venerdì 23 ottobre 2015

IN CUCINA CON LO SCRITTORE. O meglio scrittrice, Maura Maffei, autrice di “Feuilleton”, Edizioni della Goccia, 2015

Oggi salutiamo e ringraziamo Maura Maffei, autrice di “Feuilleton”, Edizioni della Goccia, settembre 2015 per averci aperto la porta della sua cucina.


Dublino, 1894. Nella cronaca rosa del quotidiano si parla di sir Ardal Mac Corra, giovane e ricco industriale tessile, e della bella moglie Sibéal, figlia d’un attore morto alcolizzato. I loro screzi e flirt, assai ghiotti per i lettori, hanno persino soppiantato la pagina destinata al “feuilleton”.
Il giornalista Doug Doherty propone a Sibéal di convivere con lui. Lei non lo ama ma lo frequenta perché malata di solitudine. È indecisa. Così irrompono i ricordi, dall’infanzia disagiata al matrimonio con Ardal, che l’ha lasciata la sera delle nozze, alla rivelazione: «Ti ho sposato solo per il tuo danaro!»
Durante un drammatico colloquio, Ardal rifiuta a Sibéal il divorzio. Allora lei, che lo ritiene un bigotto, schiavo delle convenienze, decide di estorcerglielo. Lo segue di nascosto, sperando di sorprenderlo con un’amante. Ciò che scoprirà in quella notte sarà una rivelazione inaspettata.

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La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Amo la cucina casalinga, con i sapori di una volta, delle buone cose che mi cucinava la nonna e che riempiono i ricordi di colori e di aromi. Amo anche cucinare, sebbene io non abbia molto tempo da dedicare ai fornelli. Mi piace preparare piatti gustosi e dietetici, sostituendo i condimenti troppi grassi con le spezie e le erbe selvatiche, dato che sono pure erborista.

Lo fa per dovere o per piacere?
Un po’ per entrambe le cose: sono responsabile dei pasti di mio marito e di mia figlia, che mangiano quasi sempre a casa, e quindi ci tengo a offrire loro cibi sani e nutrienti, ma è anche un piacere perché in ciò che preparo mi lascio trasportare dalla fantasia e dal desiderio di variare spesso il menù quotidiano.

Invita spesso amici a casa o è ospite di altri?
È una gioia invitare gli amici, per condividere con loro un dialogo costruttivo e sereno intorno alla tavola. Mi diverto ad apparecchiarla cercando di accordarla alla personalità degli ospiti che verranno.

Ha mai conquistato un uomo cucinando?
Ammetto che, quando ero fidanzata con Paolo, mi impegnavo di più nell’inventare ricette o nel cercare piatti insoliti o esotici da preparare, Adesso che è mio marito da ormai 21 anni prevale la necessità di scegliere cibi soprattutto salutari.

Vivrebbe con  un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Quando abbiamo ospiti, mi è gradito che mio marito mi dia una mano in cucina, per preparare tutto in tempo e nel miglior modo possibile. Altrimenti, per i pranzi e le cene di ogni giorno, preferisco essere io sola a gestire mestolo, mezzaluna e tagliere…

Quando ha scoperto questa sua passione?
Ho iniziato a cucinare più o meno quando ho iniziato a scrivere: da bambina. Preparavo le prime torte, con l’aiuto di mia nonna Teresina, mentre scrivevo i primi racconti.

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Allora abitavo ancora a Savona: la domenica mia mamma Elda e mio papà Angelo caricavano il barbecue sulla macchina (un maggiolino VW) e mi portavano sul Monte Beigua, che si trova nell’entroterra di Varazze. Qui cucinavano la carne en plain air, raccogliendo il timo, il serpillo e il ginepro freschi per insaporirla. Non dimenticherò mai il profumo di quelle grigliate della mia infanzia. Come ricordo con la stessa nostalgia le frittelle di fiori di acacia che, a primavera, friggeva la  mia mamma o i fiori di zucca ripieni di ricotta e pangrattato.

