Dal 26 giugno potrete leggere un
romanzo con il cibo e amore come protagonisti quindi mi sembrava carino
intervistare l’autrice Luciana Ortu proprio in cucina!
Salutiamo
e ringraziamo l‘autore Luciana Ortu, “Il
gusto della vita”, Amarganta, 2015, per averci aperto la porta della sua
cucina.
“Il
gusto della vita” è un romanzo di un genere che si può anche definire
cooking-romance. È suddiviso in un prologo e in dodici capitoli nei quali si
racconta un percorso di amore per la vita che ha per fulcro la cucina.
La protagonista Laura, una donna sposata da poco e
che ha appena perso il padre, vive la sua vita tranquilla, racconta le piccole
cose di ogni giorno, il dolore per il lutto recente, e spesso descrive la
preparazione dei pasti per lei e il marito Josto. Nella scelta delle pietanze o
dei dolci utilizza un criterio emotivo, affettivo e sentimentale, per lei
terapeutico, oltre che di semplice scelta di stagione. Quasi come a voler
ricomporre un puzzle di vita, sparigliato dalla morte, mediante il relais dei
ricordi. Ricette sarde, ma non solo, raccontate in modo personale attraverso
frammenti di vita quotidiana della famigliola della protagonista, animali e
amici invadenti o in difficoltà compresi, descrivendo l'evolversi
dell'elaborazione del lutto nel corso di un anno.
Ogni capitolo è un mese in cui sensazioni,
incontri, gioie, dolori, sapori e odori delle ricette descritte, e ricordi si
mescolano come pennellate di colore a comporre un quadro.
Le ricette rappresentano un esile ma tenace legame
con la vita, con le radici saldamente piantante in una terra millenaria, i cui
colori e il clima sono protagonisti e non semplice sfondo. Il dolore per la
mancanza degli Assenti, mai stati così presenti, sfuma nel tempo, diventando un
dolce ricordo, come nella preparazione di un ricco ed elaborato menù delle
feste, dove la fatica si dimentica nella soddisfazione per il risultato e la
gioia per l'incontro con gli ospiti.
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La prima domanda di rito è: le piace mangiare
bene? E cucinare?
In linea di massima mangio poco, ma buono. Ho la fortuna di avere a
disposizione ingredienti tutto sommato sani e a km zero. Non amavo cucinare, ma
adesso ammetto che mi piace moltissimo.
Lo fa per dovere o per piacere?
In effetti cucino perché devo, la maggior parte delle volte. Ma ormai
come ho detto mi piace cucinare.
Invita spesso amici a casa o è ospite di altri?
Sì, mio marito ed io invitiamo ogni tanto amici e parenti a casa, e
capita che siamo anche ospiti: è un piacere reciproco ritrovarsi a tavola.
Ha mai conquistato un uomo cucinando?
A dire la verità sono stata conquistata ai fornelli. Ho imparato a
cucinare con passione (oltre ai piatti base di pura sopravvivenza come
spaghetti al burro o aglio e olio, per capirci) per ripicca, per orgoglio: non
volevo essere da meno!
Vivrebbe con un compagno che non sa mettere mani ai
fornelli?
No, non potrei vivere di surgelati e piatti pronti o precotti dei
market o rosticcerie. Né da sola né in coppia. E cucinare insieme è divertente!
Quando ha scoperto questa sua passione?
È diventata passione per amore, in effetti. Una sfida, un gioco
d'amore.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Non ho un primissimo ricordo. Ma ho in mente i bocconcini prelibati che
mio padre mi porgeva, scegliendoli con cura dal suo piatto. I piedini del porceddu
arrosto, il maialino da latte piatto forte della cucina sarda delle feste. Il
cervello spalmato sul pane. Le patate cotte sotto le braci nel camino, e tanti
altri ricordi teneri e profumati di cibo condiviso e d'amore. Questo è uno
degli insegnamenti che ho ricevuto da mio padre: il mangiare insieme come gesto
d'amore.
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Amo in generale i primi piatti: pasta, minestre, risotti e zuppe. Non
mi piacciono il pesce e i frutti di mare crudi: non riesco proprio a mandarli
giù.
Un colore dominante proprio di cibi che la
disgustano?
Non ho un colore dominante: è più una questione di sapore e
consistenza. Sul colore, ricordo solo una volta che mio fratello portò
un'anguria gialla: per assaggiarla dovetti chiudere gli occhi, quella fetta
giallo limone proprio mi repelleva, ma era più una questione di abitudine
all'anguria rossa che di disgusto del colore giallo.
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico
legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale che la fa stare
concentrato a scrivere?
Non amo il caffè. Adoro le tisane, gli infusi, e i cocktail o gli
aperitivi. Mentre scrivo capita che sorseggi tè o infusi allo zenzero e simili,
se scrivo di pomeriggio, oppure bibite alcoliche e speziate se scrivo dopo
cena.
