lunedì 26 novembre 2012

IN CUCINA CON LO SCRITTORE, Gaetano Barreca, Inquietudini di cera.


Interviste libro-culinarie di Federica Gnomo



Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Gaetano Barreca per aver aperto la porta della sua cucina in quel di Londra.
Questa intervista sarà leggermente diversa  perché l'autore ha voluto interpretarla e parlarci di sé a tutto campo, rivelandoci di essere un artista poliedrico e pieno di interessi. E naturalmente molto originale!
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene?
Sarà che la mia è una famiglia di ben due generazioni di ristoratori, ma mangiare bene per me è un obbligo. Sono cresciuto in uno dei ristoranti più grandi di Reggio Calabria, in riva alla spiaggia del bellissimo Stretto di Messina. Mia madre si occupava della preparazione dei piatti mentre io sognavo già viaggi alla scoperta di nuovi mondi. Il pesce spada è sempre stato uno dei piatti caratteristici della zona, e il polipo fresco con il limone il mio antipasto preferito.
Dopo aver vissuto dieci anni nella terra umbra del cinghiale e del tartufo, della torta al
testo e degli strangozzi, oggi vivo a Londra, città multiculturale tra le più estese d’Europa, dove tuttavia tra una corsa e l’altra non ho mai abbastanza tempo per dedicarmi ai fornelli.
Ritengo che il cibo abbia bisogno d’amore e pazienza per essere preparato, e per questo
mi trovate spesso nei ristoranti della zona in cui vivo, Angel Islington. Tra le cucine che
preferisco, quella italiana detiene ancora il primato. Ho scoperto Sartori un ristorante
napoletano in Leicester Square assolutamente delizioso, piatti abbondanti, non troppo
costosi e degni del tipico sapore dei cibi preparati al Sud. Insomma, ricordano i piatti di
mamma!
E cucinare?
Mangiare è un vero piacere per me, in particolar modo quando il pasto è condiviso con
amici e una bottiglia di buon vino italiano. Cucinare non mi fa impazzire, anche se non
nascondo che uno dei lavori in cui mi sono divertito di più è stato fare proprio il cuoco.
Durante i due anni in cui ho lavorato nel caffè del museo impressionista Courtauld Gallery, ho avuto modo di dedicarmi anche alla cucina.
Come piatto fisso nel menù c’era la zuppa con scone alle erbe o con insalata e un
formaggio a scelta tra blue cheese, goat cheese o cheddar. Per gli inglesi, la zuppa è un
piatto irrinunciabile - ricordo ancora un giorno in pieno agosto in cui servii ad una signora la zuppa bollente di carote e peperoni accompagnata da cioccolata calda, l’avrei uccisa!
Qual è stato l’aspetto più entusiasmante del tuo lavoro come cuoco in un museo
britannico?
La cosa più affascinante e divertente era che ogni mostra è abbinata ad un menu a tema, e assieme al capo cuoco della compagnia ci adoperavamo in ricerche sul sito BBC food per trovare piatti tipici, buoni e senza troppe difficoltà di preparazione. Sono stato
chiamato ai fornelli per preparare i piatti della cucina inglese per la mostra Life, Legend,
Landscape: Victorian Drawings and Watercolours (17 febbraio – 15 maggio 2011) e in seguito per preparare i piatti francesi per i visitatori della mostra di Toulouse-Lautrec and Jane Avril Beyond The Moulin Rouge (21 ottobre 2010- 16 gennaio 2011). Infine, chorizo a volontà per l’esibizione spagnola di Drawings from Ribera to Picasso (13 ottobre 2011– 15 gennaio 2012). In passato, avevamo avuto anche la cucina italiana con Michelangelo’s Dream (18 febbraio – 16 maggio 2010), ma appena arrivato a Londra il mio lavoro era servire ai tavoli, godere delle mostre e naturalmente mangiare. In un clima cosi appagante e culturalmente stimolante, puoi immaginare come scrivere fosse un vero piacere.
Tra queste variegate cucine, quale tra le cose che hai preparato ti piaceva cucinare,
mangiare e soprattutto su quali piatti ricevevi più complimenti?
Tra tutti i piatti che preparavo, quello di cui andavo più ghiotto era la mousse di trota
avvolta in filetti di salmone affumicato, servita con una fetta di limone fresco, insalata verde e pane di semi per la mostra di Toulouse-Lautrec. I migliori complimenti che ho ricevuto da numerosi clienti erano per le mie zuppe, qualcuno ha addirittura azzardato dire che in tutta Londra fossero le migliori!
Invita amici o è invitato?
Mi piace accogliere la gente a casa, un’ottima occasione per comprare fiori freschi e godere del proprio appartamento. Mi diletto a preparare gli antipasti cercando di portare in tavola il tipico sapore italiano. Olive, pomodori freschi e secchi, formaggi e salumi vari accompagnati da grissini e pane di Altamura abbinati con qualcosa di poco nostrano, ma ottimo con carote e sedano, è l’humus. Il tutto sorseggiando un buon prosecco.
Servo questo gustoso tripudio di sapori mediterranei in soggiorno appoggiando ai tappeti
della casa dei vassoi intrecciati di bambù. Con gli ospiti ci si sposta poi in cucina per
consumare un piatto unico, generalmente le lasagne vegetariane. A differenza dell’Italia in Inghilterra il tempo delle chiacchiere è preferito sulle poltrone davanti a un tè verde che concilia la digestione più che intorno alla tavola, per questo gli inglesi scelgono spesso un piatto unico. Quando l’invito a cena arriva improvviso o non ho tempo da dedicare alla preparazione, non rifiuto mai la compagnia degli amici e ordino il cibo da un ristorante italiano locale chiamato “La Divina”.
Vivrebbe con una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Lo faccio già! Per fortuna condivido l’appartamento con altre due donne, che spesso
cucinano per noi, scacciando la tentazione del facile utilizzo di cibi precotti al microonde.
Raccontaci del tuo primo ricordo legato al cibo?
Mi viene da sorridere nel parlarne, ma il pensiero m’intenerisce allo stesso tempo. Avevo circa sei anni, e rintrato da scuola,  mi assalì un forte desiderio di mangiare un buon piatto di gnocchi cucinato da mia madre, ottima cuoca. Mamma Giovanna era molto indaffarata con i clienti, il ristorante era pieno, e nonostante le mie capricciose richieste non ebbe il tempo per cucinarli. Non mi sentii preso in considerazione e con il broncio “scappai di casa”. Per fortuna mio fratello maggiore mi venne a recuperare. Ero un bambino, eppure già un promettente viaggiatore.
