lunedì 18 marzo 2013

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Silvio Donà


Interviste culinarie di Federica Gnomo

Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Silvio Donà  per averci aperto la porta della sua cucina.
 Silvio è un autore affermato, ha già all’attivo  3 romanzi: “Pinocchio 2112”, Leone Editore, anno 2009;  “Luisa ha le tette grosse”, Leone Editore, 2011;  “Nebbie” (e-book), GeMS “Io Scrittore”, anno 2012.

Pinocchio 2112 – Leone Editore:
Nell’anno 2112 l'umanità è ridotta a vivere nelle viscere della terra.
Dissolta ogni forma di governo e di democrazia, tutto è controllato dalle organizzazioni criminali e l'esistenza dei pochi sopravvissuti è miserabile e stentata.
In questo mondo opaco e violento il protagonista del romanzo svolge il più assurdo e incongruo dei lavori: il "cercatore di libri". Cerca e vende, cioè, gli ultimi libri sopravvissuti che rappresentano l'ultimo legame col passato e, in questo senso, anche l'ultima speranza di un futuro migliore.
La sua vita è sconvolta dall'incontro prima con un piccolo orfano, che lo costringerà a scendere a patti con la forza oscura e potente della paternità, e quindi con il Reggente della più potente organizzazione criminale della città, che gli rivelerà una sconvolgente e devastante "verità".
Nelle forme del romanzo di fantascienza, senza rinunciare a una trama ricca di azione, ho cercato di raccontare la mia speranza che i libri, la cultura, possano rappresentare l'ultima ancora di salvezza di una società in disgregazione, alla disperata ricerca di "senso".
Luisa ha le tette grosse – Leone Editore:
Non lasciatevi ingannare dal titolo (ironico): si tratta di un breve romanzo sulla morte delle aspettative e dei sogni.
Angelo da ragazzo sognava di fare il chitarrista rock, ma è sempre stato troppo rispettoso delle aspettative dei suoi genitori per provare davvero a inseguire le sue aspirazioni; che si sono infrante definitivamente con il matrimonio.
La sua vita si divide tra un monotono lavoro d’ufficio nell’azienda guidata dal cognato (che lo considera un inetto) e lo sconfortante menage familiare, con una moglie e due figli piccoli che non hanno alcuna stima di lui.
A 40 anni si ritrova spento, senza entusiasmo, emotivamente morto.
Un deprimente equilibrio che verrà sconvolto dal sospetto che la famosa e ipertrofica Luisa del titolo - segretaria del cognato e sua collega di ufficio - si sia innamorata di lui.
Questa semplice scintilla riaccenderà le polveri bagnate della sua vita dando il via a una serie di episodi tragicomici fino all’amaro colpo di scena finale.

Nebbie – GeMS “Io Scrittore”:
“Elena ha un segreto. Qualcosa di orribile è accaduto il giorno del suo dodicesimo compleanno. Da allora fa di tutto per cancellarne il ricordo. Abita lontano dal suo paese, all’altro capo dell’Italia, per mettere più spazio possibile tra sé e il passato.
Francesca, sua cugina, vive in una perenne approssimazione, sempre in corsa contro il tempo e le cose, incapace di trovare il bandolo della matassa confusa della sua vita. Il suo destino è che le persone che incontra, stanche di mettere insieme i suoi pezzi, si allontanino da lei.
Anna, zia di entrambe, è rimasta sola alle soglie della vecchiaia. Suo padre, il nonno di Elena e Francesca, che ha accudito negli ultimi anni, si è spento dopo una lunga malattia. Vedova senza figli, vede aprirsi davanti a sé il baratro della solitudine.
La storia si svolge nell’arco di pochi giorni, in un paesino del Veneto avvolto in una nebbia così presente e opprimente da diventare protagonista, da meritarsi il titolo del romanzo.
Elena torna per partecipare al funerale del nonno. Ha intenzione di rimanere solo il tempo strettamente necessario, per poi fuggire di nuovo lontano. Non sa che il destino le sta tendendo un tranello. Il suo passato, silenzioso e oscuro, è in agguato.
Una storia al femminile, tra rivelazioni dolorose e scoperte di inaspettati doppi fondi.”


