lunedì 27 maggio 2013

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Maria Lidia Petrulli, Il Volto Segreto di Gaia, Edizioni Il Ciliegio, aprile 2013


Interviste culinarie di Federica Gnomo

Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Maria Lidia Petrulli,  Il Volto Segreto di Gaia, Edizioni Il Ciliegio, aprile 2013, per averci aperto la porta della sua cucina.
 Il Volto Segreto di Gaia è il primo libro di una trilogia di fantascienza. È ambientato in un futuro in cui l’uomo ha rotto gli equilibri della natura con l’utilizzo sfrenato di una tecnologia portata agli estremi, ha modificato e reinventato se stesso agendo sul corredo genetico con tecniche estremamente avanzate, ha creato nuove specie. In questo scenario la Terra, Gaia, si oppone alla sopravvivenza dell’uomo stesso rendendo ostile l’ambiente.
Ma da qualche parte su Gaia, le sfere di luce portate dal corvo, (leggenda inuit), richiamano dallo spazio infinito gli ybridis provenienti da Artan: su quel lontano pianeta, l’ipocondria che affligge gli umani ha raggiunto livelli talmente patologici che l’uomo rischia di estinguersi, dopo che anche gli ybridis hanno sfiorato l’estinzione rifugiandosi nel Mondo Fuori dal Tempo per sfuggire alla morte.
Su Gaia, intanto, un clone sfuggito ai “creatori” sogna di tornare a essere libero, mentre una creatura cresciuta nel “Mondo Azzurro”, contiene in sé tutto lo scibile accumulato nel corso delle ere.
Mondi diversi di incontrano per dare inizio a qualcosa di nuovo.



La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Comincio con “se mi piace mangiare bene”, dipende da quel che s’intende; adoro mangiare cose semplici, magari con un pizzico di esotico, come quelle grandi insalate che sono un misto di verdure, pesce o carne, e frutta secca, trovo affascinante mescolare i sapori salati e dolci. Le pietanze elaborate, invece, con creme, besciamelle o sughi stracotti, diciamo che non sono il mio forte.
E mi piace cucinare nello stesso senso, piccole cose che non mi stancano, e possibilmente senza passare davanti ai fornelli l’intera giornata: ho limiti di sopportazione molto bassi.

Lo fa per dovere o per piacere?
Con così poco tempo a disposizione, finisco col cucinare per sopravvivenza, ma cerco sempre di attenermi alle mie regole, di coccolarmi un poco anche con ricettine rapide ma che mi diano soddisfazione, insomma, il classico panino prosciutto, pomodoro e mozzarella, lo lascio per quando sono in transito verso l’Italia e non ho voglia di andare in ristorante.

 Invita amici o è più spesso invitato?
Mi piace invitare gli amici, stare insieme a parlare di tutto e di niente intorno a piccole sane leccornie, ma il fine è stare insieme, non il cibo in sé.
Naturalmente mi piace anche essere invitata.

 Ha mai conquistato amici o un uomo cucinando?
A questo proposito ho da raccontare un episodio davvero divertente, io e mio marito ci ridiamo ancora.
C’eravamo conosciuti da poco, c’era già quel non so ché che poi ci portò a continuare la nostra storia sino al matrimonio, e io lo invitai a cena un giorno a casa mia, per l’occasione sfoderai l’idea di fargli un dolce di castagne, con la farina di castagne. Lui poverino non disse niente ma era immangiabile, non so cosa avessi sbagliato, ma ne era venuta fuori una massa gelatinosa e disgustosa. In silenzio mandammo giù i bocconi, poi ci guardammo e scoppiammo a ridere, la storia è diventata una specie di aneddoto da raccontare agli amici quando si rispolverano i ricordi.

Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Non è di grande importanza il fatto che sia bravo o meno ai fornelli, mio marito è un eccezionale conoscitore di funghi e li prepara divinamente, tra l’altro se la cava piuttosto bene anche nell’invenzione di intrugli vari: gli piace sperimentare… talvolta l’esito è imprevedibile. Ma anche se non sapesse fare proprio niente, non lo cambierei per nulla al mondo.

Quando ha scoperto questa sua passione?
La passione per la cucina è iniziata quand’ero adolescente, quando ho scoperto di adorare le torte fatte in casa e ho cominciato a farle: solo se i miei erano in vacanza sennò la cucina era un luogo proibito.

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Da piccolissima rifiutavo di mangiare il pane insieme alla pasta, alla carne o a qualsiasi altra cosa non fosse sughetti o pomodori, cosa che faccio a tutt’oggi, e mia nonna che dice: vuol dire che la picciridda non ne ha bisogno, lasciala fare come vuole.


Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Mangio pressoché tutto, ma non fatemi neanche odorare un cetriolo perché divento una furia, una pietanza che mi piace: una deliziosa torta alle noci fatta in casa.

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Adoro tutti i colori, tranne un eccesso di nero, ma nessuna idiosincrasia legata a colori e cibo: mi piace per esempio il riso nero della Camargue.

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
In genere quando scrivo dimentico tutto il resto, anche di bere, non ho riti propiziatori, il caffè non lo prendo mai, il tè deteinato, qualche volta.

Scrive mai in cucina?
No, non mi capita mai tranne da quando sto in Francia visto che cucina e salottino sono un tutt’uno.

Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Preferisco scrivere nella mia stanzetta che pullula di elfi, fate, candele e streghe oppure in giardino; da quando sono in Francia, nei miei 40 metri quadri, scrivo davanti alla finestra, con le colline coperte dai boschi e gli uccelli che sfrecciano da tutte le parti. Scriverei volentieri nel giardinetto, ma bisogna aspettare che faccia caldo: il clima della Lozère è bipolare. Scrivo più volentieri la mattina ma riesco a farlo solo il fine settimana, per il resto mi arrangio col lavoro.

