Interviste culinarie di
Federica Gnomo Twins
Oggi salutiamo e
ringraziamo l‘autore Dario Tonani, “Mondo9”,
Delos Books, 2012; a cura dell’autore per averci aperto la porta della sua
cucina.
Mondo9 è un pianeta desertico, infetto, letale, una
sconfinata distesa di sabbie velenose punteggiata di agglomerati
urbani fatti di ingranaggi, ruote dentate e pulegge. Nel corso
dell'evoluzione i suoi abitanti si sono applicati a una sola scienza, la
meccanica, hanno sviluppato una sola disciplina, la carpenteria, rendendolo il
regno delle macchine, del metallo, della ruggine. Il pieno dominio sull'elettricità
è ancora solo una chimera, eppure Mondo9 vive su una fiorente
attività di commerci. A solcare i deserti tra una città e l'altra (ma anche i
ghiacci dei poli) sono titanici veicoli a ruote, grandi quanto bastimenti e
governati da decine di uomini. La Robredo è una nave ciclopica, la più
potente e famelica di Mondo9, fiore all'occhiello della cantieristica locale. È
costruita di rude metallo, alimentata da un mix alchemico di vapore, olio
lubrificante e batteri. Ma soprattutto è una creatura senziente! Fa su e giù
dal deserto alle banchise polari, viaggiando per mesi senza incrociare anima
viva, in balia degli elementi e di una natura selvaggia, estrema, infernale.
La prima domanda di rito è: le piace mangiare
bene? E cucinare?
Mangiare bene? Sì, molto,
a chi non piace? Ma diciamo che nell’alimentazione di tutti i giorni, dovendo
servirmi di una mensa a mezzogiorno, so anche accontentarmi. Quanto al
cucinare, non so se posso dirlo, ma sono fermo alla mera sopravvivenza: un
piatto di pasta, uova alla coque o sode, una fettina di carne (neppure
impanata)…
Lo fa per dovere o per piacere?
Sopravvivenza.
Invita amici o è più spesso invitato?
Entrambe le cose: mia
moglie – che pure lavora e quasi sempre rincasa più tardi di me – è una cuoca
straordinaria e ha un vero e proprio culto dell’ospitalità e della tavola. Gli
amici lo sanno, e quando ci invitano, nella stragrande maggioranza dei casi,
sanno che la competizione è persa in partenza…
Ha mai conquistato amici o una donna cucinando?
La mia cucina è la
scrittura. E se mi passi il paragone, sì, direi di sì.
Vivrebbe con una compagna che non sa mettere mani
ai fornelli?
Ma sì, come no? Ci
mancherebbe! Mia moglie lavora a Roma tre giorni la settimana, e quando sono
solo a casa con mio figlio vige l’arte di arrangiarsi.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Dovevo avere attorno ai
6-7 anni: genitori e nonni mi portarono in un ristorante cinese, e lì assaggiai
un piatto che poi non vidi mai più comparire nei menù (mi piace molto la cucina
cinese e quando posso la frequento): la medusa. In realtà la ordinò mio nonno,
io ricordo vagamente una poco invitante poltiglia nel piatto. La assaggiai col
tipico atteggiamento mentale del ragazzino di fronte a una prova ordalica che
avrebbe poi raccontato agli amichetti. Del sapore non mi ricordo nulla…
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Adoro il sushi e i
risotti. Detesto tutto ciò che è frattaglie, sanguinacci, lingua. Fegato,
trippa e cervella li ho mangiati diverse volte, ma se posso li evito. Un piatto
che proprio non sopporto è il bollito!
Un colore dominante proprio di cibi che la
disgustano?
So che nessun cibo è blu
elettrico e non mi riferisco quindi a melanzane, prugne e mirtilli… Ricordo di
essermi imbattuto in questa curiosità ai tempi dell’università. Ci scrissero
sopra parecchio dal punto di vista psicologico, perché un artista espose
provocatoriamente in una mostra una baguette
blu. Ecco, ammetto, non so se ne avrei mangiato un boccone.
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico
legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a
scrivere?
