sabato 27 settembre 2014

Lo scrittore "per se stesso" , considerazioni di Federica Gnomo T.

dipinto di Pietro Rotari 

Premetto che ci sarebbe da fare un trattato sull'argomento, ma voglio esternare solo delle considerazioni.   In tanti anni di incontri e scontri con i difficilissimi animi degli scrittori, esordienti, emergenti, rifulgenti e decadenti, mi sono fatta questa idea sullo SCRIVERE PER SE STESSI. Naturalmente non nego che sia terapeutico, ma allora basta un diario.
Lo scrittore, in genere quasi tutti quelli a cui lo chiedi, sin da piccolo amava leggere molto e cercava di cimentarsi in storie sue, perché affascinato dai libri.  Divenuto  adulto ha continuato a leggere e scrivere provando  interesse e piacere  a inventare e raccontare storie, vivendole lui stesso a tal punto da voler condividere la gioia e quindi emozionare e intrattenere un pubblico, affrontando tematiche che lui stesso sente, elabora, avverte come costruttive o solo  divertenti. Egli, come tutto il genere umano, è un animale sociale e ha in sé la necessità di sperimentare, condividere, parlare, confrontarsi. Ecco dunque che per me, lo scrittore che scrive solo per se stesso, cioè compiacendosi di se stesso, o sfidando solo se stesso, è anormale; cioè è come se si masturbasse, e tenesse per sé il suo piacere o le sue scoperte. Le cause possono essere molte, anche comprensibili; dalle ferite e le disillusioni subite  al puro egoismo, dalla paura di non essere all'altezza  all'eccessiva considerazione di sé. Resta il fatto che, pure non avendo nulla da obbiettare a una sana masturbazione, io rimango sempre un po' perplessa davanti a chi dice di scrivere solo per se stesso (intanto lo proclama, cioè lo rende pubblico...) e quindi non condivide una emozione ( o la cerca?). Certo uno è libero di riempire migliaia di pagine word che non potremo mai leggere, ma io penso invece, che anche nella scrittura,  sia, non dico meglio ma piacevole, sperimentare  un amplesso a due, tre, mille per rimanere in tema. Cioè scrivere e confrontarsi con un pubblico, donare divertimento, idee, giocare con le parole e stimolare la creatività di un lettore. Quando questo canale di piacere reciproco si interrompe perché non si arriva al lettore per cause oggettive (scarsità di diffusione, mancanza di interesse su un tema da parte del lettore, eccessiva offerta rispetto a una piccola domanda di libri, nessun santo all'ufficio stampa e quindi invisibilità), ecco  allora che comprendo di più e  ritengo essere più logico e sano  lo scrittore  frustrato, che quello menefreghista   che si proclama immune dalla gioia della condivisione. Arrivare a un pubblico, che non sia solo condominiale, è infatti una necessità istintiva per dar vita a una comunicazione di idee e sentimenti. Ormai tutti siamo consci che non si scrive per la fama, né per guadagnare ( infatti pochi campano di scrittura) ma negare che si scriva per essere letti da qualcuno non mi sembra  onesto, infatti almeno uno che ci  legge e per cui scriviamo c'è:  noi stessi. Questo a dimostrare che, anche se sdoppiati, di un lettore esterno abbiamo bisogno.
Posso accettare che momentaneamente sia possibile, come un amante  distaccato o stufo, in pausa di riflessione, scrivere e  riflettere sulla scrittura. Comprendo che per sei mesi o un anno ci rinchiuderemo a scrivere per noi stessi. Ma lo interpreto come se, piantato un seme, lo dovessimo coltivare.
Ho conosciuto centinaia di aspiranti scrittori, e certamente ognuno a un punto della vita si è dovuto confrontare su ciò che ha realizzato e che desidera. Ciò che ha ottenuto e ciò che ha dato.  Ebbene alla fine, anche se disincantati, pochi mollano del tutto, anche se dicono con rassegnazione di scrivere per se stessi. Come  amanti delusi si rinchiuderanno un poco in sé, ma poi  proveranno a trovare l'amato in un altro pubblico di lettori che non sia loro stessi. E  continueranno a scrivere, raccontare e cercare  la loro sposa, e come tutte le storie d'amore, una volta sposato un gruppo di lettori e arrivati al grande pubblico, diranno che  vogliono divorziare! Scherzo...non lo faranno mai.

giovedì 11 settembre 2014

Mira dritto al cuore, di Amneris De Cesare, Runa, 2014




Autore: Amneris Di Cesare
ISBN: 9788897674368
N.pag.: 350
Rilegatura: Brossura
Formato: 14x21 con alette
Genere: Rosa
















Descrizione
Una vacanza studio in America svanita sul più bello, un soggiorno di ripiego in un villaggio vacanze. Inizia così l’estate di Sarah, adolescente insoddisfatta e perennemente imbronciata. “Gli amori estivi non durano”  dice sempre sua madre, ma la profezia si incrina dopo l’incontro con due animatori, Thomas burbero aspirante archeologo di origini britanniche e Rudy seduttore dalla simpatia irresistibile.
Sotto l’ombra di un pino marittimo, su uno spicchio di spiaggia candida, davanti al mare di Sicilia, Sarah vivrà i palpiti di una passione che non vorrà saperne di passare per semplice amicizia. Il desiderio sopito  cavalcherà gli anni e condizionerà le sue scelte di donna nel bene e nel male.
Perché l’amore, in fondo, non è altro che un revolver che spara pallottole di pura emozione, un’arma che mira dritto al cuore.
Un romanzo d’amore e d’amicizia, un percorso che punta alla soluzione di una delle questioni più sfuggenti di sempre:  quando un uomo e una donna possono davvero dirsi “soltanto buoni amici”?


