sabato 19 dicembre 2015

Alberi di Natale in pastasfoglia e ripieni vari. Facili e decorativi


Volete fare una sorpresa carina ai vostri ospiti? Ho trovato in rete questo deliziosi alberi di natale in pastasfoglia. Un antipasto veloce e creativo per le feste.
Vi descrivo brevemente come fare, poi voi potete modificarli a vostro piacimento nel ripieno.
Ingredienti per tutti: 2 confezioni pasta sfoglia rettangolare già stesa in reparto frigo ( non surgelata). Ripieni vari.
Albero di girelle:  stendere la pasta sfoglia, fare un ripieno di broccoletti ripassati in padella con olio, aglio e peperoncino. Aggiustare il sale. Disporli sulla sfoglia con scaglie di provola o formaggio a piacere. Arrotolare il tutto facendo un rotolo dalla parte lunga ( avrete più girelle)  e tagliare a pezzi di circa 3 cm che disporrete su carta forno a formare un albero di Natale. Guarnite di pomodorini, ricordatevi un pezzetto di sfoglia per la base dell'albero  e infornate a 180 ° per circa mezzora.
Albero di bastoncini: Fare i bastoncini è facile, ma serve un po' di manualità.  Allargate su carta da forno la pasta di una confezione, disporci sopra speck, chiudere con la seconda come un toast. tagliare con le forbici delle strisce di 1,5 cm nel verso corto del rettangolo. Spennellarle di uovo e semi di papavero ( anche no, se non li trovate) lasciando ancora la pasta sulla carta da forno ma già tutta sezionata. quindi cominciate a prendere una striscia e  arrotolare ogni striscia su se stessa come faceste dei torchon, aiutandovi con un ferro o a mano,  procedete a montare i bastoncini come l'albero in figura mettendo sotto quelli lunghi e tagliando a misura gli altri.Ricordatevi di attaccarli ad un fusto centrale fatto di una striscia  lasciata piatta, che arriverà a fare anche  il tronco in basso. Infornate come sempre a 180° per circa 25 minuti.
Albero di tartine o pizzette: Tagliate la foglia a cerchi non tanto grandi, componete l'albero, bucherellate la pasta e infornate. Servirà poco tempo a 180°, appena imbiondita estraetela e lasciatela freddare. A quel punto, poco prima dell'aperitivo spalmate di condimenti a piacere o a base di maionese e verdure e gamberetti, l'importante è guarnire come un alberello di Natale con strisce di peperoni sottaceto.
Alberello di pizza: questa versione richiede che una volta stesa, tagliate la pasta ad albero di Natale, poi la guarnite di poca passata di pomodoro condita con olio, sale pepe  e dopo  circa 20 minuti a 180 °,  prima di estrarla del tutto,  aggiungete o gamberi lessati e sgusciati, o moscardini ripassati, o semplice formaggio e lasciate qualche minuto ancora  in forno. Guarnire con prezzemolo, sopratutto se di pesce.

mercoledì 16 dicembre 2015

A LETTO CON LO SCRITTORE: LINDA BERTASI autrice de IL SILENZIO DEL PECCATO, Delos Digital 2015

Stasera facciamo irruzione nella camera da letto di Linda Bertasi autore de Il silenzio del peccato
Editore Delos Digital anno 2015
Una bella autrice per un romanzo intrigante.

SINOSSI: Essex 1522. Jane Rivers ha solo sedici anni quando incontra Charles Brandon, il duca di Suffolk. Una tempesta fortuita li costringerà a ripararsi in un capanno tra i boschi e la passione li travolgerà. Ma Jane è una serva e Charles un duca, non c'è spazio per l'amore. I genitori della ragazza, per nascondere l'onta, la costringeranno a un matrimonio riparatore con il promettente avvocato e amico di famiglia Richard Howard. Per Jane una nuova vita si profila all'orizzonte e una tenuta opulenta in cui trascorrerla. Ma cosa nasconde questa villa e perché un gentiluomo dovrebbe scegliere di dare scandalo e sposare una contadina? Cosa si cela dietro gli incubi che da anni tormentano Jane e che riaffioreranno non appena varcata la soglia di Manor House? Nell'Inghilterra di Enrico VIII tra seduzioni e inganni, una storia di passione e omertà che affonda le sue radici nel silenzio.


1)      Per prima cosa vorrei chiederle: ama dormire molto? Se non dovesse lavorare o studiare andrebbe a  letto tardi, o presto? si sveglierebbe all’ora di pranzo o all’alba?

Io amavo dormire, ero capace di dormire anche 12 ore al giorno, ma dopo la nascita di Arianna dormo molto poco, 6-7 ore per notte non di più. Non vado mai a letto prima di mezzanotte e, se non lavorassi, andrei a letto ancora più tardi e mi sveglierei sempre intorno alle 8. Starò invecchiando?
           
2)      Che tenuta notturna preferisce? Le piace dormire nudo, anche in inverno, o comunque con poche cose addosso o ben coperto? Ci descrive il suo pigiama preferito o camicia da notte? Si è mai comprato qualcosa che esce dal suo schema e poi non ha indossato?

Amo il pigiamo caldo, avvolgente, morbido. Io dormo coperta come una nonnina, con tanto di calzettoni. Il mio pigiama preferito è rosso con un bell’orsacchiotto sul davanti e uno sulla schiena. Insomma sono l’antitesi della donna sexy a letto.

3)      Potendo avere una casa grande, vorrebbe dormire in coppia o in stanze singole? Le piace un letto singolo o matrimoniale?

Mi piace un bel letto matrimoniale e dormo e dormirei sempre in coppia, senza pensarci due volte. Detesto dormire sola.

4)      Cosa fa prima di dormire, una volta entrato nel letto? (Leggere, scrivere, guardare la tv,  stare al portatile con gli amici, mangiare cioccolatini, pregare, ecc…)

Quando la stanchezza non mi assale, amo leggere a letto, è il luogo migliore per me, il momento migliore.

5)      Comodino piccolo o gigantesco? Cosa tiene di solito sul suo comodino?

Il mio comodino non è né troppo piccolo, né troppo grande. Sopra tengo il libro che sto leggendo, un’abatjour, la foto del mio caro nonno che ci ha lasciato troppo presto e la sveglia.
             
6)       Le capita di alzarsi di notte, completamente riposato? E cosa fa? Mangia, scrive perché ha un’idea, si rilassa  leggendo e riprende a dormire, o cosa?

Se accade, leggo o accendo il computer. Sporadicamente accendo la televisione.

7)      Le capita di sognare? Cosa sogna spesso? Ha incubi ricorrenti? Sogna a colori? Ricorda i sogni?

Sogno sempre, immancabilmente. Spesso riesco a ricordare perfettamente i miei sogni, mi è capitato di avere sogni premonitori. Sogno spesso di innamorarmi di persone irraggiungibili e i sogni sono talmente colorati e vividi che fatico a staccarmene al risveglio.

8)      Ha mai sognato la trama di un romanzo che poi ha scritto?

Sì, mi è successo con il mio paranormal-fantasy di prossima pubblicazione. Sognavo luoghi e persone sconosciute, la mattina annotavo quei viaggi incredibili e ne è uscito un romanzo. Ma i sogni fanno parte anche de “Il silenzio del peccato”, hanno un ruolo chiave. La dimensione onirica è da me molto apprezzata, possiamo dire che ho un vero e proprio debole per essa.