Caffè, un paio, ma solo
la mattina. E nel pomeriggio grandi bevute di tè verde! Ma non sono uno di
quegli autori che si portano la mug
accanto al computer. Quando poi devo festeggiare la fine di una storia, un
premio o una pubblicazione, faccio molto volentieri qualche brindisi.
Scrive mai in cucina?
Orrore, no! Il mio Mac e
il mio iPad non ne hanno mai varcato la soglia.
Altrimenti dove ama scrivere? E a che ora le viene
più naturale?
Nel mio studio, in
un’ampia e luminosissima mansarda, in mezzo ai miei libri. Di solito faccio
autentiche full immersion di scrittura nei weekend, dalla mattina del sabato
alla sera della domenica, con pause tecniche sono per… idratarmi e rifocillarmi.
Si compra cibo pronto (tramezzini, pizza, snack) o
si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Vado di pizza e cibi
pronti solo quando strettamente necessario. Per il resto, ho la fortuna di
avere mia moglie che mi/ci prepara qualcosa per i giorni in cui è via da
Milano: gran teglie di pasta al forno e torte salate, ma anche arrosti e
spezzatini. Poi ci pensa un frigorifero pieno zeppo di affettati e formaggi.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed
è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
In genere salato, anche
se ho un debole per il cioccolato fondente amaro.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O
una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Da bambino adoravo la
pizza; non ne ho un ricordo lucido, perché dovevo avere sui tre anni, ma i miei
genitori mi hanno raccontato che in pizzeria al mare, a Santa Margherita
Ligure, mi eccitai talmente all’arrivo della mia margherita che volai giù dal seggiolone.
Lei è uno scrittore di fantascienza, noir, thriller
e horror: quando esce a cena con suo figlio o amici che tipo di locale
preferisce? E quando esce con sua moglie?
Quando sta a me
scegliere, non c’è storia: ristorante giapponese! Mio figlio però detesta quasi
tutto il pesce, e mia moglie avendo fatto per parecchio tempo su e già dal Giappone,
non gradisce particolarmente la scelta di mangiare sushi qui in Italia.
Oppure per festeggiare una pubblicazione? Cosa tende a ordinare in un locale?
Ovunque ci sia un risotto
tra i primi, scelgo quello (eccetto due sole varianti, che proprio non amo:
piselli e peperoni); poi in genere un filetto cottura media, perché sono
piuttosto carnivoro.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia
gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine
o a offrire quasi un pasto completo?
A costo di apparire un
po’ paranoico, devo confessare che non mi piace manipolare il cibo in mezzo ai
libri. In diverse presentazioni capita di avere un rinfresco o un buffet, e
quelle sono le volte in cui mi tengo davvero leggero. Anche negli aperitivi,
preferisco bere piuttosto che buttarmi sugli stuzzichini. Per veri e propri
“festeggiamenti” di solito vado a cena con famiglia e amici.
Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Sì, certo, ma in genere
non in maniera convenzionale. Due esempi? Nel mio ciclo di “Infect@” e “Toxic@”
(due Urania usciti uno nel 2007 e l’altro nel 2009), uno dei protagonisti usa
tenere in bocca a mo’ di chewing gum
un pezzetto di cartone animato. In un’altra storia c’è uno zombie che mangia la
neve.
Ad esempio in “Mondo9”
ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Sì, eccome, ma non sono
profumi che farebbero venire l’acquolina in bocca a nessuno.
Il cibo è mai protagonista?
L’alimentazione lo è, non
il cibo in senso stretto. Chi ha letto le mie opere, sa che cosa intendo con
questa sottile distinzione.
“Mondo9” a che
ricetta lo legherebbe, e perché?
Bollito al vapore. Ho
detto, vero, che detesto il lesso?
Per concludere ci potrebbe regalare una sua
ricetta? Quella che le riesce meglio?
Ehm, domanda di riserva?
Quale complimento le piace di più come cuoco?
Papà, la pasta era al
dente.
E come scrittore?
Leggendo il tuo libro mi
sono dimenticato di cenare.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla
sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua
cucina?
La cucina ha il pregio di
sedurti e saziarti, la scrittura si limita alla seduzione.
Grazie per la sua disponibilità
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