lunedì 29 aprile 2013

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Roberto Martinez, La sesta goccia, Io scrittore/Gems, 2013


Interviste libro - culinarie di Federica Gnomo Twins


Oggi salutiamo e ringraziamo l’autore Roberto Martinez, “La sesta goccia d’acqua”, IoScrittore/Gems, 2013, per averci aperto la porta della sua cucina. 

Prendete un portinaio sornione, un sindaco donna senza scrupoli e un accompagnatore vanesio. Poi affiancateli ai loro i rispettivi gemelli: un detective fallito, una fricchettona di ritorno dal Tibet e un evaso di galera dagli appetiti animaleschi. Aggiungete infine che ognuno di loro è impegnato a inseguire il proprio piccolo tornaconto personale, spinto da un’innata ingenuità (o forse sarebbe meglio definirla stupidità?). Cosa accade se tutti questi assurdi personaggi si aggirano in un silenzioso condominio alle porte di Torino sotto il torrido sole di agosto?
Le conseguenze non potranno che essere esilaranti.
Tra scambi d’identità, un efferato omicidio, un politico corrotto e scene di sesso ai limiti del ridicolo, prende vita una commedia degli equivoci travolgente e irresistibile, raccontata con uno stile personalissimo e frizzante, per cui sarà davvero un’impresa trattenere le risate.
E alla fine non vi resterà che una domanda: ma chi sono davvero i miei vicini di casa?

Complimenti il libro deve essere veramente gradevole!
Cominciamo l’intervista.
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Entrambe le cose. Però, se cucino io, preferisco vedere mangiare gli ospiti. Io mi limito ad assaggiare.
Lo fa per dovere o per piacere?
Per piacere e “per piacere”.
Invita amici o è più spesso invitato?
Fifty fifty.
Ha mai conquistato amici o una donna cucinando?
Be’, chissà… Sicuramente ci sono state occasioni in cui è aumentata la mia autostima.
Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Sì, tanto ci penso io.
Quando ha scoperto questa sua passione?
Non è stata una vera e propria scoperta. Con l’esperienza mi sono reso conto che alcuni piatti mi venivano benissimo. Inoltre, da bravo creativo (che è la mia vera professione), sono abile ad aggiungere quel tocco scenografico ai piatti. Come dire, l’abito fa il monaco.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Otto anni o giù di lì. Una sera d’inverno. Mia madre che mi propina caffelatte e prosciutto cotto, un’usanza tutta piemontese; poi i miei e mia sorella maggiore a tavola a colpi di bagna caoda. Ecco, mi sono reso conto di essere ancora troppo piccolo e inadeguato per essere sverginato dai sapori forti. Una storia molto triste.
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Mmmh, è difficile fare una classifica perché dipende da chi cucina, dalla stagione, dalla qualità degli ingredienti, dal contesto… Va be’, la pasta al forno di mia sorella Evita. Imbattibile. Un piatto che detesto: l’anguilla marinata.
Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Il marrone tipico del fagiolo messicano spiaccicato.
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
Consumo tutto quello che mi capita a tiro in modo compulsivo.
Scrive mai in cucina?
Mai.
Dove ama scrivere? E a che ora le viene più naturale?
Scrivo in studio o nel salone di casa, appoggiato da qualche parte col portatile. Purtroppo, non essendo uno scrittore professionista, posso scrivere solo di sera o durante i weekend; mattina o pomeriggio, non fa differenza.
 Si compra cibo pronto (tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Naturalmente. Anche se gli schizzi di maionese sulla tastiera sono pericolosi.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Salato, senza alcun dubbio. Magari il dolce quando rileggo.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
In Malesia mi avevano portato un piatto di gamberoni accompagnato da una ciotolina di vetro con un liquido marrone. Pensando che fosse soia l’ho rovesciata sui crostacei e ho iniziato a mangiare. Bene, è intervenuta una cameriera ridendo, facendomi notare che quell’intruglio serviva per lavarsi le mani.
Lei è uno scrittore umoristico; quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con sua moglie?
Al di là della compagnia, a Torino che è la mia città, mi piace provare ogni genere di locale, soprattutto quelli etnici. Poco tempo fa ho mangiato in un buchetto del centro con quattro posti dove cucina una signora giapponese: niente sushi e gusti da piangere di gioia. Poi mi piacciono i posti legati alla tradizione del territorio. Quindi agriturismi, trattorie e vecchie osterie. Per le cenette romantiche, è obbligatorio il terrazzo con vista sul mare e candela rigorosamente accesa sul tavolo. Peccato che a Torino non ci sia il mare.
E per festeggiare una pubblicazione? Cosa tende a ordinare in un locale?
Menù alla carta, eh eh.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Vengono solo per quello.
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Odio le olive e le patatine associate all’aperitivo. E il pasto completo è un filo impegnativo. Meglio grissini, salame e parmigiano.
Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Non mi pare.
Ad esempio in “La sesta goccia d’acqua” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Il cibo è mai protagonista?
In maniera molto marginale.
“La sesta goccia d’acqua” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Il romanzo parte con una citazione: “Ogni uomo nasce gemello, colui che è e colui che crede di essere”. Più che una ricetta, ci vedo bene i bigné, quelli mignon torinesi ovviamente, perché al di là del colore della glassa che ti può dare un indizio sul ripieno, spesso ti sorprende con un gusto inaspettato.
Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
Non so se è quella che mi riesce meglio, ma è facile e veloce.
POLLO ESOTICO
 Per quattro persone: soffritto di scalogno in pentola di terracotta, due petti di pollo tagliati a tocchetti, un cucchiaio di curry fatto sciogliere in acqua calda, una mela grossa ridotta a cubetti. Quando la carne è ben cotta, una confezione piccola di panna da cucina ad amalgamare il tutto. Riso basmati con uvetta servito a parte. Il piatto si può arricchire con prugne secche e datteri passati al vapore o semi di melograno.
Quale complimento le piace di più come cuoco?
Ti amo.
E come scrittore?
Mi hai fatto piegare in due dalle risate.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Conosco uno chef così bravo che guadagna soldi a palato.
Grazie per la sua disponibilità.
Grazie a lei Federica, anche a nome del mio socio Silvio Bosticco. Poverino, è a casa con un ascesso tonsillare. E complimenti sinceri per il colore degli occhi… posso invitarla per un risotto?