Hai un piatto che ami e uno che detesti?
Mangio tutto e con gusto, in particolar modo, come detto sopra, amo gli gnocchi e la pasta al forno. Quello che proprio odio è il sushi - nonostante sia ora abbastanza in voga, il pesce crudo non fa per me.
Nei tuoi libri a sfondo introspettivo, discorri spesso dei luoghi che hai visitato e delle sensazioni provate facendole vivere ai tuoi personaggi. Toglimi una curiosità, quando sei in fase creativa qual è la bevanda che stimola il tuo senso di raccoglimento ?
Adoro il caffè! Dall’Italia oltre che alla mia inseparabile moka ho portato la tazza rossa del Nescafé. È la mia compagna fedele che mi segue sin dal mio esordio nel 2008. So che non è da veri italiani, ma quando scrivo adoro stare con il mio beverone di caffè americano sia che io scriva a casa che in un coffee shop.
Dove ami scrivere? A che ora ti viene più naturale?
Divido la mia scrittura in tre fasi e luoghi:
1. “Ispirazione/lavoro”, che viene ovunque, e che vivo come un grande dramma
esistenziale. Scrivo appunti dove posso sulle note del cellulare, a lavoro sugli
scontrini ancora bianchi del British Museum o su un piccolo blocco notes che porto
sempre con me.
2. Generalmente trascorro la fase “Contemplativa / coffee-shop” la mattina presto
prima di entrare al lavoro, in un Pret a Manger di Museum Street, con un doppio
espresso, porridge, una goccia di miele e marmellata. Quando posso è un piacere
anche la sera in un coffee shop della mia zona. Porto il mio computer o l’iPad ordino
un caffè americano e un cornetto al cioccolato, in quel tavolino mi rilasso e scrivo
per ore e ore.
3. L’ultima fase è lo “scombussolamento / casa”. Una fase un po’ isterica in cui mi
ritrovo immerso tra infiniti scontrini, appunti sul computer e note sul cellulare. E’
la mia tragedia più grande, i miei coinquilini si fanno sempre sane e grasse risate
quando mi vedono oberato nel mio lavoro. A casa generalmente non mangio
mai davanti al pc, ad eccezione dei momenti in cui mi organizzo con il gruppo di
scrittori no profit Giveight, allora faccio colazione, pranzo, cena spuntino notturno e
quant’altro.
Potremmo aggiungere anche una quarta fase: “il viaggio”. Quale sarà la tua prossima destinazione?
Sto approfondendo la mia conoscenza dei luoghi di Londra, come per esempio il museo
di Freud e il The Globe, il teatro di Shakespeare, dove spesso mi reco per continuare la
stesura della storia dei Poeti di Cera. In più, ho appena prenotato un viaggio di dieci giorni che mi vedrà girovagare intorno alla Puglia, per visitare i luoghi dove ho ambientato i miei due romanzi Inquietudini di Cera e Martini Bias Crime, sto revisionando e aggiungendo informazioni ai miei libri perché presto li proporrò al pubblico inglese. Trattano della storia d’amore di Icaro e Alessandro, alle prese con la loro crescita in una realtà ostile al puro sentimento. Si conoscono nel periodo universitario, e attraverso le lettere che si scriveranno e i diari segreti della loro adolescenza riveleremo l’infanzia feroce e triste vissuta da entrambi. Icaro affronterà il tema dell’adozione e tratti di psicologia sulla creazione di un mondo interiore. Alessandro si scoprirà figlio della Quarta Mafia di Bari e per vivere in un mondo onesto e meritevole della sua unicità deciderà di lasciare l’Italia. In questi scritti non c’è traccia di rimpianti o autocommiserazione, ma solo voglia di andare avanti e rivalsa, vivere per i propri ideali fino alla morte.
“I Poeti di Cera sono geni incompresi, folli temerari capaci di vedere al di là delle cose.
Viaggiatori instancabili che vivendo di passione e sogni lasciano un segno indelebile tra la gente rivoluzionando il mondo.”
Arricchirai il libro anche a livello enogastronomico?
Certamente, è noto che gli inglesi amano la cucina italiana e che gli italiani amano la cucina tradizionale, impossibile dunque non citare i piatti della Puglia che oltre a evocare luoghi di appartenenza richiamano anche i sapori di una vecchia e affascinante cultura.
Altri progetti per il futuro?
Ho appena incominciato una collaborazione didattica con il dipartimento d’educazione del British Museum per la mostra su Pompei ed Ercolano che si terrà nel mese di marzo 2013, se il progetto andrà a buon fine, anche il mio nome di scrittore di favole e racconti per bambini avrà il suo momento di gloria nel Regno Unito. Ancora, è prevista la presentazione del mio libro all’Estorick Collection of Modern Italian Art dove presto volontariato. É mia intenzione infatti portare oltre che ai miei versi ed estratti del miei libri anche un pò di Taranta, la danza tipica della Puglia.
Potete seguire tutti i miei progetti sulle mie pagine Facebook o sul mio sito web
gaetanobarreca.com.
Romanzi, poesie, favole e in passato anche due mostre di quadri, Gaetano
Barreca è dunque un artista completo. Per concludere, ci puoi consigliare una
ricetta che ti piace particolarmente?
Siamo vicini alle feste natalizie, ritengo dunque doveroso consigliarvi una ricetta degna
della tradizione inglese, Plum-Pudding o Budino Inglese di Natale, preparato e servito in ogni famiglia durante le festività natalizie.
Ogni madre ed ogni nonna ha la propria ricetta, spesso tramandata da generazioni.
La tradizione racconta che ogni donna che lo prepara mette nell’impasto un piccolo
oggetto che sarà un portafortuna per chi lo trova. Il termine Plum-Pudding vuol dire alla
lettera “budino di prugne”, benché questo ingrediente non sia presente nella ricetta.
La preparazione è laboriosa e richiede molto tempo (è necessario far riposare il budino
per tre settimane!), pazienza nell’esecuzione e nella ricerca degli ingredienti. La bontà del risultato però è garantita! Per i dettagli sulla preparazione consiglio ai lettori di googolare(cercare su google, n.d.e) la ricetta perché parecchio lunga e alquanto complicata.
Quale frase tratta dalla tua opera o dalla tua esperienza possiamo portarci nel cuore abbandonando Londra?
“I cammini delle persone sono tanti, le strade s’incrociano, si sfiorano, si scontrano, si ritrovano e si perdono. Però ognuno è unico e ogni incontro per quanto possa durare è speciale, magico dobbiamo cogliere questo, dobbiamo apprezzarlo e conservarlo dentro di noi.”