 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Non compro quasi mai cibi pronti, a parte le pizze congelate di cui, strano ma vero, ho trovato una marca accettabile, anche se francese; preferisco cucinare, anzi, cucino di più perché se scrivo vuol dire che sto bene con me stessa, insomma, mi coccolo.

Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Salato e dolce in parti eque.

Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
In effetti ho una storiella divertente concernente il cibo, oltre a quella del dolce di castagne, mi è stata raccontata perché è diventata oggetto di grasse risate nella mia famiglia. Dovevo avere all’incirca 4 anni e abitavo ancora a Roma, mio zio decide di portare la nipotina a fare una passeggiata a metà mattina, e la suddetta nipotina, io, si ferma davanti a una pasticceria e comincia a dire: «Voglio la pastarella, voglio la pastarella, mi compri la pastarella».
Essendo quasi mezzogiorno, mio zio tenta di convincermi a desistere dalla richiesta perché ha paura che poi faccia storie a pranzo, e la sottoscritta nipotina frigna ancora più forte: «Voglio la pastarella, voglio la pastarella, brutto cattivo!»
Faccio talmente tanto baccano che alcune signore si fermano e apostrofano mio zio: «Ma non si vergogna a non comprare una pastarella alla bambina?»
E lo zio, all’epoca carabiniere a cavallo, ferito dalla vergogna per essere trattato da taccagno, entra e finalmente mi compra la pastarella. Usciamo. Io con la pastarella in mano. Lo guardo, tendo la manina e: «Prendila, io non la voglio più».
Mio zio se ne tornò mogio mogio a casa con la pastarella infamante in mano. Penso che, se non fosse stato il pezzo d’uomo che è ancora nonostante i suoi 89 anni, me l’avrebbe spiaccicata sulla faccia, e avrebbe avuto ragione.

Lei è uno scrittore di che genere? Quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con suo marito?
Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Non sono una scrittrice di genere. Ho iniziato la mia carriera con il fantasy e la fantascienza, ma in questi ultimi anni sono affascinata dal mistery, dalle possibilità interpretative della realtà offerte dalla teoria dei quanti, ma anche da situazioni reali, anche drammatiche, che poi tendo a rielaborare a modo mio. Con gli amici o mio marito preferisco i locali genere trattoria, con cucina casalinga, e in genere ordino spaghetti con le vongole, un’orata oppure una bella bisteccona alla fiorentina, e magari un dolce di mele o una sebadas. In genere si va a festeggiare tutti insieme dopo una presentazione, che sia mia o di altri non fa differenza, insieme a Robero Alba e Luisa Cardia, coi quali c’è un’amicizia che, dal virtuale, è passata al reale.

Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Normalmente era la libreria che offre un buffet, un aperitivo semplice a base di vino, carta da musica, salsiccia e formaggio; una volta organizzò anche una presentazione in un ristorante dove avevamo mangiato benissimo e trascorso una piacevole serata, poi, con la crisi, si è dovuto tagliare qui e là.

Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Non ho mai scritto nulla che ruoti intorno al cibo, a parte il rapporto col cibo di un personaggio bulimico dell’ultimo romanzo che ho scritto, ma che non è quello appena pubblicato. Né i titoli dei miei romanzi hanno attinenza con pietanze o profumi.
Il volto di Gaia a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Non è facile accostare Il Volto Segreto di Gaia a una pietanza, fammici pensare, mi viene in mente quello che qui in Francia viene chiamato “chausson”, un saccottone di pasta sfoglia all’interno del quale c’è un’abbondante composta di mele o pere oppure fragola, insomma, ne acquisti un bel vassoio e poi tiri a indovinare su quel che c’è dentro. Ti assicuro che sono ottimi, ne prendo sempre qualcuno quando torno a Cagliari: non sia mai che mi venga l’astinenza.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
Non essendo una cuoca eccezionale non è che abbia ricette particolari, ma se devo scegliere, opterei per la salsa di peperoni e broccoletti con cui condire la pasta.
RICETTA
Salsa di peperoni e broccoletti per pasta

Quantità eguali di peperoni e broccoletti.
Si fanno lessare per bene i broccoletti in acqua salata e, dopo averli scolati, li si passa in padella con un poco d’olio d’oliva dove sono stati fatti imbiondire degli spicchi d’aglio privati del cuore. Una volta che sono ben cotti, schiacciarli con una forchetta sino a formare una sorta di crema.
I peperoni vanno tagliati a pezzetti dopo aver tolto i semini e i cordini interni che non ricordo come si chiamano, quindi si fanno bollire in tegame con delle cipolle e aromi vari. Una volta ultimata la cottura si mette da parte il liquido e si passano al mixer, in genere io uso il frullino a immersione, pratico, veloce e non sporca, ottenendo così una bella crema che andrà o meno allungata col liquido di cottura messo da parte a seconda della consistenza. Prima del mixer aggiungere un bel ciuffo di basilico e frullarlo insieme. Quindi mescoliamo crema di peperoni e di broccoletti e la salsa è pronta.
Una bella spolverata di parmigiano quando la pasta è cotta, e via.

Quale complimento le piace di più come cuoco?
Non avendo fama di gran cuoca, quando mi sento dire “ma lo sai che è proprio buono?”, sono già al massimo del compiacimento.

E come scrittrice?
Come scrittrice, quando alle tre del mattino mi è arrivato un sms che diceva: “l’ho appena finito, non potevo smettere di leggere, sono commosso”, mi sono sentita felice come mai perché quella persona mi aveva ascoltata. C’è differenza fra essere letti ed essere ascoltati.

Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Da “Il Volto Segreto di Gaia” sceglierei questo passo:
Le case erano disposte in semicerchio al limitare di uno spiazzo, incollate le une alle altre come soldati che avessero stretto i ranghi per meglio proteggersi dal nemico.
La fronte di Elias si aggrottò per un attimo, “Forse il nemico lo coviamo qui, dentro di noi”.