sabato 27 aprile 2013

Magia dei libri (un video fantastico)




Questo video è meraviglioso, peccato che non possa estrarre una foto per presentarvelo, ma vale la pena guardarlo! Un viaggio fantastico.Cliccate sul link <3

Video selezionato da gnomosopralerighe:
https://www.youtube.com/watch?v=CndQ-CxwnNY

mercoledì 24 aprile 2013

La bellezza dello scrittore



Per lungo tempo la bellezza esteriore non è stata annoverata tra qualità necessarie agli scrittori.  Anzi spesso associata a ristrettezza mentale, sembrava quasi un affronto che una bella donna potesse scrivere e un bell'uomo avere la facoltà di narrare cose interessanti. Quasi a volerli punire per i doni eccessivi che la natura aveva elargito loro. O più spesso, in realtà,  lo scrittore serio era immaginato sciatto, estraneo alla leggerezza dell'estetica, compreso com'è nei suoi cervellotici pensieri, e quindi poco si pretendeva, se non una foto passabile. Ebbene negli ultimi anni le cose sono cambiate, complice lo star system e gli agenti che si vendono gli scrittori come attori, anche loro, i defilati per antonomasia, vengono stanati, ripuliti e studiati per essere valorizzati.  Ecco quindi spuntare in bandelle o quarte,  foto ammiccanti di bei pelatoni ricchi di fascino e testosterone, barbuti tranquillizzanti e sexy, donne seriose ma scollate o con belle gambe in vista, e comunque pettinate, truccate, e fotografate con le luci giuste.  Insomma lo scrittore bello ora attira e seppure  da esordiente era uno scorfano impresentabile, al primo successo diventa un sogno proibito. E fa vendere di più. Spunta allora  un sentimento di nostalgia nel ritrovare vecchi libri o articoli le cui foto, impietose e figlie di un epoca che sembra lontanissima, ce li mostrano come erano, e quasi ci sembra di sbirciare di nascosto la foto sulla patente di un amico.

lunedì 22 aprile 2013

IN CUCINA CON LO SCRITTORE: Laura Rico, Ballerine di carta, Ciesse Edizioni, 2012


Interviste culinarie di Federica Gnomo Twins

Oggi salutiamo e ringraziamo l'autore Laura Rico, Ballerine di carta, CIESSE Edizioni, 2012 per averci aperto la porta della sua cucina.Questo libro si addice molto a questa intervista essendo ricco di ricette antiche di famiglia. 


Ballerine di carta, edito da CIESSE Edizioni nell'aprile 2012, è un romanzo storico-sentimentale ambientato in Veneto, precisamente nella cittadina termale di Abano Terme. Bianca, ormai anziana, riceve in dono il diario scritto molti anni prima dalla cara amica Dora, regalo che sarà occasione per abbandonarsi ai ricordi e per rivivere emozioni e dolori che il tempo ha offuscato. Sullo sfondo degli avvenimenti storici che hanno caratterizzato il ventennio durante il regime fascista, Bianca cerca di dare un senso agli eventi che hanno messo a dura prova la sua esistenza e quella dell'amata amica Dora, dall'ascesa del fascismo alla seconda guerra mondiale. La giovane Bianca, incapace di piegarsi ai voleri di una famiglia all'antica e di un fidanzato fascista, si ribella alle convenzioni e sfida l'intransigente zio e le assurde regole imposte alla “nuova donna italiana” lasciandosi prendere per mano da Costante, membro delle buona società aponense, ma sfrenato donnaiolo e sovversivo. Le pagine sono pervase dalle eco della cultura popolare veneta, si tratti di dialetto e usanze tipiche, di costumi o vecchi giochi, ma soprattutto di aromi e sapori che si possono ritrovare nei piatti della tradizione. Fritole e galani, quindi, pevarini e fugazze, ma anche un pizzico di magia.

 


La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Mi piace mangiare bene, dai piatti tradizionali alle novità del momento. Amo la cucina della tradizione e adoro tutto ciò che è dolce. Devo fare una confessione: sono una patita della pizza Margherita, che mangerei in ogni momento. Sì, mi piace cucinare, c'è persino chi dice che io sia una brava cuoca.

Lo fa per dovere o per piacere?
In cucina e nella vita sono piuttosto umorale: se in giornata buona (e quelle son le giornate in cui produco molto in ogni settore, scrittura compresa) dalla mia cucina fuoriescono odori e aromi sopraffini, dessert inclusi. Talvolta, però, a “profumare” è soltanto il tostapane. Dovere o piacere, quindi? Forse non mi resta che dire: “Dipende!”. Quel che è invece un vero piacere è sfornare dolci: focacce, biscotti, tiramisù, gelati e budini. Fin da quand'ero una ragazzina ho scoperto che lavorare insieme burro, uova, zucchero e farina mi mette di buonumore: un effetto terapeutico irrinunciabile.

Invita amici o è più spesso invitato?
Invito, soprattutto se ho scoperto una nuova ricetta da proporre (rigorosamente già sperimentata da marito e figli, non amo le sorprese). Adoro le cene nella nostra taverna, le chiacchierate accanto al caminetto acceso, il profumo della legna che arde, la tavola imbandita e un buon bicchiere di vino. E a chi non piacerebbe?

