Interviste culinarie di
Federica Gnomo
Oggi salutiamo e ringraziamo Roberto Riccardi,
autore di Undercover. Niente è come
sembra, edizioni E/O (Roma, 2012), per averci aperto la porta della sua
cucina.
“La pietanza alla base del mio libro è la cocaina”
- ci spiega -, “un carico di ben sette tonnellate è in viaggio dall’America
latina all’Italia e sarà compito di Rocco Liguori, agente sotto copertura della
Direzione Centrale Antidroga, riuscire a sventare l’illecito traffico. Per
farlo dovrà infiltrarsi, entrando in contatto con esponenti di un cartello
colombiano, della temibile organizzazione messicana Los Zetas interamente
composta da ex militari, e della ’ndrangheta. Un piatto ricco ma difficile -
per proseguire la metafora culinaria - e, a complicare la situazione, la
presenza fra i narcos dell’amico d’infanzia Nino Calabrò, cresciuto con Rocco
in un paesino dell’Aspromonte, di un bocconcino come Rosario Romero,
affascinante esperta d’arte prestata al traffico di droga, e del generale
Mendieta, un osso duro da mordere”.
La prima
domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
“Per dirla con Catalano, meglio mangiare bene e
spendere poco che mangiare male e spendere molto. Cucinare? Sono una schiappa,
non vado oltre la mera sopravvivenza”.
Lo fa
per dovere o per piacere?
“Mangiare è un piacere, decisamente. Non sento mai
i morsi della fame, se sono distratto da qualcosa (ad esempio scrivere) posso
saltare un pasto senza accorgermene. Mi accosto al cibo sempre per gola, lo
confesso”.
Invita
amici o è più spesso invitato?
“Non faccio spesso nessuna delle due cose. Se sono
invitato, ricambio invitando al ristorante”.
Ha mai
conquistato amici o una donna cucinando?
“Non è alla mia portata. Più facile il contrario,
che i miei piatti inducano alla fuga, ma anche quello non mi pare sia successo.
Almeno finora”.
Vivrebbe
con una compagna che non sa mettere mani
ai fornelli?
“Sì. Questione di giustizia, credo, non posso
pretendere ciò che non so offrire”.
Quando ha
scoperto la passione per la buona tavola?
“Piuttosto tardi. Sino all’adolescenza sono andato
avanti a pizze e Coca-Cola, senza accusare per questo scompensi gravi”.
Ci
racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
“Ripenso con struggente nostalgia al timballo di
patate della nonna Vittoria. Non so se la distanza temporale aggiunga del suo
ai ricordi, ma non credo: era veramente una delizia”.
Ha un
piatto che ama e uno che detesta?
“Amo la cucina toscana e le cose semplici, per un
tagliere di salumi e formaggi come si deve potrei uccidere (magari meglio farlo
in un giallo, non nella vita). Non mi viene in mente un piatto detestabile”.
Quando è
in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè,
una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
“Quando scrivo non prendo niente, non faccio altro.
Sarà perché noi uomini non siamo portati per il multi-tasking…”.
Scrive
mai in cucina?
“La mia cucina, ahimé, non ha dimensioni tali da poterci
scrivere”.
Altrimenti
dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
“In soggiorno o in camera da letto. Di solito
scrivo la mattina presto, quando l’aria è fresca e la mente pure”.
Ha un
aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le
è accaduta?
“Io sono autore anche di libri sulla Shoah. Sono stato un numero e La farfalla impazzita sono biografie di
vittime, La foto sulla spiaggia è un
romanzo dedicato a una bambina scomparsa ad Auschwitz. Ebbene, fra le cose che
mi hanno avvicinato al tema ci sono… le magnifiche crostate di un forno di via
del Portico di Ottavia, nel cuore del Ghetto di Roma!”.
Quando
esce a cena che tipo di locale preferisce?
“Adoro i locali antichi, che abbiano una storia,
un’atmosfera. Ma non ho preclusioni per il moderno”.
E per
festeggiare una pubblicazione? Cosa
tende a ordinare in un locale?
“Quando esce un nuovo libro festeggio sempre,
anche se si dovrebbe farlo solo dopo aver controllato i risultati delle
vendite. Ma per me è festa grande, comunque, come se fosse nato un bambino. Cameriere
champagne!”.
Nelle
sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori
intervenuti?
“A volte l’ho offerto. Penso sia gradevole, sì, ma
non si può farlo sempre”.
Tende a
fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
“Un aperitivo, a meno che non si tratti di una
cena con presentazione. Una volta me ne hanno organizzata una bellissima a
Fossano, al festival Esperienze in Giallo.
La cena era a tema, sul mio libro Undercover.
I tavoli avevano i nomi dei personaggi del romanzo, il menu riprendeva
contenuti e aneddoti della vicenda. Un’idea che ho trovato geniale”.
Ha mai
usato il cibo in qualche storia? Ad esempio in “titolo
del romanzo” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo? Il cibo è
mai protagonista?
“Finora non è capitato. Ma ho ancora tante storie
da scrivere…”.
Per
concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
“Come faccio io la pasta al pesto, nemmeno ai
carugi genovesi…”.
(Nota di Federica. Alla richiesta della ricetta ironicamente l'autore mi ha confessato di usare dell'ottimo pesto pronto! Ridiamoci sopra, infondo è uno scrittore affascinante anche senza saper fare manicaretti).
Quale
complimento le piace di più come cuoco?
“La persona del cuore che, dopo aver cenato, mi
guarda coi suoi occhi profondi e mi dice: Sono
sopravvissuta a cose peggiori”.
E come
scrittore?
“Ho fatto
nottata per finire il tuo libro, non sono riuscito a staccarmi. Quando me
lo dicono, resto di buon umore per tutto il giorno”.
Che
frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo
portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
“Propongo le prime righe di Undercover, l’incipit è un classico. Aspromonte, 1985. La lattina di birra rotola veloce lungo la strada
scoscesa. Il suo fragore fa voltare le vecchie sulle seggiole, davanti agli
usci delle case. Sono l’anima del paese queste donne dai volti scavati, tutte
uguali nei loro fazzoletti neri, nelle vesti lunghe fino ai piedi, affacciate
sul mondo come se lo guardassero dal
ponte di una nave, come se non fossero mare anche loro”.
Grazie per la sua disponibilità
Federica Gnomo
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