9)      Come è nato il suo ultimo romanzo? Ricorda lo spunto?

“Il silenzio del peccato” è ambientato in epoca Tudor, periodo storico da me venerato. Sono cresciuta con i Tudor, leggendo le biografie storiche di personaggi come Enrico VIII e Anna Bolena.  È sempre stato mio desiderio utilizzarne l’ambientazione e finalmente ci sono riuscita. L’idea era di raccontare di una passione proibita tra Charles Brandon, il duca di Suffolk, e una serva ma poi il mistero si è infilato tra le pagine ed è uscita una storia molto diversa.

10)   Lo consiglierebbe ai nostri lettori da leggere prima di dormire? Secondo lei che reazione avrebbe un lettore: si addormenterebbe sereno dopo poche pagine, continuerebbe a leggere tutta la notte, smetterebbe terrorizzato o cosa le hanno detto i suoi fan?

Io consiglio sempre un buon libro prima di dormire. Non so se i lettori lo abbandonerebbero dopo poche pagine o proseguirebbero fino al mattino, ma posso riportare le parole di una lettrice che non appena ha trovato il romanzo non è andata a letto sino al mattino. Diciamo che il mistero da svelare e la passione non sono, forse, ingredienti che conciliano il sonno.

11)   Al risveglio fa sempre colazione? Cosa mangia a colazione? Dolce o salato? A casa o  al bar?

Faccio una ben misera colazione, lo ammetto. Mangio biscotti secchi, preferisco il dolce al salato e sempre e immancabilmente in casa, tranne in vacanza quando mi concedo un bel bombolone al bar.

12)   Mi regalerebbe  una frase del suo romanzo per iniziare la giornata e una su cui sognare stanotte?

Per iniziare la giornata: “  Si liberò della camicia da notte. Iniziava un nuovo giorno, una nuova vita, perché la ruota girava senza mai fermarsi e ogni attimo trascorso nell’acredine era un alito di vita evaporato nel rimpianto.”
Per sognare la notte: “Ricordami come in quel mattino d’estate, seminudo su una coltre paglierina, stringerti tra le braccia e amarti, amarti sino all’ultimo respiro.”

Grazie per avermi concesso un’intervista così intima.


Vuoi saperne di più? 

BIOGRAFIA: Linda Bertasi nasce nel 1978.
Nel 2010 esordisce con il romance “Destino di un amore, cui fanno seguito il paranormal-romance “Il rifugio – Un amore senza tempo” che le vale il secondo premio al concorso letterario “Valle Senio” 2012, nel 2013 pubblica il romanzo storico “Il profumo del sud” che le vale la qualifica di Autore Commendevole al Premio Letterario Europeo “Massa”.
Collabora con magazine, web-magazine, lit-blog e case editrici.
È una delle fondatrici del gruppo “Io leggo il romanzo storico” ed è socia ordinaria EWWA.
Sposata e con una figlia, vive nella provincia di Ferrara dove gestisce una piccola realtà commerciale.
Per contattarla: bertasilinda@gmail.com



Link di sito autore o pagine personali
MAIL: bertasilinda@gmail.com

mercoledì 2 dicembre 2015

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Angelo Berti - L'isola del Ghiaccio - Ed. I Doni delle Muse – Anno 2015

Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Angelo Berti – L'Isola del Ghiaccio – Ed. I Doni delle Muse – Anno 2015, per averci aperto la porta della sua cucina.


    L'Isola del Ghiaccio è un romanzo Storico – Mitologico, ma penso che per presentare il mio ultimo lavoro niente sia meglio della quarta di copertina:
“In un villaggio del Nord, un fabbro vive per guadagnarsi l'idromele che gli consente di dimenticare un passato che resta impresso a fuoco nella sua memoria. Tre atti d'infamia si dice debba compiere in ognuna delle tre vite a cui l'hanno destinato gli dei. Ma la sua vita è una soltanto, gravata dal peso di troppi ricordi. Ora anche la sua solitudine sta per essergli tolta, per volontà di guerrieri leggendari che vivono in un'isola di ghiaccio dove non cala mai la notte. Si avvicina un tempo di corvi e sangue, in cui pochi ancora lottano per salvare le proprie terre dall'invasione di un oscuro nemico. Inviso a Þòrr (Thor) e amato da Óðinn (Odino), Starkaðr dovrà assumersi la responsabilità di portare un nome che è già leggenda” 

