Interviste culinarie di
Federica Gnomo
Oggi salutiamo e ringraziamo Marta Leri, autrice del romanzo “Il riccio e
la castagna”, Ferrari editore, 2011, per averci aperto la porta della sua
cucina.
Mi chiamo
Marta Leri, sono nata a Firenze il 28.08.1955. Vivo a Manziana, vicino a Roma. Nel 2007 mi sono ammalata di cancro e ho
iniziato un lungo percorso che mi ha portato a cambiare totalmente la mia
vita. Ho deciso di raccontare questa mia
esperienza, in un romanzo intitolato "Il riccio e la castagna".
Il mio
desiderio è quello di trasmettere speranza e fiducia a chi è colpito da questa
malattia o ha un parente o un amico in questa condizione perché sono convinta che la fiducia nella propria
guarigione sia fondamentale per il successo delle terapie. La malattia è un
messaggio che il nostro corpo ci manda per avvertirci che la nostra vita ha
bisogno di cambiamenti, chi sa ascoltare il proprio corpo può entrare veramente
in connessione con la vita.
La prima domanda di rito è: le piace
mangiare bene? E cucinare?
Mi piace mangiare bene, un po’ meno cucinare.
Quindi cucina più per dovere che per
piacere?
Lo faccio spesso per nutrirmi in modo sano, non mi piace mangiare al
ristorante, né tanto meno mi piacciono cibi di tavola calda, rosticceria e fast
food; qualche volta lo faccio per piacere, soprattutto se ho ospiti.
Invita amici o è più spesso invitata?
Qualche volta vengo invitata ma preferisco invitare.
Ha mai conquistato amici o un uomo cucinando?
No, non sono così brava in cucina, sono però stata conquistata da un uomo
che sa cucinare molto bene e anche per questo l’ho sposato.
Vivrebbe con un compagno che non sa mettere mani ai
fornelli?
Penso di sì, ma dovrebbe avere molte altre qualità che compensino questa
carenza.
Ci racconta il suo primo ricordo
legato al cibo?
Ricordo un dolcetto che faceva mia nonna, quando
l’andavo a trovare in estate. Viveva in un piccolissimo paese sull’Appennino
tosco-emiliano. Il dolcetto si chiama “pattona” ed è fatto con farina di
castagne, acqua e un pizzico di sale. Mia nonna metteva l’impasto tra due
foglie di castagno e poi le metteva nel forno a legna a cuocere. Quando
riapriva il forno si sprigionava un meraviglioso odore di legna e castagno.
Occorreva aspettare qualche minuto prima di poter liberare la pattona dal suo
involucro di foglie ma quei minuti erano un gran godimento per l’olfatto. Il
gusto che mi dava quel sottilissimo strato di farina di castagne cotto senza
olio era intenso e unico.
Ha un piatto che ama e uno che
detesta?
Ci sono molti piatti che amo, quelli legati alla tradizione culinaria
toscana che è la mia regione di origine. I
crostini con fegatini di pollo, la ribollita, i tortelli maremmani di ricotta e
spinaci, il castagnaccio. Detesto il cacciucco o brodetto e in genere il
pesce cucinato con il pomodoro, le ostriche, le lumache.
Un colore dominante proprio di cibi
che la disgustano?
Non c’è un colore che non mi piace, forse è più un problema di consistenza
mi piacciono di più le pietanze ben cotte, ad eccezione della bistecca che mi
piace al sangue.
Quando è in fase creativa ha un rito
scaramantico legato al cibo?
Quando mi metto al computer mi piace avere qualcosa da sgranocchiare, come
le arachidi, anacardi, chicchi di mais tostato.
Prende caffè? O tè, una bibita
speciale per stare fermo a scrivere?
Bevo volentieri infusi di erbe, tè, tisane. Mai il caffè.
Scrive in cucina?
No, la mia cucina è piccola, e non c’è proprio spazio per scrivere.
Dove ama scrivere? e a che ora le
viene più naturale?
Mi piace scrivere con la penna e il quaderno, di solito ho bisogno di un
tavolo e di un ambiente protetto e riparato, scrivo quasi sempre in casa, sul
tavolo da pranzo, qualche volta seduta sul letto, occasionalmente mi capita di
scrivere all’aperto, quando sono in vacanza, al mare soprattutto. Le prime ore
della mattina sono le più produttive per me.
Si compra cibo pronto (tramezzini,
pizza, snack) o si cucina anche quando è molto presa dalla scrittura?
Non compro mai cibo pronto da portare a casa, se non ho tempo di cucinare,
mi accontento di poco, pane e pomodoro, due uova al tegamino, un pezzo di
formaggio con il pane.
Che tipo di cibo desidera di più
quando scrive, salato o dolce?
Quando lavoro preferisco il cibo salato, mi sembra che stimoli di più
l’attività.