Grazie per la sua disponibilità                                                                            
Grazie a lei per un’intervista tanto originale e che permette alla persona di manifestarsi per quello che è, al di là dei soliti stereotipi.




giovedì 23 maggio 2013

Per veri intenditori di Fantascienza è al debutto "50 sfumature di SCI-FI"


In arrivo il 28 Maggio l' ormai attesissima antologia "50 sfumature di SCI-FI" curata da Alexia Bianchini, edita da La Mela Avvelenata, contenente il mio racconto Infinity. Sono in buonissima compagnia e molto onorata di essere stata selezionata da questa casa editrice digitale unica per offrire una immagine accattivante e contenuti fortemente distinguibili nel panorama editoriale. 


50 racconti per 50 autori.
Con la prefazione a cinque stelle del grande curatore di Urania, Giuseppe Lippi.

Attraverso questa cospicua antologia, potrete gustare le tante sfumature che caratterizzano questo genere.

Distopie, ucronie, racconti ambientati nello spazio o in realtà alternative... c’è n’è per tutti i gusti.

Scrittori famosi al fianco di emergenti, con un unico obbiettivo: sorprendervi!

Daniele Picciuti - Viola Lodato - Emanuele Delmiglio - Dario Tonani - Anna Grieco - Stefano Pastor - Giovanni Stoto - Lorenzo Crescentini - Livin Derevel - Alain Voudì - Marta Leandra Mandelli - Francesco Troccoli - Claudio Cordella - Simone Messeri - Serena Barbacetto - Maico Morellini - Sandro Battisti - Ambra Fraccaro - Aaron Leonardi - Chiara Perseghin - Rigoni Fiorella - Andrea Santucci - Francesca Rossi - Elvio Ravasio - Luigi Milani - Federica Gnomo Twins - Enrico Nebbioso Martini - Fabrizio Fortino - Marco Milani - Claudia Graziani - Ivan Berdini - Donatella Perullo - Vittorio Della Rossa - Francesco Verso - Alexia Bianchini - Luca Romanello - Stefano Sacchini - Luca Fadda - Daniela Barisone - Francesca Montomoli - Alessandro Forlani - Luciana Ortu - Fabio Bottinelli - Paola Boni - Raffaele Fumo - Valerio Marcello Pelligra - Raffaele Serafini - Pellegrino Dormiente - Maria De Riggi - Hush

lunedì 20 maggio 2013

IN CUCINA CON LO SCRITTORE: Stefano Olivieri, Ben Nahid, IoScrittore, marzo 2013


 Interviste libro- culinarie di Federica Gnomo Twins


Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Stefano Olivieri, autore del romanzo Ben Nahid, finalista al torneo letterario IoScrittore 2012 del gruppo Mauri & Spagnol e pubblicato con marchio IoScrittore il 28 marzo 2013,  per averci aperto la porta della sua cucina.
Ben Nahid è una storia strana, che mescola il sale e il miele della vita quotidiana di un reporter, Peter Logran,  che ha scelto di lavorare in uno dei posti più insidiosi del mondo, la striscia di Gaza. Peter è un agnostico convinto e ha più di un problema anche con se stesso quando si imbatte in un mistero che può diventare lo scoop del millennio. Risolvere questo mistero lo farà incontrare con Juliette e fra i due, inseguendo Ben Nahid che muore e poi ricompare, nascerà una storia importante. Alla fine il servizio tv verrà realizzato e cambierà addirittura la storia del mondo, ma ai due giornalisti non verrà tributato alcun onore perché saranno altrove. Per sapere dove e perché, dovete leggere la storia.
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Mangiare bene per me significa non soltanto la qualità del cibo, ma anche la condizione di benessere ( o malessere) in cui il cibo viene consumato. Per esempio, quando sono al lavoro la pausa mensa è di venti minuti, e mangiare osservando l’orologio fa diventare indigesto qualsiasi cibo.

 Lo fa per dovere o per piacere?
Mangiare deve essere un piacere, sempre. E io sono un privilegiato perché mia moglie è una cuoca sopraffina. Ma anch’io faccio la mia porca figura ai fornelli.

 Invita amici o è più spesso invitato?
Vorrei avere la mia casa sempre piena di gente, ma non è possibile. Prima di tutto per la presenza di cinque cani (erano sei, ma a gennaio ci ha lasciato Ollie). I miei cani (una vera famiglia, due genitori e tre figli) fanno parte integrante della famiglia umana anche (e soprattutto) all’ora di pranzo.  Birillo, il capobranco,  addirittura si siede a tavola quando non la vede ancora apparecchiata e comincia ad abbaiare per il ritardo. Purtroppo

 Ha mai conquistato amici o una donna( uomo) cucinando?
Ho conquistato il loro stomaco, forse. Il cuore no. Invece Eu, mia moglie, il cuore me lo ha trafitto con una torta alle gocce di cioccolato. E ancora prima cucinandomi gli spaghetti al tonno (che lei odia).

Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
No
Quando ha scoperto questa sua passione?
Quando ho cominciato a pescare. Perché ho iniziato dalle pietanze a base di pesce
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Le tavolette di cioccolato bianco che mi regalava Monique, una nurse svizzera, quando nacque mio fratello (avevo cinque anni e mezzo)
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Amo la frittura di pesce, freschissima e poverissima (di paranza) Odio le fave cotte. Puzzano di capra. Me le davano le suore in collegio, a Palermo. Puah!
Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Nessuno. Son curioso di assaggiare tutto, ma non mi fido molto delle pietanze vestite e camuffate. Sono per la cucina semplice.
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
Il caffè, prima. E la bottiglia d’acqua accanto. Se scrivo tanto mi viene l’arsura.
Scrive mai in cucina?
No. Però se mi viene in mente un’idea può capitare che prenda un appunto.
Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
A tutte le ore del giorno e della notte. Preferibilmente il pomeriggio, quando i cani dormono. Nel mio studio, dove ho il pc e tutte le mie cosette.
 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
All’acquisto del cibo provvede sempre Eu, in genere non acquistiamo cibo pronto tranne la pizza bianca. Quella colorata la facciamo da noi (compresa la pasta).
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Può essere un pacchetto di Tuk salati oppure un bacio Perugina. Non ho preferenze.

Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Una volta, da sposino,  preparai (sperimentai) un arrosto con della carne da brodo. Battezzai il piatto “Nun sa de rien” (non sa di niente). Nessuno lo volle mangiare, neanche il cane lupo del piano terra.

Lei è uno scrittore, quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con sua moglie?
Quando esco vado al supermercato, con mia moglie ci coccoliamo con un cappuccino al bar il fine settimana. Non vado al cinema da secoli.

Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Festeggiare una pubblicazione? Non ci ho mai pensato. Ho pubblicato finora due e-book, non esageriamo.
Ha mai fatto presentazioni con buffet?
Mai fatte presentazioni. La scrittura per me è una passione economica, non mi sono mai auto pubblicato e non dispongo di risorse per promuovermi a pagamento.

Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  “Ben Nahid” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Sì, un paio. Il pranzo di Peter all’inizio del libro, poi i suoi ricordi (bistecca arrosto e vino rosso); e poi anche qualche pranzo in casa di amici palestinesi e uno al ristorante, a Tel Aviv, con la sua bella Juliette. Ora che ci penso, ma che ho scritto, un ricettario? :D

“Ben Nahid” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Alla mia frittura di pesce. Perché è fragrante e profumato, e dai mille sapori.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?

Ok.  Bucatini sgombro e cime di rapa.

Sfilettare due piccoli sgombri freschissimi (400 grammi) e metterli in acqua a fuoco lento, senza sale aggiunto. Quando la carne diventa bianca e tende a spezzarsi spegnere il fuoco e scolarli. Poi, andare a cercare nei campi (in questa stagione) un po’ di cime di rapa selvatica (broccoletti) e farne sul ½ Kg. Lavarli per bene, sbollentarli appena e scolarli. Mettere l’acqua per la pasta. Poi, una padella con olio d’oliva (poco), due spicchi d’aglio non sbucciati, un po’ di peperoncino. Versarci dentro le cime di rapa e farle ammorbidire, poi aggiungere i filetti di sgombro spezzettati. Mescolare e fare asciugare a fuoco lentissimo. Nel frattempo mettere a cuocere i bucatini e quando son cotti, scolarli e aggiungerli in padella, aumentando il fuoco e mescolando. Servire caldi con una spruzzata di pecorino. *

Quale complimento le piace di più come cuoco?
Torno a mangiare da te.

E come scrittore?
Ho riletto il tuo libro

Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
I sapori non s’inventano, vanno soltanto tirati fuori.
Grazie per la sua disponibilità                                                                           










giovedì 16 maggio 2013

Home sweet Gnome: Barattolini di vetro primaverili

Care amiche è Primavera da un pezzo, ma la pioggia spesso ce lo fa dimenticare. Possiamo portarla in casa con questa soluzione romantica per utilizzare barattolini di vetro, adatti anche come piccoli segnaposto per un pranzo: un raggio di sole in una giornata uggiosa.
Occorrono barattolini di vetro, da cui staccherete le etichette mettendoli a bagno in acqua calda e sapone un quarto d'ora. Una striscia di iuta,  pizzo al metraggio. Nastrini vari colori o spago.
Basterà tagliare sia la iuta che il pizzo nella misura della circonferenza del barattolo abbondando di un cm. Sfilacciare un po' la iuta per darle l'aria vissuta, e poi metterla sopra al vasetto. Potete fermarla con un piccolo punto di ago e filo. Stessa cosa farete con il pizzo, poi fermate il tutto con un cordoncino  ricavato dalla sfilatura della iuta che avrete comprato sicuramente più lunga o spago. Sono carini anche nastrini del colore dei fiori.
Utilizzate fiori di campo, cardi lilla, margherite, avrete un effetto molto primaverile.

lunedì 13 maggio 2013

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Francesca Panzacchi, "Le ricette del desiderio" Ciesse edizioni 2012



Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autrice Francesca Panzacchi, autrice de “Le ricette del desiderio” (Ciesse Edizioni, 2012) per averci aperto la porta della sua cucina. 


"Le ricette del desiderio" Il termine afrodisiaco deriva dal mito di Afrodite, dea greca dell’amore, che uscì dal mare dentro a una conchiglia d’ostrica. L’origine di questi cibi è antichissima e affonda le proprie radici nella cultura greca, romana ed egizia.
Oggi, anche la scienza ha riconosciuto il potenziale di alcuni alimenti, tuttavia una ricetta può davvero considerarsi afrodisiaca soltanto quando è in grado di stimolare tutti i sensi: per raggiungere la massima efficacia le proprietà nutrizionali dei cibi devono infatti legarsi ai colori, ai profumi e all’atmosfera magica che riuscirete a creare.              