La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
R. (Risposta) Adoro entrambe le cose. Nel primo caso fino a pochi mesi fa ero una vera e propria idrovora poi, causa alcuni problemi di salute per i quali sono arrivato a perdere quasi 40 chili in 100 giorni, ho imparato a mangiare in modo più sano, il che non esclude il gusto. Cucinare mi piace e non perdo occasione per mettermi alla prova con nuove ricette. Il mio forte sono i primi piatti.
Lo fa per dovere o per piacere?
R. Certamente per piacere, anche se per un certo periodo mi sono dovuto adattare a farlo “quasi” per dovere, cucinando per una trentina di persone, per aiutare alcuni amici. Mancava il cuoco e mi sono prestato per una sera a settimana per un intero inverno. In poche parole, mi piace “spignattare” in cucina!
Invita spesso amici a casa o è ospite di altri?
R. In realtà non ho spesso ospiti e altrettanto non ho una vita particolarmente “sociale”, per cui gli inviti sono assolutamente sporadici. Ma quando c'è l'occasione non mi tiro indietro e anche se sono ospite è facile vedermi dare una mano in cucina: non riesco a stare fermo.
Ha mai conquistato una donna  cucinando?
R. Mi è successo che saper cucinare mi aiutasse nel corteggiamento. Probabilmente in qualche caso è stato anche decisivo.
Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
R. Ho avuto due matrimoni e in entrambi i casi era necessario che io fossi l'unico addetto alla cucina. Probabilmente, visto l'esito degli stessi dovrei pensare che non sono un buon cuoco.
Quando ha scoperto questa sua passione?
R. Ho iniziato a vivere da solo quando avevo diciannove anni (ora ne ho cinquantadue). I primi tentativi sono stati funesti, quindi ho dovuto per forza applicarmi se volevo mangiare senza rischiare intossicazioni o peggio. Il passo dalla necessità alla passione è stato breve.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
R. È legato proprio al mio primo tentativo di cucinare. Vivevo insieme a un altro studente universitario a Ferrara. Il padre del mio compagno di casa dubitava della nostra possibilità di gestirci da soli (e non aveva torto), così pensammo di dimostrare che eravamo in grado di badare a noi stessi, anche cucinando. Posso saltare subito all'esito del pranzo, quando il padre, dopo la prima forchettata, si alzò, indossò la giacca e andò a comprare pane e affettati per tutti.
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
R. In realtà ne ho a cuore molti. Due in particolare, legati al ricordo di mia madre, che in cucina (e non solo) era bravissima. Pomodori ripieni col riso e Scaloppine al Marsala. Il primo è molto impegnativo e lo preparo raramente, solo quando io e mio fratello abbiamo voglia di ricordare i gusti della nostra infanzia. Per il secondo posso dire che quando le cucino per degli ospiti, non bastano mai. Detestare? Non lo detesto, ma non mangio coniglio e non amo particolarmente i crostacei. In cucina ci vado piano con il pesce, ma solo perché bisogna proprio saperlo cucinare e non mi ritengo all'altezza di certe preparazioni.
Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
R. Disgustare lo escluderei. Diciamo che certe tonalità di marrone proprio non mi attirano!
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale che la fa stare concentrato a scrivere?
R. Che bella domanda! Dipende dall'ora a cui scrivo e anche da cosa sto scrivendo. Non bevo caffè e nemmeno tè. In inverno troverai facilmente vicino al mio computer una tisana ai frutti rossi o anche del buon vin brulé! In estate devo trovare qualcosa di nuovo. Prima bevevo birra in quantità industriale, ma da quando mi sono messo a dieta l'ho abolita. Ti saprò dire la prossima estate!
Scrive mai in cucina?
R. No. La cucina, cucinotto, zona cottura che sia ha per me un unico scopo. Ogni spazio ha un suo fine. Dove scrivo è finalizzato solo a quello, così la cucina.
Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
R. Come ho accennato, per scrivere voglio uno spazio esclusivo. Quando potevo avevo uno studio, dove trascorrevo giorni e notti intere, attrezzato anche con divano letto. Ora che abito da solo e non ho vincoli di spazio, non ho più un soggiorno (o salotto che sia): ogni spazio è occupato da computer, libri, appunti ecc. ecc. A che ora? Certamente l'orario più creativo è il mattino. Ma non come lo intendono in molti. A volte mi alzo alle quattro e comincio a scrivere fino alle otto o alle nove. Per me quello è il momento di maggiore produttività creativa.
 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
R. Quando sto scrivendo e lo stimolo della fame avanza (come ora) è facile trovare vicino a me dell'uva o prosciutto crudo, magari tagliato a listelli. Anche verdure, ma croccanti! Carote, finocchio o sedano. Non compro niente di già pronto... solo il sugo al pesto, quando non ho il basilico.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
R. Direi entrambi. Non credo che sia legato all'atto dello scrivere, quanto alle esigenze del mio corpo. A volte sento la necessità di dolce, altre di salato.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
R. Uno certamente carino è legato a un ristorante che per un certo periodo ho frequentato con assiduità. In quel ristorante i piatti non hanno un nome e sono descritti sul menu con i loro ingredienti. Avevo l'abitudine di prendere sempre lo stesso piatto (un primo condito con panna, pancetta, pecorino e tartufo nero) e un giorno osservando la comanda del cameriere notai che per la cucina aveva scritto Spaghetti Angelo. Lo guardai, mi sorrise e disse che dato che scrivere tutta la trafila era scomodo, avevano deciso di chiamarli così per me, visto che li prendevo spesso. Quindi se andate in quel ristorante e ordinate quel piatto, sulla comanda troverete Spaghetti Angelo!
Lei è uno scrittore di romanzi storici e fantasy quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con sua moglie (o la sua compagna, marito, ecc)?
R. Adoro i locali rustici e intimi. Se vuoi farmi felice mi porti in una trattoria o locanda con massimo una decina di tavoli e cucina casereccia. I miei “figli” (semplifico con le “”: è una storia lunga) mi seguono tranquillamente dovunque li porti, sanno che non li deluderò. Con le mogli a volte ho esagerato, con locali di particolare prestigio, specialmente in occasione di qualche anniversario o compleanno. In questo momento sono felicemente single e il mio compagno di ristorante è mio fratello, che ha i miei stessi gusti in fatto di locali e quando ci capita di potere uscire insieme variamo dalla pizzeria alla taverna, ma mai qualcosa di impegnativo. Amiamo lo convivialità e l'intimità.
Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
R. La pubblicazione è sempre un evento. Ma lo festeggio in maniera strettamente privata. Pochi intimi, un buon prosecco e qualche stuzzichino preparato per l'occasione.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
R. Mi piacerebbe. Quando mi capita di essere in un locale attrezzato con bar o caffetteria non esito a fare aprire qualche bottiglia di vino e se hanno del buffet, lo sfrutto. In altre occasioni è difficile. La regola delle presentazioni è “uno, nessuno, centomila”, quindi non sapendo quanta gente potrebbe presentarsi è difficile organizzare qualcosa di adeguato senza rischiare di preparare troppo o troppo poco. In ogni caso ritengo che sia una cosa assolutamente gradevole.
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
R. Aperitivo, ma se possibile con qualcosa di più sostanzioso di olive e patatine: abito in Romagna e qua la piadina fa da padrona! Il pasto lo riservo a pochi intimi nel dopo presentazione. Anche se l'invito è sempre esteso a chiunque voglia partecipare.
Ha mai usato il cibo in qualche storia?
R. Direi che lo cito spesso, ma ha solo funzionalità legate al momento della narrazione.
Ad esempio in  “L'Isola del Ghiaccio” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
R. Certamente. Ho fatto ricerche sui pasti tipici delle popolazioni nordiche (se preferite potete chiamarli vichinghi, ma nell'epoca in cui è ambientato il romanzo ancora non erano conosciuti con quell'attributo). Skreið (stoccafisso), formaggio e verdura erano cibi abituali. Per la carne soprattutto pecora. Ho trovato anche indicazioni su qualche preparazione tipica, ma ho evitato di entrare molto nei particolari.
Il cibo è mai co-protagonista?
R. Non riesco mai a renderlo tale. Il mio stile di scrittura e il tipo di storie che racconto non lo permette. Le ambientazioni prevalentemente storiche mi costringono a ricerche appropriate, ma non riesco mai a documentare preparazioni tipiche, stonerebbero nella narrazione.
“L'isola del Ghiaccio” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
R. Il Baccalà, in tutti i modi possibili. Ne sono ghiottissimo! Alla Vicentina, alla Livornese, con le patate, mantecato, ma soprattutto semplicemente cotto al forno con aglio e rosmarino e condito con olio extravergine.
Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio?
*RICETTA* ( ingredienti e procedimento)
“CALAMARATA DI TOTANI E BOTTARGA:
Ingredienti per due persone: 180 grammi di pasta Calamarata Siciliana; tre etti di anelli di totani, meglio se piuttosto grossi; due acciughe sott'olio; olio extravergine di oliva; uno spicchio di aglio; prezzemolo; formaggio grana (sì, avete letto bene); vino bianco; bottarga di muggine (non di tonno) a piacere.
PREPARAZIONE: In una padella saltapasta  sciogliete le due acciughe in un poco di olio; per chi ama l'aglio consiglio di triturarlo finemente, per gli altri schiacciate uno spicchio, lo lasciate per tutto il periodo della cottura e lo togliete prima di condire la pasta. Tagliate, aprendoli, gli anelli di Totano (non tutti, ma la maggior parte) realizzando così delle listarelle, più sono lunghe meglio è; mettete il totano a cucinare nella padella, lasciando che liberino la loro acqua. Alzate la fiamma, spargete subito un pizzico (proprio un'inezia, darà un aroma incredibile) di formaggio grana, irrorate con un poco di vino bianco (direi l'equivalente di un bicchiere di grappa), mescolate per distribuire il poco formaggio, abbassate la fiamma al minimo, coprite la padella e continuate la cottura. Ci vuole un poco di tempo per arrivare alla cottura adatta, ma potete fare dei piccoli pezzi da assaggiare ogni tanto per decidere quando la cottura è di vostro gradimento. A parte avete fatto bollire l'acqua e cucinato la pasta Calamarata. Quando è ancora indietro di cottura e i totani sono quasi pronti, scolatela e versatela nella padella lasciando che finisca la cottura nel sugo che hanno rilasciato. Se ne è rimasto poco, aggiungete acqua di cottura che terrete sempre a disposizione, aggiungendo anche un poco di prezzemolo. Poco, giusto per dare colore. Quando la pasta è pronta, spegnete il fuoco, grattugiate sopra la bottarga in quantità a piacere. Fate saltare giusto un paio di volte per distribuirla su tutta la pasta. Servite nel piatto e provvedete a un ulteriore grattugiata di bottarga (si trova anche già macinata). Buon Appetito!
Quale complimento le piace di più come cuoco?
R. Il complimento più bello è quando i piatti sono puliti e ti chiedono il bis! In cucina parlano più i fatti che le parole.
E come scrittore?
R. Certamente quando un lettore percepisce emozioni dai miei scritti. Ma il più bello di tutti, anche nei libri, è quando si parla di bis: lettori che rileggono un tuo libro o che ne chiedono altri. Una similitudine con la cucina!
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
R. “Sono curioso di vedere l'espressione di  Þòrr quando siederò alla sua tavola”.
Grazie per la sua disponibilità

