INQUIETUDINI di CERA
Di Gaetano Barreca
Chi mi conosce sa che le mie analisi sui romanzi sono passionali. Non mi dilungo troppo sullo stile o la forma, mi piace cogliere e riproporvi le emozioni che il libro nel suo insieme riesce a comunicarmi.
Mi sono avvicinata al libro di Gaetano Barreca con curiosità, perché ho avuto modo di conoscere l’autore per la sua esuberanza creativa che discrepava un pochino dall’aspetto e dal titolo del romanzo. Questa dicotomia non è insolita nei poeti, come poi ho avuto modo di capire leggendo.
Tornando al libro, dal titolo e la cover, lo scritto si preannuncia elaborato e volutamente serio.
Uso questo termine perché è proprio un senso di seria solitudine che mi ha colpito al principio e che mi è rimasta dentro per molte pagine, fino a una sorta di liberazione. La storia di Icaro, che parte da ragazzino, è una storia triste, ma alla fine di ostinazione, di riscatto e illuminazione. Di voglia di volare con le sue emozioni e non aver paura di cadere e rialzarsi. Di gridare, di liberarsi da una gabbia anche reale, in cui ce lo consegnerà l’autore, anche fisicamente.
Leggendo ho collegato il titolo al mito delle ali di cera di Icaro e al personaggio. Cosa che al principio non avevo afferrato e che, per come è condotto il testo, trovo suggestivo.
Illuminanti e superbe le parti poetiche del romanzo: le mie preferite in assoluto, che dimostrano una vena ottima di Barreca soprattutto nell’emozionare attraverso pochi versi.
Bellissime e da coltivare, magari inserite in romanzi anche più leggeri le descrizioni, o poesie in prosa che mutuano dal paesaggio all’animo e ci raccontano l’intimo dei personaggi.
Ora che le fragili foglie sono cadute dagli alberi
Ci sentiamo tutti un po’ più veri
Spogli da segreti da custodire
Che con taciturna gelosia
Immaginavamo impenetrabili
Che nessuno avrebbe potuto giudicare
Per farci sentire sbagliati,
colpevoli.
Ecco l’inverno che si rinnova, le foglie gialle e sopite si apprestano a gelare.
In tanta bellezza, una sola pecca. Questa tendenza di Barreca a lasciarsi trasportate dai pensieri interiori, e la costruzione del romanzo attraverso lettere e ricordi, ha reso un po’ difficoltosa la lettura. Ma d’alta parte non vuole essere un romanzo che si legge in fretta per sapere un fattarello, ha parti da ponderare bene, talvolta un po’ troppo dense, forse dettate dalla folla di emozioni da liberare, e comunque meravigliosamente poetiche.
Gaetano è un creativo fattivo, ha molta potenza interiore, in tutti campi e lo dimostra anche nel romanzo, consiglio di imbrigliarla un po’ e ordinarla per noi comuni mortali alternando fatti ed emozioni, senza caricare di altri espedienti costruttivi le sue storie. Perché veramente la parte poetica si inserisce bene e con naturalezza, e sarebbe un peccato confonderla o dimenticarla per riagganciare la storia . Termino dicendo che io amo le storie interiori, e come in questo caso sofferte, i percorsi per l’autoaffermazione, ho letto quindi con piacere e scoperto un bravo e coraggioso autore poeta.
Federica Gnomo T.
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