Ha un aneddoto legato al cibo da
raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Un aneddoto che ho raccontato nel libro: il primo
anno che vivevo in campagna, raccolsi, sotto ai due castagni del mio giardino,
una gran quantità di castagne, erano bellissime, chiesi come dovevo fare per
conservarle e mi suggerirono di metterle a bagno per uno o due giorni, poi,
fatte asciugare, si potevano conservare per alcuni mesi. Seguii il consiglio e
dopo averle asciugate le misi in un sacco di iuta, dentro una cassapanca di
legno, in casa. Partii per un breve viaggio. Al ritorno andai a controllare le
castagne che avevo raccolto con grande
soddisfazione e le trovai irreversibilmente tutte ammuffite. Non c’era
più niente da fare. Le dovetti buttare via tutte. Fu un grande dolore.
Lei è una scrittrice di storie
autobiografiche, quando esce a cena che tipo di locale preferisce?
Mi piacciono i ristoranti dove si servono piccole porzioni e tanti
assaggini, le luci e la musica devono essere soft, in inverno mi piace sedermi
vicino al camino, nella bella stagione all’aperto. Scelgo piccoli ristoranti
poco frequentati dove non si deve aspettare molto per essere serviti.
Cosa tende a ordinare in un locale?
Cerco sul menù il piatto più sfizioso, qualcosa che non conosco o che non
cucinerei a casa. Può bastarmi anche solo un abbondante antipasto. Bruschette,
fritti, tartine, verdure alla griglia.
Nelle sue presentazioni offre un
buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due
olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Nelle prime presentazioni che ho fatto del mio libro, è stato mio marito a
preparare il buffet, abbiamo offerto pane speciale fatto da lui, servito con
salsa di melanzane, cous-cous, vino. Gli intervenuti hanno apprezzato molto.
Ha mai usato il cibo in qualche
storia?
Nel romanzo “Il riccio e la castagna”, la protagonista, nel suo percorso
verso la guarigione, affronta anche il difficile compito di cambiare le sue
abitudini alimentari e si cimenta in un nuovo modo di cucinare.
Ci sono due passaggi in cui si parla di cibo,
quando la protagonista comincia a capire che l’alimentazione ha una parte non
secondaria nel suo processo di guarigione e decide di rinunciare ai dolci, di
cui è ghiotta, e poi quando impara, con un’amica, a cucinare in modo sano e
prepara dei piatti che poi offre ai suoi amici in un pranzo che inaugura
l’associazione Sa.sa, sapore e salute, di cui si fa promotrice.
“Il riccio e la castagna” a che
ricetta lo legherebbe, e perché?
Lo legherei alla ricetta del castagnaccio, perché la castagna è
strettamente legata a questa ricetta nel mio immaginario.
Per concludere ci potrebbe regalare
una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
IL CASTAGNACCIO
Comprare
una busta di farina di castagne di ottima qualità. Metterla in una ciotola
capiente. Stemperarla con dell’acqua tiepida, aggiungendola poco alla volta e
girando l’impasto con una frusta, quando si sarà ottenuta una consistenza
semiliquida e si sarà completamente sciolta la farina, aggiungere un pizzico di
sale, due cucchiai di olio extravergine di oliva, un po’ di uvetta sultanina
precedentemente ammollata e una manciata di pinoli. Versare il tutto in una
teglia ben unta di olio e versare ancora un poco di olio sopra l’impasto. Far
cuocere in forno caldo per una trentina di minuti a 180°. Il segreto del
castagnaccio è dato da tre elementi: la qualità della farina e dell’olio, che
deve essere abbondante, e la cottura. Il castagnaccio deve essere basso e ben
cotto, un po’ “scrocchiarello”.
Quale complimento le piace di più
come cuoca?
Mi piace che si apprezzi il tentativo di coniugare la scelta di ingredienti
sani e genuini con il gusto.
E come scrittore?
Mi ha fatto molto piacere sentirmi dire da qualcuno
che aveva paura ad affrontare un argomento così ostile, e che, dopo le prime
pagine, ha letto il libro tutto d’un fiato ricavandone un sentimento di
speranza e di ottimismo.
Che frase tratta dalla sua opera o
dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua
cucina?
Una frase che pronuncia la protagonista
del mio libro: “La frutta lontano
dai pasti, il pane solo a colazione. I dolci mai e, comunque, mai la sera.
Attenzione ai cibi che si associano nello stesso pasto. Posso farlo, con
amorevolezza. Ora sono più attenta al mio corpo. Sono in ascolto. Sono meno
impaziente.”
Grazie per la sua disponibilità
Un libro carino, allegro dove l'amicizia e la condivisione delle emozioni assumono una grande importanza.
RispondiEliminaE quale luogo migliore di una tavola apparecchiata con tante cose sane e buone per stare insieme?
Vero: amicizia e condivisione sono due elementi importanti nella storia di Marta.
EliminaMai intervista più adatta. Nel libro di Marta, che ho letto con estremo interesse, c'è tutta la parte che aiuta a capire come anche il cibo, se usato correttamente, sia un antidoto alla malattia. Bello anche l'aneddoto, cui l'autrice fa riferimento, relativo alle castagne ammuffite.
RispondiEliminaquesto libro è molto vero, molto doloroso e coinvolgente ma anche semplice e reale, ma le ricettine sono veramente golose e non vedo l'ora di assaggiale!!!!!
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