Ha un piatto che ama e uno che detesta?
A dire il vero mangio di tutto, o meglio mangio tutto quello che mi è permesso, visto che sono intollerante a una trentina di alimenti, tra cui il grano, il latte, le uova, il lievito e, purtroppo, le nocciole. Mi piacciono molto il pesce e le verdure, quindi uno dei piatti che preferisco è senz’altro la zuppa di pesce, come la cotriade tipica della Bretagna. Mi attirano meno i piatti assai elaborati: ecco, al ristorante non sceglierei mai le lasagne al forno o le melanzane alla parmigiana!

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Il rosso delle ciliegie candite o l’azzurro del gelato gusto puffo!

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale che la fa stare concentrato a scrivere?
Mentre scrivo non ho mai fame: se sono sola a casa, potrei continuare per ore, lasciando perdere persino i pasti canonici. Al limite sgranocchio un pezzetto di cioccolato amaro, di quello che contiene almeno l’85 % di cacao.

Scrive mai in cucina?
Scrivo quasi sempre in cucina, perché il tavolo è più grande della scrivania e mi permette di tenervi aperti sopra tanti libri contemporaneamente. Scrivendo romanzi storici d’ambientazione irlandese, infatti, ho bisogno sempre il vocabolario e la grammatica in lingua gaelica e monografie sul periodo storico che fa da sfondo al libro.

Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
A volte scrivo anche nello studio: più che altro vi rileggo testi già ultimati, perché mi piace limare lo stile per renderlo il più possibile scorrevole e musicale. Se, invece, ho bisogno della massima concentrazione, esco di casa e vado in biblioteca. Il mio ultimo romanzo, ad esempio, per esigenze varie l’ho composto tutto nella Biblioteca di Alessandria.
Non ho un orario fisso, per scrivere: di solito scrivo al pomeriggio, perché al mattino tengo in ordine la casa. Ma qualsiasi momento è buono per trasporre sulla pagina la giusta ispirazione.

 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
A causa delle mie intolleranze alimentari, non posso mangiare né panini né tranci di pizza. Se sono molto presa, piuttosto mangio un piatto di frutta. Se ho l’idea giusta da sviluppare mi si chiude lo stomaco e, cioccolatino amaro a parte, lavoro a oltranza.

Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Risale al mio primo viaggio in Irlanda: mia mamma, conoscendo la mia passione per l’Isola di Smeraldo, mi regalò una vacanza tutta irlandese per la mia brillante promozione all’esame di terza media. Vi arrivammo con treno e traghetto (ancora adesso non amo volare). Ricordo che la mia prima colazione nell’albergo di Dublino fu un po’ scombussolata dalla mia gioia di essere finalmente là: ero talmente emozionata che versai nel the il sale al posto dello zucchero e che lo bevvi ugualmente perché nessuno si accorgesse che avevo combinato un pasticcio. È stata la tazza di the più disgustosa della mia vita!

Lei è una scrittrice di romanzi storici: quando esce a cena con i suoi figli o amici che tipo di locale preferisce? E quando esce con suo marito? Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
In ogni caso prediligo le osterie o le trattorie tipiche, in cui si preparano piatti regionali e cibi cosiddetti poveri. M’intrigano le reti appese alle pareti o le foto incorniciate che risalgono a un secolo fa oppure le stoviglie di terracotta o le formelle di rame sulle credenze velate di pizzi antichi…
Ordino ciò che è semplice e che è insolito, nel senso che non si mangia comunemente. Non prendo mai primo e secondo insieme: scelgo uno dei due, con un antipasto di verdura o con un contorno.

Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Il 2 ottobre scorso, qui a Casale Monferrato, che è la mia città, c’è stata la prima presentazione assoluta del mio romanzo “Feuilleton”. Si è tenuta in una splendida chiesa barocca, ossia la chiesa di Santa Caterina, che è un gioiello da restaurare e per questo è stata istituita una Onlus per valorizzarlo e per sensibilizzare l’opinione pubblica. Sono stata quindi ospite del Santa Caterina Welcome Center che, grazie all’appoggio di produttori locali, mi ha organizzato un aperitivo da favola nel coro ligneo della chiesa (avrebbe dovuto essere sul sagrato, ma quel giorno pioveva), con tartine spalmate con i nostri intingoli monferrini, con fette di muletta, che un prezioso salame della zona, e con il buon vino rosso delle nostre colline. È stato davvero molto apprezzato dal pubblico intervenuto.

Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  “Feuilleton” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Il cibo è mai co-protagonista?
Molte scene dei miei romanzi si svolgono a desco, perché essere insieme intorno alla tavola facilita il dialogo o mette in evidenza le tensioni latenti tra i personaggi. Quindi mi capita spesso di descrivere che cosa si mangia, anche se non posso affermare che il cibo assurga a ruolo di protagonista. In “Feuilleton” ci sono tre episodi fondamentali che avvengono a cena, perché quando si è seduti uno di fronte all’altro ci si guarda negli occhi e si ritrova il coraggio delle parole e delle decisioni.

“Feuilleton” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Sicuramente “Feuilleton” è legato all’Irish stew, ossia allo stufato irlandese, quello che non manca mai sulla tavola dei miei protagonisti nelle occasioni importanti. Forse è il piatto irlandese più conosciuto nel mondo, ma io l’ho scelto per giocare con l’apparenza, ingannando il lettore con un tradizionalismo che può essere rigido e incolore o mascherare piuttosto valori più profondi di quelli che trapelano a prima vista. Ciò che è tradizionale, per me, ha sempre in sé il fascino e la nostalgia di un’Aurea aetas da riscoprire.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio?
*IRISH STEW ALLA FEUILLETON*



Ingredienti: (dosi per 4-5 persone)
-        700 grammi di polpa di montone;
-        300 grammi di patate;
-        300 grammi di cipolle;
-        2 o 3 carote;
-        sale e pepe, quanto basta;
-        un mazzetto di odori.

Preparazione:
Scegliete la carne di montone, prediligendo un taglio tenero e poco grasso. Se vi trovate nella stagione giusta, potete sostituirla con quella d’agnello o d’agnellone. Passatela sotto l’acqua corrente e tagliatela a cubetti regolari, piccoli ma non troppo, che porrete in una casseruola con i bordi abbastanza alti.
Mondate, a questo punto, le verdure e gli aromi. Le patate e le cipolle andranno sbucciate e ridotte a dadini o affettate, come preferite, mentre le carote, dopo essere state accuratamente spazzolate o addirittura raschiate, andranno fatte a rondelle sottili.
Mescolate i pezzi di patate, di cipolle e di carote alla carne e coprite il tutto con acqua fredda.
Accendete il fuoco e portate a bollore. Dopo aver eliminato la schiuma che affiora in superficie, conviene assaggiare e regolare di sale e, volendo, di pepe. Gli aromi dovranno essere aggiunti a metà cottura: vi consiglio il prezzemolo, la maggiorana e l’erba cipollina ma, pur evitando i sapori troppo mediterranei, può andar bene quant’altro vi suggerisce la vostra fantasia.
Occorre cucinare lo stufato a fiamma dolce, facendolo sobbollire, per un tempo compreso tra l’ora e mezza e le due ore, controllando che non asciughi troppo e incorporando eventualmente un mezzo bicchiere d’acqua quando serve. A cottura ultimata, il suo aspetto dovrà essere vellutato, non troppo liquido e la carne si presenterà in dadini compatti ma decisamente morbidi.
Questa che vi propongo è la versione tradizionale, casalinga, del piatto più famoso della cucina irlandese che, non prevedendo l’impiego di grassi aggiunti, risulta anche assai digeribile.
Vi segnalo tuttavia una variante, più elaborata, che a volte viene servita nei ristoranti e che, sinceramente, mi convince meno. Non è un vero e proprio stufato ma assomiglia piuttosto a una cosiddetta blanquette. Se volete provarla, procedete come sopra. Quando però la carne comincerà a essere tenera, toglietela dalla pentola e passatela in una besciamella fatta con farina, burro e, anziché il latte, un po’ del liquido di cottura dello stufato stesso, affinché la salsa rimanga fluida. Cuocete il montone nella besciamella per una decina di minuti, quindi rituffatelo nello stufato, date ancora una fiammata e poi servite.

