mercoledì 18 novembre 2015

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Francesco Mastinu, autore di Falene, Amarganta 2015


Interviste culinarie di Federica Gnomo Twins
Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Francesco Mastinu per averci aperto la porta della sua cucina.
Ci suggerisce un sugo alla carlofortina  per condire le trofie, ma visto le Falene potremmo fare le Farfalle alla carlofortina. Buona lettura e buon appetito!


Il 3 di settembre ha pubblicato per Amarganta Falene, il primo libro della saga “Emozioni del nostro tempo”. Eccovi la quarta di copertina;
 Manlio pensa di aver avuto tutto: una laurea a venticinque anni e un compagno, Enrico, da cui non riesce più a distinguersi. C’è anche Mirna, la sua amica di sempre, un legame che si confonde tra le pieghe del passato. L’incontro con un Francesco, un pittore magnetico e attraente, rimescola le carte della sua esistenza, avviando per Manlio un difficile percorso alla ricerca di sé e dei desideri che pensava di aver perduto.
Sullo sfondo di una Cagliari affascinante, Manlio affronterà lo scontro tra le speranze e la dura realtà, fronteggiando con coraggio una serie di scelte destinate a cambiare la sua vita.
Inizia così Falene, una storia intensa della serie Emozioni del nostro tempo.
Consigli per l’acquisto:
Il cartaceo è acquistabile sul sito Amarganta http://www.amarganta.eu/narrativa/falene/
L'ebook lo trovate su Amazon http://www.amazon.it/gp/product/B014VQ4XLK

      
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La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Devo essere franco, mangiare è e rimane per me uno dei piaceri della vita, appena sotto il sesso e poco sopra il dormire. Sono troppo esplicito? Eppure è la pura verità. Ovviamente, in merito al cibo, sono molto esigente: rincorro il mio gusto specifico e faccio caso anche agli accostamenti, mi piacciono tanto gli esperimenti e diffido da una cucina che non conosco a fondo. Sono uno di quelli che magari potreste trovare a sperimentare piatti nuovi in giro per ristoranti, ma sui miei cult di norma preferisco quello che faccio da me. Perché in effetti, se non sono troppo stanco, a me piace tantissimo anche cucinare, sperimentare nuovi accostamenti e rielaborare magari le ricette. Di norma quando cucino non lo faccio solo per me, ma amo parecchio sottoporre i miei esperimenti ad amici e parenti!

Lo fa per dovere o per piacere?
Fondamentalmente per piacere. Poi sì, è ovvio, sono obbligato a cucinare per nutrirmi, come tutti. Ma se parliamo dei momenti di relax, di organizzazione delle cene o dei pranzi in compagnia, o anche solo per sperimentare ricette nuove, lo faccio con molto entusiasmo, per quanto a volte sia estenuante.

Invita spesso amici a casa o è ospite di altri?
Dipende molto dal tempo che ho a disposizione. A causa di impegni lavorativi, di norma posso dedicarmi alle amicizie e agli affetti nel fine settimana. Prima, quando magari ero meno impegnato, riuscivo anche a organizzare cene in compagnia e a ricambiare io l’invito andando a casa degli amici. Adesso, proprio perché un po’ tutti amiamo anche stare in famiglia, mi risulta più difficile.

Ha mai conquistato un uomo cucinando?
Non ne ho idea, devo dire che secondo me più che di una vera e propria conquista si tratti di mantenersi la conquista con le doti culinarie. Di solito nelle relazioni la conquista la lascio ad altri aspetti, alle cose in comune e/o l’attrazione fisica. Ora, diciamo che io ho un compagno da ormai 14 anni, forse sui fornelli me la cavo se sono riuscito a mantenerlo, no?

Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Perché no? Anche se io sono e rimango un fan delle pari opportunità e della collaborazione reciproca per mandare avanti la casa, soprattutto con l’interscambio di ruoli e compiti sulla base della necessità. Poi, un minimo glielo insegnerei giusto per la sopravvivenza quotidiana. Non pretendo di stare con uno chef, anche se, data la mia golosità, mi piacerebbe tanto! Ma la vita coniugale non è fatta di sola cucina, ma anche di tanto altro sia come doveri che come piaceri. Per cui se magari in cucina non se la cavasse, ci saranno di certo altre doti di cui avvalermi.

