho tempo da dedicare alla preparazione,
non rifiuto mai la compagnia degli amici e ordino il cibo da un ristorante italiano
locale chiamato “La Divina”.
Vivrebbe con una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai
fornelli?
Lo faccio già! Per fortuna condivido l’appartamento con altre due
donne, che spesso
cucinano per noi, scacciando la tentazione del facile utilizzo di
cibi precotti al microonde.
Raccontaci del tuo primo ricordo legato al cibo?
Mi viene da sorridere nel parlarne, ma il pensiero m’intenerisce
allo stesso tempo. Avevo circa sei anni, e rintrato da scuola, mi assalì un forte desiderio di mangiare un
buon piatto di gnocchi cucinato da mia madre, ottima cuoca. Mamma Giovanna era
molto indaffarata con i clienti, il ristorante era pieno, e nonostante le mie
capricciose richieste non ebbe il tempo per cucinarli. Non mi sentii preso in
considerazione e con il broncio “scappai di casa”. Per fortuna mio fratello maggiore
mi venne a recuperare. Ero un bambino, eppure già un promettente viaggiatore.
Hai un piatto che ami e uno che detesti?
Mangio tutto e con gusto, in particolar modo, come detto sopra,
amo gli gnocchi e la pasta al forno. Quello che proprio odio è il sushi -
nonostante sia ora abbastanza in voga, il pesce crudo non fa per me.
Nei tuoi libri a sfondo introspettivo, discorri spesso dei luoghi
che hai visitato e delle sensazioni
provate facendole vivere ai tuoi personaggi. Toglimi una curiosità, quando sei
in fase creativa qual è la bevanda che stimola il tuo senso di raccoglimento ?
Adoro il caffè! Dall’Italia oltre che alla mia inseparabile moka
ho portato la tazza rossa del Nescafé. È la mia compagna fedele che mi segue
sin dal mio esordio nel 2008. So che non è da veri italiani, ma quando scrivo
adoro stare con il mio beverone di caffè americano sia che io scriva a casa che
in un coffee shop.
Dove ami scrivere? A che ora ti viene più naturale?
Divido la mia scrittura in tre fasi e luoghi:
1. “Ispirazione/lavoro”, che viene ovunque, e che vivo come un
grande dramma
esistenziale. Scrivo appunti dove posso sulle note del cellulare,
a lavoro sugli
scontrini ancora bianchi del British Museum o su un piccolo blocco
notes che porto
sempre con me.
2. Generalmente trascorro la fase “Contemplativa / coffee-shop” la
mattina presto
prima di entrare al lavoro, in un Pret a Manger di Museum Street,
con un doppio
espresso, porridge, una goccia di miele e marmellata. Quando posso
è un piacere
anche la sera in un coffee shop della mia zona. Porto il mio
computer o l’iPad ordino
un caffè americano e un cornetto al cioccolato, in quel tavolino
mi rilasso e scrivo
per ore e ore.
3. L’ultima fase è lo “scombussolamento / casa”. Una fase un po’
isterica in cui mi
ritrovo immerso tra infiniti scontrini, appunti sul computer e
note sul cellulare. E’
la mia tragedia più grande, i miei coinquilini si fanno sempre
sane e grasse risate
quando mi vedono oberato nel mio lavoro. A casa generalmente non
mangio
mai davanti al pc, ad eccezione dei momenti in cui mi organizzo
con il gruppo di
scrittori no profit Giveight, allora faccio colazione, pranzo,
cena spuntino notturno e
quant’altro.
Potremmo aggiungere anche una quarta fase: “il viaggio”. Quale
sarà la tua prossima destinazione?