Inquietudini di Cera, 2012 Lulu edizioni



Grazie per la sua disponibilità
Federica Gnomo

venerdì 23 novembre 2012

Io sono il ragazzo coi pantaloni rosa.



Voi sapete che io sono molto sensibile all'argomento. Difendo i diritti di tutte le persone, sopratutto a professare e non nascondere i propri sentimenti.Il fatto accaduto, l'abbandono, la solitudine interiore del ragazzo,  la cattiveria dei compagni e l'indifferenza degli adulti mi lascia allibita.

Ancora oggi, in un paese moderno, dobbiamo riportare che un adolescente si uccide perché gay e perseguitato. Mai come in questo periodo è attuale ciò che scrivo: cerchiamo di considerare naturali i sentimenti di questi ragazzi. Non è una perversione, né una malattia è una diversa sessualità, un diverso amore ma diverso solo perché non è omologato ai due generi, eppure sempre esistito. Anche in natura.  Sono persone, e quando capiremo che in Amore esistono solo le Persone, allora e solo allora tutto questo odio, e volgarità, finirà. Lo spero fortemente.
Un bacetto al piccolino che ha preferito morire che aprirsi alla vita e lottare per i suoi diritti.
Non lasciamoli soli.

lunedì 19 novembre 2012

Cronache dalla fine del mondo 21/12/12 booktrailer

In questa bellissima antologia, presto in libreria, c'è anche un mio racconto.