La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Adoro mangiare e mi piace molto cucinare, anche se confesso che mi piace ancora di più quando qualcuno cucina  per me.
Lo fa per dovere o per piacere?
Sempre e solo per piacere. Altrimenti non cucino proprio.
Invita amici o è più spesso invitata?
Sono più spesso invitata, ma quando invito io cerco di farmi perdonare.
Ha mai conquistato un uomo cucinando?
No, in verità ho sempre privilegiato altre armi di seduzione.
Vivrebbe con un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Vivo con un uomo che sa fare solo la pizza, quindi credo proprio di sì.
Quando ha scoperto questa sua passione?
Già da piccola trafficavo in cucina compiendo improbabili esperimenti culinari.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Quando ero bambina guardavo sempre mia nonna preparare i biscotti e ogni volta tentavo di rubare un po’ dell’impasto.
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Adoro le crespelle agli asparagi e detesto i peperoni, in qualunque modo vengano cucinati.
Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Non saprei, forse dipende più dall’aroma e dalla consistenza.
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffé? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
Spesso sorseggio tè al mirtillo mentre scrivo.
Scrive mai in cucina?
No, scrivo sempre al computer che si trova nel soggiorno.
Altrimenti dove ama scrivere? E a che ora le viene più naturale?
Quando posso scrivo all’aperto, con il portatile.
Molto spesso scrivo di notte, quando il silenzio è assoluto e la concentrazione massima.
Si compra cibo pronto (tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Quando l’ispirazione fluisce molto spesso mi dimentico di mangiare.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è presa dal suo lavoro? Salato o dolce?
Cioccolato bianco, sempre.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Una volta, con due coppie di amici invitati a cena, ho dimenticato di accendere il forno, così abbiamo iniziato a mangiare che era quasi mezzanotte.
Lei è una scrittrice che spazia molto da un genere all’altro, quando esce a cena con i suoi figli, o amici che tipo di locale preferisce? E quando esce con suo marito?
Oppure per festeggiare una pubblicazione? Cosa tende a ordinare in un locale?
In qualsiasi occasione mi piacciono i locali intimi, caratteristici, le locande con un’anima. D’estate adoro mangiare all’aperto, in campagna o vicino al mare. Tendo a ordinare sempre cose nuove, mi piace sperimentare sapori diversi, anche se non disdegno i piatti più tradizionali della cucina emiliana. Quando festeggio una pubblicazione stappo un vino eccellente, credo sia giusto viziarsi ogni tanto.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Sì, di solito lo offro, ritengo che sia un modo piacevole e informale per interagire con i lettori. Mi piacciono gli aperitivi ricercati, appetitosi, non banali.
Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Sì, nel mio libro “Le ricette del desiderio”, che è un vero e proprio manuale di ricette afrodisiache il cibo, in tutte le sue declinazioni, è il protagonista assoluto.
Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
Molto volentieri, si tratta di una ricetta afrodisiaca, ovviamente.


FRAGOLE AUDACI

200g di cioccolato al peperoncino
15 g di burro
1 cestino di fragole

Lavate e asciugate perfettamente le fragole.
Fate fondere il cioccolato al peperoncino in una ciotola posta su una pentola di acqua che bolle o nel forno a microonde per un minuto.
Fuori dal fuoco, incorporate al cioccolato la noce di burro e mescolate bene in modo da ottenere una crema fluida e liscia.
Immergete le fragole, ognuna infilzata in uno spiedino di legno, nel cioccolato fuso e fatele asciugare all’aria. Quando il cioccolato si sarà ben solidificato, potete riporle in frigorifero fino al momento di servirle.

Quale complimento le piace di più come cuoca?
Quando mi dicono: “Mi inviti di nuovo a cena?”
E come scrittrice?
Quando mi dicono che so emozionare attraverso la scrittura.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittrice possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
“Il desiderio è l’essenza dell’uomo”.È una frase di Spinoza che ha ispirato il mio libro, dalla prima all’ultima pagina.

Grazie per la sua disponibilità                                                                           











giovedì 9 maggio 2013

TEA for TWO: Torta soffice al mascarpone

Il tè è buono anche  in queste giornate calde, magari freddo e aromatizzato alla frutta.
Ottimo con una torta soffice e saporita fatta in casa. 


Torta soffice  al mascarpone

Ingredienti:
3 uova
250g di zucchero
90g di burro
200ml di latte intero
250g di mascarpone
scorza di un limone
300g di farina 00
150g di fecola di patate
una bustina di lievito per dolci un pizzico di sale
Procedimento:
In un recipiente capiente sbattiamo con il frullatore le uova con lo zucchero, fino ad ottenere un composto spumoso; aggiungiamo quindi il burro ammorbidito, il latte, il mascarpone e la scorza del limone, quindi la farina, la fecola, il lievito e un pizzico di sale. Preriscaldiamo il forno a 180°.  Imburriamo e infariniamo una teglia di 24 cm e versiamo il composto.  Inforniamo per 30 minuti a 180°,quindi abbassiamo la temperatura a 150° e lasciamo cuocere per un'altra mezz'ora circa fino a doratura. Lasciamo raffreddare la torta e spolveriamola con  zucchero a velo. Sarà un successo. Ottima anche accompagnata con fragole condite con zucchero e limone.





lunedì 6 maggio 2013

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Luca Fadda, Bentesoi, Edizioni Nulla Die


IN CUCINA CON LO SCRITTORE
Interviste culinarie di Federica Gnomo Twins


Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Luca Fadda, Bentesoi, Edizioni Nulla Die, 2013, per averci aperto la porta della sua cucina.

“Amare, come il sentimento all’infinito, come il sapore delle parole dell’addio”
Questa frase, tratta dall’inizio del diario del protagonista, riassume tutta la vicenda narrata in Bentesoi. Tra l’amore e l’amaro scorre la storia, che trae spunto dal primo libro di Patricia Highsmith (Sconosciuti in treno), soggetto originale del film di Hitchcock “Delitto per Delitto”. Con le dovute varianti, Bentesoi è un romanzo a tinte noir, la storia di un’amicizia giovanile sfumata e la sua evoluzione nella maturità dell’età adulta. Il passato che torna con un sapore nuovo, sferzato da ferite mai rimarginate dal tempo. E come recito in quarta di copertina, il ritorno al passato non è mai indolore. Per nessuno.