 Volete sapete di più sullo scrittore di oggi?
Breve Bio
 Angelo Berti è nato nel gennaio del 1963 a Cortemaggiore, un piccolo paese in provincia di Piacenza. Già direttore di Fantasy Planet fino a gennaio 2015, attualmente collaboratore occasionale di TrueFantasy, vive a Ravenna.
Con i Doni delle Muse ha già pubblicato “La Notte della Hyena” e racconti nelle antologie “Sangue di Drago” e “Le Fate”. L'Isola del Ghiaccio è il suo sesto romanzo.
Per acquistarlo:










mercoledì 18 novembre 2015

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Francesco Mastinu, autore di Falene, Amarganta 2015


Interviste culinarie di Federica Gnomo Twins
Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Francesco Mastinu per averci aperto la porta della sua cucina.
Ci suggerisce un sugo alla carlofortina  per condire le trofie, ma visto le Falene potremmo fare le Farfalle alla carlofortina. Buona lettura e buon appetito!


Il 3 di settembre ha pubblicato per Amarganta Falene, il primo libro della saga “Emozioni del nostro tempo”. Eccovi la quarta di copertina;
 Manlio pensa di aver avuto tutto: una laurea a venticinque anni e un compagno, Enrico, da cui non riesce più a distinguersi. C’è anche Mirna, la sua amica di sempre, un legame che si confonde tra le pieghe del passato. L’incontro con un Francesco, un pittore magnetico e attraente, rimescola le carte della sua esistenza, avviando per Manlio un difficile percorso alla ricerca di sé e dei desideri che pensava di aver perduto.
Sullo sfondo di una Cagliari affascinante, Manlio affronterà lo scontro tra le speranze e la dura realtà, fronteggiando con coraggio una serie di scelte destinate a cambiare la sua vita.
Inizia così Falene, una storia intensa della serie Emozioni del nostro tempo.
Consigli per l’acquisto:
Il cartaceo è acquistabile sul sito Amarganta http://www.amarganta.eu/narrativa/falene/
L'ebook lo trovate su Amazon http://www.amazon.it/gp/product/B014VQ4XLK

      
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La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Devo essere franco, mangiare è e rimane per me uno dei piaceri della vita, appena sotto il sesso e poco sopra il dormire. Sono troppo esplicito? Eppure è la pura verità. Ovviamente, in merito al cibo, sono molto esigente: rincorro il mio gusto specifico e faccio caso anche agli accostamenti, mi piacciono tanto gli esperimenti e diffido da una cucina che non conosco a fondo. Sono uno di quelli che magari potreste trovare a sperimentare piatti nuovi in giro per ristoranti, ma sui miei cult di norma preferisco quello che faccio da me. Perché in effetti, se non sono troppo stanco, a me piace tantissimo anche cucinare, sperimentare nuovi accostamenti e rielaborare magari le ricette. Di norma quando cucino non lo faccio solo per me, ma amo parecchio sottoporre i miei esperimenti ad amici e parenti!

Lo fa per dovere o per piacere?
Fondamentalmente per piacere. Poi sì, è ovvio, sono obbligato a cucinare per nutrirmi, come tutti. Ma se parliamo dei momenti di relax, di organizzazione delle cene o dei pranzi in compagnia, o anche solo per sperimentare ricette nuove, lo faccio con molto entusiasmo, per quanto a volte sia estenuante.

Invita spesso amici a casa o è ospite di altri?
Dipende molto dal tempo che ho a disposizione. A causa di impegni lavorativi, di norma posso dedicarmi alle amicizie e agli affetti nel fine settimana. Prima, quando magari ero meno impegnato, riuscivo anche a organizzare cene in compagnia e a ricambiare io l’invito andando a casa degli amici. Adesso, proprio perché un po’ tutti amiamo anche stare in famiglia, mi risulta più difficile.

Ha mai conquistato un uomo cucinando?
Non ne ho idea, devo dire che secondo me più che di una vera e propria conquista si tratti di mantenersi la conquista con le doti culinarie. Di solito nelle relazioni la conquista la lascio ad altri aspetti, alle cose in comune e/o l’attrazione fisica. Ora, diciamo che io ho un compagno da ormai 14 anni, forse sui fornelli me la cavo se sono riuscito a mantenerlo, no?

Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Perché no? Anche se io sono e rimango un fan delle pari opportunità e della collaborazione reciproca per mandare avanti la casa, soprattutto con l’interscambio di ruoli e compiti sulla base della necessità. Poi, un minimo glielo insegnerei giusto per la sopravvivenza quotidiana. Non pretendo di stare con uno chef, anche se, data la mia golosità, mi piacerebbe tanto! Ma la vita coniugale non è fatta di sola cucina, ma anche di tanto altro sia come doveri che come piaceri. Per cui se magari in cucina non se la cavasse, ci saranno di certo altre doti di cui avvalermi.

Quando ha scoperto questa sua passione?
Fin da piccolo, con estrema ostinazione. Proprio perché la cucina, per me, era un luogo che mi veniva proibito. E si sa, il divieto diventa subito attraente per un bambino. Ho vissuto in una famiglia dove c’era una gestione un po’ rigida dei ruoli, e la cucina non poteva essere un ambiente adatto a un maschio. E per quanto osservassi mia madre cucinare, realizzare ricette e sperimentare, mi veniva impedito dedicarmi alla cucina e soddisfare la mia curiosità. Però solo con l’osservazione ho imparato tantissimo sugli ingredienti e sui sapori e gli odori. Una volta cresciuto comunque le esigenze di vita mi hanno portato a confrontarmi con la cucina, sia da campo (ho diversi fatto anni di scoutismo)che proprio in casa, quando mi sono dovuto spostare per lavoro e quindi ho raggiunto l’autonomia. E da allora ho iniziato a invitare persone e a organizzare cene per stare insieme, con sempre maggiore frequenza. Avevo circa ventitré anni e vivevo solo lontano da casa, e un po’ vivere situazioni conviviali con gli amici mi riportava l’atmosfera di famiglia, di protezione. E poi in quella fase scoprii la passione per la sperimentazione culinaria!

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Non ho dei veri e propri ricordi del cibo dell’infanzia, se non delle cose che non mi piacevano e che magari a casa mi obbligavano a mangiare. Ho sempre odiato le verdure cotte e bollite, non sono mai riuscito a mandarle giù se non sotto costrizione. Oppure di quei cibi proibiti: ricordo che ero piccolissimo quando mi innamorai dell’odore del caffè. E qualche volta, mio padre me lo lasciava assaggiare di nascosto da mia madre. Ho atteso con molta emozione l’età giusta per poterlo bere e da allora non ne faccio mai a meno.