Questo è il trailer fatto da Stefano Olivieri

IN CUCINA CON LO SCRITTORE: Gino Centofante

Interviste libro-culinarie di Federica Gnomo Twins











Gino Centofante

Oggi salutiamo e ringraziamo l’autore Gino Centofante, “Graffi”, Libro Aperto Edizioni , 2012 per averci aperto la porta della sua cucina.
Buongiorno, prima di cominciare a parlare di cucina, ci vuole dire qualcosa sulla sua opera?       
Come presentare un proprio libro? E’ questa la domanda che subito mi è venuta in mente pensando ad una possibile presentazione della mia raccolta di poesie “Graffi”. Parlare di una raccolta di poesie non è mai semplice e può essere ambiguo e labile, ciò che mi sento di dire per presentarlo è che è frutto di un vissuto fatto di gioie, dolori, delusioni, nostalgie, eventi inaspettati, che come nuvole al vento sono passeggeri e si ripresentano sistematicamente proprio quando noi tutti raggiungiamo un’apparente felicità. È il destino di tutti, di nessuno, di qualcuno, che ho voluto cristallizzare per non far spazzare come foglie al vento tanti accadimenti che nella loro natura sono sia belli e fiorenti che brutti e acri.
Grazie, spero che molti lettori scoprano la bellezza e la profondità della sua poesia.
Ora cominciamo l'intervista.
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Allora amo sicuramente mangiar bene, anche se qualche volta mi piace anche mangiare senza stare troppo attenti, penso che in fondo la vita sia una soltanto e bisogna godersela a pieno. Cucinare? Mmm diciamo veramente poco, giusto l’indispensabile per una sopravvivenza.
Lo fa per dovere o per piacere?
Allora quando mi trovo a cucinare (quelle poche volte) lo faccio sicuramente per dovere, ma in fondo la cucina è da sempre un mondo che mi affascina devo solo trovare il tempo per fare pratica e migliorare, sperando che porti i risultati sperati.
Invita amici o è invitato?
Diciamo entrambi anche se di più la seconda, nel primo caso succede quando resto solo in casa e allora invito degli amici per divertirci insieme ai fornelli e passare una serata alternativa, nel secondo caso sicuramente il menù culinario sarà più mangiabile e meno arrangiato e sicuramente più gradevole.
Ha mai conquistato amici o un amore cucinando?
Diciamo che le mie carte di conquista mirano su altri fronti, provare a conquistare con la cucina sarebbe un po’ un suicidio in partenza. Forse chissà una successiva serata in ospedale potrebbe essere galeotta.
Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Diciamo che vivrei con una persona a prescindere dalla sua qualità culinarie, però se ha doti in cucina il suo punteggio di conquista salirebbe abbastanza, anche perché ripeto ai fornelli non sono molto ferrato.
Quando ha scoperto questa sua negazione?
Ho scoperto la mia negazione con mia sorella da bambini quando ci sl diverte a impiastricciare e a sporcarsi le mani, mentre a lei giocando con la pasta frolla uscivano sempre delle belle formine a me uscivano sempre dei mostri che potrebbero fare concorrenza ai cattivi della Disney.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Secondo episodi raccontatomi da mia madre, io ho avuto sempre un rapporto conflittuale con il cibo sin dalla nascita, non volevo ingerire nulla e ogni qualvolta provato a ingurgitare qualcosa lo rigettavo di getto fuori, per fortuna questo problema legato alla mia nascita prematura adesso è andato via, e ora più che mai mi piace mangiare e anche tanto! Il mio primo ricordo è sicuramente legato alle pappette che a dispetto dei bambini comuni odiavo sopra ogni cosa.
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Un piatto che amo è sicuramente la pasta alla carbonara, quello che detesto mmm non ne ho uno preciso, qualsiasi cosa contenga verdure che siano funghi, melanzane, piselli ecc… ad eccetto di pomodori, cetrioli, carote.
Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Sicuramente quei colori scuri e poco appetibili, non ti invogliano proprio ad assaggiarli.
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
No, non ho nessun rito scaramantico legato al mondo del cibo. Mi piace rilassarmi con una buona camomilla a volte prima di scrivere, ma non è fonte indispensabile per la mia creatività.
Scrive mai in cucina?
Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale?
Sì è capitato, diciamo che scrivo un po’ dove capita, non ho un luogo preferito, di solito scrivo sul letto o seduto di fronte a una scrivania, la sera o anche la mattina, ma comunque quando l’ispirazione chiama non ci sono orari che trattengono le mie mani e il mio cervello.
Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Inizio con il dire che se sono molto preso dalla scrittura, del cibo non me ne può fregar di meno, mi metto lì e scrivo fin quando non mi sento sazio e appagato dei miei pensieri.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Quando scrivo diciamo che mi è quasi indifferente, però se proprio devo scegliere preferirei dolce.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
Sì, sì, ne ho una molto bislacca accaduta sempre insieme a mia sorella, allora un giorno chiedo a mia sorella se voleva fare le crepes, però lei in quel momento mi dice che non aveva voglia di preparale, allora io testardo come sono, vado in cucina e comincio a prepararle, a preparazione finita, metto a scaldare padella antiaderente, getto il liquido in padella e lascio cuocere per pochi minuti, risultato del tutto? Una frittata dolce…..Ancora oggi mia sorella a distanza di anni sì diverte a prendermi in giro e racconta questo aneddoto ai suoi amici.
Però, così ci ha mostrato la sua intraprendenza e testardaggine, ottime doti per uno scrittore…
Lei è uno scrittore di poesie ( per ora), quando esce a cena con i suoi amici  o la sua famiglia che tipo di locale preferisce? Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale?
Io non mi definisco scrittore innanzitutto, scrivo un po’ di tutto anche se ora la mia pubblicazione riguarda delle poesie, non mi sento neanche un poeta, sono uno che prova a dare un senso ai suoi pensieri, un pazzo, un visionario. Un locale semplice e alla mano, quando esco con la mia famiglia un locale sempre semplice e che mostra disponibilità. Un aperitivo per tutti, per debellare questo caldo che ancora ci accompagna.
Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Ad esempio in  “Graffi” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
Lei evoca con il cibo? Il cibo è mai protagonista?
“Graffi” a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Diciamo in qualche racconto sì, velatamente.
 Mi piace narrare attraverso il vasto mondo culinario, il cibo protagonista assoluto no, ma componente secondaria sì. Graffi, lo legherei a una torta Kinder Paradiso, soffice, gustosa e genuina, che a ogni morso ti richiama e ti invita ad assaporarne la porzione successiva.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o ad offrire quasi un pasto completo?
Sì, un buffet penso sia il giusto compromesso. Sì, sì, penso risulterebbe più che gradevole. Sicuramente un aperitivo è l’ideale.
Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
Allora una che mi riesce bene è di un dolce, e precisamente la “Torta tenerella”.
TORTA TENERELLA
Ingredienti:
200 gr. di cioccolato fondente al 55%
100 gr. di burro
100 gr. di zucchero
60 gr. di farina 00
4 uova
1 bustina di vanillina
Procedimento: Far sciogliere il cioccolato in una ciotola a bagno maria oppure al micronde a bassa potenza. Unire il burro a pezzi e completare lo scioglimento. Aggiungere poi, le uova, la farina e lo zuccchero. Versare l’impasto in una teglia da torte possibilmente circolare e far cuocere a 180 °C per circa 15 min. finché la torta si presenta cotta all’interno ma nello stesso tempo ancora umida.
Quale complimento le piace di più come cuoco? E come scrittore?
Come cuoco determinato e instancabile. Come scrittore sensibile e non banale.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Dalla mia cucina e dal mio mondo ringrazio te Federica per avermi dato questa splendida possibilità, ognuno ogni giorno colora i suoi giorni, ci sì impegna, si va avanti, sì resta delusi e illusi, un giorno tutto fiorisce, sboccia, riprende vigore, il timer del forno suona e ti riporta alla realtà e ti fa diventare cosciente di una tua creazione che non può esser apprezzata da tutti ma che comunque sicuramente non farà rimanere scontento anche il più esigente dei palati.
Grazie per la sua disponibilità


lunedì 12 novembre 2012

IN CUCINA CON LO SCRITTORE: Stefania Mereu


Interviste libro culinarie  di Federica Gnomo 




Oggi salutiamo e ringraziamo Stefania Mereu, autrice sarda, esordiente con il romanzo: “Lo specchio di Eveline”, Photocity Edizioni (Napoli, Gennaio 2012), per averci aperto la porta della sua cucina.
                