La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Diciamo che il mio mangiare è semplice, a volte un panino mi basta, soprattutto quando sono da solo. Anzi, quando sono solo mi dimentico proprio del pasto. Al contrario il cucinare è una cosa che proviene dai miei geni: il cuoco di casa era papà, e le mie sorelle sono ottime cuoche. A me piace cucinare e cerco sempre di essere originale. Non mi accontento della ricetta precisa da eseguire come un automa, la ragiono la ricetta che preparo. Se un ingrediente non mi va, non lo uso, e se mi sembra che manchi, lo aggiungo. Così come i procedimenti, soprattutto all’inizio di una preparazione.

 Lo fa per dovere o per piacere?
Non saprei. In realtà io ho preso in mano la cucina fin dal primo giorno di matrimonio. E da allora è un mio feudo personale. Però è una cosa che mi piace, mi fa sentire vivo correre dietro alle varie fasi della preparazione di un piatto.

 Invita amici o è più spesso invitato?
Non faccio una grande vita sociale e la maggior parte delle volte sono invitato. Ma ci sono periodi nell’anno in cui ci scateniamo con gli inviti e a quel punto io mi scateno in cucina. Posso alzarmi alle cinque per fare una pasta al forno perfetta.

 Ha mai conquistato amici o una donna cucinando?
Non credo. Se è successo, è stato a mia insaputa. La sola idea che un uomo cucini bene, conquista; anche se a me non sembra una gran cosa. È come dire che una donna sa guidare bene l’auto: non ci vedo niente di strano.

Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
In parte lo faccio. Non che mia moglie non sappia cucinare (ma non ne ho la minima idea), però io la escludo da questi frammenti della giornata. Lo faccio per piacere mio (e del palato suo e di mio figlio), quindi credo che non avrei problemi nel vivere con chi non sa nemmeno accendere un fornello.

Quando ha scoperto questa sua passione?
Credo che fosse all’università, perché a casa papà monopolizzava i fornelli. Io da studente vivevo con altri quattro colleghi e cucinavamo a turno. Loro facevano la pasta al sugo, o scaldavano le pietanze portate da casa. Io invece portavo gli ingredienti, per poi preparare il pranzo e la cena.

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Come ricordo diretto, ho in mente sempre una teglia enorme (ero piccolo, forse cinque o sei anni) di gamberoni al forno. Non era la prima che veniva portata a tavola, ma mentre gli altri invitati mangiavano ancora uno, due gamberoni, io continuavo a strafogarmi fino all’ineluttabile. Credo che siano passati almeno dieci anni tra quel giorno e la prima volta che mangiai di nuovo gamberoni.

Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Non ho grandi preferenze, mangio praticamente tutto. Ma la carne è sicuramente il mio alimento preferito, e non necessariamente cucinata in maniera classica. Amo gli intingoli e le forme interessanti del cibo. Per esempio, a mio figlio ogni tanto cucino le “uova di carne”: in pratica sono fettine di vitello che avvolgono una fetta di pancetta (o speck, prosciutto crudo o cotto) un uovo sodo, il tutto cotto in umido.
Se mi chiedete qualcosa che detesto, però, non posso che citare la trippa. Già l’odore in cottura mi fa stare a digiuno per due giorni.

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Il grigio-trippa, se è un colore. Ma il grigio è triste in un piatto, a prescindere dalla trippa. Posso mangiare un risotto nero (fatto col nero di seppia), ma non uno grigio.

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
Nessun rito scaramantico, ma nelle pause mi affogo di caffè. E se sono solo salto i pasti, appesantiscono mente e corpo portando alla pennichella. Anche se la fase di pre-addormentamento è proficua per i pensieri, non sempre viene accettata dal ricordo, per cui preferisco essere il più vigile possibile mentre scrivo.

Scrive mai in cucina?
Scrivo usando un portatile e quando sono da solo in casa è poggiato sul tavolo di cucina. Se devo cucinare, mi piace alternare scrittura e cottura. Credo che la fase creativa di qualsiasi attività vada a influire su quelle delle altre. Forse è per questo che se non ho idee per una storia, creo un piatto laborioso.

Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Ho una postazione di scrittura nella mansarda di casa. Quella era la postazione da “cinque del mattino”. Mi alzavo presto per scrivere, perché le idee mi assillavano tutta la notte. A volte dormivo un’oretta e mi mettevo all’opera.
Adesso è diverso, perché non vado neppure a letto. In pratica dormo una notte ogni tre. La notte è perfetta per scrivere perché puoi immaginare di tutto: anche la luce, e la immagini come vuoi tu. Alla luce, invece, puoi solo descrivere ciò che è sotto gli occhi di tutti.

 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Se sono molto preso, di solito non mangio. Se devo mangiare, preferisco comunque cucinare. È difficile che troviate a casa mia dei cibi pronti. L’unica concessione sono le spinacine d’emergenza.: se si rientra tardi la sera, e si è a digiuno, un salto nel forno e via. Ma a dire il vero non so se in fondo al freezer ce ne siano ancora.

Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Non sono un grande amante del dolce, tanto che i dolci sono l’ultima cosa che ho imparato a preparare, anche se adesso li preparo ogni settimana. Però assaggio per capire come sono venuti, il resto è tutto per mia moglie e mio figlio. Il salato invece mi stuzzica, e niente è meglio di una bella fetta di pane con prosciutto crudo per risvegliare l’attenzione.

Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Non è un vero aneddoto, ma una maledizione. Di solito al fine settimana preparo la pizza. E mi viene perfetta, detto senza falsa modestia, nonostante cambi spesso il procedimento. Però quando invitiamo qualcuno per una pizzata casereccia, non so perché ma succede sempre qualcosa. Nel mio curriculum ho  l’impasto non lievitato, il forno che brucia la pasta, il forno che si spegne a metà cottura e la farina nuova che scopro (a dispetto dell’etichetta) essere integrale.
Ma nell’intimità della famiglia, la pizza è sempre perfetta. Io la chiamo, con poca fantasia, “La maledizione del sabato sera”.