Ha mai conquistato amici o un uomo cucinando?
Mio marito. Credo. Forse. Mah... Sono convinta che i miei dolci siano degni di un pasticciere, ma chissà se a distanza di anni la mia dolce metà mi confiderà di averli apprezzati soltanto per amore. Quel che è certo è che gli amici escono sempre soddisfatti dalla mia cucina. Non posso chiedere di più.

Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Certo che sì, ma che soddisfazione quando mio marito si mette ai fornelli per me!

Quando ha scoperto questa sua passione?
Da ragazza, quando ho iniziato a compilare il mio quadernetto delle ricette (provate e approvate) che ancora conservo.

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
È un ricordo legato a mia nonna che faceva i galani (cenci, chiacchiere, frappe...) più buoni del mondo. La rivedo ancora nella sua cucina a tirare la pasta con il mattarello e a friggere quelle prelibatezze in una vecchia pentola (altro che friggitrice). Li ho offerti ai compagnetti delle scuole elementari, agli amici delle medie e perfino a quelli delle superiori: i galani di nonna Ada sono stati conosciuti e apprezzati negli anni da molti amici, anche dai colleghi di lavoro.

Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Da brava italiana adoro le lasagne al forno, ma detesto tutto ciò che è frattaglia (cervella, fegato, cuore, ecc.) o, peggio, le lumache.

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Verdino/marroncino luccicante e sbrodolante.

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
Caffè, seguito da caffè per finire con caffè. Niente riti scaramantici, ma caffè bollente, lungo e rigorosamente amaro.

Scrive mai in cucina?
Scrivo SEMPRE in cucina. Apro il mio portatile sul tavolo della stanza più vissuta della casa ed è lì che arrivano le idee migliori.

A che ora le viene più naturale?
Non c'è un'ora più congeniale per farlo. L'ispirazione quando arriva, arriva e se per caso sono fuori casa mi si può vedere fermare l'auto, estrarre il mio taccuino dalla borsetta, penna alla mano ed eccomi pronta per buttar giù qualche appunto che nel giro di qualche minuto fuggirebbe dalla mia mente. Eh sì, le parole perfette non tornano più.

Si compra cibo pronto (tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto presa dalla scrittura?
Cucino. Adoro tramezzini, pizza e snack vari, ma i miei figli preferiscono la pastasciutta.

Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Dolce o salato, non ho preferenze purché ci sia il caffè, naturalmente.

Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Quand'ero bambina, negli anni '70, si usava molto fare gite fuori porta che erano sempre l'occasione per organizzare dei picnic luculliani. Tutta la famiglia (nonni, zii, cugini, fino ai parenti più lontani) si adoperava per non far mancare nulla, dall'antipasto al dolce, a tavoli, sedie e ombrelloni. Ricordo con particolare nostalgia quelle enormi fette di anguria che il nonno tagliava per noi bambini affinché potessimo affondarvi i denti e tutta la faccia. E non aveva importanza se ci sporcavamo i vestiti o se ci sputavamo addosso i semi a vicenda, nessuno ci avrebbe rimproverati per una cosa del genere. Ah, i tempi sono un po' cambiati. Chissà se davvero in meglio!

Lei è uno scrittore di romanzi, quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con suo marito?
Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Con amici e figli non ci sono preferenze, dalla pizzeria alla trattoria tutto va bene. Con il marito le cose cambiano: mi piacciono i locali romantici, poco affollati, dove si mangia pesce.

Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Penso che chiudere una serata con qualcosa da mettere sotto i denti sia sempre piacevole. Mi è capitato di offrire i dolcetti menzionati nel romanzo (sono riportate anche le ricette). Si tratta di dolci della tradizione veneta che sono stati molto graditi, tra l'altro.

In “Ballerine di carta” ci sono ricette, passi che ricordano cibi o profumi di cibo.
Il cibo è protagonista?
La cultura culinaria della tradizione è un aspetto importantissimo nel romanzo. Un romanzo si definisce storico quando è ambientato in un'epoca storica e intende trasmetterne lo spirito, i comportamenti e le condizioni sociali attraverso dettagli realistici e con un'aderenza ai fatti documentati. Va da sé che non è possibile dipingere un'epoca storica senza affrontare il tema del cibo che è un elemento importantissimo per aiutare il lettore a “entrare” nel periodo di riferimento attraverso profumi, aromi e, nel mio caso, manciate di caramelle all'orzo. 

“Ballerine di carta” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Sicuramente ai pevarini (peperini), deliziosi biscotti rustici al pepe che venivano venduti durante le sagre paesane, dolci al primo assaggio, ma che pizzicavano lievemente la lingua dopo qualche istante. Un po' come la storia del romanzo, una struggente avventura d'amore che si trasforma in una storia parecchio dura anche se alla fine ci lascia nuovamente un dolce sentore di ottimismo e di speranza.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
Penso che regalerò proprio la ricetta dei biscottini al pepe, molto particolare direi.
PEVARINI
peperini

Ingredienti: 700 g di farina bianca, 450 g di melassa, 50 g di strutto, 1 cucchiaio di pepe bianco macinato (aumentare a piacere), 1 bustina di lievito, 1 pizzico di sale.

Impastare tutti gli ingredienti fino a ottenere un impasto omogeneo. Stendere la pasta in una sfoglia di circa mezzo centimetro e ricavarne dei biscotti lunghi e stretti. Adagiare i biscotti su una piastra imburrata e infornarli a 175° per 15/20 minuti. Una volta sfornati spennellare con uno sciroppo di acqua e zucchero.

Quale complimento le piace di più come cuoco?
“Favoloso, mi dai la ricetta?”

E come scrittore?
“Favoloso, non riesco a scollarmi dalle pagine del tuo libro”. Potrei chiedere di più?

Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
“Bianco. Immaginai che il colore della nostra speranza fosse il bianco che, pur essendo senza tinta, conteneva tutti i colori esistenti. Bianco, il colore della gioia, della purezza, della nascita, perfino della resa. Ecco, sentivo la pace scendere lentamente nel mio spirito e rendere fertile la mia anima perché la speranza potesse germogliarvi”. Perché credo che la speranza altro non sia che cibo per la mente e per lo spirito.