La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Se mi piace mangiare?
Sì, sì e ancora sì, decisamente sì, indubitabilmente sì, inconfutabilmente sì.
(Ehm… si intuisce che mi piace mangiare?)
Se mi piace cucinare?
In tutta onestà… un po’ meno!

Lo fa per dovere o per piacere?
Diciamo che quando guardo uno degli innumerevoli (troppi!) programmi televisivi che parlano di cucina, mi piace molto cucinare. O meglio: l’idea di cucinare.
Quando invece si tratta di alzarsi dal divano, lavarsi le mani, preparare gli ingredienti, pulirli, lavorarli, metterli a cuocere… Beh allora…

Invita amici o è più spesso invitato?
Se si parla di inviti è necessario parlare al plurale. Nel senso che quando a casa ci sono degli ospiti è mia moglie a cucinare e io mi relego nel ruolo di aiutante (non di rado di sguattero, se proprio vogliamo usare le parole giuste eheheh). D’altronde quando un “maestro” è all’opera è giusto e normale che l’allievo si metta a disposizione e lasci spazio a chi ci sa fare davvero.

Ha mai conquistato amici o una donna cucinando?
Conquistare una donna cucinando? Naaaa! Se avessi dovuto far leva su quello sarei stato fresco!
Per conquistare quella che è diventata mia moglie ho dovuto far ricorso ad altre “doti”. No, no, non quelle che qualche malpensante può avere immaginato (magari!!!); parlo più banalmente delle mie doti di scrittura. Infatti i miei primi, timidi approcci sono stati maldestramente mimetizzati in alcune (orribili, ma sincerissime) poesie. Del resto con mia moglie ci siamo incontrati sui banchi del liceo e… chi non ha scritto qualche (orribile, ma sincerissima) poesia da liceale?

Vivrebbe con  una compagna  che non sa mettere mani ai fornelli?
Ve la ricordate quella pubblicità di biancheria intima che qualche anno fa ha invaso i cartelloni di tutte le città italiane? Il prodotto era il “wonderbra” e la testimonial una giovane e prorompente Eva Herzigova. Sul cartellone capeggiava, ironica, la scritta: “Non so cucinare. E allora?”.
Scherzi a parte non è quello l’elemento fondamentale in un rapporto di coppia ma, egoisticamente, mi fa mooooolto piacere che Imma, mia moglie, sia un’ottima cuoca.

Quando ha scoperto questa sua passione?
La passione per il cibo è nata intorno agli 8 o 9 anni, perché prima sono stato un bambino magrissimo e inappetente. Parlare di “passione” per la cucina invece è forse un po’ esagerato. Diciamo che negli ultimi anni ho cominciato a interessarmi più che in passato a come si materializzano i piatti sotto al mio naso e mi è venuta voglia di provare a farli comparire io, qualche volta.

Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Temo non sia molto positivo.
Mi viene in mente mia mamma che “sacramenta” perché non voglio mangiare…

Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Difficile scegliere un piatto preferito. Comunque adoro la pizza!
Se invece il Padreterno non avesse creato le bietole penso che vivrei benissimo lo stesso.

Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Oggi non vado: “per colore”.
Da bambino non mangiavo le cose “verdi”. Ma mi sa che non ero molto originale: quasi tutti i bambini odiano le verdure.

Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
Per conciliare lavoro, famiglia e impegni vari con la scrittura, va a finire che scrivo soprattutto di notte, confidando in una storica insonnia. E se mi mettessi a “spignattare” di notte…

Scrive mai in cucina?
E’ successo qualche volta, ma perché il resto della casa era “occupato” (ho un trivani… e con due figli adolescenti non ci vuole molto a riempirlo).

Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Di solito scrivo sul notebook ospitato su una piccola scrivania in un angolo della camera da letto. Comunque ho buone capacità di concentrazione, per cui in realtà potrei scrivere dovunque.
Come dicevo prima, scrivo più spesso la sera tardi, ma non è una scelta quanto piuttosto una necessità. Se vivessi soltanto di scrittura mi piacerebbe mettermi al lavoro più volte nel corso della giornata, staccando ogni tanto per fare qualcosa di diverso e “pulire” un po’ la mente.