Lei è uno scrittore (cito dal suo blog) d’AltriMenti. Quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con sua moglie? Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Non credo che “lo scrittore” ordini, lui scrive. Essendo abituato fin da piccolo a mangiare sano e saporito, ho una specie di rigetto verso i ristoranti veri e propri. Non sono mai soddisfatto. La mia scelta è sempre per la pizzeria, perché la pizza è buona anche fuori casa. Altrimenti se ci sono periodi in cui mi va proprio l’abbuffata, e allora un agriturismo è la cosa migliore: mangi sempre le stesse cose (la novità è per i turisti non sardi, di solito), ma sono genuine, come fatte in casa.
Non festeggio le pubblicazioni, quando arrivano le vedo solo come l’inizio di un lungo percorso. Se il mio editore, un giorno, mi chiamerà per dirmi che ho superato le centomila copie, allora avrò qualcosa da festeggiare.

Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Devo essere sincero nel dire che non ho ancora fatto presentazioni, per scelta più che altro. Ma per Bentesoi ho già pensato a tutto. Il buffet non può mancare: attira più un panino con prosciutto e formaggio (sardi entrambi) e un buon bicchiere, che la copertina titolata di un libro. Un vero lettore verrebbe anche senza buffet, ma un vero lettore comprerebbe il libro, forse, anche senza presentazione.
La mia idea di buffet è un pasto completo. Certo, nessuna suddivisione in primi, secondi e contorni. Parlo di panini, spicchi di formaggio, insaccati, tortine salate e dolci. Se fosse per me preparerei tutto io, ma non mi piace passare da egocentrico. Trovo comunque che sarebbe un momento di relax, soprattutto per me, dopo la tensione della presentazione. E un modo carino per rispondere, in veste privata e senza divisioni tra me e il pubblico, alle domande degli invitati.

Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  Bentesoi ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Ho usato il cibo nel primo libro, in un racconto (Macellazione abusiva) in cui il cibo è un po’ surreale, tanto che tratta di una macelleria abusiva di carne umana. Ma in generale non cito i cibi se non in maniera molto sfumata.
In Bentesoi i due protagonisti si parlano a lungo davanti a una cena tipica sarda, ma non entro nel dettaglio delle portate. In origine elencavo l’intero menù a base di culurgiones, panadas, maialetto arrosto, dolci secchi sardi, ma la cosa stancava e ho limato le descrizioni restando sul generico. E anche successivamente a quella cena, il cibo è solo lo sfondo naturale di una giornata normale. Però questo dipende dai personaggi, sono troppo indaffarati a vivere le loro preoccupazioni per pensare al cibo.

Il cibo è mai protagonista?
Come ho detto prima, in Macellazione abusiva il cibo è il protagonista. In tutti i sensi, anche quelli meno apparenti. Ma per ora, non mi è capitato di inserirlo come oggetto di una storia complessa. In futuro non si sa mai però.

Benesoi a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Un qualsiasi piatto elaborato, per l’intreccio che si è creato durante la scrittura. Mi riferisco a quei piatti che fondono assieme il dolce, il piccante e il salato per ottenere un sapore delicato. Penso che una bella anatra all’arancia faccia al caso mio: il dolce dell’arancia è un contorno (l’amore) che serve a smorzare il gusto forte della selvaggina (il rancore, l’odio, il rimorso). Per palati fini, o forse per chi ha semplicemente fame.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
Non ho una ricetta che mi riesce meglio, e non ho un piatto forte da offrire. Capita di rado che io prepari più di due volte nell’anno lo stesso piatto. Ma a questa ricetta sono affezionato perché è un’idea che mi è venuta in spiaggia, due anni fa, e ho cercato di crearla mettendo assieme un po’ di conoscenze culinarie. Il risultato è sorprendente, perché mi permette di cucinare l’agnello senza doverlo fare arrosto. Qui è tradizione l’agnello arrosto, ma io al forno non lo faccio per non impestare la casa dell’odore, e fuori non mi sono ancora attrezzato con il barbecue.

AGNELLINO E CECI
Ingredienti per tre adulti
-          Agnellino da latte: un quarto (circa 2 Kg), meglio se è la parte con il cosciotto;
-          Ceci: 250 grammi (da fare ammorbidire in acqua non salata per almeno otto ore);
-          Scalogno: uno;
-          Pomodori freschi: circa 400 grammi (sbucciati e tagliati a cubetti);
-          Brodo di carne caldo: un litro (preferibile il brodo di agnello, ma uso anche quello di dado leggero, fatto con un dado ogni litro d’acqua);
-          Sale: tre prese;
-          Olio extravergine d’oliva: 8 cucchiai.
Attrezzatura particolare
-          Una casseruola in alluminio (o materiale antiaderente) da 40 centimetri di diametro, dotata di coperchio;
-          Una mannaietta per spezzare le ossa;
-          Coltelli ben affilati per le parti di solo muscolo;
Preparazione
Pezzare la carne in tocchi non troppo piccoli, all’incirca 7-8 centimetri. Far rosolare a fuoco vivo nell’olio i pezzi di carne su tutti i lati. Quando la carne ha un colore dorato, unire lo scalogno tritato e i quadrati di pomodoro. Continuare a rosolare ancora per cinque minuti, poi aggiungere il brodo caldo e salare, quindi aggiungere i ceci scolati.
Portare a ebollizione, abbassare la fiamma, cuocere scoperto e a fuoco medio per circa 75 minuti, mescolando di tanto in tanto, o comunque fino a che il brodo non sarà consumato quasi del tutto.
Servire caldo, ma non bollente. Se è possibile, far raffreddare completamente il preparato e riscaldare sul fornello, per un sapore più corposo.

