sabato 30 giugno 2012

MI CHIAMO EDDY, di F.Gnomo Twins

http://www.unilibro.it/find_buy/findresult/libreria/prodotto-libro/titolo-mi_chiamo_eddy/autore-gnomo_twins_federica_.htm

Questa è la storia tenera e apparentemente semplice di un amore tra due ragazzi gay, che coinvolge e sconvolge anche i rapporti famigliari di Eddy, il protagonista. Un libro che si legge velocemente, perchè l'argomento diversità che poi è "uguaglianza di sentimenti", è affrontato in maniera lieve e a tratti ironica. Il linguaggio e i penseri formulati da Eddy sono adatti a un ragazzo della sua età: sono stavaganti, a volte buffi, ma mai superficiali.
Grazie a chi leggerà, e rifletterà sulla bellezza della presa di coscienza dell'amore.

lunedì 25 giugno 2012

IL BAMBINO CHE BACIAVA TUTTI di F.Gnomo Twins

Questo è il racconto che si trova sull'antologia il Rosso e il Nero, Diamond editore, maggio 2012.


Il bambino
che baciava tutti


Bill era un bambino difficile. Non nel senso classico del termine. Tipo un ragazzino chiuso, che non vuole  fare amicizia con nessuno,  che prende a morsi i compagni di scuola, o dice parolacce oscene.
Bill era difficile da avere davanti agli occhi tutti i giorni. Difficile da comprendere e confrontare con gli altri. Difficile da  non amare.
Ecco, questo è giusto. Difficile da non amare.

Bill era carino. Delicato. Educato.
Bill restava con una farfalla sul naso anche cinque minuti. Bill non disturbava.
Andava e veniva in punta di piedi. Pulito. Ordinato. Pettinato.
Bill aveva una voce deliziosa. Un cestino pieno di cose buone che distribuiva a tutti i compagni.
Bill profumava di lavanda. Mordeva una pesca con labbra rosa. Bill era una rosa.
Bill aveva sei anni.
Bill baciava tutti.E questo era il problema.

Bill baciava.
Baciava con quella sua boccuccia rosa le guance di ogni essere umano.
Emanava tenerezza mentre baciava.
E questo era il problema.

Una rosa che si posava come un soffio sulle guance tenere o dure,
 rosa e non rossa. Solo esclusivamente una rosa.
E un sorriso fatto di petali sfogliati.
Bill sorrideva e baciava, Bill era una rosa che baciava e sorrideva.
Bill faceva innamorare.
E questo era il problema.

Furono riunite le maestre, fatto un consiglio, esposto l’argomento. La preside chiamò i genitori.
Bill era un bambino difficile da accettare. Bill non era violento. Bill non rubava i colori dagli astucci. Bill non parlava durante le spiegazioni.
Bill baciava tutti
E questo era il problema.

La madre storse la bocca, il padre storse il naso.
Bill fu chiamato e non storse niente.  Baciò la preside sulla guancia grinzosa.  La mamma e il padre.
Bill baciò un raggio di sole nella stanza.
E questo era il problema.

Bill aveva la bocca rosa aperta quando gli fu proibito di baciare.
Gli occhi spalancati.
Bill non capì.
Poteva urlare, correre, o fare a spinte. Infilarsi nel bagno delle bambine. Versare acqua sui fiori fino ad annegarli,  strappare i disegni del suo compagno di banco,  ma non poteva baciare.
Né il bidello, né la maestra, né il suo migliore amico.
Bill non poteva più baciare .
E questo divenne il problema.

Si doveva controllare. La sua bocca  rosa,  lucida  e fiorita, non doveva baciare il postino, né il panettiere dove comprava la merenda.  La portinaia e sua figlia mentre giocava il pomeriggio.
Ne’ il libro o il diario. La penna col cappuccio.
Bill ci provò.
Eppure qualche volta quella bocca rosa sfuggiva, e leggiadra si posava su qualche compagna, il banco, la lavagna.
Lasciava una traccia di tenerezza.
E questo era il problema.
Non si riusciva a impedire.
Fu fatta una visita, chiamato un medico, uno di quelli bravi, e Bill lo baciò.
Furono prescritte lastre, analisi,  terapie, pasticche rosa , in una bocca di petali rosa. Bill baciò l’infermiera e le pasticche.
Bill era un bambino difficile. Bill era un bambino che non si poteva non amare. Bill baciava tutti.
E questo era il problema.

***

Bill crebbe e le sue labbra crebbero con lui. Grandi, morbide, sempre più rosse. La rosa  tenera si era colorata di rosso sangue.
Bill era divenuto un adolescente difficile da non desiderare.
La rosa rossa voleva sfogliarsi sui volti e sulle mani. Voleva premere e sfogare. Voleva fiorire mille e mille volte. Pungere e sanguinare.
Ma  Bill non poteva baciare.
Era un ragazzo difficile. La famiglia lo doveva capire.
 Bill era un ragazzo che desiderava amare.
.E questo era il problema.

