Interviste culinarie di
Federica Gnomo Twins
Oggi salutiamo e ringraziamo Francesca
Rossi, autrice de “La Spada di Allah” Editore
La Mela Avvelenata, luglio2013
per averci aperto la porta della sua
cucina.
“La Spada di Allah” è un racconto ucronico-fantasy, di ambientazione
islamica. Cosa sarebbe accaduto se l’impero ottomano avesse conquistato Vienna
l’11 settembre 1683? Come sarebbe cambiato il destino del mondo? 9 settembre 1683. L'esercito ottomano tiene sotto assedio Vienna,
la "Mela d'Oro", deciso a conquistarla e a penetrare, attraverso
essa, nel cuore dell'Europa. Alla battaglia decisiva, da cui dipenderà il corso
della Storia, mancano ormai poche ore.Il sultano, però, non è ancora sicuro di
voler scatenare una guerra. Il suo prudente piano politico è in aperto
contrasto con quello del suo consigliere Ibrahim, in realtà un jinn mosso dalla
sfrenata ambizione e dalla sete di potere. Quest'ultimo riesce, grazie ai suoi
poteri e all'alleanza con Sharif, il crudele figlio del sultano, a prendere in
mano le sorti della Sublime Porta e della battaglia di Vienna, portando l'Islam
a dominare il mondo. Si apre un'epoca di crudeltà ed incertezza, poiché il
messaggio della religione musulmana viene traviato e modellato sulla ferocia
dei nuovi padroni. Solo un'arma può uccidere il potente jinn Ibrahim: la spada
di Allah. Impossessarsene, però, è un'impresa impossibile. Sarà il coraggioso
Abdallah a rischiare la vita per salvare la sua amata Noor, vittima degli
incantesimi di Ibrahim e liberare il mondo dall'oppressione, ristabilendo la
pace ed il vero messaggio dell'Islam. Per riuscirci, però, dovrà fare i conti
con la sua coscienza...Il racconto è stato pubblicato il 5 luglio come
opera monografica per la “La Mela Avvelenata”, mentre a settembre sarà incluso
nell’antologia “Sine Tempore”, edita dalla stessa casa editrice e curata da
Alexia Bianchini. In questa storia amore, morte, politica, ambizione, magia e
alchimia ed Islam si fondono nella reinterpretazione e la riscrittura storica.
L’autrice
è presente con un suo racconto anche su “50 Sfumature di Sci-Fi” l’antologia di fantascienza edita dalla casa
editrice “La Mela Avvelenata” e pubblicata il 28 maggio scorso. Autori
emergenti si trovano accanto a scrittori affermati e, ad impreziosire la
raccolta, c’è l’introduzione di Giuseppe Lippi, curatore della collana di
fantascienza Urania. In questa antologia è presente il racconto “La Preghiera”
della Sera”, un’altra ucronia “islamica”.
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Per me è importantissimo mangiare bene. Credo si possa rinunciare a molte
cose, ma non al cibo di qualità. Per noi italiani, poi, la cucina è
fondamentale, perché fa parte della nostra cultura ed è una parte
irrinunciabile della nostra vita. Insomma, non può davvero essere lasciata al
caso. Purtroppo non sono affatto una gran cuoca, anzi confesso di essere una
frana ai fornelli, benché possa dire di essere al livello “sopravvivenza”. Però sto cercando di imparare dalle donne
della mia famiglia che, invece, sono bravissime.
Lo fa per dovere o per piacere?
Cucinare e farlo a un buon livello non è facile,
ci vuole tempo, esperienza e passione, alcuni “esperimenti” falliscono
miseramente (ne so qualcosa), ma proprio perché la cucina è uno dei pilastri
dello stile di vita italiano che ci invidiano nel mondo, non dovremmo mai considerarla un dovere, ma
un piacere con cui rinnoviamo il nostro attaccamento alla terra e, perché no,
anche ad alcuni valori fondamentali che oggi sono in precario equilibrio. Sia
chiaro: capita a tutti di avere giornate in cui sembra che tutti i problemi e gli
impegni del mondo si siano improvvisamente ricordati della nostra esistenza e
cucinare può sembrare un peso in più, ma proviamo a guardare le cose da un
altro punto di vista: il cibo è salute, piacere e cucinare è un momento per noi
stessi, una pausa dalle cose di tutti i giorni in cui facciamo qualcosa per
noi. Così la prospettiva si rovescia.
Invita amici o è più spesso invitato?
Mi invitano e comincio a sospettare che lo
facciano per aggirare il rischio di dover mangiare i miei “capolavori”.
Ha mai conquistato amici o un uomo cucinando?
No, ma sto imparando, perché la seduzione passa
anche attraverso il cibo.
Vivrebbe con un compagno che non sa mettere mani ai
fornelli?
Assolutamente sì, anche perché lui dovrà avere una
certa dose di pazienza con me, visto che non sono esattamente uno chef
“stellato”. Sono certa che insieme potremmo cucinare lo stesso qualcosa di
buono. L’amore è anche solidarietà “culinaria”, o almeno spero.
Quando ha scoperto questa sua
passione?
Nella mia famiglia cucinare è la cosa più normale
del mondo, un modo per stare insieme e anche per fare nuove amicizie. Non è
possibile farne a meno, forse perché siamo italiani. Credo che questa passione
la trasmettano le madri insieme al latte materno, perché è una delle cose che
ci distingue come popolo, dunque non c’è stato un momento preciso in cui ho
scoperto di voler cucinare, è sempre stata esigenza e passione insieme.