Quando ha scoperto questa sua passione?
Fin da piccolo, con estrema ostinazione. Proprio perché la cucina, per me, era un luogo che mi veniva proibito. E si sa, il divieto diventa subito attraente per un bambino. Ho vissuto in una famiglia dove c’era una gestione un po’ rigida dei ruoli, e la cucina non poteva essere un ambiente adatto a un maschio. E per quanto osservassi mia madre cucinare, realizzare ricette e sperimentare, mi veniva impedito dedicarmi alla cucina e soddisfare la mia curiosità. Però solo con l’osservazione ho imparato tantissimo sugli ingredienti e sui sapori e gli odori. Una volta cresciuto comunque le esigenze di vita mi hanno portato a confrontarmi con la cucina, sia da campo (ho diversi fatto anni di scoutismo)che proprio in casa, quando mi sono dovuto spostare per lavoro e quindi ho raggiunto l’autonomia. E da allora ho iniziato a invitare persone e a organizzare cene per stare insieme, con sempre maggiore frequenza. Avevo circa ventitré anni e vivevo solo lontano da casa, e un po’ vivere situazioni conviviali con gli amici mi riportava l’atmosfera di famiglia, di protezione. E poi in quella fase scoprii la passione per la sperimentazione culinaria!

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Non ho dei veri e propri ricordi del cibo dell’infanzia, se non delle cose che non mi piacevano e che magari a casa mi obbligavano a mangiare. Ho sempre odiato le verdure cotte e bollite, non sono mai riuscito a mandarle giù se non sotto costrizione. Oppure di quei cibi proibiti: ricordo che ero piccolissimo quando mi innamorai dell’odore del caffè. E qualche volta, mio padre me lo lasciava assaggiare di nascosto da mia madre. Ho atteso con molta emozione l’età giusta per poterlo bere e da allora non ne faccio mai a meno.

Ha un piatto che ama e uno che detesta?
I piatti che amo sono tantissimi. Se proprio devo scegliere dal mucchio, direi la pasta alla carbonara. Un bel mattone pesante ma ricco di bei sapori. Detesto in primo luogo le melanzane con qualsiasi ricetta, colore e misura, così come il cavolo cappuccio, col quale ho dei ricordi pessimi. Mi obbligavano a mangiarlo, fino a che un giorno non reagii talmente male da far capire in modo inequivocabile ai miei che proprio non lo gradivo.
Vi risparmio come :p

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Il verde scuro, tipico delle verdure bollite come verza, bietole e spinaci. Roba che di solito evito di mangiare perché non mi piacciono. E dire che convivo con un vegetariano convinto! Ma l’amore ci aiuta a superare anche le divergenze culinarie.

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale che la fa stare concentrato a scrivere?
Il momento della scrittura per me è sacro. Di solito non ho rituali particolari relativi alla cucina, perché quando scrivo mi concentro esclusivamente sulla storia, quindi al massimo anche i momenti del pasto sono distratto dal pensare a cosa devo far realizzare ai miei personaggi in un dato passaggio. Al massimo ho dei rituali per la fine della scrittura, dopo che ho concluso la prima stesura di un testo o quando firmo un contratto editoriale o ancora quando esce in vendita. Di norma brindo, una cena leggera con il mio compagno, relax e un brindisi. Che sia un cocktail o la mia tanto amata birra, l’importante che sia un brindisi, possibilmente da immortalare per averne un ricordo. Una cosa per me imprescindibile.

Scrive mai in cucina? Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Devo essere sincero, la mia concentrazione ha bisogno di comodità e raccoglimento, per cui cerco comunque degli ambienti tranquilli dove isolarmi. Spesso per favorire questo mio isolamento mi metto persino la musica nelle orecchie.
Quindi sì, sulla base della situazione e della contingenza mi capita anche di scrivere in cucina, ma di norma prediligo il letto o una scrivania dello studio. Spesso arrivo alla scrittura in cucina quando magari ho bisogno di proseguire la storia e il tempo del pasto si avvicina, per cui mi metto sul tavolo mentre magari inizio a imbastire il pasto.