Ha un piatto che ama e uno che detesta?
I piatti che amo sono tantissimi. Se proprio devo scegliere dal mucchio, direi la pasta alla carbonara. Un bel mattone pesante ma ricco di bei sapori. Detesto in primo luogo le melanzane con qualsiasi ricetta, colore e misura, così come il cavolo cappuccio, col quale ho dei ricordi pessimi. Mi obbligavano a mangiarlo, fino a che un giorno non reagii talmente male da far capire in modo inequivocabile ai miei che proprio non lo gradivo.
Vi risparmio come :p

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Il verde scuro, tipico delle verdure bollite come verza, bietole e spinaci. Roba che di solito evito di mangiare perché non mi piacciono. E dire che convivo con un vegetariano convinto! Ma l’amore ci aiuta a superare anche le divergenze culinarie.

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale che la fa stare concentrato a scrivere?
Il momento della scrittura per me è sacro. Di solito non ho rituali particolari relativi alla cucina, perché quando scrivo mi concentro esclusivamente sulla storia, quindi al massimo anche i momenti del pasto sono distratto dal pensare a cosa devo far realizzare ai miei personaggi in un dato passaggio. Al massimo ho dei rituali per la fine della scrittura, dopo che ho concluso la prima stesura di un testo o quando firmo un contratto editoriale o ancora quando esce in vendita. Di norma brindo, una cena leggera con il mio compagno, relax e un brindisi. Che sia un cocktail o la mia tanto amata birra, l’importante che sia un brindisi, possibilmente da immortalare per averne un ricordo. Una cosa per me imprescindibile.

Scrive mai in cucina? Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Devo essere sincero, la mia concentrazione ha bisogno di comodità e raccoglimento, per cui cerco comunque degli ambienti tranquilli dove isolarmi. Spesso per favorire questo mio isolamento mi metto persino la musica nelle orecchie.
Quindi sì, sulla base della situazione e della contingenza mi capita anche di scrivere in cucina, ma di norma prediligo il letto o una scrivania dello studio. Spesso arrivo alla scrittura in cucina quando magari ho bisogno di proseguire la storia e il tempo del pasto si avvicina, per cui mi metto sul tavolo mentre magari inizio a imbastire il pasto.

 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Dipende dallo stato di necessità: di norma se ho il tempo per cucinare, preferisco di no, ma a volte capita di mangiare qualche snack leggero se rimango bloccato in ufficio o se si va al mare e c’è bisogno di pranzare con qualcosa di leggero, altrimenti, nella quotidianità, non mangio mai cibo pronto.

Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Non saprei: la fame è fame e dipende dal momento della giornata. Di sicuro il dolce mi risveglia meglio l’istinto e mi fornisce anche più energia… Ok, è solo un modo elegante per chiamare in altro modo la golosità!
Sono estremamente goloso e adoro i dolci, soprattutto le creme.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Gli aneddoti migliori sono sempre quelli che accadono all’estero, quando magari ci concediamo in relax, dopo una giornata trascorsa a camminare tra musei e monumenti. Ecco, spesso mi capita di andare in ristoranti esotici dove di norma ordino qualcosa stra-convinto di conoscere gli ingredienti senza fare troppo caso sia alle mie scarse conoscenze di inglese culinario che a tutte le componenti di un piatto. Ricordo che in un ristorante indiano a Vilnius, avevo ordinato una serie di piatti che mi sembravano gustosi, ed ero andato a fuoco perché erano piccantissimi!
O ancora peggio a Parigi ero finito in un mega ristorante di lusso, vestito da turista, uno di quelli con i camerieri che spazzolavano il tavolo e persino i tovaglioli che indossavi con la scopetta per togliere ogni briciola. Vergogna a parte per il mio abbigliamento da battaglia, notai troppo tardi che si chiamava “La Maison du Soufflé” perché in quel luogo si mangiavano esclusivamente soufflé. Come al solito avevo ordinato senza pensare portate su portate, credo di essermi arreso al terzo soufflé. Ancora oggi se me ne propongono, scappo a gambe levate.

Lei è uno scrittore di narrativa, specialmente di stampo romantico e a tematica LGBT quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con il suo compagno?
Io ho un regime alimentare abbastanza libero, se esco con amici di norma cerchiamo un posto che possa accontentare tutte le esigenze: ci sono i vegetariani, quelli che fanno diete particolari, quelli che hanno allergie o intolleranze peculiari… a volte bisogna barcamenarsi in più necessità, cosa che a casa risulta essere comunque più semplice. Ma la pizzeria di solito mette d’accordo tutti. Se esco con il mio partner di solito deve essere a regime vegetariano o con menù anche per vegetariani.

Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Per festeggiare una pubblicazione prediligo l’ambiente casalingo, soprattutto se a festeggiare siamo solo in due. In ogni caso, quando esco, mi dedico sempre ai piatti particolari. Adoro alcune carni, e molti tipi di pasta. Però per le secondo di solito sul condimento ho sempre da ridire… o la pretesa di saperla fare meglio.

Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Mai organizzato buffet, per me non è una cosa da farsi per un evento letterario come la presentazione di un libro. Mi è capitato magari di portare dello spumante o che me lo portassero, per un brindisi, soprattutto se si tratta del primo evento, ma non vado mai oltre il drink. Il binomio letteratura/cibo non è tra le mie esperienze. Poi dipende comunque dal tipo di evento. Se si trattasse di una mostra o di un vernissage con evento letterario, la questione cambia. Ma di norma le presentazioni si tengono in biblioteche o in librerie, luoghi non sempre adatti a un buffet.

Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  “Falene” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Il cibo è mai co-protagonista?
Il cibo può essere benissimo un co-protagonista se la storia lo consente. In Falene nello specifico c’è un personaggio che ama cucinare, si tratta di Donna Laura, una signora di origini nobili e abbiente che organizza addirittura delle feste nella sua enorme casa per la comunità LGBT della Cagliari di cui parlo nella trama. In alcuni passaggi si desume proprio la sua passione per la cucina e per le sue sperimentazioni culinarie, dove ama ricevere complimenti dai suoi avventori. Di solito riserva quel tipo di cena alle amicizie più strette. Poi sì, i miei protagonisti vanno a cena fuori: Enrico e Manlio in occasione del loro quinto anniversario e ancora loro due insieme a Mirna in pizzeria. In entrambe le occasioni parlo del cibo inteso come odore che impregna l’atmosfera e le loro emozioni.