Ci parli un pochino del suo romanzo.
Per presentare il romanzo, mia prima monografia, vorrei precisare che la copertina è stata realizzata da Ugo Ciaccio, e riportare la quarta di copertina, scritta dalla editor, Chiara Tortorelli, che ha curato il testo per la collana Homo Scrivens, diretta da Aldo Putignano (tutti napoletani, insomma, e che ringrazio per la bella esperienza che ho condiviso con loro):

Cosa accade nel momento esatto in cui il presente incontra il passato?
Un bambino, un quadro ed Eveline, una donna malinconica, vivono ancora tra le pareti di una casa che custodisce con cura i suoi misteri. Julia, invece, è una donna di oggi, moderna, indipendente, bella, che si innamora di quella casa antica piena di segreti…
Nello scenario di una villa d’altri tempi s’incontrano, riflesse in uno specchio, due donne separate dai secoli eppure unite da qualcosa d’impalpabile che a stento sembra rivelarsi.
La prosa della Mereu ci trasporta fuori dal tempo, a metà strada tra realtà e sogno, alla ricerca di una verità nascosta attraverso intrighi e amori millenari, fino a raggiungere il cuore di un finale inaspettato.”


Ora veniamo al cibo! La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene?
Bene, certo! Nel senso di qualità, e penso in modo convinto che anche le ricette semplici richiedano preparazione e ingredienti di qualità. Come per la scrittura o altra forma di arte anche quella culinaria necessita di tecnica e prima o poi bisogna impararla anche nell’improvvisare inventando nuove ricette. Qualità, anche senso che eccedere nei pasti consente solo di perdersi il meglio, magari portate che arrivano dopo, delle volte. Durante una cena, per esempio, preferisco più assaggi che mangiare una o due portate.
E cucinare?
Mi piace tantissimo, è uno dei miei hobby preferiti e adoro cucinare fin da piccolissima, dove per usanza, in Ogliastra, dove sono nata, precisamente in un piccolo Paese chiamato Jerzu, le bambine venivano abituate presto su ogni cosa che riguardasse l’indipendenza, lo vivevamo come un gioco, specie in tutto ciò che riguardava la casa, quindi anche la cucina e l’arte culinaria. Ho riprodotto vecchie ricette tradizionali anche grazie al ricordo delle varie fasi di preparazione perché bazzicavo in cucina quando venivano preparate pietanze o dolci tradizionali, particolari, magari per eventi come matrimoni, battesimi ecc.
All’epoca non si svolgevano in ristorante, ma richiedevano preparazioni lunghissime, notti comprese.
 Lo fa per dovere o per piacere?
Sicuramente è un piacere. Diventa un dovere, nel senso che sveltisco e quindi uso preparare cose più veloci quando ci sono delle priorità. Per esempio, per motivi di lavoro. Oppure, seppur è molto indipendente, quando mia figlia mi chiede qualcosa che riguarda la scuola (tanto mi diverto tantissimo), o se sto scrivendo, revisionando un manoscritto, o se sono nella fase di studio, oppure ultimare di leggere un romanzo che… prende!
 Invita amici o è invitato?
In genere tutt’e due le cose, ma se sono invitata e ho confidenza è difficile che non mi armi di grembiule, che non leghi i capelli e che non mi intrufoli ad aiutare e fare qualcosa: bellissimi momenti che sempre conservo tra i ricordi. Considero la cucina un posto magico e dove le persone si aprono meglio che nel contesto di un salotto. E ci si diverte un mondo!
 Ha mai conquistato amici o un uomo cucinando?
Sicuramente! Ma sono anche stata conquistata in questo modo. Con gli amici sono “chiamata” per gli antipasti, per esempio. Mi piace molto decorare, da sempre, così come anche i dolci o tutto ciò che è ricevere. Quindi anche il presentare la tavola in un certo modo, a meno che non ci sia qualche improvvisata e allora è diverso, ci si adatta anche a una spaghettata all’aglio, olio e peperoncino.
Vivrebbe con  un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Nel caso, avrei fatto in modo che imparasse! Mio marito è anche qualificato in questo campo e ho imparato molto da lui come chef, è giusto che lo dica e ribadisco che la tecnica aiuta e diciamo che corrisponde al lavoro di un editor in un libro che merita di uscire.
Quando ha scoperto questa sua passione?
Da piccolissima, ripeto e ho un aneddoto che mi riporta indietro a quando avevo meno di sette anni. Lo dirò più in là…
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Il cibo è qualcosa che deve dare piacere al palato, ma anche alla vista, all’odorato e al tatto.
Il ricordo è questo: forse avevo cinque anni quando incuriosita dalla bellezza dei fiori di calle ne avevo rubata una dal vaso, a casa della nonna materna. Mi ero nascosta e avevo voluto ardentemente assaggiare il gambo che trovavo invitante, succosissimo… ma fu un’esperienza negativa al palato, che ancora ricordo bene anche come sapore, per carità!
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Adoro gli antipasti, ma anche i primi piatti conditi con verdure e mantecati. Meno la carne che però mi piace cucinare, o anche il pesce. Detesto (senza se e senza ma) le lumache, i bocconi di mare, i tartufi e… il coniglio, ma per quello c’è un motivo legato all’aneddoto che dirò dopo. Tutto il resto lo gusto senza problemi, anche un pezzo di pane carasau con sopra il filo d’olio extravergine d’oliva e sale (anzi accompagna bene gli antipasti e non solo di mare! Ed è un ottimo stuzzichino).
Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Tutti i colori sono colori, anche per i cibi che non prediligo e che ho detto prima. Trovo affascinante anche un piatto al nero di seppia o bellissimo l’aspetto di una pasta alla carbonara ben fatta, simpatico un antipasto con forme di animali o fiori ecc. (mi diverte tanto prepararli e per me è un gioco davvero bello e rilassante… spesso ho fatto anche dei quadri che componevano un antipasto e ho gli attrezzi che porto sempre dietro, non si sa mai! E non ne faccio mai  uno uguale, però!).
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo?
Sì, e diciamo che è legato alla mia cultura ogliastrina, grazie alla nonna e alla mamma. Nell’ordine: il segno della croce, capelli legati o raccolti da un fazzoletto, grembiule, poi si entra in cucina e sugli ingredienti di nuovo il segno della croce.
Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere?
Quando scrivo non mi accorgerei neanche se smettessi di respirare. Mi reco in un altro mondo e mi volano le ore senza che io mi accorga. Spesso dimentico anche i più normali bisogni fisiologici come bere o altro…
Scrive mai in cucina?
Scrivo dappertutto, nel senso che osservo molto e spesso devo avere almeno carta e penna in borsa. L’osservare tutto, ma in modo discreto, è un gioco che facevo fin da bambina e se trovo un personaggio interessante o una situazione particolare prendo appunti ovunque io mi trovi. Ma per scrivere, come per leggere, è necessario fermare tutto, come se il mondo smettesse di girare: una sensazione intima che cattura senza appello. E meno male.
Altrimenti dove ama scrivere?
Nella scrivania di casa, se si tratta di manoscritti in scrittura o in revisione o stesure di racconti. Ho una calligrafia orribile, ho usato la macchina da scrivere, ma il computer è ormai insostituibile per scrivere e ci si deve “fermare” e fermare il tempo.
E a che ora le viene più naturale?
Ogni momento libero. Scrivo la notte, nei week end, quando sono in ferie, o quando sono stata costretta (raramente, per fortuna) a sottostare a riposi forzati: es. in malattia.
 Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Non amo i cibi pronti, a eccezione della pizza. Mi piace anche la pizza fatta in casa e mi diverte anche “avere le mani in pasta”, quindi fare la pasta fresca per i diversi usi.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce? Dipende. Prediligo il salato, comunque. Es. Olive.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
L’aneddoto ve l’ho annunciato prima e sono tra le cose che non si dimenticano; se ci penso ogni volta sorrido, ora lo ritengo comico, addirittura, ma all’epoca l’avevo vissuto un po’ come un dramma d’infanzia. Premetto che ho avuto una madre di salute cagionevole fin da piccola e soggetta spesso a lunghi ricoveri per interventi, terapie, ecc. Uno di questi ricoveri avvenne nel ’72 e non avevo ancora compiuto i sette anni. Io e miei fratelli (sono la più piccola e ho un fratello e una sorella di poco più grandi di me) stavamo spesso con la nonna materna quando lei era a Cagliari in ospedale e durante il giorno e la sera con mio padre. Un giorno mi trovavo sola in casa, lo ricordo come fosse ieri e al mio piccolo paese era normale che potesse accadere. Avevo visto il coniglio tagliato e messo sotto aceto dalla nonna per poterlo cucinare alla cacciatora. Siccome osservavo sempre anche come preparavano i pasti furtivamente mi ero messa a cucinarlo io quel giorno. Quanto ero felice di poter fare la donna grande che aveva una cucina tutta sua! Avevo fatto tutto grazie alla memoria che avevo di mia madre che lo preparava, come se fosse presente e mi guidasse in ogni fase. Peccato che scambiai lo zucchero con il sale e venne fuori un coniglio alla cacciatora un po’ “caramellato”. C’ero rimasta malissimo, tutti mi incoraggiavano, dicevano che ero stata brava e mio padre ne mangiò anche un pezzo facendo finta di assaporarlo come fosse la cosa più buona. Mio fratello e mia sorella, invece, avevano un’espressione che diceva tutto il contrario. Avevo capito, che era disgustoso e che mio padre l’aveva mangiato solo per amore paterno. Averci provato era importante e fu la nonna dirmi queste parole. Non le dimentico e prima di darmi per sconfitta, in tutto, sono ormai abituata a provarci. Così è per tutte le cose e forse grazie a quell’episodio.
Lei è un’autrice di racconti, romanzi, che abbracciano generi come il romanzo sociale, con vena noir o mistery, quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? Ho una figlia e si esce sempre meno ormai. In genere va benissimo anche una pizzeria e i ristoranti li frequento più raramente, visto il periodo, o più per motivi legati al mio lavoro.
Cosa tende a ordinare in un locale?
Nella fattispecie una pizza (mi piace quella ai peperoni grigliati e ridotta, oppure alla salsiccia sarda secca e pecorino), Non deve mancare il dessert, in genere gusto una crema catalana o gelato al tartufo bianco affogato nel caffè caldo.
Se sono in ristorante mi faccio guidare da maitre o dal cameriere!
Ha mai usato il cibo in qualche storia?
Tante volte, direi quasi sempre.
Nella quasi totalità delle storie che ho scritto, anche racconti, così come ne Lo specchio di Eveline, ci sono passi che ricordano ciò che dei sensi è stimolato anche dal cibo.
Lei evoca con il cibo? Sì, Anzi, il cibo spesso è legato ai ricordi. Un po’ come fare una torta, usare il lievito Pane degli Angeli della B… (non so se si può citare il nome commerciale) e ricordare “Maria Rosa”, per intenderci!  Anzi, a volte la canticchio!
Il cibo è mai protagonista? Sì, ripeto, lo è stato in varie storie.
Anche nelle letture si impara l’importanza del cibo e siamo anche noi una generazione che ha sempre “mangiato” per almeno tre pasti al giorno. Mi viene in mente un esempio:
“ Cecità” di Saramago, libro che trovo anche magistrale nella sua scrittura (ma lo amo anche come scrittore, meritato Nobel) è il primo libro che mi viene in mente e dove il cibo è protagonista in modo quasi prorompente, significativo. Questa cosa mi aveva quasi turbato per la crudezza che aveva generato andando avanti nella lettura e consiglio la consiglio. Usare l’espediente letterario come faceva lui, contrattare il tutto con il lettore vuol dire farsi catturare dal testo, dalla storia, personaggi e contesti e valutare anche ciò che l’essere umano è capace di fare in negativo, o positivo, pur di trovarsi in una situazione all’apparenza impossibile e “mangiare” o dividere il cibo diventa vitale non tanto per il sostentamento in sé … un libro che non ha bisogno di essere legato a ricette particolari proprio perché è il cibo come “ricchezza” fonte di avarizia e cattiveria pura  o risorsa da condividere. Questo che fa pensare e non svelo l’espediente per chi non l’avesse letto. Cerco sempre anche io di inserire l’espediente letterario e grazie a esso il libro si scrive da solo, con pochi altri elementi che poi mi portano a studiare l’epoca, usi, costumi ecc. e la cosa mi assorbe sempre e in modo rinnovato.