Ci racconta il suo primo ricordo
legato al cibo?
Tanti ricordi legati alle cose che preparava e
ancora prepara mia nonna, alla sua inarrivabile bravura che affonda le radici
in un’arte, perché questo è la cucina, antichissima e tramandata di generazione
in generazione. Lei non si limita a preparare da mangiare, c’è qualche altra
cosa che non sono mai riuscita a definire, una specie di magia legata al cibo
che fa apparire superbe anche le cose più semplici.
Ha un piatto che ama e uno che
detesta?
Mangio quasi tutto, ma detesto broccoli e
carciofi. Non mi riesce di mandarli giù. Non so perché ma è meglio se fra me e
loro ci sono alcuni metri di distanza.
Un colore dominante proprio di cibi
che la disgustano?
Proprio il colore di broccoli e carciofi. Quelle
tonalità in particolare.
Quando è in fase creativa ha un rito
scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare
fermo a scrivere?
Bevo molto tè durante la scrittura, soprattutto in estate, ma non ho riti
particolari.
Scrive mai in cucina?
Non mi è mai capitato, ma non avrei alcun problema, visto che la cucina è
una stanza che mi ricorda la famiglia, quindi il calore e l’affetto. E’ un
luogo in cui regnano calma e armonia.
Altrimenti dove ama scrivere? e a
che ora le viene più naturale?
Di solito scrivo in camera mia e preferisco il
pomeriggio e la sera. Non c’è un motivo particolare, è solo una predisposizione
naturale.
Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza,
snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Compro raramente cibo pronto, magari in occasioni
particolari in cui proprio non ho tempo di cucinare a causa di un imprevisto.
Altrimenti è sempre meglio cucinare, anche se solo ad un livello di
sopravvivenza.
Che tipo di cibo desidera di più
quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Di solito quando scrivo non mangio. Preferisco farlo quando ho finito,
perché mi piace mangiare con calma e poi sono molto meticolosa con gli orari.
C’è un momento per scrivere e uno per dedicarsi alla cucina, ma non ho
preferenze tra il dolce e il salato.
Ha un aneddoto legato al cibo da
raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Ricordo che una volta ero a Londra in un
ristorante e chiedo carne alla griglia
con le verdure. Vedo arrivare un piatto piuttosto grande ma, con mia grande
sorpresa mi accorgo che dentro c’è solo un pezzetto di carne al sangue, spesso
non so quanto ma piccolo e spaurito
posizionato proprio al centro e, di fianco, tre piselli (proprio tre di numero)
con una mini carota molto triste accanto. Un piatto un pochino malinconico.
Lei è uno scrittore di romanzi
storici quando esce a cena con i suoi figli, o amici che tipo di locale preferisce? E quando esce
con il suo compagno? Oppure per festeggiare una pubblicazione? Cosa tende a ordinare in un locale?
Mi piace scoprire ristoranti o pub nuovi, ma tendo ad ordinare sempre le
stesse cose negli stessi posti. Per esempio se in un locale ho mangiato delle
buona penne alla vodka, le prossime volte che tornerò in quel luogo, ordinerò
di nuovo penne alla vodka. Raramente faccio uno strappo alla “regola”.
Nelle sue presentazioni offre un
buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due
olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Sono ancora all’inizio della mia carriera, spero che continui ancora a
lungo, ma non mi è ancora capitato di fare presentazione. Di certo se ci
saranno il buffet con dolce e salato è d’obbligo.
Ha mai usato il cibo in qualche
storia?
Ad esempio in “titolo
del romanzo” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Il cibo è mai protagonista? “titolo del romanzo” a che ricetta lo
legherebbe, e perché?
No, ancora non mi è mai capitato ma ho in mente di
farlo.
Per concludere ci potrebbe regalare
una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
CIAMBELLONE
La prima cosa che ho preparato con mia cognata, il
ciambellone. Per ingredienti ci vogliono: 450 g. di farina, una bustina di
lievito, mezzo cucchiaino di bicarbonato, 250 g. di burro, 400 g. di zucchero,
2 cucchiaini di vanillina, 5 uova, 2,5 litri di latte e un po’ di sale. Bisogna
far sciogliere il burro a bagnomaria e lasciarlo raffreddare prima di metterlo
nell’impasto. Poi è il momento di amalgamare le uova e lo zucchero aggiungendo,
un po’ per volta, metà della quantità indicata di farina. Si unisce il latte e
la farina rimasta, un pizzico di sale, burro, una bustina di vanillina e una di
lievito. Si deve mescolare bene il tutto, aggiungere succo di limone, imburrare
lo stampo (si può usare anche l’olio) e, una volta che l’impasto è pronto,
cuocere a 180° per circa un’ora.
Quale complimento le piace di più
come cuoco?
Volo bassa: “Non cucini poi così
male, in fondo siamo ancora qui a parlarne, no?” (Frase ambigua ma neanche
tanto. Un po’ di ironia ci vuole sempre).
E come scrittore?
“Mi hai emozionato”.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore
possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Provare, provare sempre, anche
quando sembra che sia tutto inutile. Credere nei sogni soprattutto quando
appaiono impossibili da realizzare. E’ in quel momento, proprio in quell’istante
che il destino ci chiama.
Grazie per la sua disponibilità
Grazie a te J
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