Scrive mai in cucina?
Il novanta per cento delle volte scrivo in cucina!
Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene
più naturale?
Succede che possa scrivere anche a notte tarda, a letto. La mattina
presto preferisco rivedere il tutto e correggere. Dopo mangiato è l'ora più
produttiva. L'abbiocco post prandiale cede il posto al furore creativo. E dopo
cena metto a punto il lavoro della giornata o proseguo se ho un'idea che voglio
sviluppare e non voglio perdere. A volte capita che mi svegli in piena notte
per prendere un appunto su un'idea che mi è balenata in mente e mi pare buona.
Si compra
cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso
dalla scrittura?
Cibo pronto... no. Posso preparare io stessa dei tramezzini, ma a parte
qualche rarissima bustina di patatine, rimedio d'emergenza per cali di
pressione, non compro niente del genere.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed
è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Amo molto sia il salato che il dolce. Quindi, è assolutamente casuale
che mi prenda una pausa per un panino con pomodoro e un filo d'olio oppure con
marmellata, una fetta di torta o dolci di stagione: con ricotta sotto Pasqua e
con la sapa per Natale, per dire.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O
una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Legata al cibo... vediamo. È un ricordo d'infanzia, anche stavolta. Una
piccola cosa che ci divertì molto, all'epoca, e che è rimasta per sempre nella
nostra mitologia familiare. Mio padre portò da un viaggio di lavoro alcuni
acquisti mangerecci. Tra gli altri, un bel pezzo di salame di Felino, che ci
vantò come prelibato. Mio fratello, che all'epoca aveva sette o otto anni, si
alzò da tavola e fuggì piangente dicendo: “No! Non voglio mangiare salame di
gattini!”
mamma ed io faticammo parecchio a fargli capire che non si trattava di
micini ma di una località. Lo prendemmo in giro, bonariamente, per molto tempo.
Invece un bizzarro ricordo di un piatto che adoro accadde anni fa.
Eravamo invitati a pranzo da amici nell'iglesiente, ma capitò che dopo il
pranzo dovessimo recarci a un funerale, a metà strada sulla via del ritorno.
Una delle pietanze era un sontuoso tegame pieno di lumache al sugo
piccante. Stavo per rinunciare a mangiarle: temevo che, senza le forchettine
adatte, mi sarei sporcata irrimediabilmente di pomodoro la blusa elegante. La
padrona di casa risolse il dilemma. Mi portò un grembiulino di tela finissima
ricamato e orlato di un pizzo all'uncinetto, reperto di quando si serviva a
tavola indossando un grembiulino e crestina, e me lo avvolse attorno al collo
con un bel fiocco a mo' di bavaglino gigante. Superato l'imbarazzo per la
figura da Pantagruel, affrontai in tranquillità il cimento, e potei presenziare
alle esequie con la blusa intonsa.
Lei è uno scrittore di narrativa, gialli, rosa,
noir... racconti umoristici, quando esce a cena con i suoi figli, o gli amici che tipo di locale preferisce? E quando esce
con suo marito
A mio marito e a me piacciono i locali semplici ma dove sappiamo che
curano la qualità, quindi ci ritroviamo per le nostre “occasioni” sempre nei
soliti posti. Altrimenti, ogni tanto sperimentiamo i locali etnici: ci piace
scoprire cosa mangiano le culture diverse dalla nostra.
Oppure per festeggiare una pubblicazione? Cosa tende a ordinare in un locale?
Se vado nei ristoranti di cucina italiana o sarda, ordino spesso i
piatti che, per un motivo o per l'altro, mi riesce difficile cucinare in casa e
che però mi piacciono. Che so, un menù tutto a base di pesce con tanti
antipasti e un profumatissimo (perché non mi resta sospeso per casa per ore...)
fritto misto o una sontuosa grigliata.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia
gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Finora non ho mai offerto un buffet, ma temo che gli ascoltatori lo
gradirebbero moltissimo!
Tenderebbe a fare un aperitivo con due olive e
patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Se lo facessi non sarebbe due olive, salatini e patatine, porterei
anche dei dolci.
Nel “Il gusto della vita” ci sono passi che
ricordano cibi o profumi di cibo?
Oh sì, altro che! I cibi sono ampiamente descritti o ricordati, anche
solo come profumo. Fanno parte della storia, quasi in ogni pagina. In questo romanzo il cibo è un
co-protagonista, non ci sono dubbi.
Ha mai usato il cibo in qualche altra storia?
In molti altri miei scritti il cibo, una pietanza o un semplice momento
conviviale sono presenti. È una mia costante, direi.
“Il gusto
della vita” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Ne vengono citate o descritte una quarantina... difficile per me
scegliere. Ma, visto che è un libro dove l'amore filiale ha una parte
importante, ai piatti che piacevano a mio padre.