Nelle sue presentazioni offre un buffet?
No, trovo che sia un “non valore aggiunto”.
Lo considero quasi spocchioso. O perlomeno se io partecipo a qualche presentazione di altri autori non ho alcuna necessità di mangiare. Diciamo che è l’ultimo pensiero.
Se dovessi offrire qualcosa, penso che metterei al massimo una coppa di cioccolatini all’uscita, rigorosamente solo all’uscita, magari legati uno a uno con un segnalibro che abbia stampata la cover e la quarta del libro o una citazione.
Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
Certamente. Mia figlia ha scelto questo piatto che vi propongo e l’aveva chiamato “ La pasta dell’amore”. A questo piatto è legato un momento particolare, purtroppo triste, e volevo toglierle quell’ombra sul viso. Mi ero inventata una ricetta “magica” capace di far sorridere, lei era piccola e aveva funzionato. Ancora oggi la preparo ed evoca in mia figlia qualcosa che la fa stare bene sempre.
Eccovi la ricetta, semplice e veloce:

FARFALLE DELL’AMORE
Ingredienti:
Cipolla, Zucchine, pomodorini ciliegino, basilico fresco, olio d’oliva extravergine, origano, sale q.b., farfalle (o comunque pasta corta, tipo mezze penne).
Esecuzione:
Far appassire la cipolla tritata con l’olio extravergine in una padella antiaderente o in ceramica, abbastanza capiente. Tagliare le zucchine a quarti di rondelle e unirle alla cipolla e farle cuocere a fuoco abbastanza vivo, Tagliare in due i pomodorini e unirli poco prima quasi a cottura ultimata delle zucchine. Regolare di sale, e nel frattempo preparare la pasta in abbondante acqua salata. Tagliuzzare del basilico fresco, unirlo al condimento insieme a una spruzzata di origano. Quando è a metà cottura la pasta versarla dentro la padella non scolandola bene e se necessario far finire di cuocere la pasta con il condimento unendo qualche cucchiaio con un po’ di acqua di cottura (in questo modo, l’amido della pasta non verrà perso del tutto nell’acqua). Per impiattare, dopo aver adagiato la pasta sul piatto preparo  delle rose con la buccia di pomodoro e sotto adagio delle foglie fresche di basilico. Poi, spolvero il piatto con il basilico tritato di fresco (vedi foto).
Servire subito e buon appetito!
Quale complimento le piace di più come cuoca? “Tutto buonissimo!” Sentire questo mi rende felice  e ripaga di ogni fatica legata alla preparazione!
E come autrice? Tra i tanti messaggi ricevuti (in seconda pagina del libro c’è il mio indirizzo di contatto elettronico in FB) riporterei il commento di una lettrice romana che mi aveva scritto in privato un bellissimo messaggio. Non lo faccio, ma mi aveva sorpreso in modo positivo per ciò che mi aveva scritto. Dopo averle chiesto il contatto in Facebook mi ha poi scritto un commento dove diceva che per ben tre volte l’aveva letto! Spero di incontrarla un giorno, conoscerla di persona. Penso sia proprio una brava persona, me lo sento.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Trarrò tre pezzi che riguardano un party a Villa Eveline, a Val d’Oise, vicino a Parigi e quindi ho l’occasione per dire che non è un romanzo ambientato in Sardegna. Altri manoscritti, sì, lo sono, ma non mi piace scrivere solo di Sardegna e penso per davvero che tutto il mondo è paese.  Ho scelto parti che non svelano la trama, che non contengono cose particolari, ma potrebbero essere significative per il contesto e non solo per quello:
“… Anche io chiudo il diario, lo nascondo di nuovo tra le mie bozze e mi occupo del party per alcune ore.
Venerdì arriva puntuale.
Ce l’ho fatta, sono esausta ma anche soddisfatta: l’evento voluto da Didier sta per avere luogo. Non è stato facile, tutto però è pronto fino all’ultimo dettaglio. I gazebo, con ogni ben di Dio, sono stati allestiti a bordo piscina. I camerieri nella loro candida divisa si aggirano per ultimare la disposizione dei piatti e delle bevande sui lunghi tavoli coperti da tovaglie di lino color panna e sopra delle guide color ocra. I fiori, il verde del giardino, gli alberi, cespugli e le siepi del parco rendono la scenografia un tripudio di colore e vita. Ho perlustrato tutto quanto, prima di prepararmi. Sono ampiamente soddisfatta del risultato finale e… gli invitati stanno per arrivare.

… L’orchestra inizia a suonare, quando insieme a lei torno verso il giardino.
Io e Didier apriamo le danze: quello sarà l’unico ballo che faremo insieme in tutta la serata. Per il resto della festa è Constance che godrà delle sue braccia. Converso ancora con Jacques, che non ama ballare, poi ancora con Cecile, i miei suoceri, alcuni dirigenti dell’azienda e altri invitati.
Non vedo l’ora che la serata finisca.
L’oscurità predomina tutto a un tratto, avvolgendo nelle sue spire il crepuscolo e calando severa nel parco. Solo lo spazio dedicato al party riesce a contrastarla, con le luci che lo illuminano.
Con la coda dell’occhio vedo Didier che si allontana, quasi furtivamente, assieme a  Constance. A un tratto spariscono dalla mia vista.
Faccio una cosa che non avrei mai fatto in vita mia.
No, non penso a nessuna scenata, non sono il tipo.
Sgattaiolo in camera, lasciando così tutti gli invitati. So benissimo che è un gesto maleducato, ma lo faccio in modo consapevole, infischiandomene per una volta delle regole del bon ton.
Incontro Violette quando sto per salire la scalinata che porta alle camere. Ci guardiamo. Sembra che stia per dirmi qualcosa, ma fermo subito l’uscita delle sue parole con un gesto della mano. Parole che forse avrebbe vestito con un cenno di saluto e un sorriso. Non mi dispiace per nulla che quelle parole mai le sentirò. Mi basta il pesante disagio che mi sommerge.
La lascio così, tra lo stupore e il dispiacere. E salgo di fretta i gradini. Molto di fretta.
Percorro il corridoio come fossi una ladra e chiudo la porta della suite matrimoniale al mondo esterno. Mi basta stare così, sola, per un attimo; mi sento protetta tra queste pareti, ormai non più estranee.
Sì, in questa stanza mi sento protetta nella mia indignazione, dall’insolenza di mio marito e del “nuovo acquisto dell’ufficio legale”.
Cosa posso fare? Mi chiedo, anche se sono animata dalla pura e semplice rassegnazione. Guardandomi allo specchio, che diventa l’unico spettatore della mia fragilità, riesco solo a desiderare di non piangere; non voglio disperarmi, non voglio reazioni evidenti alla mia crescente e intollerabile frustrazione…

… Il senso di sconforto implode e si traduce in pianto quando esco in veranda. Le luci della festa, la musica e i rumori attutiti mi riportano a quando Didier mi aveva chiesto di sposarlo. Era la vigilia di Natale. Scaccio subito quella scena dalla mia mente e decido di tornare al party. Sì, è proprio finita tra noi, mi dico. Questo percepisco mentre mi ritocco il maquillage con un velo di cipria.
Dopo essermi calmata e aver raccolto i cocci di me stessa, torno in giardino. Didier è…”

Grazie per la sua disponibilità.
Grazie a voi! 

sabato 10 novembre 2012

Il mio nuovo racconto su 365 Storie d'amore Delosbooks edizioni, novembre 2012



Il mio racconto Incontro in carne e ossa potete leggerlo qui! Sono molto contenta.
Racconti d'amore per  un anno.

Mi chiamo Eddy, una recensione col cuore da una lettrice.

Amo i lettori che con molta gentilezza vogliono condividere con me le emozioni provate leggendo una storia come questa.
Li ringrazio tanto, non è facile per tutti comprendere la semplicità e la grandezza dell'amore in qualsiasi forma.

"L'autrice Federica Gnomo attraverso il suo lavoro "Mi chiamo Eddy" permette di far volare i lettori tra le righe a perdifiato,tanto quelle parole sono coinvolgenti e tanto esse sono scritte in maniera così scorrevole e catturante!
Verrebbe spontaneo iniziare con una domanda: come fa Federica a rendere così speciale un ragazzo tra tanti,un giovane come Eddy?


Sarebbe bello sapere questo suo segreto in quanto riesce a infondere in questo giovane protagonista un'anima ricolma di dolcezza, ,di sensibilità, ,di delicatezza,,di amore vero Lo rende particolare:,fa pulsare in lui un cuore sognante. ,Basta "osservarlo" mentre si rivolge al mondo con quel suo sguardo perso ( per questo ringraziamo la sua miopia,ma come affascina quello sguardo!)

.
Chissà quante ragazze oggi come oggi,se avessero avuto la possibilità di conoscerlo,,frequentarlo, magari nella sua stessa scuola o nella stessa classe,,si sarebbero prese una bella cotta,infischiandomene altamente del suo orientamento sessuale,seppur rispettandolo.

.. Naturalmente si sarebbero ritrovate a soffrire per amore,perchè niente al mondo può mutare il dna di un essere umano,in questo caso di un ragazzo eccezionale,nel cui sangue,scorre una naturalità considerata dalla maggior parte delle persone adulte odierne,solo malata.e che invece altro non è che puro e sano amore,e volontà di donarsi ad un altro ragazzo,giovane altrettanto dolce e sensibile,anche se del suo stesso sesso,in questo caso Daniel..