“Falene” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Falene è una storia legata alla sua città, che è Cagliari, esattamente come per me. Non saprei, mi viene in mente il profumo della cucina tipica sarda del quartiere della marina: carne, formaggi, pesce e i culurgiones. Tutti profumi che si mischiano e si confondono con l’aria del mare. In fondo, da qualsiasi prospettiva da cui la osservi, Cagliari richiama il mare su ogni versante.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio?
Io sono specializzato nelle salse e nei sughi, ho una mia versione della pasta alla carlofortina, nota in diverse varianti.
La salsa è semplice:
Ingredienti: Olio, aglio, cipolla, prezzemolo (in piccole dosi), uno o due filetti di alici, tonno (uno o due tranci sulla base di quanta salsa serve), pomodori, pesto e panna. Origano/maggiorana alla bisogna.
In un tegame mettiamo l’olio, facciamo sciogliere i filetti di alici una volta che è bollente e poi aggiungiamo il trito di aglio, cipolla e prezzemolo. Una volta che il condimento si imbiondisce, buttiamo nella pentola il tonno, dopo averlo spezzettato con la forchetta.
Nel frattempo tagliamo i pomodori freschi a dado, e dopo qualche minuti li aggiungiamo al composto sul tegame.
A quel punto lasciamo cuocere per qualche minuto, e quando il pomodoro comincia a sfaldarsi e liquefarsi, aggiungiamo al composto pesto e panna, in egual misura. Mischiamo bene, lasciamo cuocere per qualche minuto, e aggiungiamo altro pesto e panna, in modo che la salsa si amalgami.
Verso fine cottura se ci piace aggiungiamo un soffio di origano o maggiorana. Possiamo spegnere quando il sugo ha l’aspetto di una vera e propria salsa solida. Con questo sugo condiamo preferibilmente le trofie o le orecchiette, meglio se di pasta fresca.
Provare per credere!

Quale complimento le piace di più come cuoco?
Mi accontento dell’esclamazione “Buono!”
Sono un cuoco casereccio di poche pretese e tanto entusiasmo!

E come scrittore?
Qui la questione si complica. Quando scrivo voglio raggiungere due risultati: riuscire a raccontare in modo adeguato una storia recapitando il suo messaggio essenziale e suscitare un’emozione forte in chi mi legge. Di sicuro preferisco sentirmi dire che sono stato in grado di suscitare delle reazioni forti a fine lettura, compatibili  e pertinenti ovviamente col tipo di storia che ho scritto.

Che frase tratta da Falene o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Certamente, eccola! È tratta dalla parte centrale della storia di Falene:
“Sorridevo, con un nuova forza dentro di me. Sbattei le ali, era il mio volo. Nessun inganno. Mai più.
Uscii di casa. Non mi rendevo conto di quello che avrei potuto fare.
Ma, come una falena, dovevo afferrare l’amore.”

Grazie per la sua disponibilità
Grazie a voi, di cuore, per avermi accompagnato sino a qui!

Vuoi sapere di più sull'autore?
Biografia in breve:
Francesco Mastinu è nato nel 1980 sotto il segno dell’Acquario e vive a Cagliari, vicino al mare. Convive con il suo compagno e spera ancora di poterlo sposare anche se si trovano entrambi in Italia, ha sempre i 4 gatti a sovraintendere ogni sua attività quotidiana.
Dopo aver pubblicato numerosi racconti in antologie collettive di alcuni editori italiani, ed essersi dilettato con il genere erotico sotto pseudonimo, ha ufficialmente esordito con il romanzo  “Eclissi” (Lettere Animate, 2012) seguito poi da “Polvere” (Runa Editrice, 2014) e la raccolta di racconti brevi “Concatenazioni” (Edizioni 6Pollici, 2014).
“Falene” è il suo terzo romanzo, il primo della serie “Emozioni del nostro tempo” edito per Amarganta, uscito a settembre 2015.
Collabora con l’editore Amarganta per la collana Amarganta LGBT e per la gestione del portale “Vite Arcobaleno” (www.vitearcobaleno.wordpress.com)
Il suo blog: www.jfmastinu.wordpress.com


giovedì 5 novembre 2015

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Guido Spano, I gatti di Farfa, Edizioni Amarganta 2015

Interviste libroculinarie di Federica Gnomo Twins
Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Guido Spano, I gatti di Farfa, Edizioni Amarganta 2015, per averci aperto la porta della sua cucina.



       “I gatti di Farfa” è in prevalenza un romanzo humor, con una serie di ingredienti più seri e profondi, mescolati assieme in modo da trasmettere dei messaggi etici, senza che la lettura ne sia appesantita. Carlo, professore di filosofia, convince il suo amico e collega Davide, scrittore affermato, a partecipare alla fiera dell’editoria indipendente che si svolge nel mese di settembre a Farfa. In realtà l’obiettivo di Carlo è di andare a trovare Margherita, sua ex fiamma e compagna di liceo, ora suora brigidina nel convento di Farfa. Dalle ultime telefonate si è accorto che qualcosa non va e vuole verificare di persona. Inizia quindi il viaggio dei due amici, che cammin facendo incontreranno una serie di personaggi bizzarri, con cui vivranno delle avventure il più delle volte intrise di umorismo. Nella storia troviamo anche un pizzico di giallo, qualcosa che sconvolgerà la quiete del piccolo convento delle suore di Farfa. Tra i protagonisti del libro di sicuro ci sono anche i gatti del borgo, presenti dappertutto a dominare le scene.
Il libro è acquistabile online, in formato cartaceo sul sito dell’editore:
In formato digitale:
Abbiamo creato anche un blog dove raccogliamo le storie e le fotografie dei gatti degli amici. C’è anche un’apposita sezione per i gatti volati sul Ponte dell’Arcobaleno.


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La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Lo fa per dovere o per piacere?
Mi piace mangiare bene, questo è certo, ma non vuol dire che mi piacciano i cibi elaborati, piuttosto tengo molto alla loro genuinità e se posso scelgo un’alimentazione biologica. Non mangio né carne né pesce, sono rigorosamente vegetariano e mangio molte verdure, legumi, cereali, frutta fresca e secca. Adoro anche i formaggi, ne mangerei in quantità esorbitante se non fosse che poi ti fanno salire a mille il colesterolo e i trigliceridi!
Trovo che cucinare sia una vera e propria arte, mi piace farlo quando ho tempo libero. Mi rilassa molto, quasi come scrivere, mi porta in un’altra dimensione, lontano dalla routine quotidiana. Mi diverte molto preparare le torte, rimango a guardarle lievitare dentro il forno, come se fosse qualcosa di magico. Non mi piace invece cucinare in fretta, solo per necessità. Per questo motivo compro anche piatti semipronti, sempre biologici e vegetariani, che metto a riscaldare poco prima dei pasti o quando mi trattengo a mangiare in ufficio.
Ho abolito dalla mia tavola piatti e bicchieri usa e getta per ridurre l’inquinamento, è molto più ecologico usare la lavastoviglie. E poi trovo che la tavola ben apparecchiata contribuisca al mangiar bene, perché le cose belle ci fanno star bene e ci aiutano a rilassarci mentre pasteggiamo e digeriamo.

Invita spesso amici a casa o è ospite di altri?
Purtroppo i ritmi di vita hanno ridotto molto i momenti conviviali e gli inviti sono sempre più rari e limitati di solito alle feste comandate. In quei casi, però, mi piace apparecchiare la tavola con i servizi più belli, argenteria compresa e servire le pietanze in maniera artistica.

Ha mai conquistato qualcuno cucinando?
Uhm… non ricordo niente del genere. Anzi, devo dire che ho rischiato di far scappare qualcuno che non ha mai apprezzato la mia dieta vegetariana… ;)

Vivrebbe con  un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Ma sì, purché sappia almeno mettere i piatti in lavastoviglie e riordinare la cucina.

Quando ha scoperto questa sua passione?
Sin da piccolo sono stato abituato a cucinare per la mia famiglia, quando i miei genitori erano entrambi a lavoro e io avevo la scuola di pomeriggio. Una delle mie specialità a quei tempi era il risotto alla milanese. Ora lo cucino con le zucchine, con il radicchio e ultimamente, dopo averlo assaggiato in un ristorante indiano a Vilnius, anche con il sesamo.