Quale complimento le piace di più come cuoco?
Non amo i complimenti, preferisco un sincero apprezzamento. La parte migliore dei pranzi e delle cene che offro, è quando un invitato fa la radiografia di una mia preparazione e cerca di scoprirne i segreti. Poi di solito mi chiedono la ricetta, e io non ho nessuna remora nel regalarla. Questo è quello che mi piace. Se qualcuno ti chiede la ricetta di quello che ha mangiato, lo fa perché ha gradito.

E come scrittore?
Stesso discorso, anche se non ho ricette per scrivere. Non amo i complimenti diretti, in nessun caso. Meglio parlare coi fatti, con me. Diciamo che (per parafrasare Facebook) sono un uomo da “mi piace” e non da “commenta”. Però apprezzo quando un lettore mi avvicina a un autore che, secondo me, in qualche modo è stato richiamato nel libro. Per esempio, a proposito di Bentesoi, qualcuno ha avuto la sfrontatezza di accostarmi a un certo Cornel Woolrich. Spero che, dove si trova lui adesso, non lo venga mai a sapere.

Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Direi un piccolo stralcio tratto da un dialogo a metà della storia, se non altro perché parla proprio di agnelli.
— Il dopo non sappiamo neanche se esiste. Perché rischiare di non avere nessuna giustizia? Almeno quella terrena ce la prendiamo, per quella divina ci penseremo a suo tempo.
— Discorso ateo, o forse agnostico, non ricordo mai la differenza.
— Agnostico, visto che stiamo parlando di agnelli.
Ecco, uscendo dalla mia cucina potete portarvi via tutto ciò che avete mangiato, ma soprattutto mettervi in tasca un po’ di ironia, che anche nei momenti più cupi aiuta a vedere un mondo meno invivibile. Senza ironia, anche le batterie scariche del telecomando diventano un televisore nuovo.


Grazie per la sua disponibilità                                                                           
Grazie a voi, e buon appetito

domenica 5 maggio 2013

La foresta è un' anima gentile, poesia di Gino Centofante





**La foresta è un animo gentile**

Gnoma, gnometta, 
sembra che vai sempre di fretta, 
tra alberi, funghi, e fiori colorati, 
ti smentisci ad ogni sguardo,
ad ogni sorriso strappato,
ad ogni lacrima di passaggio,
diversamente attenta ti doni,
ti rendi disposta ad essere per gli altri.
Scruti paesaggi burleschi,
vivisezioni parole che in fila si alternano
per renderti merito,
per meritarsi quella tua attenzione
che è forma d’amore, ma anche negazione
del non negarsi di vivere in una foresta
di parole, immagini, baci da contenere.

Il trasbordamento disorienta,
la chiarezza ci consola,
il vivere è un progetto da riscrivere.

Di Gino Centofante, – inedita ©



Ringrazio pubblicamente l'autore: chissà se l'ha scritta pensando a me. 

Ma chi è Gino? In realtà lo ricorderete, è stato ospite di Gnomo Sopralerighe con la sua ultima raccolta di Poesie  "Graffi" edito da Libro Aperto Edizioni, 2012 e una ricetta di torta al cioccolato.


“Gino Centofante” si presenta :

Gino Centofante nato a Pontecorvo (FR) il 3 Luglio del 1992, secondo figlio, dopo sua sorella Debora trascorre la sua giovinezza nei quartieri del Frusinate, in compagnia di nonni, zii e cugini.
Da poco diplomato in un Istituto Tecnico Industriale ha sempre mostrato un’innata passione per tutto ciò che si presenta in forma scritta, i libri sono e saranno una costante della sua vita, e proseguo dei suoi studi presso la facoltà di Scienze della Comunicazione di Sora.
Ha sempre amato scrivere e leggere, convinto che prima di un‘buon’ scrittore ci debba essere anche un attento lettore che con occhio critico sa selezionare, ha sempre partecipato a concorsi di vario genere come: “Comunichiamo la nonviolenza!” , vincitore per ben due anni consecutivi del “Progetto città” Lions Club Arce “Fregellae”, realizzatore del progetto “La Shoah attraverso le immagini e le parole”, vincitore del concorso universitario “Pari e diversi”, selezionato con il racconto “Il Silenzio” per gli Inediti di Palomar 2012. Oltre alla spiccata passione di tutto ciò che attraverso l’intreccio delle parole forma pensieri sublimi, è affascinato da sempre dall’Arte in genere, dal Teatro, pensando che sia uno dei più alti filtri di comunicazione, dalla Natura e dal Silenzio, per l’appunto, che è uno stato di cose che ci porta all’assoluta riflessione, un percorso di crescita, analisi ed elevazione. Curioso del mondo, della vita, di tutto ciò che non è denigrato da questa vita, che ormai è in decadenza per la sua assoluta freneticità, e non ha più tempo e la voglia di vedere il lento scorrere di una goccia sull’erba, lo svolazzare soave di una farfalla, il poggiarsi leggiadro di una penna su un foglio, armonica dello scrittore.

giovedì 2 maggio 2013

Home Sweet Gnome: Festoni luminosi "fai da te"

Questa è una idea che ho trovato su http://multifacesdesign.blogspot.it/ , molto carina, facile e utile per illuminare e sottolineare un tavolo buffet o confetti per una festa di matrimonio, comunione, battesimo, ecc.
Potete riutilizzare le lucine natalizie bianche, basterà comprare dei sottotorta di varie misure e forme e infilarli dietro la piccola lampadina, facendo attenzione che la carta non tocchi la luce che può surriscaldarsi e dare luogo a un incendio. L'effetto sarà molto piacevole e lascerà gli invitati incantati.