Per altro chissà, forse altre mamme, senza nulla togliere alla mamma di Eddy,, si sarebbero accorte della bellezza straordinaria di questo piccolo,sin dalla più tenera età,e non avrebbero avuto vergogna,non avrebbero voluto nasconderlo,come invece si legge nelle prime pagine di questo racconto!
Federica dipinge in modo bellissimo questo ragazzo.... Bello nel momento in cui si trova a fronteggiare con un cugino prepotente,,arrogante,,presuntuoso,,invidioso il cui unico merito sta nell'aver individuato sin da subito quale tipo di amore sarebbe stato capace di provare Eddy,un amore gay,ma un amore che non lo vede coinvolto,nonostante il suo stesso orientamento....
Come si difende bene il piccolo Eddy,tutto solo,vista. la superficialità del suo papà e con una mamma,certo amorevole,ma non fino al punto di chiedere al suo figliolo la fatidica domanda che tanto egli avrebbe desiderato sentirsi porre da sempre: "Amore piccolo,dimmelo a cuore aperto,sei gay?" o meglio,usando le parole citate nel testo" Eddy,ma tu cosa ne pensi?"...
Invece Eddy cammina da solo,tenta di percorrere una strada insieme ad una ragazza,Caterina,ma sente la mancanza di qualcosa e così arriva a destinazione, comprende che Daniel,il suo giovane,biondo bellissimo amico,altro non è che LA SUA STESSA ANIMA.

...
Così,con una famiglia cosiddetta normale alle spalle in declino,si lega al suo amico creando una storia d' amore dolce,tenera,pulita e orientata verso l'infinito....
"Eddy è divenuto Edoardo e ha iniziato spiccare il volo...."
"Un fiocco azzurro tra le nuvole. Anzi due.Intrecciati..."
Federica è determinata e bravissima! La sua scrittura non solo è scorrevole,ma non ammette distrazioni... E' coinvolgente,avvolgente e a tratti toglie il respiro

...
I suoi epiloghi poetici....Quelli che non permettono altro che di essere amati sin da subito, come da amare è il contrasto che creano con altri colori più netti con cui lei dipinge la storia, persino quelli con cui osa pitturare la cover,così forte,,decisa,,provocatoria.....
Privilegiato dovrebbe sentirsi chi ha la fortuna di poter volare a perdifiato e riflettere tra le righe di "Mi chiamo Eddy"..."


Milena Gianangeli

giovedì 8 novembre 2012

PERDERSI PER POI RITROVARSI, della dott. Francesca Saccà



E' da poco che seguo i post di questa psicoterapeuta, e devo dire che li trovo pieni di energia e positività, per questo e per la chiarezza con cui esprime i suoi concetti, voglio consigliarvi la lettura del suo ultimo lavoro,
Perdersi per poi ritrovarsi, Dante Alighieri editore, 2011 e vi invito a visitare le sue  pagine fb. 


"Percorrendo il sentiero della vita capita di smarrirsi, di inciampare, di ferirsi o peggio ancora di cadere. E’ assolutamente normale perdersi. Rialzarsi, ritrovarsi e ritornare sul sentiero, per quanto difficile, è segno di evoluzione interiore. Ma da soli non è facile riuscirci.
E’ proprio per questo che ho dato vita al libro"
 PERDERSI PER POI RITROVARSI-Suggerimenti per non smarrirsi lungo il sentiero della vita – Società Editrice Dante Alighieri, 2011


Il mio libro si pone l’obiettivo di offrire dei suggerimenti pratici per gestire le angosce tipiche dei momenti difficili dell’esistenza (paura di cambiare, di sbagliare, di essere giudicati, di scegliere) e per rimettersi in piedi dopo le ‘cadute’.
Questo viaggio tra buio e luce vuole offrire a tutti i lettori la possibilità di riflettere sul senso della propria storia di vita e di evolversi, edificando esperienze positive che consentano di andare oltre i limiti posti dal passato.
Se vogliamo colorare di senso la nostra vita dobbiamo concederci la possibilità di ritrovarci. Quando la vita rovescia la nostra barca, alcuni affogano, altri lottano strenuamente per risalirvi sopra. Io non sono riuscita a domare il mare – chi può riuscirci?- ma di certo sono risalita sulla barca. E dunque perché non impegnarci a risalire? Perché rimanere aggrappati a pensieri e sentimenti che, come demoni, ci impediscono di ripulire la mente e andare avanti nel percorso? Perché, se si vuole arrivare alla cima e godere dello spettacolo, è necessario stringere i denti e lasciare per strada il superfluo.
Per acquistare il testo disponibile in ebook o cartaceo:
http://www.societaeditricedantealighieri.it/libreria/index.php?main_page=product_info&cPath=125&products_id=1286

lunedì 5 novembre 2012

IN CUCINA CON LO SCRITTORE Laura Bellini

Interviste libro-culinarie di Federica Gnomo Twins



Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Laura Bellini, Il mondo dopo te Butterfly edizioni, 2012, per averci aperto la porta della sua cucina.
Il mondo dopo te: Una vita trascorsa all'ombra di un vuoto che non riesce a riempire, solo il vago ricordo di un terribile periodo per l'umanità. Hope, la protagonista, rivive e ricorda, in punto di morte, una vita che aveva dimenticato. Ripercorrerà un cammino tortuoso che, anni prima, l'aveva condotta attraverso i mondi che racchiudono la Terra per salvarla dalla distruzione. Chi è la figura che le accarezza una spalla facendole sobbalzare il cuore? E chi è davvero Hope? Un romanzo che racconta un viaggio, che narra l'amore in tutte le sue forme. Un susseguirsi di flashback che la condurranno alla verità e alla più amara delle accettazioni.


