Avverto che questo racconto, selezionato per concorso caffè letterario Moak, ha un rating V.M.17 anni.
Buona lettura e buone risatine.
CAFFE' BOLLENTE
di F. Gnomo Twins
racconto selezionato per concorso caffè letterario Moak
«Tomiiii…Tomiiii…»
La voce di
Daniela mi si insinuò nell’orecchio distogliendomi da un meraviglioso sogno.
Ero ancora
talmente addormentato che non mi mossi.
Allora, oltre al
richiamo, Daniela aggiunse anche un braccio, poi una mano e delle dita calde e brancolanti che cercavano di
smuovermi strattonandomi.
«Tomiiii,
svegliati!»
A quel punto le
bloccai il braccio e le chiesi: «Si
può sapere cosa vuoi?»
«Oh Tomi! Dormivi?»
«Sì,
non dirmi che non ti eri accorta!»
«Noooo…scusaaa…cioè…
mmmh… sì.»
Dicendo questo
si voltò verso di me e mi diede un bacio.
«Bacio
del buongiorno, amore.»
Io ricambiai, ancora
mezzo addormentato. Non protestai ulteriormente perché in effetti era un bel
risveglio.
«Ma
si può sapere cosa vuoi?» domandai.
Di solito
dormiva più di me ed ero sempre io a
tirarla fuori dal letto.
«Non
ho più sonno e ho voglia di un caffè. Tomiiii, caffè, altrimenti non mi alzo.»
«Non
puoi fartelo da sola? Io ho ancora sonno ed è anche freddo fuori del letto.»
«Nooo,
non sono capace.»
«Ma
devi solo mettere una capsula e spingere un tasto!»
«Tomiii, no, dai…ieri mi sono rotta un’unghia
con quella trappola.»
Insisteva, si
strusciava con quel suo corpo caldo e flessuoso. Perfettamente eccitante.
Come potevo
rifiutare?
E quando mai le
avevo rifiutato qualcosa?
Mi alzai a
malincuore e andai in cucina.
Accesi la
macchina.
Aspettai che si scaldasse l’acqua e andasse in
pressione.
Ero scalzo e percorso da brividi di freddo.
Preparai due
caffè, visto che c’ero, uno me lo sarei preso anch’ io.
Li portai a
letto.
Un vassoio, due
tazze e due biscotti. Una dalia rubata da un vaso sul terrazzo.
«Va
bene, mia regina?» chiesi.
Non rispose: si
era riaddormentata.
«E
no!» dissi ad alta voce, poggiando il vassoio sul suo comodino e sbattendolo
forte per fare rumore e svegliarla.
«No,
no, no!»
Mi infilai nel
letto. Ero ghiacciato.
Mi accostai a
lei. L’abbracciai per scaldarmi e le urlai in un orecchio:
«Adesso te lo bevi!»
Sobbalzò.
Pensavo mi mollasse una delle sue famose ginocchiate sui miei gioielli.
Invece si mise a ridere
Mi rovesciò e si
distese sopra di me. I nostri corpi ora erano a contatto. Sentivo il suo peso
inconsistente e noto come l’aroma che volteggiava nell’aria.
«Come
sei gelato Tomiiii» esclamò. « Vuoi che
ti scaldi un pochino?»
Non attese
risposta e iniziò a sbottonarmi il pigiama. Avvertii il calore della sua pelle
velata dal babydoll farsi strada.
Non riuscivo a
parlare, mi aveva sorpreso. Come sempre.
Cominciò
a strusciarsi contro il mio petto, e a muovere ritmicamente il suo bacino dopo
essersi incastrata tra le mie gambe muscolose. Io dal freddo passai al caldo,
poi all’eccitato.
Le sue mani mi bloccavano
le spalle. Le unghiette smaltate di nero si conficcavano leggermente nella
pelle e grattavano.
«Ora
hai caldo, amore?» mi chiese premurosa.
«Sì,
molto in effetti…» risposi.
Stavo bollendo,
tale e quale alla macchina che avevo lasciato in cucina.
Il caffè intanto
spandeva il suo profumo per la stanza, e si raffreddava.
«Prendiamo il nostro caffè, Tomi?» chiese,
guardandomi maliziosa.
«Se
vuoi…» risposi con un filo di voce.
«Veramente,vorrei altro ora…e tu?»
Non riuscivo a
staccare gli occhi dai suoi.
Colse un lampo
di desiderio e continuò.
Mi spogliò
completamente. Faceva sempre quello che voleva. Otteneva tutto da me, e ora
avrebbe avuto anche me.
Le sue dita, tanto fragili e imbranate per
fare un caffè, erano terribilmente forti e determinate quando si trattava di
stringere il mio sesso e tormentarmi.
Mi portò quasi
all’orgasmo.
Amavo amarla.
Amavo essere amato da lei.
Amavo assecondare i suoi capricci.
Era divina e perfida. Una donna eccitante.
Una giusta
miscela di dolcezza e determinazione racchiusa in un babydoll. Pensai che
assomigliava a una cialda del caffè. Graziosa, leggera. Indispensabile ai miei
giorni.
Mi baciò.
Lingua su
lingua.
Come goccia
sulle labbra, scura. Granelli di zucchero rotolarono nel mio cervello.
Allargò le sue gambe e con colpi violenti prese il
suo piacere.
Vidi i begli
occhi chiudersi e riaprirsi; le sue labbra aprirsi e chiudersi.
Sentii le sue
dita forti prima accarezzare, poi graffiare i miei fianchi e infine accompagnarmi all’orgasmo.
Sfinita, si
accasciò su di me.
Il respiro
accelerato dallo sforzo.
«Amore…»
mi ripeteva.
«Amore…»
le ripetevo.
Si staccò e, dopo
avermi baciato e ribaciato il viso, mi porse il caffè gelato.
«Ma
Daniela, ormai fa schifo. È freddo» protestai.
«Allora
vai a rifarlo…Tomiiii.»
«Tu sei pazza; non mi alzo più. Vai tu
piuttosto, “miss manine delicate quando ti pare”.»
Scoppiò a ridere
.
Non si mosse.
Capii che o lo
bevevamo freddo, o dovevo rialzarmi io.
Lei mi guardò e
leggendomi nel pensiero mi disse:
«Dai Tomi, lo sai che sono io la regina della casa, mi devi ubbidire…»
«Veramente
il capo di questa famiglia sarei io…»
«Hai
ragione amore, ma come dice un proverbio greco: tu sei il capo e io sono il collo.»
Ecco mi stava fregando di nuovo.
«Veramente tu sei una furbetta viziata, ma
buon per te sei anche la regina del mio cuore.»
Mi rialzai.
Stavolta misi le pantofole, e pure un maglione direttamente sul torace nudo.
Lei mi fissò.
Sentii i begli occhi puntati sui glutei
mentre uscivo dalla stanza.
Rifeci i due
caffè.
Li riportai in
camera.
Li riappoggiai
sul comodino e mi rinfilai nel letto.
Nonostante tutto
ero nuovamente infreddolito.
«Vuoi
che ti scaldi di nuovo?» mi chiese Daniela col suo faccino impertinente,
mettendomi due labbrucce increspate
sotto il mento. L’avrei morsa a sangue. Ma dai morsi sarei passato ai baci. E
forse lei non aspettava altro. Adorava provocare. E io l’amavo per questo.
«E no, stavolta no. Prima beviamo questi due maledetti
caffè caldi» risposi sorridendo.
E finalmente
Daniela bevve il suo caffè bollente.
FINE