domenica 3 marzo 2013

Il racconto hot della Domenica. L'ULTIMA NOTTE, F.Gnomo Twins

                                        




 Racconto Finalista selezionato da BRAVI AUTORI:
 Antologia erotica “69 orizzontale”  pubblicato Maggio 2012

L’ULTIMA NOTTE
Di  F.Gnomo Twins

   «Non hai paura?» mi domanda mentre le sue dita gelate, improbabili, mi sfiorano le labbra e mi fanno ammutolire. Non rispondo; non posso, o non voglio. Non ha importanza. Lei mi trascina con sé.
   Abbandono il cappotto sulla sedia, non ho freddo, e non mi serve. Lascio me stesso dentro la sala, e solo il lupo dal cuore di bambino attraversa la strada nell'alba con lei. Abito leggero che lascia al vento le carezze che io vorrei darle. Emozione ci divide e ci incatena. Lei arruffa il pelo dell'anima libera e selvaggia che è in me. Un muro, un muro scrostato, un angolo buio, e non resisto; la faccio fermare... Il sesso dolente reclama dolce tortura, la sua mano inizia a scorrere sui miei fianchi.
    «Pazzo, non puoi aspettare?» mi dice mentre accosta le labbra e divora quello che sarà il suo pasto, quel giorno.
Non ho la forza di parlare.
   Sento che morde le labbra e mi fa sanguinare, lecca. Bacia. Poi le sue dita gelate slacciano la camicia e percorrono i muscoli del petto e della pancia. Graffia leggermente, solletica, tasta; prova la mia resistenza. E scende verso il mio sesso.  Scende inesorabile, mentre ormai mi gira la testa e vorrei solo non averla mai incontrata.

   Il mattino dopo mi trovano per strada. Addormentato, mezzo nudo; assiderato, in realtà. I miei amici, allarmati dai lividi ai lati delle labbra, mi portano al pronto soccorso. Non ho nulla, solo qualche ematoma, strane impronte di denti, febbricola e glande molto arrossato. Firmo ed esco. Lascio il posto a chi sta male davvero e non ha solo morsi, come i miei, sulla pelle. 
   «Ma chi hai incontrato ieri sera?»
Qualcuno  fa una battuta; mi riportano a casa. Vorrei raccontare cosa ho vissuto, ma nessuno mi crederebbe, e forse ho sognato. O ero solo un po’ sbronzo; la sera dell’ultimo dell’anno può capitare.
Però un sogno non lascia abrasioni, e lei ha graffiato forte, e ha lasciato impronte ovunque. Segni che non riesco a guardare. Che bruciano. I più profondi sono sul  cuore. Non riesco a dimenticarla. Mi ha stregato, come se da quei graffi fosse passato il veleno che mi ha infettato.
   La sera stessa desidero tornare in quel punto preciso dove il muro rotto inquadra la luna, la divide in due e la spacca come una noce.  Spero che ritorni, che abbia voglia di finire di uccidermi del tutto. Da ieri notte infatti mi sento diverso, come se avessi due vite, e una parte di luna mi appartenesse mentre l’altra, la sua, mi stesse aspettando.
   Mi siedo sul marciapiede e guardandomi intorno da lontano vedo correre verso di me un lupo solitario.  È lei! Ne ho come il presentimento, anzi ne sono sicuro e non ho timore.  Mi si avvicina. Lo sguardo umano precede la mutazione nella donna che ho conosciuto.
   «Non hai paura?» mi chiede di nuovo, con la stessa identica voce della sera precedente.
   «No» rispondo deciso,« ti ho desiderato tutto il giorno fino a stare male, e ora non ho paura».
Lei allora annuisce. Mi prende per mano, mi sorride. Le si illuminano due occhi di ghiaccio che mi fanno girare la testa di nuovo.  Mi bacia  e io mi sento rabbrividire,  e poi farmi di fuoco, mentre si sprigiona una grande potenza che mi trasforma nel lupo che sento dentro di me. Il cuore accelera e pulsa fino a toccare le ossa del torace.
   «Non mi sbagliavo» mi dice, mentre riprende le sembianze di quel lupo che avevo visto.
Ci uniamo così, selvaggiamente, senza provare emozione, ma solo istinto.  Non posso credere che sia vero. Stavolta la mordo io sul collo, e lei geme. Geme alla luna con un ululato che solitario giunge alle mie orecchie.
   Al mattino sono di nuovo umano. Ricordo di aver amato un lupo nella notte e di aver corso con lui fino a crollare. Solo.
   Torno a casa che inizia a nevicare, cammino a lungo, quasi perso perché mi sono allontanato e il paesaggio bianco mi confonde. Sto male. Come un drogato in astinenza sudo freddo e la desidero. Parte di me vorrebbe rivederla, parte di me inizia a temere questa attrazione. Lei è scomparsa senza lasciare tracce, neanche da seguire,  e io mi sento pazzo. Gocce di delirio liquido, fredde mi trasudano dalla fronte.
   La notte dopo, la terza. Quando ormai la bramo sia come umano che come lupo, lei torna al solito posto dove io già l’aspetto.
   «Non hai paura?» mi chiede di nuovo. Bellissima, più attraente del solito, con occhi scintillanti contornati di nero, e lame di coltello al posto degli artigli.
   «No» rispondo ancora.
   «Eppure stasera una parte di te dovrà morire» mi dice.
   «Non ho paura…»
   «Sei uomo e lupo. Dovrò scegliere quale parte sacrificare…»
Comprendo il suo discorso, ma non ho timore. Come se l’avessi sempre saputo, come se fossi destinato.
L’ultima notte al mondo come umano, o come lupo.
   «Dovrò scegliere la parte migliore, quella con cui vivere».
   Detto questo, inizia a saettare con le lame e taglia ogni centimetro dei miei indumenti riducendoli a strisce sottili, le lascia portare via dal vento. Poi si getta su di me. Mi trovo spalle al muro, le sue unghie, lamine d’argento, conficcate nella pelle, mi bloccano.  Lei   lambisce ogni piega  del mio corpo, le dita cercavano di insinuarsi ovunque, strisciando. I denti affondano intorno ai capezzoli.  Morde famelica, e il sapore del sangue la eccita. Io sento la vita scorrere via tra quei morsi, eppure pulsare interamente intorno mio sesso.  Scende fino all’inguine e inizia a leccare e percorrere interamente il mio membro.  Allungo le braccia, voglio toccarla, guidarla. Ma stranamente sono immobile, come stordito, lei  mi sottrae ogni forza.  Proprio mentre la desidero, e sento di stare per esplodere nel piacere che le sue labbra mi provocano, mi accorgo di essere un lupo. Lei si blocca e cede il comando al lupo; come la seconda sera si lascia prendere da me. La penetro. Due lupi grigi nella notte, uno con cuore impavido, cuore di bambino. Lei donna a metà.
Poi il buio cala su di me.
   La mattina dopo mi sveglio uomo. Nudo, con accanto lei. Siamo nel mio letto. Siamo nella mia casa.
La mia donna, la mia casa.
La bacio, l’accarezzo. Non scompare con l’alba.  È luce rarefatta che si rapprende in morbida pelle rosa.
Delirio lucido, mi diagnosticano, quando descrivo la mia donna, e come l’ho incontrata.
Nessuno la vede.
   Sono anni ormai che mi considerano pazzo.  
   Sono anni che un  lupo grigio con occhi di ghiaccio nelle notti di luna piena viene a trovarmi.     
Corriamo insieme fino a stancarci per poi fare l’amore.
E stanotte, a quanto dicono tutti, sarà l’ultima…davvero.

FINE

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