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Ricordo mia nonna ai fornelli. Ci preparava le frittelle con i fiori di zucca e dei minestroni che erano la fine del mondo. Ora che mi ci fai riflettere forse è questo il motivo per cui mi piacciono tanto le verdure. Lei lo faceva con passione ed era felice quando i nipoti apprezzavano i piatti che preparava per noi. Ah, le nonne!

Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Amo le zuppe di verdure, di tutti i tipi. Detesto certi tipi di pasta al sugo, in particolare le pipette e le reginette, solo al pensiero sto male.

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Rosso, come il sangue degli animali.

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale che la fa stare concentrato a scrivere?
Sono caffè dipendente, ma quando scrivo mi piace avere una tazza di tisana fumante condita con un paio di cucchiai di miele biologico, al corbezzolo o al cardo.

Scrive mai in cucina? Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Non ho una cucina separata dagli altri ambienti, ma un angolo cottura nel salone. Talvolta scrivo sul tavolo, ma più spesso scrivo al letto, è più comodo per la schiena. In genere lo faccio di pomeriggio sino all’ora di cena e talvolta anche dopo cena, se il giorno successivo non mi devo alzare presto per recarmi in ufficio, ahimè.

Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
La pizza sì, mi piace molto. Me la faccio portare a domicilio. Oppure preparo qualcosa che debba cuocere lentamente, a fuoco basso, come i broccoletti per condire la pasta oppure il cavolfiore soffocato con le olive, le lenticchie in umido e via dicendo e nel frattempo scrivo.

Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Dipende dai periodi e dalla stagione. In inverno divoro chili di cioccolato fondente, magari aromatizzato allo zenzero o all’arancia e tanta frutta secca. Insomma, qualcosa che stimoli l’attività cerebrale e non mi distragga troppo dalla scrittura.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Il mese scorso andammo in vacanza a Copenhagen, città carissima soprattutto per il cibo. Una sera, usciti dall’Hotel, ci dirigemmo alla ricerca di un ristorante che non ci facesse il colletto (il giorno prima a Nyhavn avevamo speso l’equivalente di ottanta euro per un piatto di tagliatelle al pesto, l’unico piatto vegetariano per me, un piatto di carne per il mio compagno di viaggio, due birre e due dessert). La difficoltà con la lingua e il conseguente timore che mi propinassero della carne o del pesce, quella sera ci portò a fare diversi chilometri a piedi, finché tutti i ristoranti non avevano chiuso le cucine e ci negarono persino uno snack,  nonostante le nostre suppliche e il viso tirato dalla fame e dalla disperazione. Ci risolvemmo a entrare in quei mini-market aperti sino a notte, dove acquistammo dei sandwich tristissimi che divorammo seduti in una squallida panchina di una piazza semibuia. Beh, sarà stata la fame, ma quei sandwich ci sembrarono davvero squisiti!

Lei è uno scrittore di romanzi humor quando esce a cena con i suoi amici  che tipo di locale preferisce?
Io naturalmente opterei per i ristoranti vegetariani, ma sono sempre in minoranza, quindi si cerca un locale dove si mangi un po’ di tutto, oppure una pizzeria, quella accontenta sempre tutti.
E quando esce con il partner?
Idem.
Oppure per festeggiare una pubblicazione?
Per festeggiare una pubblicazione si va a mangiare da qualche parte e poi magari si prende un cocktail in un pub.
 Cosa tende a ordinare in un locale?
Un piatto composto con verdure grigliate, formaggi, patate al forno, oppure un primo, un contorno e un dolce, possibilmente di ricotta, o una torta con il cioccolato e le pere, una squisitezza!
Nelle sue presentazioni offre un buffet?
Non l’ho mai fatto.
Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Per gli ascoltatori probabilmente si, ma forse mi verrebbe il dubbio che alcuni partecipanti verrebbero più per quello che per il libro, ne conosco alcuni, sai…

Tenderebbe a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Prima la presentazione, poi con gli amici si va a mangiar fuori o a bere qualcosa.
Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  “I gatti di Farfa” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Sì, c’è anche una cuoca bravissima, Suor Costanza, che prepara delle zuppe squisite il cui aroma si diffonde nel refettorio e dei biscotti deliziosi con zenzero e cannella.
Il cibo è mai co-protagonista?
Non proprio co-protagonista, ma ha un ruolo importante.
“I gatti di Farfa” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
I biscotti con zenzero e cannella di Suor Costanza, che ho ricordato poco fa. La suora li dona a Carlo e Davide prima che vadano via dal convento, raccomandando loro di non azzardarsi a mangiare quei cibi immondi che si trovano nei bar degli aeroporti. Rappresenta l’elogio per il buon cibo, genuino, fatto con pazienza e amore, contro i cibi pessimi dei fast-food.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio?
*RICETTA*
Un piatto molto semplice e genuino: i ceci alla campagnola.
Ingredienti:
300 grammi di ceci secchi, possibilmente biologici.
300 grammi di pomodorini ciliegia.
1 o 2 spicchi d’aglio.
Un pizzico di origano.
Olio extra vergine d’oliva.
Sale e pepe (a piacere)
Pecorino stagionato in scaglie
Olive verdi denocciolate.
Procedimento:
Mettere i ceci in ammollo in acqua fredda per almeno dieci ore, quindi cuocere in acqua salata dentro una pentola a pressione per circa quaranta minuti, poi scolare.
Tagliare i pomodorini a pezzetti, unire le olive, condire con l’olio, l’origano e un pizzico di pepe. Aggiungere i ceci freddi e infine le scaglie di pecorino. Amalgamare tutto e servire. Accompagnare con un buon vino rosso, non troppo forte.
Deve essere davvero buonissima
Quale complimento le piace di più come cuoco?
I tuoi piatti sono sobri e genuini, proprio come te.
E come scrittore?
Elegante.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
“A volte ciò che non si vede è molto più reale di quello che percepiamo con i nostri sensi mortali.” Dal capitolo 5  - Ritrovarsi.
Grazie per la sua disponibilità

Volete sapete di più sull’autore?

Biografia:
Nato in Sardegna nel 1964 da due insegnanti, ho iniziato a leggere sin dalle scuole elementari. Diplomato al Liceo classico, amante delle materie umanistiche, ho voluto esplorare gli argomenti scientifici e così mi sono iscritto alla Facoltà di Medicina e Chirurgia. Dopo alcuni esami superati brillantemente, ho capito che non era la mia strada e così mi sono trasferito in Giurisprudenza, dove ho sostenuto dodici esami, ma neanche questa faceva per me. Infine mi sono laureato in Scienze del servizio sociale e ho vinto un concorso pubblico che mi ha consentito di entrare a lavorare in ruolo in un Ente locale. Non si è mai sopita, però, la passione iniziale per l’Italiano, per le materie classiche, per l’arte, e una curiosità sempre viva per la scienza e l’etologia.
L’amore per gli animali e per la natura, i viaggi, la scrittura, le letture, i bei film, riempiono il mio tempo libero, che purtroppo è sempre troppo poco.
Ho una relazione da circa quattordici anni e convivo dal 2008. Fanno parte della nostra vita quattro gatti meravigliosi, che vivacizzano le nostre giornate, impedendo che la noia possa prendere il sopravvento!
Come autore ho scritto e pubblicato “I gatti di Farfa”. Ho avuto la fortuna di trovare un editore non a pagamento, molto vivace e versatile. Amarganta è come una famiglia, un po’ bizzarra, a dire il vero, sennò non ci sarei mai entrato!
 Il mio sogno nel cassetto: vivere in una villa con un grande giardino e avere una seconda casa al centro di Parigi e una terza a Londra. Mi accontento di poco, no?