 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Mi piace la buona cucina ma devo confessare, con po’ di vergogna, che adoro anche il cosiddetto “cibo spazzatura” (pizzette, panini, patatine, snack e simili); se non mi ci rotolo dentro è solo per un residuo di dignità personale. Quando sono davvero preso da qualcosa, la tentazione di buttarmi voracemente e velocemente su una fetta di focaccia barese o su un panino al salame e formaggio è molto forte…
Grazie al cielo ho un buon metabolismo e il mio peso è più o meno lo stesso da quando ero ragazzo.

Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Mi piacciono anche i dolci, ma se dovessi fare un voto e rinunciare a uno dei due “mondi”, sceglierei di continuare a mangiare il “salato”. Certo poi sarei un uomo triste…

Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Quando avevo quattro anni e andavo all’asilo, all’ora di pranzo le suore fornivano il primo piatto, ma toccava alle famiglie provvedere al secondo. Così mia mamma, che mi vedeva sempre filiforme ed emaciato, mi metteva in uno di quei contenitori di acciaio che si chiudono ermeticamente, una fetta di carne. Non di rado si trattava di fegato (che aveva la fama di essere ricco di ferro), cucinato con tutte le attenzioni, nella speranza che servisse a farmi essere un po’ meno anemico.
Io il fegato lo odiavo con tutta l’anima, quasi quanto la suora che ci costringeva a dormire “a comando”, con la testa sul banco, dopo pranzo. Così prendevo la fettina di carne, la tagliavo e provavo con tanta buona volontà a masticarla ma… niente da fare. Non andava giù e dopo un po’ diventava una specie di chewing gum fibroso. Allora mi guardavo furtivamente intorno, controllavo che la suora non mi stesse guardando, prendevo il boccone con la mano e lo buttavo sotto al tavolo, il più lontano possibile da dove ero seduto…

Quando esce a cena con i suoi amici  che tipo di locale preferisce? Cosa tende a ordinare in un locale?
Non mi dispiacerebbe andare a mangiare ogni sera da Vissani, ma per ragioni di budget – vi piace questo eufemismo? - tendo inevitabilmente a indirizzarmi verso qualche ristorantino non malvagio o qualche buona pizzeria.
Detto ciò, la cucina tradizionale vince a mani basse nelle mie preferenze rispetto a quella sperimentale.

Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo?
Per la verità organizzo poche presentazioni. C’entra il poco tempo e i pochi mezzi a disposizione ma anche, sicuramente, il carattere schivo e la timidezza. Faccio infatti promozione molto più su internet che “dal vivo”.
In ogni caso è da escludere che io possa offrire pranzi completi. In linea teorica sarebbe molto bello riunire amici e lettori intorno a una grande tavola imbandita per mangiare e chiacchierare di libri; in pratica o comincio a giocare e a vincere con una certa frequenza al superenalotto o devo continuare a accontentarmi di olive e patatine.

Ha mai usato il cibo in qualche storia? Ad esempio nei suoi romanzi ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo? Il cibo è mai protagonista?
In “Pinocchio 2112” c’è una scena in cui Angelo, il protagonista, porta qualcosa da mangiare al ragazzino che ha incontrato in una delle sue scorribande e quello, come un piccolo cucciolo, divora tutto di corsa per fargli vedere quanto è ubbidiente e indurlo in qualche modo a prenderlo con sé.
In “Luisa ha le tette grosse” uno dei momenti più dolorosi per il protagonista è quando, durante una cena in famiglia, davanti a un arrosto con contorno di piselli, il cognato/capufficio lo umilia alla presenza dei figli per un errore compiuto sul lavoro.
In “Nebbie”, sedute in cucina,  spizzicando da una serie di cartocci pieni di salumi e formaggi, Elena e Francesca, cugine e un tempo amiche per la pelle, cercano di ritrovare il piacere e la consuetudine di stare insieme.