Quale complimento le piace di più come cuoco?
Mi fa piacere quando i commensali mi dicono che ciò che ho preparato è digeribile e che le portate sono ben armonizzate tra loro.

E come scrittore?
Sono orgogliosa quando i lettori affermano che le storie che narro sono vere, che i personaggi fanno parte del loro vissuto e che le pagine dei miei romanzi hanno suscitato in loro delle domande. Sono infatti convinta che ogni romanzo debba essere l’occasione di un dialogo tra chi scrive e chi legge, per riscoprire insieme ciò che conta davvero nel nostro esistere.

Che frase tratta dalla sua opera possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Da “Feuilleton”, Libro III, Capitolo II:
“Lo aveva atteso: tanti piccoli segnali glielo testimoniavano e lo facevano gioire. […]
Passando davanti alla cucina, aveva assaporato infine l’odore pieno dello stufato d’agnello. Era tradizione che comparisse sulla mensa dei Mac Corra in tutte le occasioni importanti. E c’era la tovaglia migliore, sul tavolo. L’argenteria e le posate erano state lucidate. Scintillavano. Un vino rosato sprigionava la sua nota cupa sotto i cristalli del lampadario.”

Grazie per la sua disponibilità

 Vuoi sapere di più sull'autrice?

Maura Maffei è ligure di nascita e piemontese d’adozione. Erborista, cantante lirica, impegnata nel volontariato come insegnante di Metodo Billings per la regolazione naturale della fertilità di coppia e come presidente diocesano di Azione Cattolica Italiana, ha pubblicato con Marna 2 romanzi, Il traditore (1993) e Le lenticchie di Esaù (2003), e il saggio sul diario di guerra del capitano Pietro Apostolo, intitolato La Lunga strada per Genova (2007). Per la prestigiosa Casa Editrice irlandese Coiscéim, specializzata in testi in lingua irlandese, ha pubblicato il romanzo storico medioevale An Fealltóir (1999). Ha collaborato per sette anni con la rivista Keltika, a diffusione nazionale e vendita in edicola (la testata ha chiuso nel 2007), firmando oltre 200 articoli monografici sulla storia, la cultura, la letteratura e la musica in Irlanda, Scozia, Cornovaglia, Bretagna e Galizia. Il 28 aprile 2012 il suo romanzo inedito Feuilleton ha vinto una puntata della trasmissione di RAI Radio 1 Tramate con noi. Finalista nel 2012 al Torneo IoScrittore di GeMS, ha pubblicato il 24 aprile 2013 in e-book il romanzo storico Astralabius, ambientato nella Francia XII secolo e ispirato al contrasto dottrinale che oppose il filosofo bretone Pietro Abelardo a san Bernardo di Chiaravalle. Il 25 ottobre 2014 la sua tragedia An Nuachar – Lo sposo  (che aveva ottenuto la medaglia di bronzo al XX Premio Firenze 2002) si è classificata seconda, ma prima classificata nella sezione Teatro, al Concorso Letterario Nazionale Cinquantesimo Marcelli ed è stata pubblicata nel dicembre dello stesso anno in edizione digitale.
Il 30 agosto 2015 il suo romanzo La sinfonia del vento ha vinto il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale “San Domenichino – Città di Massa”, nella sezione narrativa inedita; il romanzo sarà pubblicato nella primavera del prossimo anno.
Intanto, oltre a Feuilleton, pubblicato da Edizioni della Goccia a fine settembre 2015, l’autrice ha altri libri in pubblicazione: il suo romanzo più ampio, pensato come una saga familiare, scritto a quattro mani con il linguista, scrittore e storico irlandese Rónán Ú. Ó Lorcáin e intitolato Dietro la tenda, sarà presto pubblicato dalla Casa Editrice piacentina Parallelo45 sotto forma di trilogia. Il primo volume, Dietro la tenda – La fragilità della farfalla, uscirà probabilmente già per Natale. Seguiranno nei prossimi mesi Dietro la tenda – L’ala del corvo e Dietro la tenda L’astuzia della volpe, tutti ambientati nel Connemara del XVIII secolo.










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