lunedì 2 gennaio 2017

SOTTO L'ALBERO di NATALE con Marco Proietti Mancini, autore de "La terapia del dolore" Historica Edizioni, Anno 2016


con 
MARCO PROIETTI MANCINI
e
La terapia del dolore
Historica Edizioni
2016


“Può il dolore diventare una cura per il cinismo, l'indifferenza? Marco Proietti Mancini prova a rispondere a questa domanda raccontandoci la perdita di ogni certezza in un uomo che - a causa di un evento apparentemente catastrofico - si ritrova a galleggiare in un mondo isolato e distaccato, sospeso tra i ricordi di una vita che non è stata vissuta fino in fondo, i rimpianti di tutte le occasioni perse e il ritorno di speranze che credeva perdute. Attraverso questa esperienza tornano alla luce emozioni soffocate per troppo tempo, si cancellano le difese erette per proteggersi da ogni sofferenza interiore e il protagonista del romanzo si trova a riscoprire la capacità di sentire e vivere pienamente, trasformato nel corpo e ancora più nell'anima.”


           


           Come è il tuo rapporto con il Natale?
1)      Presepe o albero, perché?
Presepe (o Presepio; finalmente la Crusca ha fatto chiarezza, sdoganando entrambi i termini come corretti) finché i miei figli sono stati piccoli e allestire il Presepe era un modo anche di giocare insieme, condividendo la realizzazione e la fantasia che servivano per farlo bello. Io continuo a preferirlo, ma ho una moglie che – ahimé – preferisce l’albero e da quando i ragazzi non mi sostengono più ho dovuto cedere e in casa facciamo solo l’albero. D’altra parte c’è un vecchio detto che afferma “In casa il padrone sono io, ma chi comanda è mia moglie.”
Comunque nelle scatole ci sono ancora tutti i pezzi, comprese delle statuine ereditate dai miei genitori, che a loro volta le avevano ereditate dai loro.
2)      Cosa ne pensi di Babbo Natale? Ci credi ancora? Quando hai smesso di crederci e perché? Raccontaci un aneddoto natalizio:
Adesso penso che sia una meravigliosa invezione marketing, Babbo Natale – come personaggio – esiste da relativamente poco tempo e ha un’iconografia che abbiamo acquisito dalla cultura anglosassone che a sua volta l’ha adottata prendendola in prestito da una figura fiabesca del nord Europa.
A Babbo Natale non credo più da tanto, ma credo ancora – con tutto me stesso – allo spirito del Natale, alla voglia e alla determinazione di farlo vivere per un anno intero e non solo per due giorni o poco più. Credo che il vero dono che il Natale possa portare con sé sia questo, senza bisogno di ricorrere a iconografie commerciali o filosofie religiose. Non è un caso che sul Natale io abbia scritto un sacco di racconti, sotto forma di storie o di letterine al Bambino; quelli sono i miei aneddoti migliori, compresa la storia del temutissimo pigiamino che qualche zia mi metteva sempre davanti al posto dei giocattoli, e io non riuscivo a mascherare tutta la mia delusione di bambino.
3)      Ami fare i regali? O ricevere regali? Che tipo di regali? Preferisci la sorpresa o suggerisci a qualcuno i tuoi desideri?
Sì, mi piace fare i regali e non solo a Natale, mentre riceverne mi imbarazza tantissimo, mi pare sempre di ricevere un premio che non ho meritato. In assoluto mi piacciono le sorprese, da fare e da ricevere, la mancanza di premeditazione e di organizzazione. Il vero regalo è più nello stupore, nell’inatteso, che nell’oggetto ricevuto in sé.
4)      Ami ricevere libri o preferisci comprarteli? Hai mai ricevuto un libro che non sei riuscito a leggere? E perché? O uno che invece è stata una vera bella sorpresa inaspettata?
No, non particolarmente amo ricevere libri in regalo, perché un libro – quando prende, quando assorbe e piace – diventa un’estensione di sé stessi. Quindi donare libri è una grande responsabilità, un libro “sbagliato” se possibile è una delusione ancora più grande del pigiamino di cui sopra. Di libri “sbagliati” ne ho ricevuti tanti, di libri “giusti” pochissimi. Meglio non farsi nemici dichiarando quali, in un senso o nell’altro.
5)      Come si intitola il romanzo che hai scritto e vorresti consigliare come regalo di Natale?
Il mio ultimo romanzo è “La terapia del dolore”; consigliarlo come regalo è una responsabilità grande ancora più che regalarlo, proprio per quel che ho appena risposto sopra.