 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Dipende dallo stato di necessità: di norma se ho il tempo per cucinare, preferisco di no, ma a volte capita di mangiare qualche snack leggero se rimango bloccato in ufficio o se si va al mare e c’è bisogno di pranzare con qualcosa di leggero, altrimenti, nella quotidianità, non mangio mai cibo pronto.

Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Non saprei: la fame è fame e dipende dal momento della giornata. Di sicuro il dolce mi risveglia meglio l’istinto e mi fornisce anche più energia… Ok, è solo un modo elegante per chiamare in altro modo la golosità!
Sono estremamente goloso e adoro i dolci, soprattutto le creme.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Gli aneddoti migliori sono sempre quelli che accadono all’estero, quando magari ci concediamo in relax, dopo una giornata trascorsa a camminare tra musei e monumenti. Ecco, spesso mi capita di andare in ristoranti esotici dove di norma ordino qualcosa stra-convinto di conoscere gli ingredienti senza fare troppo caso sia alle mie scarse conoscenze di inglese culinario che a tutte le componenti di un piatto. Ricordo che in un ristorante indiano a Vilnius, avevo ordinato una serie di piatti che mi sembravano gustosi, ed ero andato a fuoco perché erano piccantissimi!
O ancora peggio a Parigi ero finito in un mega ristorante di lusso, vestito da turista, uno di quelli con i camerieri che spazzolavano il tavolo e persino i tovaglioli che indossavi con la scopetta per togliere ogni briciola. Vergogna a parte per il mio abbigliamento da battaglia, notai troppo tardi che si chiamava “La Maison du Soufflé” perché in quel luogo si mangiavano esclusivamente soufflé. Come al solito avevo ordinato senza pensare portate su portate, credo di essermi arreso al terzo soufflé. Ancora oggi se me ne propongono, scappo a gambe levate.

Lei è uno scrittore di narrativa, specialmente di stampo romantico e a tematica LGBT quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con il suo compagno?
Io ho un regime alimentare abbastanza libero, se esco con amici di norma cerchiamo un posto che possa accontentare tutte le esigenze: ci sono i vegetariani, quelli che fanno diete particolari, quelli che hanno allergie o intolleranze peculiari… a volte bisogna barcamenarsi in più necessità, cosa che a casa risulta essere comunque più semplice. Ma la pizzeria di solito mette d’accordo tutti. Se esco con il mio partner di solito deve essere a regime vegetariano o con menù anche per vegetariani.

Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Per festeggiare una pubblicazione prediligo l’ambiente casalingo, soprattutto se a festeggiare siamo solo in due. In ogni caso, quando esco, mi dedico sempre ai piatti particolari. Adoro alcune carni, e molti tipi di pasta. Però per le secondo di solito sul condimento ho sempre da ridire… o la pretesa di saperla fare meglio.

Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Mai organizzato buffet, per me non è una cosa da farsi per un evento letterario come la presentazione di un libro. Mi è capitato magari di portare dello spumante o che me lo portassero, per un brindisi, soprattutto se si tratta del primo evento, ma non vado mai oltre il drink. Il binomio letteratura/cibo non è tra le mie esperienze. Poi dipende comunque dal tipo di evento. Se si trattasse di una mostra o di un vernissage con evento letterario, la questione cambia. Ma di norma le presentazioni si tengono in biblioteche o in librerie, luoghi non sempre adatti a un buffet.

Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  “Falene” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Il cibo è mai co-protagonista?
Il cibo può essere benissimo un co-protagonista se la storia lo consente. In Falene nello specifico c’è un personaggio che ama cucinare, si tratta di Donna Laura, una signora di origini nobili e abbiente che organizza addirittura delle feste nella sua enorme casa per la comunità LGBT della Cagliari di cui parlo nella trama. In alcuni passaggi si desume proprio la sua passione per la cucina e per le sue sperimentazioni culinarie, dove ama ricevere complimenti dai suoi avventori. Di solito riserva quel tipo di cena alle amicizie più strette. Poi sì, i miei protagonisti vanno a cena fuori: Enrico e Manlio in occasione del loro quinto anniversario e ancora loro due insieme a Mirna in pizzeria. In entrambe le occasioni parlo del cibo inteso come odore che impregna l’atmosfera e le loro emozioni.