Sto approfondendo la mia conoscenza dei luoghi di Londra, come per
esempio il museo
di Freud e il The Globe, il teatro di Shakespeare, dove spesso mi
reco per continuare la
stesura della storia dei Poeti di Cera. In più, ho appena
prenotato un viaggio di dieci giorni che mi vedrà girovagare intorno alla
Puglia, per visitare i luoghi dove ho ambientato i miei due romanzi
Inquietudini di Cera e Martini Bias Crime, sto revisionando e aggiungendo informazioni
ai miei libri perché presto li proporrò al pubblico inglese. Trattano della storia
d’amore di Icaro e Alessandro, alle prese con la loro crescita in una realtà
ostile al puro sentimento. Si conoscono nel periodo universitario, e attraverso
le lettere che si scriveranno e i diari segreti della loro adolescenza
riveleremo l’infanzia feroce e triste vissuta da entrambi. Icaro affronterà il
tema dell’adozione e tratti di psicologia sulla creazione di un mondo
interiore. Alessandro si scoprirà figlio della Quarta Mafia di Bari e per
vivere in un mondo onesto e meritevole della sua unicità deciderà di lasciare
l’Italia. In questi scritti non c’è traccia di rimpianti o autocommiserazione,
ma solo voglia di andare avanti e rivalsa, vivere per i propri ideali fino alla
morte.
“I Poeti di Cera sono geni incompresi, folli temerari capaci di
vedere al di là delle cose.
Viaggiatori instancabili che vivendo di passione e sogni lasciano
un segno indelebile tra la gente rivoluzionando il mondo.”
Arricchirai il libro anche a livello enogastronomico?
Certamente, è noto che gli inglesi amano la cucina italiana e che
gli italiani amano la cucina tradizionale, impossibile dunque non citare i
piatti della Puglia che oltre a evocare luoghi di appartenenza richiamano anche
i sapori di una vecchia e affascinante cultura.
Altri progetti per il futuro?
Ho appena incominciato una collaborazione didattica con il
dipartimento d’educazione del British Museum per la mostra su Pompei ed
Ercolano che si terrà nel mese di marzo 2013, se il progetto andrà a buon fine,
anche il mio nome di scrittore di favole e racconti per bambini avrà il suo
momento di gloria nel Regno Unito. Ancora, è prevista la presentazione del mio
libro all’Estorick Collection of Modern Italian Art dove presto volontariato. É
mia intenzione infatti portare oltre che ai miei versi ed estratti del miei
libri anche un pò di Taranta, la danza tipica della Puglia.
Potete seguire tutti i miei progetti sulle mie pagine Facebook o
sul mio sito web
gaetanobarreca.com.
Romanzi, poesie, favole e in passato anche due mostre di quadri,
Gaetano
Barreca è dunque un artista completo. Per concludere, ci puoi
consigliare una
ricetta che ti piace particolarmente?
Siamo vicini alle feste natalizie, ritengo dunque doveroso
consigliarvi una ricetta degna
della tradizione inglese, Plum-Pudding
o Budino Inglese di Natale, preparato e servito in ogni famiglia durante le
festività natalizie.
Ogni madre ed ogni nonna ha la propria ricetta, spesso tramandata
da generazioni.
La tradizione racconta che ogni donna che lo prepara mette
nell’impasto un piccolo
oggetto che sarà un portafortuna per chi lo trova. Il termine
Plum-Pudding vuol dire alla
lettera “budino di prugne”, benché questo ingrediente non sia
presente nella ricetta.
La preparazione è laboriosa e richiede molto tempo (è necessario
far riposare il budino
per tre settimane!), pazienza nell’esecuzione e nella ricerca
degli ingredienti. La bontà del risultato però è garantita! Per i dettagli
sulla preparazione consiglio ai lettori di googolare(cercare su google, n.d.e)
la ricetta perché parecchio lunga e alquanto complicata.
Quale frase tratta dalla tua opera o dalla tua esperienza possiamo
portarci nel cuore abbandonando
Londra?
“I cammini delle persone sono tanti, le strade s’incrociano, si
sfiorano, si scontrano, si ritrovano e si perdono. Però ognuno è unico e ogni
incontro per quanto possa durare è speciale, magico dobbiamo cogliere questo,
dobbiamo apprezzarlo e conservarlo dentro di noi.”
Inquietudini di Cera, 2012 Lulu edizioni
Grazie per la sua disponibilità
Federica Gnomo
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