sabato 31 ottobre 2015

DOLCETTO O SCHERZETTO? racconto di Federica Gnomo Twins


Dolcetto o Scherzetto?
di Federica Gnomo Twins



Finalmente aveva tirato giù la serranda del negozio e stava cercando di chiudere quella giornata infernale.
Bambini mascherati per tutto il pomeriggio gli avevano svuotato il locale da caramelle e cioccolatini, gratis naturalmente. Non se la sentiva di negare un dolcetto a quei faccini dipinti per fare paura, che di paura non ne facevano proprio, ma solo tanta tenerezza.
Ora però  Tommy, detto Dolcetto da tutti, era stanco.
Stanco morto, non solo del via vai di quel giorno,  ma anche dell’attività ereditata da suo padre. Un buchetto di locale che vivacchiava sul Corso di una città di provincia, stritolato da grandi negozi lussuosi e pieni  di oggetti firmati.
Dolciumi. Vendeva dolciumi e cioccolatini che quasi tutti ormai preferivano comprare nei supermercati.
Non aveva soldi per ristrutturare il suo negozio, che era rimasto vecchiotto, e quasi scompariva tra le luci degli altri.
Spesso la sera, da solo, davanti a una pizza comprata a taglio e una bibita, si chiedeva “ ma perché insisto?” Avrebbe potuto cedere alle pressioni della boutique vicina, che voleva allargarsi. Abbassare  la saracinesca e starsene in pace, magari a fare il commesso da qualche parte. Almeno lo stipendio sarebbe stato sicuro …ma era un romantico, un romantico goloso di emozioni.
Inchiavò le serrature. Stanotte ci avrebbe pensato. Seriamente. Non erano tempi da fare i sentimentali. Che importanza potevano avere i ricordi di lui e suo padre intenti  a scartare pacchi in arrivo pieni di caramelle colorate, o  affondare le mani in quel mare  profumato  per  sistemarle in sacchi e barattoli. Era piccolo eppure già aiutava in bottega. Si arrampicava sulla scala lunga e misteriosa che portava al soppalco perché era agile,  e faceva cadere fra le braccia del padre cioccolate e pupazzi sotto lo sguardo vigile del nonno, che ancora si ostinava a stare dietro al bancone.
Un mondo magico. Da cui aveva preso il soprannome: Dolcetto.
Così lo chiamavano in casa;  poi era divenuto grande, il nonno era morto, il padre era andato in pensione  e lui aveva ereditato l'attività ma per tutti era rimasto Dolcetto.
Si alzò dalla scomoda posizione.  Le serrature stavano in basso e giravano male.
Come la sua vita. Era anche infreddolito.Non vedeva l'ora di correre a casa per scaldarsi.
Un voce lo fece sobbalzare, e poi un tocco leggero sulla spalla.
    "Scusa è troppo tardi per chiederti qualcosa?"
Tommy si voltò. Un volto truccato di nero, profondo e  oscenamente bello lo colpì.
   "Mi hai messo paura!" fu la prima risposta. "Veramente…sto …sto chiudendo…Anzi ho chiuso" balbettò poi.
   "Peccato!"rispose la ragazza, facendo una smorfia," volevo un dolcetto…"
   "Stai scherzando? Non sei troppo adulta per queste cose?" continuò  inquieto Tommy.
   "Forse… ma mi piace questa festa,   e da quando ero bambina  non ho mai smesso di truccarmi da vampiro e vestirmi di nero, per Halloween".
Tommy notò, infatti , che era vestita completamente di nero, e con un lungo mantello.
  "Sei un tipo originale. Piacere di averti conosciuto, ora se non ti dispiace vorrei andare a casa" tagliò corto, sempre più turbato.
Ci mancava solo una squilibrata per finire degnamente la giornata di Halloween.

  "Posso fare due passi con te?"chiese la sconosciuta.
  "Veramente …mi devo fermare in pizzeria, e poi ho un impegno…"cercò di accampare Tommy, per levarsela di torno.
  "Vai a fare dolcetto o scherzetto a qualcuno?" chiese maliziosa la ragazza, sollevando il sopracciglio e facendo brillare un piercing che lo  intimorì.
 "Sì, ecco, brava…vado dalla mia fidanzata a fare dolcetto e scherzetto, e magari bacetto".
Si immaginò di stare in compagnia. Con gli amici. Gli venne in mente  solamente  il suo cane. In realtà non aveva nessuno…meno che meno un amore con una donna.
 "Sei un bugiardo!" lo schernì la ragazza."Non vai da nessuno".
 "Ma che ne sai? Mi stai facendo girare le palle! Vedi di svolazzare a largo…"si stupì delle sue stesse parole. Era stato lui? Lui a parlare? Lui, Dolcetto, affabile, paziente, timido?
 "Ehm…Vuoi veramente che vada? Vuoi stare da solo? Eppure stasera dovremmo stare insieme noi due".
 "Insieme? E a fare cosa?" chiese camminando velocemente per raggiungere la pizzeria e togliersi il pazzo dai piedi.
 "Dolcetto o scherzetto!" rispose quella.
 "Ma sei ubriaca o fatta di cocaina?"chiese Tommy.
 "Nessuna  delle  due cose".
 "Senti cosa, io non ti capisco quando parli, vedi di lasciarmi in pace. Il negozio è chiuso, non ho caramelle in tasca, non mi va di fare due passi con te, non…non…"non terminò la frase che si ritrovò sbattuto contro il muro.
 "Mi stai facendo innervosire…"fece la ragazza mora stingendolo e schiacciandolo per poi parlargli in faccia.
 "Guardami bene…Chi sono io?"
 "E che ne so?"
 "Non hai immaginazione?"
 "No, mi ha sempre fatto difetto, sarà tutto lo zucchero che ho mangiato".
  La ragazza vestita di nero dal volto spendente sorrise e si presentò:
 "Sono Scherzetto. Piacere!"
Tommy strabuzzò gli occhi.
 "Ma la pianti di prendermi per il culo?"
Stava diventando volgare.
Riprese a camminare a passo veloce, con l’altra alle spalle, come un’ombra.
Che senso aveva tutto questo?
 "Aspettami!" ordinò Scherzetto
 "Tu sei pazza!" rispose Tommy correndo verso casa.
Alla porta si fermarono.
 "Allora facciamo Dolcetto o Scherzetto?" chiese la sconosciuta.
 "Facciamo che ora entro e mi lasci in pace!?" rispose Tommy, cercando le chiavi di casa nelle tasche.
 "Allora?"
Tommy ci pensò. Magari quella era una svitata che voleva solo una risposta alla domanda come le decine di ragazzini venuti al negozio, poi se ne sarebbe andata.
 "Dolcetto…"rispose un po' esitante.
 "Risposta esatta!"urlò l' affascinante ragazza.
 "E ora te ne vai?"
 "Non proprio…devo prendermi prima il Dolcetto che mi spetta…"e si avvicinò  per baciarlo.
 "E' uno scherzo?"chiese turbato Tommy.
 "Sì…uno Scherzetto!"
E così, in una notte di luna piena, Dolcetto si fidanzò con Scherzetto e visse per sempre felice con lei nel suo magico negozio di dolci stretto tra le sue braccia e i grandi negozi lussuosi del centro.

FINE