Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Raffaella
Candoli che nel maggio 2011 ha pubblicato per Historica “Un Nobel in famiglia”, inaugurando così,
per tale casa editrice, la collana Favole.
Il volume raccoglie tre racconti per
bambini tra gli 8 i 12 anni ed è illustrato dalla pittrice Alessandra Placucci.
Nobel è un cane di razza, un cocker spaniel nato in un allevamento prestigioso
e perciò è un esemplare destinato ad una vita di concorsi e di rigide regole,
ma incontrerà una famiglia che gli risparmierà tutto ciò, riservandogli un
posto speciale in seno al nucleo familiare.
L’insolito protagonista del secondo racconto è una monetina da 20
centesimi, attraverso la quale il lettore ha una visuale non convenzionale del
mondo. Il terzo scritto è l’esilarante avventura di un criceto vinto da una
ragazzina a Luna park di una sagra di paese”.
La prima domanda di rito è: le piace
mangiare bene? E cucinare?
“Mi piace mangiare bene. Quanto al cucinare mi riescono bene i piatti che
prediligo: tagliatelle al ragù, gnocchi al gorgonzola, risotto allo zafferano, passatelli
in brodo, insomma meglio i primi piatti. Ma in casa mi ritengono una
specialista delle patatine fritte, particolarmente dorate e croccanti”.
Lo fa per dovere o per piacere?
“Cucino prevalentemente per dovere, avendo un marito e una figlia
quindicenne che ogni giorno siedono a tavola a pranzo e cena, ma quando ho
tempo da dedicare alla cucina non nego che sia anche un piacere”
” Invita amici o è più spesso
invitato?
“Ho spesso ospiti le compagne di scuola di mia figlia, anche senza
preavviso. Se capitano amici o parenti propongo sempre che si fermino a mangiare
da noi, ma recentemente mi capita più di essere invitata che di invitare”
Ha mai conquistato amici o un uomo cucinando?
“Credo proprio di aver conquistato mio marito Paolo dimostrando una
discreta dimestichezza ai fornelli, ma confesso di essere stata avvantaggiata
dal fatto che lui non poteva fare il classico paragone con sua madre, ottima
sarta, ma negata per la cucina, per cui ho avuto gioco facile”.
Vivrebbe con una compagna o un compagno che non sa mettere
mani ai fornelli?
“Il momento della convivialità a tavola è importante anche per una coppia e
una famiglia, ma se quel che si mangia non è gradevole perde…sapore anche il
gusto di stare insieme. Mio marito ed io abbiamo frequentato l’Università
lontana da casa e quindi abbiamo imparato per necessità a far da mangiare, poi
è diventato un piacere per entrambi”.
Quando ha scoperto questa sua
passione?
“Fin da bambina osservavo la padronanza in cucina di mia madre e ho capito
che quel ruolo e la capacità di cucinare sarebbero stati importanti anche se
avessi deciso di non fare la casalinga, da grande”.
Ci racconta il suo primo ricordo
legato al cibo?
“Beh, il mio primo ricordo è legato ad un’innocente strategia della mia
mamma per farmi mangiare le verdure che, notoriamente, non sono troppo gradite
ai bambini. Avevo circa 5 anni e lei mi disse che se avessi consumato più
spesso le carote mi sarebbero venuti gli occhi azzurri come quelli di mio
padre, che adoravo. Ovvio che la bugìa a fin di bene prima o poi si sarebbe
rivelata tale e che i miei occhi sarebbero rimasti di un banale castano-olio
d’oliva”.
Ha un piatto che ama e uno che
detesta?
“Potrei mangiare pizza napoletana e pomodori in gratin anche tutti i
giorni, ma non parlatemi di fegato, cervella, lumache o rane”.
Un colore dominante proprio di cibi
che la disgustano?
“Quello tra il verde e il giallo”
Quando è in fase creativa ha un rito
scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare
fermo a scrivere?
“Quando sono in fase creativa ho bisogno che al gusto si associ un profumo
gradevole: quello della cioccolata in tazza ad esempio, o di un tè aromatico al
bergamotto, o un infuso all’ibiscus, al mirtillo, alle bacche di rosa canina
dal delizioso colore rosa intenso”.
Scrive mai in cucina?
“Sì, scrivo in cucina quando ho un
appunto immediato da prendere, la classica idea che potrebbe sfuggire, ma
preferisco la comodità del mio studio”.
Altrimenti dove ama scrivere? e a
che ora le viene più naturale?
“Scrivo di getto e, dunque, il computer è un ottimo alleato che consente
correzioni immediate. Uso un computer fisso, al tavolo del mio studio che ha
due porte finestra che danno sul balcone fiorito. Prediligo le ore della notte,
quando in casa c’è silenzio e il ronfare del mio cocker, Nobel appunto, mi
accompagna dandomi serenità e tranquillità”.
Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack)
o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
“Quando sono presa da ciò che sto scrivendo ma lo stomaco brontola faccio
comunque una pausa veloce e mi cucino un sandwich, o un panino caldo, qualcosa
di più di un toast, con mozzarella filante, maionese, funghi, prosciutto”.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive
ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
“Amo i gusti decisi, sia dolci che salati”.
Ha un aneddoto legato al cibo da
raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
“Da molti anni ospito in accoglienza temporanea una bambina bielorussa che
da tre anni è diventata mia figlia a tutti gli effetti. Durante questi
soggiorni a Cesena le veniva voglia di cibo di casa e così cimentavamo e lo
facciamo tuttora nella preparazione dei
draniki, le frittelle di patate. Lei invece, quando tornava a Minsk e aveva
nostalgia del cibo italiano, a casa della nonna tentava di preparare gli
gnocchi, ma un giorno mi confessò che “patate no stanno bene taccate in aqua
calda”.
Lei è uno scrittore per l’infanzia, quando
esce a cena con i suoi figli, o amici
che tipo di locale preferisce?
“Oltre a Giada ho un figliolone di 27 anni, Niko; se esco a cena con loro,
faccio scegliere a loro il locale, ma quando esco con mio marito adoro le
trattorie che hanno il buon sapore contadino, ma non disdegniamo anche il
ristorante più elegante e ben arredato dove c’è silenzio per conversare e
spazio tra i tavoli, dove il servizio è accurato e ti senti accudito ”.
Oppure per festeggiare una pubblicazione? Cosa tende a ordinare in un locale?
“Ultimamente, insieme ad un attore professionista ho proposto delle letture
animate dei miei racconti cui ho abbinato una merenda con torte realizzate
dalla cakes design “Alice e lo Stregatto”, che ha realizzato i miei personaggi
in miniatura, in pasta di zucchero. Veri capolavori che fa male al cuore dover
trafiggere con la lama del coltello, ma riscuotono grande successo tra i
bambini e i loro genitori. Il senso della festa per me è rappresentato proprio
da qualcosa di dolce, torta, semifreddo o il sempre gradito tiramisù”.
Nelle sue presentazioni offre un
buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due
olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
“Mi pare che offrire un buffet sia elegante e gradevole, ma mi oriento per
qualcosa di sobrio e veloce, anche se preferisco ci sia sempre sia dolce che
salato. E’ quella l’occasione anche per scambiare qualche chiacchiera con gli
intervenuti”.
In “Un
Nobel in famiglia” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
“Beh, in un passo del racconto di ‘Un Nobel in famiglia’ narro del
desiderio di normalità di una coppia di cocker dell’allevamento delle Grandi
Querce, della voglia di cibarsi di un bell’osso, un piatto di tagliatelle, un
avanzo della cena, inviandoli ad un cane pulcioso, figlio di tante razze, di
proprietà di un contadino. Non ho mai riservato però un racconto al cibo, anche
se ricorre nei miei scritti”.
“Un Nobel in famiglia”a che ricetta lo legherebbe, e perché?
“Forse lo legherei ad una buona e genuina pasta e fagioli, simbolo di
calore e semplicità domestica, da mettere in contrapposizione ad una cena
vegetariana, triste e restrittiva come una dieta dimagrante”.
Per concludere ci potrebbe regalare
una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
“Dato che ho citato in precedenza i draniki di patate procedo con la
ricetta facile, facile.
DRANIKI di patate
Grattugiare a mano alcune patate crude eliminando
l’acqua che si deposita. Ogni 5 patate due cucchiai di farina, due uova , sale
q.b. e burro fuso fino a comporre un
composto per frittelle da cuocere in abbondante olio d’oliva. Depositare su
carta scottex per eliminare l’unto in eccesso. Servire calde accompagnate da
smetana. Cos’è? Il segreto di tutto: panna acida tipico condimento russo che si
può riprodurre con yogurt bianco, panna liquida e gocce di limone”.
Quale complimento le piace di più
come cuoco?
“Semplice, ma gustoso”.
E come scrittore?
“Idem, come sopra”.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore
possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
“Un racconto è come la preparazione di un pranzo: deve avere un buon
preludio (antipasto) che dispone al primo piatto senza saziare, lasciando
spazio al secondo che non può non essere accompagnato da un gradevole contorno.
Il tutto si deve concludere con una dolce sorpresa finale che lascia un buon
ricordo”.
Grazie per la sua disponibilità
“Grazie a lei”.
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