Grazie per la sua disponibilità e per le belle risposte.
Il libro mi ha incuriosito.




sabato 20 aprile 2013

TEA for TWO: tortine morbide alla marmellata

Questi sono dolcetti facili da fare senza sporcarsi le mani. Basta avere dei pirottini da crostatine.O uno stampo unico da 24 cm, tanto la torta viene buona lo stesso.

Ingredienti:
due uova intere
4 cucchiai di zucchero
100 g di latte
100 g di olio di semi di arachide
2 etti di farina 00
un  cucchiaino di lievito per dolci
un pizzico si sale
un vasetto di marmellata a basso tenore di zucchero, di fragola, o ciliegia. O come vi pare. L'ideale sarebbe fatta in casa.

Procedimento:
In un mixer mettere lo zucchero con le uova e montarli insieme. Aggiungere il latte, la farina e l'olio e il sale. Amalgamare tutto molto bene. Infine unire il cucchiaino di lievito da dolci. Ne risulterà un composto denso, che verserete dentro i pirottini per un cm di altezza, in ogni pirottino mettete un cucchiaio di marmellata e la allargherete per bene col cucchiaio(per facilitare l'operazione travasate la marmellata   in una ciotola con un cucchiaio di acqua e mescolatela velocemente). Versate l'impasto rimasto nel bicchiere del mixer, che avrete lasciato apposta, sopra la marmellata facendo due strisce incrociate.
Infornare a 180° per 25 minuti, si gonfieranno un po'e prenderanno l'aspetto di tortine morbide alla marmellata.
Buona merenda!

E buona lettura di:ANGEL un grandissimo successo


A Viterbo vive  una comunità di angeli integrati con la popolazione. Vichy è l'unico angelo senza ali in una famiglia di angeli perfetti. Guglielmo è il suo opposto: un demone, il suo potenziale assassino. Nonché il ragazzo di cui si è perdutamente innamorata, fin dal primo momento in cui i suoi occhi si sono posati su di lui. Che futuro potrà mai avere questa passione maledetta, questo amore tutto sbagliato, inaccettabile, che sembra negare ogni possibilità di lieto fine?


mercoledì 17 aprile 2013

Home sweet Gnome: appendiabiti con legno vecchio e pomelli

Questa è una idea molto carina!
Se avete delle vecchie travi di legno buttate in giardino, o passeggiando sulla spiaggia trovate pezzi di legno sbiancato potete farne delle appenderie per un po' di tutto ( collane, cappelli, asciugamani ecc) usando dei pomelli da cassettiere che si trovano nelle ferramenta a pochi euro. Basta pulire il legno da terra o sabbia, magari passare un'impregnante opaco trasparente all'acqua,  lasciandolo grezzo, e avvitare a 16/ 20 cm di distanza fra loro i pomelli. Questo oggetto è adatto a ingressi  o bagni a secondo del tipo dei pomelli.
Regala molta soddisfazione.

lunedì 15 aprile 2013

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Grazia Gironella, "Per scrivere bisogna sporcarsi le mani" Eremon edizioni, 2012





Interviste culinarie di Federica Gnomo Twins



Oggi salutiamo e ringraziamo Grazia Gironella, autrice di "Per scrivere bisogna sporcarsi le mani" (Eremon Edizioni, 2011) per averci aperto la porta della sua cucina.
Questo manuale di scrittura nasce con l'intento di avvicinare alla conoscenza dei meccanismi narrativi gli aspiranti scrittori che si sono sempre affidati soltanto alla passione e al talento, e vuole essere uno strumento di miglioramento sintetico, completo e alla portata di tutti.

La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?

Considero mangiare bene un'esperienza di grande valore. Quanto a cucinare, mi piace purché non mi impegni troppo tempo, e questo fa sì che io ceda volentieri lo scettro della cucina a mio marito Paolo, che è un ottimo cuoco. Quando partecipo, di solito è nel ruolo di aiutante... e di utente finale, naturalmente.

Lo fa per dovere o per piacere?

Ho la fortuna di non dover cucinare ogni giorno, perciò lo faccio per diletto, cucinando le cose che mi riescono meglio: dolci e zuppe. Comunque anche con i primi piatti non me la cavo affatto male.

Invita amici o è più spesso invitato?

Né l'una cosa né l'altra. Mi piace apprezzare la compagnia delle persone senza avere (e senza che abbiano) la distrazione degli impegni di cucina, e visto che i miei amici la vedono quasi tutti allo stesso modo finiamo più spesso con il trovarci al ristorante
  
Ha mai conquistato amici o un uomo cucinando?

Devo dire di no, anzi, è un aspetto del cibo che non ho mai considerato. In ogni caso avrei pochissime frecce al mio arco!

Vivrebbe con  un compagno che non sa mettere mano ai fornelli?

Certo che sì. Il fatto che a mio marito piaccia cucinare è solo un gradito (e comodissimo!) sovrappiù.

Quando ha scoperto questa sua passione?

Per definirla "passione" la cucina dovrebbe avere più spazio nei miei pensieri. Certo quando preparo una torta o una zuppa di spinaci lo faccio con piacere, e sono anche molto orgogliosa di come riesco a mantenere l'ordine in cucina durante le mie performance – soprattutto perché il cuoco di casa si comporta da artista, e riduce la cucina a un vero caos. Del cucinare mi piacciono in particolare due aspetti: aggiungere un po' di questo e un po' di quell'ingrediente seguendo la mia fantasia, stile strega che prepara la pozione, e "mettere le mani" negli ingredienti,  come si fa con le polpette o con le cose che si impastano. A pensarci bene, forse non è per caso che il mio manuale di scrittura si intitola "Per scrivere bisogna sporcarsi le mani"...     

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?