6)      Cosa ha di particolare il tuo romanzo per finire sotto l’albero di Natale? A chi è adatto?
Il mio romanzo parla di una rinascita, del ritorno da una sofferenza immensa e improvvisa, che obbliga il protagonista al dolore di una nuova nascita. Forse tema più natalizio di questo non c’è. Preferisco dire a chi non è adatto, perché come tante delle storie che provo a raccontare è un romanzo che coinvolge l’anima del protagonista e ne racconta le sofferenze e le speranze più profonde e intime, se qualcuno è passato per un dolore forte, atroce, che gli ha sconvolto l’esistenza, meglio leggerlo poche pagine alla volta, per evitare di rivivere le proprie sofferenze.
7)      Ti è piaciuto scriverlo? Da dove nasce la storia?
Mi è piaciuto molto, ma solo per rinnovare la comunione tra me e le mie parole, per inventare una vita vera e complessa. Mi è piaciuto molto scriverlo semplicemente perché se non fosse stato così, non l’avrei scritto. Non ho obblighi contrattuali che mi vincolano a una produzione obbligata, scrivo quello che voglio, quando voglio, semplicemente proprio perché mi piace scrivere. Anche questa storia, come nel precedente “Oltre gli occhi” è nata dal desiderio di esorcizzare una paura, mettere su carta quel che vorrei non mi succedesse mai.
8)      Ci doni un piccolo l’incipit che ci lasci la voglia di leggere?
“Giada mangia un panino a piccoli bocconi, stacca con la punta delle dita dei minuscoli pezzi di pane e prosciutto e li porta alla bocca, masticandoli lentamente, come se gustasse da ogni particella che mette in bocca tutta l’essenza che può venirle, come se volesse trattenere dentro di sé ogni atomo di energia, di nutrimento che può prendersi dal cibo.”
9)      Una volta scartato, aperto e ammirato con soddisfazione il tuo libro, con cosa lo accompagneresti? Cioccolata calda o the? Caffè o camomilla? Biscotti o torta? Panettone o Pandoro?
Cantuccini e Vin Santo, si può?




Volete sapere di più sull'affascinante autore Marco Proietti Mancini?

BREVE BIO
Marco Proietti Mancini è nato a Roma nel 1961.
Nel 2009 ha pubblicato il suo primo romanzo – “Da parte di Padre” – successivamente pubblicato in una nuova edizione eBook a ottobre 2013 da “Edizioni della Sera”. Rieditato nuovamente in cartaceo a settembre 2015.
A settembre 2012 è uscita la raccolta di racconti “Roma per sempre” (Edizioni della sera) e a ottobre 2012 il libro fotografico “Roma, Caput mundi?”  un volume a tiratura limitata e distribuzione privata pubblicato per beneficienza, di cui ha curato i testi. A gennaio 2013  seconda edizione di “Roma per sempre” con l’aggiunta di altri racconti.
Nel marzo 2013 con il racconto “Ciao mamma” ha partecipato all’antologia “NESSUNA PIU’ ” (Elliot Edizioni) curata da Marilù Oliva; quaranta autori italiani hanno scritto storie di femminicidio  – i proventi delle vendite del libro sono stati destinati al Telefono Rosa. Nello stesso mese di marzo 2013 è uscito il suo secondo romanzo – “Gli anni belli” (Edizioni della Sera).
A settembre 2014 è uscito il suo terzo romanzo “Oltre gli occhi” – con l’editore “Giubilei Regnani”, a dicembre 2014 la raccolta di tre racconti lunghi “Storiacce Romane” (Historica Edizioni) che contiene il suo “Mi chiamo Antilope”.
A settembre 2015 è uscito il romanzo “Il coraggio delle madri” (Edizioni della Sera) che prosegue il ciclo iniziato con “Da parte di Padre” e “Gli anni belli”.
Ha curato la raccolta di racconti illustrati “Romani per sempre” (AAVV) per il Marchio Editoriale Roma per Sempre, pubblicata a dicembre 2015.
Da maggio 2013 fa parte della giuria  del concorso letterario “Città di Subiaco” in occasione della manifestazione “Fieramente il libro”; esperienza replicata nel 2014, 2015 e 2016 come componente della Giuria Tecnica di selezione delle opere.
Alcuni suoi racconti sono presenti in varie antologie e raccolte. Suoi articoli e recensioni sono presenti sui portali Cultora.it e Liberarti.it







Io ancora non ho letto il libro ma conosco la scrittura di questo autore molto acuto, e nello stesso tempo ricercato. Marco è capace di farci riflettere su quello che abbiamo davanti tutti i giorni con semplicità e preziosità, senza mai annoiare e questo non è facile.


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