“Falene” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Falene è una storia legata alla sua città, che è Cagliari, esattamente come per me. Non saprei, mi viene in mente il profumo della cucina tipica sarda del quartiere della marina: carne, formaggi, pesce e i culurgiones. Tutti profumi che si mischiano e si confondono con l’aria del mare. In fondo, da qualsiasi prospettiva da cui la osservi, Cagliari richiama il mare su ogni versante.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio?
Io sono specializzato nelle salse e nei sughi, ho una mia versione della pasta alla carlofortina, nota in diverse varianti.
La salsa è semplice:
Ingredienti: Olio, aglio, cipolla, prezzemolo (in piccole dosi), uno o due filetti di alici, tonno (uno o due tranci sulla base di quanta salsa serve), pomodori, pesto e panna. Origano/maggiorana alla bisogna.
In un tegame mettiamo l’olio, facciamo sciogliere i filetti di alici una volta che è bollente e poi aggiungiamo il trito di aglio, cipolla e prezzemolo. Una volta che il condimento si imbiondisce, buttiamo nella pentola il tonno, dopo averlo spezzettato con la forchetta.
Nel frattempo tagliamo i pomodori freschi a dado, e dopo qualche minuti li aggiungiamo al composto sul tegame.
A quel punto lasciamo cuocere per qualche minuto, e quando il pomodoro comincia a sfaldarsi e liquefarsi, aggiungiamo al composto pesto e panna, in egual misura. Mischiamo bene, lasciamo cuocere per qualche minuto, e aggiungiamo altro pesto e panna, in modo che la salsa si amalgami.
Verso fine cottura se ci piace aggiungiamo un soffio di origano o maggiorana. Possiamo spegnere quando il sugo ha l’aspetto di una vera e propria salsa solida. Con questo sugo condiamo preferibilmente le trofie o le orecchiette, meglio se di pasta fresca.
Provare per credere!

Quale complimento le piace di più come cuoco?
Mi accontento dell’esclamazione “Buono!”
Sono un cuoco casereccio di poche pretese e tanto entusiasmo!

E come scrittore?
Qui la questione si complica. Quando scrivo voglio raggiungere due risultati: riuscire a raccontare in modo adeguato una storia recapitando il suo messaggio essenziale e suscitare un’emozione forte in chi mi legge. Di sicuro preferisco sentirmi dire che sono stato in grado di suscitare delle reazioni forti a fine lettura, compatibili  e pertinenti ovviamente col tipo di storia che ho scritto.

Che frase tratta da Falene o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Certamente, eccola! È tratta dalla parte centrale della storia di Falene:
“Sorridevo, con un nuova forza dentro di me. Sbattei le ali, era il mio volo. Nessun inganno. Mai più.
Uscii di casa. Non mi rendevo conto di quello che avrei potuto fare.
Ma, come una falena, dovevo afferrare l’amore.”

Grazie per la sua disponibilità
Grazie a voi, di cuore, per avermi accompagnato sino a qui!

Vuoi sapere di più sull'autore?
Biografia in breve:
Francesco Mastinu è nato nel 1980 sotto il segno dell’Acquario e vive a Cagliari, vicino al mare. Convive con il suo compagno e spera ancora di poterlo sposare anche se si trovano entrambi in Italia, ha sempre i 4 gatti a sovraintendere ogni sua attività quotidiana.
Dopo aver pubblicato numerosi racconti in antologie collettive di alcuni editori italiani, ed essersi dilettato con il genere erotico sotto pseudonimo, ha ufficialmente esordito con il romanzo  “Eclissi” (Lettere Animate, 2012) seguito poi da “Polvere” (Runa Editrice, 2014) e la raccolta di racconti brevi “Concatenazioni” (Edizioni 6Pollici, 2014).
“Falene” è il suo terzo romanzo, il primo della serie “Emozioni del nostro tempo” edito per Amarganta, uscito a settembre 2015.
Collabora con l’editore Amarganta per la collana Amarganta LGBT e per la gestione del portale “Vite Arcobaleno” (www.vitearcobaleno.wordpress.com)
Il suo blog: www.jfmastinu.wordpress.com


giovedì 5 novembre 2015

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Guido Spano, I gatti di Farfa, Edizioni Amarganta 2015

Interviste libroculinarie di Federica Gnomo Twins
Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Guido Spano, I gatti di Farfa, Edizioni Amarganta 2015, per averci aperto la porta della sua cucina.