Dall'infanzia mi arrivano ricordi di dolciumi: crema al mascarpone e salame dolce. Non dimentico come li mangiavo a bocconi minuscoli per non finirli... e di come fosse difficile non ripartire daccapo, dopo!  

Ha un piatto che ama e uno che detesta?

Mi piace quasi tutto, perciò mi è difficile individuare un piatto preferito tra i tanti. A volerne citare un paio, direi la pasta con i broccoli e il pesto alla genovese. Non amo invece i piatti molto elaborati e conditi; infatti una delle caratteristiche che mi fa percepire un piatto come "buono" è la sua leggerezza e fedeltà al gusto originale degli ingredienti.   

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?

I colori mi piacciono tutti, sempre e dovunque. Piuttosto, a seconda dell'umore provo un piacere speciale a mangiare cibi di un certo colore – o accostamento di colori – per riceverne un senso di energia o di armonia.

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare ferma a scrivere?

Il caffè mi aiuta quando sono giù di tono, in particolare nella fase del brainstorming, mentre cerco di spaziare tra le idee per scegliere le migliori. Non ne bevo più di uno al giorno, però, perché subisco molto anche i suoi effetti eccitanti. D'inverno, poi, una buona tisana calda sul tavolo a lato del portatile mi dà un senso di benessere.

Scrive mai in cucina?

Qualche volta capita.

Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?

Ho la scrivania con il PC fisso in una nicchia nel soggiorno, ma quando uso il portatile sfrutto spesso la penisola della cucina. Se potessi davvero scegliere, però, mi creerei una stanza tutta per me al piano di sopra, possibilmente con una bella visuale sul paesaggio (i monti che ho dietro casa andrebbero benissimo). Il mio momento d'oro per la scrittura è il mattino, anche all'alba. In quelle ore riesco a essere davvero produttiva, sia come qualità che come quantità.

 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?

Se non avessi mio marito che cucina per me e un figlio da nutrire in modo equilibrato, temo che mi capiterebbe di liquidare alcuni pasti con qualche cracker e due fette di prosciutto, soprattutto quando ho qualche scadenza da rispettare.

Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?

Il fatto di scrivere non modifica i miei gusti: dei cibi salati non potrei fare a meno, di quelli dolci sì.  

Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?

Mi viene in mente che non mangio frattaglie, ma quando vado in Scozia non mi perdo il loro ottimo haggis, di cui è meglio non conoscere la ricetta... e poi ricordo con piacere il sacchetto di bastoncini di renna comperato in Finlandia, soprattutto per la sua stranezza. In realtà mi piace molto assaggiare cose nuove, ma mi sto allontanando dalla carne, perciò la gamma degli esperimenti gastronomici va restringendosi.  

Lei è una scrittrice di narrativa e saggistica. Quando esce a cena con i suoi figli o amici,  che tipo di locale preferisce? E quando esce con suo marito? Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?

A prescindere dall'occasione e dalle persone che sono con me, ho una predilezione per i locali non troppo pretenziosi ma di atmosfera e curati nel menù. Il cameriere che mi versa il vino o un piatto nouvelle cuisine del genere molta-apparenza-poca-sostanza sono veri deterrenti per me. Non faccio mai un pasto completo; di solito la mia combinazione è antipasto-primo-contorno-caffé, oppure secondo-contorno-dolce-caffé.    

Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?

Non ho ancora avuto occasione di fare presentazioni, perché un manuale di scrittura ha un pubblico molto specifico, più facile da raggiungere tramite internet, ma prossimamente mi dovrò porre il problema, visto che sta per essere pubblicato il mio romanzo "Due vite possono bastare" (salvo modifiche al titolo). Credo che offrirò al massimo un aperitivo con olive e patatine, perché si rischia di complicare troppo l'organizzazione senza per questo rendere l'incontro più interessante.   

Ha mai usato il cibo in qualche storia? Il cibo è mai protagonista? "Per scrivere bisogna sporcarsi le mani" a che ricetta lo legherebbe, e perché?

Il cibo non è mai stato protagonista nelle mie storie, ma è sempre presente in una certa misura. I cinque sensi giocano un ruolo importante nelle descrizioni, e spesso qualche accenno al cibo come sapore-odore-colore è quello che ci vuole. Niente di strano, se si considera l'importanza dell'alimentazione nella nostra vita. Paradossalmente, l'aggiunta di dettagli gustativi diventa ancora più fondamentale quando creo un mondo fantastico, per aiutare il lettore a percepirlo come reale. Considero "Per scrivere bisogna sporcarsi le mani" un piatto nutriente e ben equilibrato, come una buona pasta e fagioli.  

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?

TORTA AL COCCO
In famiglia riscuote molto successo la torta al cocco, semplicissima. Gli ingredienti sono: 180 grammi di farina, 180 grammi di fecola, 160 grammi di farina di cocco, 230 grammi di zucchero, 200 ml di latte e 50 ml panna liquida, 160 grammi di olio di semi, 2 uova e una bustina di lievito per dolci. Si mescolano la farina setacciata, la fecola e la farina di cocco, si aggiunge lo zucchero, poi l'olio e alla fine il latte, sempre mescolando (io uso la frusta elettrica a bassa velocità). Alla fine si aggiungono le uova e la bustina di lievito setacciato. La torta deve cuocere in forno a 180° per una mezz'ora. Esiste anche la versione in cui si aggiungono gocce di cioccolato prima della cottura, oppure si spolvera di cacao prima di servire, ma la versione base è già ottima.

Quale complimento le piace di più come cuoco?

Uso il condizionale, vista la mia situazione: mi piacerebbe sentirmi dire che ho fantasia.
  
E come scrittore?

Mi gratifica sentir dire di un mio racconto che è troppo bello per durare così poco, e di un mio romanzo che trasmette emozioni intense. Per il manuale naturalmente il miglior complimento è che sia stato utile.  

Che frase tratta dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?