“Pinocchio 2112” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
A una rustica zuppa di fagioli con crostini di pane. Una ricetta semplice e “povera” che diventerebbe, però, una vera prelibatezza in un contesto misero e degradato come quello del “mondo sotterraneo” immaginato nel romanzo.
Tutto, infatti, è sempre relativo.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
Mi riescono bene i risotti. Perciò…

RISOTTO CON ZUCCA E SALSICCIA
Ingredienti per 4 persone:
350gr di riso per risotto
400gr di zucca
200gr di salsiccia
1 litro c.a. di brodo
Una noce di burro
Una cipolla
1/2 bicchiere di vino (bianco, se volete che il risotto risulti di colore più chiaro)

Per mantecare
4 cucchiai di parmigiano
Seconda noce di burro

Procedimento:
Preparare il brodo con sedano carota e cipolla e tenerlo in caldo. Direi che non serve aggiungere un pezzo di carne (o il famigerato “dado”) considerato che nella ricetta c’è la salsiccia.
Togliere la buccia alla zucca, tagliarla a pezzi e sbollentarla (io la faccio andare pochi minuti nella pentola a pressione…), quindi frullarne una metà e tagliare l’altra metà a dadini “piccini picciò”.
Togliere la pelle alla salsiccia, sbriciolarla e rosolarla in una padella con un filo d’olio, sfumandola con un goccio di vino. Qualcuno mette prima nell’olio uno spicchio di aglio, ma a me non piace “mischiare” aglio e cipolla nella preparazione dello stesso piatto (punti di vista, chiaramente).
Far soffriggere in una pentola la cipolla tagliata fine, fine, fine con una noce di burro, quindi aggiungere il riso e far tostare per 2 minuti mescolando; quindi far sfumare con il vino, coprire di brodo, aggiungere un po’ di sale grosso e lasciare a cuocere per qualche minuto aggiungendo altro brodo mano a mano che il precedente viene assorbito dal riso.
Intorno a metà cottura aggiungere la salsiccia e la purea di zucca frullata.
Mescolate spesso e aggiungere ancora brodo.
Controllare se serve altro sale (la zucca è dolce e la salsiccia fa fatica a “compensare”).
Quando il riso è quasi cotto aggiungere i dadini di zucca.
A cottura ultimata mantecare con il burro e il parmigiano e servire

Quale complimento le piace di più come cuoco?
“Incredibile! E’ commestibile!” (Direi che è il massimo a cui, ragionevolmente, posso aspirare…).

E come scrittore?
“Ho iniziato a leggere il tuo libro e non sono riuscito a smettere…”

Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Continuano a piacermi le righe finali del primo capitolo di “Pinocchio 2112”.
“Io procuro gli oggetti più assurdi che si possano desiderare in un mondo in cui il vizio è regola e l’eccesso non è punito, in cui chi ha la forza può tutto e chi è debole non ha che se stesso da vendere. E se non vale molto agli occhi di nessuno, allora può solo fuggire e subire.
O scegliere di smettere di soffrire. E morire.
Io non ho potere, ma non ho neppure bisogno di vendermi per sopravvivere. Sono tollerato, anche se formalmente si condanna quello che faccio, o meglio, quello che cerco. Perché procuro cose che, pur essendo inutili, tutti prima o poi, in qualche momento particolare della loro vita, desiderano tornare a possedere.
Io, infatti, procuro il passato.”


Grazie per la sua disponibilità                                                                           


2 commenti:

  1. Beh, devo dire che abbiamo in comune alcune cose: il rifiuto del "fegato" e la fine fatta fare alla carne (anche io nella mia intervista racconto dei pezzetti di carne che finivano sotto a un mobiletto, a casa degli zii!). Per il resto, sono certa che tu sia un ottimo scrittore: al torneo, come sai, "Nebbie" mi è capitato sia come incipit sia come romanzo intero, e in entrambi i casi ti ho valutato con entusiasmo. Le risposte sono simpatiche, vivaci e divertenti, e la personalità che esce fuori interessante. Complimenti, Silvio. Aspetto di leggere NEBBIE su carta (non amo gli ebook). Ciao, Fede.

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  2. In effetti prima o poi bisognerà dargli un vestitino di carta a questo "Nebbie" ;-)

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