       “I gatti di Farfa” è in prevalenza un romanzo humor, con una serie di ingredienti più seri e profondi, mescolati assieme in modo da trasmettere dei messaggi etici, senza che la lettura ne sia appesantita. Carlo, professore di filosofia, convince il suo amico e collega Davide, scrittore affermato, a partecipare alla fiera dell’editoria indipendente che si svolge nel mese di settembre a Farfa. In realtà l’obiettivo di Carlo è di andare a trovare Margherita, sua ex fiamma e compagna di liceo, ora suora brigidina nel convento di Farfa. Dalle ultime telefonate si è accorto che qualcosa non va e vuole verificare di persona. Inizia quindi il viaggio dei due amici, che cammin facendo incontreranno una serie di personaggi bizzarri, con cui vivranno delle avventure il più delle volte intrise di umorismo. Nella storia troviamo anche un pizzico di giallo, qualcosa che sconvolgerà la quiete del piccolo convento delle suore di Farfa. Tra i protagonisti del libro di sicuro ci sono anche i gatti del borgo, presenti dappertutto a dominare le scene.
Il libro è acquistabile online, in formato cartaceo sul sito dell’editore:
In formato digitale:
Abbiamo creato anche un blog dove raccogliamo le storie e le fotografie dei gatti degli amici. C’è anche un’apposita sezione per i gatti volati sul Ponte dell’Arcobaleno.


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La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Lo fa per dovere o per piacere?
Mi piace mangiare bene, questo è certo, ma non vuol dire che mi piacciano i cibi elaborati, piuttosto tengo molto alla loro genuinità e se posso scelgo un’alimentazione biologica. Non mangio né carne né pesce, sono rigorosamente vegetariano e mangio molte verdure, legumi, cereali, frutta fresca e secca. Adoro anche i formaggi, ne mangerei in quantità esorbitante se non fosse che poi ti fanno salire a mille il colesterolo e i trigliceridi!
Trovo che cucinare sia una vera e propria arte, mi piace farlo quando ho tempo libero. Mi rilassa molto, quasi come scrivere, mi porta in un’altra dimensione, lontano dalla routine quotidiana. Mi diverte molto preparare le torte, rimango a guardarle lievitare dentro il forno, come se fosse qualcosa di magico. Non mi piace invece cucinare in fretta, solo per necessità. Per questo motivo compro anche piatti semipronti, sempre biologici e vegetariani, che metto a riscaldare poco prima dei pasti o quando mi trattengo a mangiare in ufficio.
Ho abolito dalla mia tavola piatti e bicchieri usa e getta per ridurre l’inquinamento, è molto più ecologico usare la lavastoviglie. E poi trovo che la tavola ben apparecchiata contribuisca al mangiar bene, perché le cose belle ci fanno star bene e ci aiutano a rilassarci mentre pasteggiamo e digeriamo.

Invita spesso amici a casa o è ospite di altri?
Purtroppo i ritmi di vita hanno ridotto molto i momenti conviviali e gli inviti sono sempre più rari e limitati di solito alle feste comandate. In quei casi, però, mi piace apparecchiare la tavola con i servizi più belli, argenteria compresa e servire le pietanze in maniera artistica.

Ha mai conquistato qualcuno cucinando?
Uhm… non ricordo niente del genere. Anzi, devo dire che ho rischiato di far scappare qualcuno che non ha mai apprezzato la mia dieta vegetariana… ;)

Vivrebbe con  un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Ma sì, purché sappia almeno mettere i piatti in lavastoviglie e riordinare la cucina.