Vorrei lasciare un doppio messaggio: mai rinunciare a un sogno senza combattere, mai dimenticare che il cibo è un piacere collegato alla nostra salute.

Grazie per la sua disponibilità.

Grazie a lei per l'opportunità che mi ha offerto di parlare di me e del mio lavoro. È stata un'intervista particolarmente stimolante e piacevole.                                                                          


giovedì 11 aprile 2013

lunedì 8 aprile 2013

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Giuseppe Galato, Breve guida al suicidio



Interviste culinarie di Federica Gnomo Twins


Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Giuseppe Galato, “Breve guida al suicidio”, Edizioni La Gru, Marzo 2013 per averci aperto la porta della sua cucina.
       
Woody Allen che incontra i Monty Python a un party organizzato da Douglas Adams.
Scritto sotto forma di saggio, “Breve Guida Al Suicidio” è una delirante analisi che, prendendo spunto dal tema del suicidio, unisce alla comicità psicanalitica e filosofica di Woody Allen il sarcasmo nonsense dei Monty Python, il tutto catapultato in un universo per certi versi accostabile a quello di “Guida Galattica Per Gli Autostoppisti”.
Nel “saggio” il tema del suicidio diventa pretesto per seguire le storie di vari personaggi all’interno di un mondo non troppo dissimile dal nostro dove il cinismo e la satira sociale la fanno da padrone: politica, storia, religioni, società capitalistica, vengono stravolte e analizzate all’interno di “Breve Guida Al Suicidio”.
Stravolte nella messa in scena ma non nel senso: “Breve Guida Al Suicidio”, sebbene tratti il tema con i toni del nonsense, della fantascienza, dell’assurdo, è al contempo un’attenta analisi dalla società contemporanea.
Il mondo di “Breve Guida Al Suicidio”, sebbene diverso dal nostro nella forma, lo possiamo accostare al nostro nei concetti e nei rapporti sociali che ne vengono fuori.
In “Breve Guida Al Suicidio” è inoltre sempre presente il gioco dei rimandi, dai nomi dei personaggi (molte volte nomi di personaggi reali stravolti) ai luoghi, dalle rivisitazioni assurde di tesi filosofiche e scientifiche alla rilettura della storia come la conosciamo.
E, naturalmente, la rilettura in chiave comica del suicidio come vera e propria terapia per tutti coloro che, almeno una volta nella propria vita, hanno rivolto lo sguardo verso la possibilità di compiere “l’estremo gesto”.
Un libro che tenta di essere intellettuale senza cadere in “intellettualismi”.



D: La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
R: Beh, la risposta dovrebbe essere scontata, eppure, guardandomi intorno, vedo un sacco di gente che si accontenta di mangiare e bere qualsiasi cosa. A me spesso dicono che sono “viziato”, che non mi accontento di una birra, vino o distillato qualsiasi (anche se poi, naturalmente, capita di bere anche prodotti non eccelsi). La cultura del mangiare e bere bene è spesso sottovalutata e, come ogni arte, va coltivata: più si conosce e più si può apprezzare. Cucinare mi piace molto, anche se mi capita molto sporadicamente di farlo.

D: Lo fa per dovere o per piacere?
R: Lo faccio per piacere, sempre con amici, organizziamo cenette dove a turno sperimentiamo le nostre specialità sulla pelle (e sugli stomaci) degli altri.

D: Invita amici o è più spesso invitato?
R: Diciamo che facciamo tutti insieme inviti massivi scegliendo di volta in volta insieme il luogo del delitto.

D: Ha mai conquistato amici o una donna cucinando?
R: Le donne le prendo sempre per la gola; in senso letterale. (questa battuta la volevo fare da tempo, grazie per l’opportunità concessami).

D: Vivrebbe con una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
R: Si, perché no? È bello che qualcuno cucini per te, ma se la mia potenziale compagna (o compagno, nel caso cambiassi idea sui miei gusti sessuali) provvede a portare lo stipendio a casa io il casalingo lo faccio più che volentieri.

D: Quando ha scoperto questa sua passione?
R: Ai tempi dell’università. Prima era impossibile avvicinarsi ai fornelli di casa senza che si attivasse l’allarme/urlo di mia madre.

D: Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
R: Dovrei parlare del seno di mia madre, immagino; ma penso che di questo ne parlerò con la mia psicanalista. Ti parlerò di quando da bambino mangiavo molto poco, quasi niente. La prima volta che ho avuto davvero voglia di mangiare fu in ospedale. Ero stato operato urgentemente di appendicite e quindi dovetti stare a digiuno per giorni, mangiavo solo tè e mezza fetta biscottata al giorno, a quel che ricordo: invocavo la pasta e fagioli di nonna, mai mangiata prima di allora!

D: Ha un piatto che ama e uno che detesta?
R: Ne amo troppi e ne detesto pochi (forse non detesto niente, a parte il junk food, che pure capita di mangiare). Mi piace un sacco la cucina cinese, la zuppa di cipolle, le zuppe di cereali in generale, la carbonara, il lardo, lo strutto spalmato sul pane caldo... potrei continuare all’infinito...

D: Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
R: Non saprei. Una volta avevo il disgusto dei carciofi, che da bambino adoravo, ma da qualche tempo ho ripreso a mangiarli. Evidentemente fui vittima di qualche trauma legato alla figura del carciofo, trauma che ora, man mano, sto superando: vado in analisi proprio per questo.

D: Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
R: Alcolici, di qualsiasi tipo, meglio se un buon vino rosso corposo o un distillato invecchiato.

D: Scrive mai in cucina?
R: No, mai.

D: Altrimenti dove ama scrivere? E a che ora le viene più naturale?
R: Sono molto produttivo la mattina presto, dalle 7:00 in poi. Di solito scrivo sul letto. I pensieri di solito invece mi vengono nel luogo antitetico alla cucina: il bagno.