Impressioni da lettrice, chiaramente come diceva, mi pare Conrad, lo scrittore scrive metà romanzo e il lettore ci trova l'altra metà. Io cerco sempre chiavi di lettura diverse anzi ce le vedo, era il mio pregio al liceo classico. Molti autori mi bastoneranno, ma il libro scende in campo e poi vive da solo. Fatevene una ragione.
Questo romanzo corposo si fregia di essere un romanzo rosa, ma  direi che non appartiene del tutto a questo genere. E conoscendo l'autrice non mi sorprende.
In realtà il romanzo è più che una storia d'amore, è una storia di tre amori. La parte che più mi è piaciuta è la seconda, quando finito di vivere una non vita la protagonista si ribella a se stessa e la trama si fa più serrata.
Assistiamo infatti a tre figure maschili di riferimento che ruotano intorno alla vita di Sarah, con l'acca. Non due personaggi ma  in realtà  l'idea stessa dell'amore maschile, quello che si immagina accanto alla figura femminile, che qui viene a dividersi in tre persone e che viene esaminato: L'amore passionale, Thomas (sognato, desiderato, vero o presunto che sia, comunque predestinato), l'amore amicale, accudente, Rudy ( l'aiutante, quello che sarebbe un marito perfetto se solo sapessimo non farci del male e smettessimo di cercare il principe azzurro, stavolta anche bello, ma nella realtà non è sempre così aitante) e l'amore ragionato, Andrea, l'illusione della stabilità, il padre dei figli, la parte oscura che molte donne per una facciata di famiglia perfetta devono ancora sostenere. Una sfida dura per l'autrice, quindi.
Bisogna infatti leggere quasi tutto il romanzo per unire i tasselli e comprendere che  non è la banale storiella d'amore, ma un dramma d'amore spesso comune a tante signore. La descrizioni di sogni e ricordi di amicizia e amori  che vanno a mettere un cerotto, come una sorta di altra vita vissuta nell'immaginario,  per poi accettare la realtà dura della gelosia o sopraffazione.  L'autrice nel finale  affronta il dramma della violenza domestica, della follia, della sopportazione, della risoluzione.
Una storia divisa in due, tre...forse troppe parti, che magari avrei snellito nella prima fase,  ma che poi naviga bene e con maggiore forza fino a una meta chiara e definita. Un romanzo che ha da dire non solo d'amore, ma di che tipo d' amore...e questo è ciò che mi piace.

http://www.runaeditrice.it/index.php/component/virtuemart/view/productdetails/virtuemart_product_id/61/virtuemart_category_id/10.html

CON QUESTO LIBRO HO TERMINATO LE LETTURE ESTIVE
DEI MIEI AMICI IN CARTA
AUGURO LORO GRANDI VENDITE!

martedì 2 settembre 2014

Letture all'ombra: Sirena di Aurelio Raiola, Homo Scrivens, 2014

Ne ho parlato di recente nell'intervista con lo scrittore Aurelio Raiola in cucina, e siccome leggo sempre i libri degli amici l'ho portato con me in vacanza questa estate. 
Sirena, viaggio umoristico nel ventre di Napoli, Homo Scrivens, ordinabile su IBS,  al sito della casa editrice o  in libreria.

Claudio Graziani torna dopo trent'anni nel suo quartiere natale, Sirena. Un quartiere tipico e genuino di Napoli, un luogo della mente, che non esiste o, forse, esiste troppo. Apparentemente è tornato per una sola ragione: scrivere una guida turistica. Durante il viaggio, a piedi o a bordo del pittoresco tram L3, sarà accompagnato da due ragazzi, Nino e Ninetta. A ogni fermata si imbatterà in monumenti dimenticati, personaggi di una volta, carte e storie di una Napoli forse non così lontana. Ricorrendo a vari stili e registri, attraversando diversi generi letterari ed epoche storiche, Aurelio Raiola accompagna il lettore in una discesa nell'oleografia di una Napoli descritta come mai prima: una cartolina dai colori opachi ma ancora vivissimi, percorsa da una tarantella antica eppur nuova, vissuta da donne e uomini di carne e cartone, fantasmi dalla normale eccezionalità. Perché niente, a Sirena, è esattamente quel che sembra.

Devo subito dire che al principio ho sbagliato l'approccio con il testo. Mi aspettavo un romanzo, o una serie di racconti su Napoli e un suo vero quartiere, tant'è che ho chiesto ai miei amici Napoletani dove fosse mai situato il famigerato Sirena...Ho consigliato nel frattempo il libro a loro che curiosi chiedevano cosa stessi leggendo in spiaggia. Io come sapete avevo dietro tre volumi. Il sacro trittico: 

Nessuno lo sapeva, allora ho capito che stavo errando inconsapevole in tutti i sensi in un viaggio fantareale di un autore visionario innamorato della sua contraddittoria città.
Ho ricominciato e letto il testo senza attese, come un bimbo a cui venga mostrato un mondo incantato. Ho amato scorci inattesi, nomi storpiati, piccoli stratagemmi, passi vera poesia, miti, ho sentito il rumore del mare e riso alla descrizione degli antichi carteggi su San Kasino. Arrivata alla fine, non avevo capito la strada, ma ero capace di interpretare il sentimento di Filippo 'oTroll, e di Claudio. Quella malinconia luminosa che ci assale lasciando Napoli.
Insomma alla fine ho compreso che questo libro non può essere  letto normalmente, cercando una trama, che non c'è, o uno fine concreto, ma deve essere vissuto lasciandosi trasportare da quello spirito di fatalismo e accettazione che lo caratterizza, come caratterizza Napoli e i suoi abitanti. Solo allora si lascerà permeare e apprezzare.
Auguri ad Aurelio!