Quando ha scoperto questa sua passione?
Sin da piccolo sono stato abituato a cucinare per la mia famiglia, quando i miei genitori erano entrambi a lavoro e io avevo la scuola di pomeriggio. Una delle mie specialità a quei tempi era il risotto alla milanese. Ora lo cucino con le zucchine, con il radicchio e ultimamente, dopo averlo assaggiato in un ristorante indiano a Vilnius, anche con il sesamo.

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Ricordo mia nonna ai fornelli. Ci preparava le frittelle con i fiori di zucca e dei minestroni che erano la fine del mondo. Ora che mi ci fai riflettere forse è questo il motivo per cui mi piacciono tanto le verdure. Lei lo faceva con passione ed era felice quando i nipoti apprezzavano i piatti che preparava per noi. Ah, le nonne!

Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Amo le zuppe di verdure, di tutti i tipi. Detesto certi tipi di pasta al sugo, in particolare le pipette e le reginette, solo al pensiero sto male.

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Rosso, come il sangue degli animali.

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale che la fa stare concentrato a scrivere?
Sono caffè dipendente, ma quando scrivo mi piace avere una tazza di tisana fumante condita con un paio di cucchiai di miele biologico, al corbezzolo o al cardo.

Scrive mai in cucina? Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Non ho una cucina separata dagli altri ambienti, ma un angolo cottura nel salone. Talvolta scrivo sul tavolo, ma più spesso scrivo al letto, è più comodo per la schiena. In genere lo faccio di pomeriggio sino all’ora di cena e talvolta anche dopo cena, se il giorno successivo non mi devo alzare presto per recarmi in ufficio, ahimè.

Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
La pizza sì, mi piace molto. Me la faccio portare a domicilio. Oppure preparo qualcosa che debba cuocere lentamente, a fuoco basso, come i broccoletti per condire la pasta oppure il cavolfiore soffocato con le olive, le lenticchie in umido e via dicendo e nel frattempo scrivo.

Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Dipende dai periodi e dalla stagione. In inverno divoro chili di cioccolato fondente, magari aromatizzato allo zenzero o all’arancia e tanta frutta secca. Insomma, qualcosa che stimoli l’attività cerebrale e non mi distragga troppo dalla scrittura.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Il mese scorso andammo in vacanza a Copenhagen, città carissima soprattutto per il cibo. Una sera, usciti dall’Hotel, ci dirigemmo alla ricerca di un ristorante che non ci facesse il colletto (il giorno prima a Nyhavn avevamo speso l’equivalente di ottanta euro per un piatto di tagliatelle al pesto, l’unico piatto vegetariano per me, un piatto di carne per il mio compagno di viaggio, due birre e due dessert). La difficoltà con la lingua e il conseguente timore che mi propinassero della carne o del pesce, quella sera ci portò a fare diversi chilometri a piedi, finché tutti i ristoranti non avevano chiuso le cucine e ci negarono persino uno snack,  nonostante le nostre suppliche e il viso tirato dalla fame e dalla disperazione. Ci risolvemmo a entrare in quei mini-market aperti sino a notte, dove acquistammo dei sandwich tristissimi che divorammo seduti in una squallida panchina di una piazza semibuia. Beh, sarà stata la fame, ma quei sandwich ci sembrarono davvero squisiti!

Lei è uno scrittore di romanzi humor quando esce a cena con i suoi amici  che tipo di locale preferisce?
Io naturalmente opterei per i ristoranti vegetariani, ma sono sempre in minoranza, quindi si cerca un locale dove si mangi un po’ di tutto, oppure una pizzeria, quella accontenta sempre tutti.
E quando esce con il partner?
Idem.
Oppure per festeggiare una pubblicazione?
Per festeggiare una pubblicazione si va a mangiare da qualche parte e poi magari si prende un cocktail in un pub.
 Cosa tende a ordinare in un locale?
Un piatto composto con verdure grigliate, formaggi, patate al forno, oppure un primo, un contorno e un dolce, possibilmente di ricotta, o una torta con il cioccolato e le pere, una squisitezza!
Nelle sue presentazioni offre un buffet?
Non l’ho mai fatto.
Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Per gli ascoltatori probabilmente si, ma forse mi verrebbe il dubbio che alcuni partecipanti verrebbero più per quello che per il libro, ne conosco alcuni, sai…