D: Si compra cibo pronto (tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
R: Difficilmente mangio schifezze. Di solito ci pensa mia madre al rifocillamento, quindi sto a posto così.

D: Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
R: Io preferisco in generale il salato, se amaro ancor meglio. Anche per i dolci preferisco le cose amare, tipo la cioccolata fondente. Quando scrivo, come già detto, più che altro bevo.

D: Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
R: Ricordo che la prima volte che ho fatto la salsiccia al vino, uno dei miei primi esperimenti culinari, ‘sto vino continuava a evaporare e io continuavo ad aggiungerne. Alla fine ce ne misi una bottiglia intera: da salsiccia al vino divenne salsiccia ubriaca!

D: Lei è uno scrittore, quando esce a cena con i suoi amici  che tipo di locale preferisce?
R: Dipende dal mood. Basta che non siano locali con la musica a palla (a meno che non ci sia un concerto) e dove si possa interloquire. E dove si servano prodotti quanto meno dignitosi.

D: E quando esce con la sua compagna?
R: Come sopra.

D: Oppure per festeggiare una pubblicazione?
R: Mai festeggiato. Ma i miei amici (le idee “assurde” di Chiara Cammarano e Diego Errico) ci hanno pensato per me, all’uscita di “Breve guida al suicidio”, portandomi una colomba pasquale... impiccata. È anche un aneddoto fondamentalmente culinario, quindi cade a fagiolo (ancora cibo) per questa intervista.

D: Cosa tende a ordinare in un locale?
R: Ancora una volta dipende dal mood. Di solito quando esco, a meno che non si esca con il proposito di fare una cena, non mangio. E allora potrei ordinare vino, birra, se ce n’è di buona (adoro le weisse), o qualche distillato (ultimamente gin), se ho freddo un tè allungato con il gin o con il rum, fra i cocktail o il martini (giusto con una spolverata di vermouth, eh) o il negroni.

D: Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
R: Mai fatta una presentazione in vita mia ma, se dovessi mai farne, potrebbe essere interessante fare una degustazione di rum accompagnata da cioccolata fondente e sigari.

D: Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
R: Pasto completo: per dirla un po’ volgarmente nel dialetto del mio paese (Licusati, in provincia di Salerno), olive e patatine nun t’arrivanu mangu n’ganna.

D: Ha mai usato il cibo in qualche storia?
R: Il cibo fa parte della vita e nelle storie si racconta la vita: quindi, si, rientra anche il cibo fra gli aspetti delle mie storie.

D: Ad esempio in “Breve guida al suicidio” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
R: Sì. E sono profumi di merda.

D: Il cibo è mai protagonista?
R: Si, c’è un episodio ambientato in un fast food. E questo spiega la risposta alla domanda precedente.

D: “Breve guida al suicidio” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
R: Alla cucina spazzatura, perché “Breve guida al suicidio” parla principalmente dello schifo che fa l’essere umano e di quanto faccia schifo il sistema economico che abbiamo creato e che influenza tutto il vissuto di noi povere vittime del nulla (perché i soldi sono il nulla).

D: Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
RICETTA
Pennette con salmone, noci e pistacchio al cognac
In una padella soffriggere le cipolle
Una volta dorate aggiungere noci (spezzettate) e pistacchi
Aggiungere il salmone affumicato tagliato a pezzetti
Bagnare con cognac e aspettare evapori
Saltare le pennette con quanto in precedenza preparato insieme a qualche tuorlo d’uovo sbattuto (io non lo faccio cuocere troppo, giusto qualche secondo, preferisco rimanga leggermente liquido)

D: Quale complimento le piace di più come cuoco?
R: Visto che è doveroso essere aperti a tutte le culture direi che un bel rutto, come da tradizione islamica, può andare più che bene.

D: E come scrittore?
R: Se qualcuno dovesse dirmi che è riuscito a riflettere su alcuni aspetti beceri della nostra società grazie al mio libro ne sarei più che contento.

D: Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
R: Ti lascio con il brevissimo episodio sul fast food, tratto dalla sezione “Metodi di suicidio”:
AVVELENAMENTO
            Un giorno Giorgio Boccabuona si recò da …
(ho dovuto togliere il nome), pensate a un fast food.
Federica Gnomo

martedì 2 aprile 2013

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Fausta Genziana Le Piane, La meraviglia è nemica della prudenza



Interviste libro - culinarie di Federica Gnomo

Oggi salutiamo e ringraziamo Fausta Genziana Le Piane, autrice de “La meraviglia è nemica della prudenza”,  Invito alla lettura de “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza, Edizioni Eventualmente, 2012, che presto uscirà come e-book per la “Dante Alighieri” (Prefazione di Paolo Ruffilli e postazione di Plinio Perilli),  per averci aperto la porta della sua cucina.





LA METAMORFOSI DELLA MATERIA

Da molto tempo cercavo un incontro. Con una donna di cui scrivere, intelligente, forte, anticonformista, dalle parole limpide e potenti: ho trovato Goliarda Sapienza, del Sud come me.
È stato un colpo di fulmine e una vera rivelazione leggere “L’arte della gioia” di cui un mio amico scrittore catanese, Tommaso Maria Patti, ha voluto farmi dono.
Abituata a studiare poeti e scrittori morti da tempo e le cui attestazioni sono riportate da testimoni a loro volta scomparsi, è stata un’intensa emozione per me parlare con persone che direttamente hanno conosciuto questa insolita scrittrice.
Non è mio intento scrivere un saggio su “L’arte della gioia”, ma solo evidenziare alcune piste di lettura che compaiono ad ogni tappa della maturazione di Modesta, protagonista del libro. Infatti, ad ogni momento della sua crescita, corrisponde una strategia da lei messa a punto, una tecnica affinata, “un sistema escogitato”, “una disciplina” (che bella parola!) come lei stessa dice, che le consente di affrontare l’abisso della realtà senza soccombere: “l’arte della bugia”, che nella malattia, tra finzione e realtà, le permette di guadagnare tempo nelle situazioni difficili; “l’arte dello studio delle parole” per dominare la vita; “l’arte di viaggiare” per aprire la mente e “l’arte di cambiare” per essere totalmente maturi e consapevoli.
Tutto ciò legato dall’uso della “metafora dei capelli”. Una bella scoperta!