La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare?
Mi piace tantissimo mangiare, non solo le classiche ricette della mia zona, ma anche e soprattutto, le sperimentazioni e questo si riflette anche nel mio modo di cucinare.
 Lo fa per dovere o per piacere?
Spesso lo faccio per dovere; buttare un piatto di pasta o cuocere una fettina non mi dà grosse soddisfazioni. Quando devo cucinare per le festività o per occasioni speciali è lì che tutto il mio estro trova sfogo e, in quei momenti, è un vero piacere mettersi ai fornelli!
 Invita amici o è invitato?
Di solito invito proprio perché amo mettere a tavola più persone. E vengo perennemente rimproverata perché gli ospiti devo alzarsi dalla sedia con i pantaloni sbottonati!
 Ha mai conquistato amici o una donna cucinando?
No, gli amici li coccolo cucinando per loro, ma chi entra in casa mia deve fare già parte della mia cerchia di amicizie.
Vivrebbe con  un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Già lo faccio…Però in questo modo almeno non si litiga su chi deve preparare le pietanze.
Quando ha scoperto questa sua passione?
Appena mia madre mi ha permesso di fare esperimenti in cucina! Ho iniziato dalle cose semplici per poi creare un mio stile culinario molto personale. Alla fine ne ho fatto anche un lavoro per un po’ di tempo.
Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo?
Probabilmente le torte di compleanno che preparavo per i miei genitori: pan di spagna, fragole e tanta panna montata!
Ha un piatto che ama e uno che detesta?
Detestare un cibo? Più che detestare ci sono cibi che non mangio per alcune mie convinzioni personali. Non assaggio la cacciagione, pur avendo un nonno cacciatore che ci riempie il freezer di carne, e non posso pensare di mangiare l’agnello. Il suo belato mi ricorda troppo il pianto di un bambino. Le uniche cose che proprio detesto sono le frattaglie di qualsiasi tipo.
Cosa amo? I funghi, i tartufi, il pesce e la pizza. Questi sono i piatti di cui proprio vado ghiotta.
Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano?
Il marroncino o il grigiastro. Non so, che colore hanno le frattaglie?
Penso rossiccio…
Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare ferma a scrivere?
Se scrivo di mattina verso le 11 mi faccio un caffè per staccare un po’, ma non ho particolari riti scaramantici riguardo le scrittura. Scrivo quando ne sento il bisogno, dove mi capita e all’ora in cui trovo il tempo.
Scrive mai in cucina?
Se la camera dei miei figli è occupata allora scrivo in cucina, ma preferisco farlo nella stanza dove tengo tutto il materiale informatico per evitare di fare avanti e indietro e perdere tempo.
E a che ora le viene più naturale?
Di solito scrivo la mattina, quando sono sola a casa e non c’è nessuno che accende la TV o che mi chiama per avere un bicchier d’acqua! Se le dita prudono e non altri impegni sono comunque capace di scrivere per dodici ore filate alzandomi solo per mangiare un boccone.
Si compra cibo pronto ( tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura?
Cibo pronto? Dovessero fare conto sui miei acquisti, le aziende alimentari fallirebbero in pochi mesi! No, non compro cibi pronti, piuttosto preferisco mangiare un panino veloce.
Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce?
Salato. Mi capita di sgranocchiare qualche patatina mentre rileggo un manoscritto.
Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta?
La cosa più strana che mi sia capitata riguardo il cibo è, senza ombra di dubbio, la corsa contro il tempo che ho dovuto fare per preparare il pranzo per la cerimonia della Confessione di mio figlio. Premetto avevo quaranta persone da far sedere a tavola. L’esperienza lavorativa come cuoca nell’agriturismo più famoso della mia zona, mi ha insegnato molto riguardo l’organizzazione di banchetti. Era tutto pronto, la scaletta che mi preparo ogni volta che devo cucinare per molte persone, rispettata nei minimi dettagli. La mattina della cerimonia alle 6 metto la sveglia, dovevo preparare gli antipasti prima di andare in Chiesa in modo che, al ritorno, tutti potessero sedersi a tavola con il piatto pronto. Aspetto la fornaia alle 6:30 ma lei non arriva. Il suo cellulare è spento, non so come rintracciarla. Le lancette dell’orologio corrono, si fanno le 8 e ancora lei non si vede. Al forno non hanno il mio pane dato che l’ho ordinato e ora sta viaggiando nel furgone delle consegne chissà in quale direzione. Inizio a preoccuparmi, mi resta un’ora prima di dover correre a fare la doccia e vestirmi: devo fare 200 crostini!
La fornai arriva dopo mezz’ora, tranquilla e sorridente. Io sono pronta ad accoglierla con la lupara caricata. Cerco di non farmi prendere dal panico, non posso farmi aiutare perché sono molto precisa quando cucino e voglio che le cose siano fatte a modo mio. Rispetto i colori, i sapori e anche le consistenze di ciò che servo.
Alla fine riesco a compiere l’impossibile e la festa è un successo, ma ho imparato a non fidarmi della mia fornaia, da quel giorno, quando ho bisogno di pane per gli antipasti, vado a comprarlo direttamente in negozio!


Lei è una scrittrice di fantasy quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con suo marito?
Con i bambini si va in pizzeria, è il modo più veloce per mangiare qualcosa senza rischiare di farsi saltare i nervi per l’attesa! Diverso è quando esco a cena con il marito o con gli amici, allora scelgo quasi sempre dei buoni agriturismo dove si possa stare in compagnia con un buon piatto di carne alla brace e chiacchierare con un bicchiere di sangiovese fra le mani.
Oppure per festeggiare una pubblicazione?
Quando festeggio una pubblicazione preferisco farlo a casa, magari organizzando una cenetta romantica per mio marito.
 Cosa tende a ordinare in un locale?
Vado pazza per gli antipasti, iniziare una buona cena con un bel piatto di crostini per me è l’ideale. Non amo molto i primi, quindi tendo a escluderli dal mio menù, a meno che non si tratti di qualche pasta particolare. Ordino quasi sempre carne alla brace o una bella tagliata al sangue. Strano per una che è stata vegetariana per metà della sua vita!
Ha mai usato il cibo in qualche storia?
In un manoscritto ancora non pubblicato parlo spesso di cibo, non solo quello attuale, ma faccio riferimenti anche ad alimenti ormai scomparsi dalle nostre abitudini culinarie.
Ad esempio in Il mondo dopo te ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo?
In questo romanzo il cibo è solo accennato. I protagonisti compiono un lungo viaggio e si nutrono delle poche scorte che sono riusciti a portarsi dietro come cracker o formaggio spalmabile!
Lei evoca con il cibo? Il cibo è mai protagonista?
Il cibo non è protagonista, ma lo ricordo spesso con profumi o sapori. Ciò che potrebbe evocare sono alcuni ricordi legati agli odori o alla nostalgia.
Il mondo dopo te a che ricetta lo legherebbe, e perché?
Bella domanda! Penso che lo legherei al pollo al curry per i colori decisi del piatto e la mescolanza di sapori che lo contraddistingue.
Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti?
Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o ad offrire quasi un pasto completo?
Quando partecipo a un evento gradisco molto l’offerta di un buffet, quindi io mi regolo di conseguenza. Mi piace offrire di tutto, dai tramezzini ai pasticcini accompagnati da prosecco e qualche bevanda analcolica. E’ un momento in cui lo scrittore si avvicina ai lettori, l’attimo in cui si tira un sospiro di sollievo dopo  l’ansia della presentazione, quindi credo che un bel buffet sia d’obbligo.

Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio?
Dato che è ormai autunno ed è tempo di funghi vi regalo una ricetta per un antipasto veloce, semplice e di sicura riuscita.
FAGIOLI CON PORCINI
 Cuocete i fagioli borlotti in abbondante acqua salata, (per velocizzare potete usare anche i cannellini in barattolo) e scolateli. Pulite e tagliate a pezzetti i porcini e trifolateli con aglio, olio, sale, prezzemolo e un pizzico di peperoncino. In un tegame capiente versate i fagioli, unite i porcini e aggiungete tanta panna da cucina quanta ne serve per rendere tutto cremoso. Servite caldo con crostini di pane abbrustolito o spicchi di piadina.
Veramente ghiotto!
Quale complimento le piace di più come cuoco? E come scrittore?
I complimenti fanno sempre piacere! Mi piace riceverne quando cucino, ma forse quelli letterari mi appagano di più. Noi scrittori abbiamo sempre bisogno di conferme. Se preparo un piatto che non riesce bene me ne accorgo, ma se scrivo un romanzo non riesco a trovarvi i difetti. Per questo abbiamo bisogno di complimenti, insieme a qualche critica costruttiva.
Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina?
Sicuramente il passo che amo di più ne Il mondo dopo te e che spiega bene il significato che ha per me l’amore.
Amo Aidan, lo amo di un amore insostenibile, lo amo come si ama qualcuno che non c’è, che non esiste, qualcuno che vive dentro ai tuoi sogni.
Questo amore è ardente nonostante l’età.
Questo amore è tutto ciò che mi resta.
Ti ringrazio di cuore per avermi ospitata nel tuo blog.
Grazie per la sua disponibilità