Tenderebbe a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Prima la presentazione, poi con gli amici si va a mangiar fuori o a bere qualcosa.
Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  “I gatti di Farfa” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Sì, c’è anche una cuoca bravissima, Suor Costanza, che prepara delle zuppe squisite il cui aroma si diffonde nel refettorio e dei biscotti deliziosi con zenzero e cannella.
Il cibo è mai co-protagonista?
Non proprio co-protagonista, ma ha un ruolo importante.
“I gatti di Farfa” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
I biscotti con zenzero e cannella di Suor Costanza, che ho ricordato poco fa. La suora li dona a Carlo e Davide prima che vadano via dal convento, raccomandando loro di non azzardarsi a mangiare quei cibi immondi che si trovano nei bar degli aeroporti. Rappresenta l’elogio per il buon cibo, genuino, fatto con pazienza e amore, contro i cibi pessimi dei fast-food.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio?
*RICETTA*
Un piatto molto semplice e genuino: i ceci alla campagnola.
Ingredienti:
300 grammi di ceci secchi, possibilmente biologici.
300 grammi di pomodorini ciliegia.
1 o 2 spicchi d’aglio.
Un pizzico di origano.
Olio extra vergine d’oliva.
Sale e pepe (a piacere)
Pecorino stagionato in scaglie
Olive verdi denocciolate.
Procedimento:
Mettere i ceci in ammollo in acqua fredda per almeno dieci ore, quindi cuocere in acqua salata dentro una pentola a pressione per circa quaranta minuti, poi scolare.
Tagliare i pomodorini a pezzetti, unire le olive, condire con l’olio, l’origano e un pizzico di pepe. Aggiungere i ceci freddi e infine le scaglie di pecorino. Amalgamare tutto e servire. Accompagnare con un buon vino rosso, non troppo forte.
Deve essere davvero buonissima
Quale complimento le piace di più come cuoco?
I tuoi piatti sono sobri e genuini, proprio come te.
E come scrittore?
Elegante.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
“A volte ciò che non si vede è molto più reale di quello che percepiamo con i nostri sensi mortali.” Dal capitolo 5  - Ritrovarsi.
Grazie per la sua disponibilità

Volete sapete di più sull’autore?

Biografia:
Nato in Sardegna nel 1964 da due insegnanti, ho iniziato a leggere sin dalle scuole elementari. Diplomato al Liceo classico, amante delle materie umanistiche, ho voluto esplorare gli argomenti scientifici e così mi sono iscritto alla Facoltà di Medicina e Chirurgia. Dopo alcuni esami superati brillantemente, ho capito che non era la mia strada e così mi sono trasferito in Giurisprudenza, dove ho sostenuto dodici esami, ma neanche questa faceva per me. Infine mi sono laureato in Scienze del servizio sociale e ho vinto un concorso pubblico che mi ha consentito di entrare a lavorare in ruolo in un Ente locale. Non si è mai sopita, però, la passione iniziale per l’Italiano, per le materie classiche, per l’arte, e una curiosità sempre viva per la scienza e l’etologia.
L’amore per gli animali e per la natura, i viaggi, la scrittura, le letture, i bei film, riempiono il mio tempo libero, che purtroppo è sempre troppo poco.
Ho una relazione da circa quattordici anni e convivo dal 2008. Fanno parte della nostra vita quattro gatti meravigliosi, che vivacizzano le nostre giornate, impedendo che la noia possa prendere il sopravvento!
Come autore ho scritto e pubblicato “I gatti di Farfa”. Ho avuto la fortuna di trovare un editore non a pagamento, molto vivace e versatile. Amarganta è come una famiglia, un po’ bizzarra, a dire il vero, sennò non ci sarei mai entrato!
 Il mio sogno nel cassetto: vivere in una villa con un grande giardino e avere una seconda casa al centro di Parigi e una terza a Londra. Mi accontento di poco, no?