La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Mi piace mangiar bene e anche cucinare.
 Lo fa per dovere o per piacere?
Quando si ha famiglia e si devono preparare tre pasti tutti i giorni, non si cucina proprio per piacere, però…neanche per dovere!
Invita amici o è più spesso invitato?
Entrambi.
Ha mai conquistato amici o una donna o un uomo cucinando?
E come no! Ho conquistato mio marito con la zuppa inglese: sua Madre mi ha dato la ricetta e mi ha insegnato a prepararla per il suo compleanno. Il massimo!
Vivrebbe con un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Assolutamente no, vorrebbe dire che non ama il sesso e neppure la vita!
Quando ha scoperto questa sua passione?
Da quando sono sposata.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
La prima merenda da bambina: pane bagnato con lo zucchero.
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Adoro la pizza (so prepararla in casa molto bene) e detesto ahimè - anche se so che è salutare - il pesce! Mi piace anche assaggiare piatti nuovi in paesi nuovi sempre accompagnati da un buon bicchiere di vino..
Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
L’arancione.
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
Litri di caffè. E’ una specie di droga.
Scrive mai in cucina?
No,  perché non è comodo.
Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Scrivo nel mio studio organizzato e strutturato per la lettura e la scrittura. L’orario è imprevedibile: mi succede anche di notte di svegliarmi e alzarmi perché ho un verso da scrivere.
 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Generalmente cucino sempre qualche piatto. Soprattutto verdure.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Purtroppo non c’è differenza: entrambi!
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Tempo fa, mi recai a Metz, in Francia,  in occasione di uno scambio culturale scolastico, ospite di un mio collega francese. Etienne, venendomi a prendere alla stazione, mi disse con entusiasmo che mi aveva preparato una sorpresa per cena: gli brillavano gli occhi nel dirlo. Purtroppo sedutami  a tavola, scoprii che la sorpresa era rappresentata da un piatto abbondante di ostriche - ben presentate nelle conchiglie di Saint-Jacques: non mi rimase altro che mangiarle. Non potevo essere così scortese dal rifiutare dicendo che non amo questo genere di cibo!
Lei è uno scrittore di poesia quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con suo marito? Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Generalmente le pizzerie o i ristoranti cinesi. Prosecco e aperitivi o stuzzichini vari sono i miei preferiti seguiti da pizza oppure ravioli al vapore e manzo alla piastra con funghi cinesi.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Senz’altro offro un piccolo buffet. Fermarsi dopo la presentazione a stuzzicare qualche cosa aiuta la conversazione. Se ho tempo, preparo quasi sempre una “quiche lorraine” e mia sorella mi aiuta con i dolci. Credo che proporre piatti preparati personalmente faciliti la convivialità e contribuisca  a far sentire gli ospiti a casa propria, oggetto di attenzione.
Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Sì, in un racconto inserito nella raccolta “Duo per tre” (Edizioni Associate, Roma, 2005) dal titolo: “Tina per sette”, viaggio di una banconota attraverso i sette vizi capitali. E naturalmente c’è il vizio della gola.
Il cibo è mai protagonista? Ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Sì: “Entrò nella pasticceria e la ragazza grassottella del bancone le indicò i vari dolci esposti sui ripiani. Cominciò a chiedere un cornetto ripieno di Nutella. La cioccolata aveva su di lei un potere al quale era inutile resistere. Dopo, fu la volta dei taralli al vino, delle ciambelline al latte, di quelle al cocco, delle sfoglie a forma di cuore, del mezzo chilo di pasticcini da tè (…)”.
Il Profumo Patrick Süskind del 1985 a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Alla Sacher per contrasto tra i profumi forti del libro e l’aroma delicato della marmellata di albicocca o di ciliegia della torta.
Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
QUICHE LORRAINE (ricetta francese)
Prendete 150 gr. di farina, fate un buco al centro e aggiungete 125 gr. di  burro sbriciolato e un pizzico di sale. Impastate tutto e versate sopra un dl di acqua fredda; lavorare ancora la pasta ma non troppo, lasciarla riposare per due ore (potete usare una pasta sfoglia già pronta).
Tagliare a dadini 100 gr. di lardo magro o prosciutto crudo, gettateli nell’acqua bollente e fateli cuocere per dieci minuti, sgocciolateli. – Sbattete tre uova fresche – aggiungete 5 gr. di sale e 3 dl di panna. Pepate. – Stendete la pasta dello spessore di 4 mm circa e mettetela in una tortiera dai bordi alti. – Aggiungete alla pasta le uova sbattute, la panna, il lardo o il prosciutto – mettere nel forno caldo  e fate cuocere per 40 minuti. Servite la quiche calda subito dopo averla sfornata.
Quale complimento le piace di più come cuoco?
Che il piatto che ho cucinato è stato divorato con gusto.
E come scrittore?
Che il libro è stato letto tutto d’un fiato.
Che frase tratta  dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Lo psicologo Willy Pasini nel libro intitolato “Il cibo e l’amore” ricorda che tutti i grandi amanti sono anche dei grandi ghiottoni (…) e che ogni personaggio storico aveva le sue abitudini. E se la zuppa di re Alfonso XII aiutava il monarca a rimettersi dagli strapazzi amorosi, le sue omelette ai fiori d’oro mandavano in trance le ragazze. Insomma, da un appetito all’altro! Forse, quella donna (quella del mio racconto) farebbe bene a fare un po’ di più l’amore. Non bisogna credere alle compensazioni: come arrivano se ne vanno.
Grazie per la sua disponibilità