Quindi lo lego... al profumo dell'agnello con le olive, perché era la
pietanza che lui chiedeva a mia madre quando avevano ospiti , mentre lui si
sarebbe occupato del gestire la cottura
del maialino al girarrosto, o era invitato dai suoi amici e doveva portare
qualcosa di speciale.
Per concludere ci potrebbe regalare una sua
ricetta speciale? Quella che le riesce meglio?
Il dolce che mi riesce
meglio.
La crostata di ricotta.
Per la pasta: 300
grammi di farina
150 di zucchero
150 di burro
1 uovo intero
1 pizzico di sale
Per il ripieno: 200
grammi di ricotta di pecora
100 grammi di zucchero
3 uova
la buccia grattugiata
di un'arancia e di un limone
un pizzico di zafferano
Con la farina
setacciata, lo zucchero e il burro ammorbidito e l'uovo intero si prepara la
pasta frolla, impastando finché non diventa una palla perfettamente liscia. Si
copre con un canovaccio e si lascia riposare per un'oretta, oppure si mette in frigo
nel frattempo che si prepara il ripieno.
In una ciotola
capiente si versa lo zucchero e le tre uova, si lavora un po' per amalgamare e
si aggiunge la ricotta: per ottenere velocemente un composto liscio senza grumi
si può facilitare il lavoro passandola in un passaverdure. A questo punto,
aggiungere le bucce grattugiate e lo zafferano, incorporare bene il tutto, se
la ricotta fosse troppo asciutta aggiungere un pochino di latte, mezzo
bicchiere al massimo, e riprendete la pasta.
Stendetela con il mattarello
e foderate una teglia imburrata o ricoperta con carta da forno.
Bucherellate la pasta
con una forchetta, e fate in modo che la teglia sia rivestita fino ai bordi:
deve contenere il ripieno semiliquido senza sbrodolare. Se vi piace, decorate
il bordo con i rebbi della forchetta, a formare un motivetto. Versate il
composto e mettete a cuocere in forno caldo (180 gradi, orientativi, per
un'oretta). In cottura il ripieno tenderà a gonfiarsi come un pallone. Potrete
“sgonfiare” pungendo con uno spiedino di legno o il classico ferro da calza
della nonna. Il profumo e il colore ambrato del dolce vi indicheranno quando la
crostata è pronta.
Quale complimento le piace di più come cuoco?
Beh, se si complimentano a parole mi fa piacere, ma anche vedere il
piatto ripulito e “spazzolato” è una soddisfazione. Io lascio qualcosa nel
piatto, dopo aver cincischiato con la forchetta, soltanto se non mi piace quel
che mi offrono...
E come scrittore?
Mi piace quando mi ringraziano per aver regalato un'emozione, o aver descritto
qualcosa che avevano provato anche loro ma non sapevano come dirlo. E anche
quando mi confessano che leggere le pietanze fa venire l'acquolina in bocca!
Che frase
tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo
portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Direi che la chiusa del romanzo sia paradigmatica dell'opera e del mio
modo di vedere la vita e la cucina. “Cucinare insegna a esser filosofi, a
prendere la vita nel modo giusto. Ci vengono forniti degli ingredienti, sta a
noi ricavarne un piatto buono, saporito o appena passabile.”
E per finire:ci vuole
parlare un po’ di lei come scrittrice?
Sono nata e vivo
da sempre in Sardegna.
L’amore per la
lettura è la costante della mia vita. Appassionata di archeologia, amo scoprire
le storie della mia terra millenaria e la magia dei siti archeologici di cui la
Sardegna è ricca.
La passione per la
scrittura è un altro punto fermo della mia vita. Finalista a concorsi letterari
regionali e nazionali, ho diversi racconti pubblicati, su carta stampata e
riviste online. Per citare le pubblicazioni più recenti, ricordo che a marzo
2013 il racconto "Crocus Oniricus" è compreso in un'antologia curata
dalla associazione Alba Scriptorum, nata per finanziare un Parco Letterario nel
cuore della Sardegna.
A maggio 2013
nell'antologia “50 sfumature di Sci-fi” (La Mela Avvelenata) è stato pubblicato
il racconto intitolato “Ma che bontà”.
Ho partecipato
all'antologia benefica del romanzo corale "Dodicidio" per il progetto
POP di la Gru Edizioni scrivendo il capitolo "Ottobre", a luglio
2013.
A settembre dello
stesso anno nella raccolta “Un clavicembalo ben temperato”, antologia di
racconti partecipanti al concorso “Cartabianca 2013”, è stato pubblicato il mio
“Note Malva”.
A dicembre 2014 il
racconto “Una tazza di tè” è apparso sul magazine online “Scriveregiocando
2014”.
Grazie per la sua disponibilità
A lei per le domande!
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