Poteva stare fuori a fumare, insultare  i professori, farsi di cocaina, guidare senza patente.
Invece lui desiderava baciare.
Era diverso.
E questo era il problema.

“Crescendo, passerà,”sentenziarono i sapienti.
“Son cose da adolescenti!”
 Bill fu  confinato, sgridato,  guardato con sospetto. Bocciato.
Bill rimase molto tempo a letto. Le labbra gli facevano male.
Bill doveva baciare.  
Quando si alzò, baciò lo specchio.
Baciò se stesso.
E si compiacque. Cos’altro poteva fare? Non aveva più nessuno da baciare.
Depose le proprie labbra sulle sue. Le trovò fredde. Forse per questo nessuno le voleva?
Perché era così terribile baciare? Bill se lo domandava.
E questo era il problema.

 Per quanto cercassero i parenti, gli amici e i conoscenti, non si  trovò la soluzione.
Il ragazzo era una gran disgrazia. La famiglia fu commiserata. Meno male che aveva un altro figlio.
Dovevano farsene una ragione.

Intanto passarono i mesi,  e  le belle labbra rosse di Bill si seccarono, la rosa sfiorì. Il sorriso si spense.
Non cantava più la sua voce. Volarono via i petali delle rose portandosi con sé il desiderio di baciare.
Crebbero solo le spine.
Nessuno capiva che Bill aveva bisogno di  donare.
Conteneva troppo amore.
E questo era il problema.

Suo fratello  soltanto si preoccupò : troppo magro, troppo alto, troppo bello. Troppo solo.
Lo prese per mano, aprì la porta e lo invitò a fuggire.
“Bacia chi vuoi Bill!” disse.
E Bill  esitò.
Era un ragazzo difficile.  Uno di cui ci si poteva innamorare. Bill non doveva baciare.
“Bacia chi vuoi!” disse ancora suo fratello e lo sospinse.
E Bill prima di sparire si voltò e baciò sulla guancia suo fratello.
Poi baciò il postino, baciò un tizio fermo sopra un motorino. Baciò l’autista del tram, baciò la signora con la spesa.
Bill baciò senza ritegno.
E questo era il problema.
Furono chiamate le guardie. Bill fu arrestato.
Grandissimo reato: Bill aveva baciato.

La condanna fu severa.
Bill andò in galera. La cosa era certa. Lo meritava.
Bill baciava tutti.
E questo era il problema.

Bill aspettò che  venissero a liberarlo. In fondo che aveva fatto di male? Desiderava solo baciare.
Non si vide mai nessuno.
Troppa vergogna.
Solo suo fratello lo andava a trovare.

Aspettò un pomeriggio e una notte. Aspettò un anno, aspettò maggio, aspettò che le labbra si gonfiassero di nuovo fino a spaccarsi. Aspettò che sanguinassero. Aspettò che la sua maglia si tingesse di rosso sangue. Aspettò fino a non poterne più,  e alla fine    baciò   il compagno di cella.
Affondò le labbra su quelle di lui fino a divorarle, strinse le sue  spalle, poi continuò verso il collo. Petali di rosa rossi,  un  morso e  sprizzò sangue .  Provò piacere.
Varcò il confine. Immobilizzò la preda, graffiò esasperato. Lo fece urlare.
Baciò con disperazione.
Bill era un ragazzo difficile da sopportare, Bill voleva baciare.
Fu allontanato, isolato,  punito.
Psicanalizzato.
Ma lui rimase in silenzio. Ripensò ai petali rosa  che si erano mischiati a quelli rossi.
A quanto aveva sofferto. A come era difficile baciare.
A come il bacio non era stato mai la porta dell’amore. A come gli aveva portato solo dolore.
Decise di aver baciato  abbastanza. Assaporato. Sperimentato.
Guance morbide e ruvide, giovani e vecchi. Pesche succose e prugne secche.
Aveva sempre donato.
Ora, in carcere,  aveva rubato.
E questo forse significava essere  normale.
Bill era stato  un ragazzo difficile. Uno che voleva baciare tutti.
Ora era guarito. Ora, scontata la sua pena, finalmente sarebbe uscito.
Le porte si aprirono.
Era un giorno qualunque di quelli caldi  prima dell’ estate.
Labbra bagnate. Petali rossi di rosa. Gonfi, pressanti.
Bill violentò una donna.
Bill  dichiarò  così  il suo amore alla sua sposa.


FINE

MI CHIAMO EDDY di Federica Gnomo Twins

                   http://www.youcanprint.it/youcanprint-libreria/narrativa/chiamo-eddy-gnomo.html




Il bacio sazia.
Il bacio riempie la bocca e il cuore.
Non lascia spazio a niente.
Tutto prende.



Mi chiamo Eddy
Mi chiamo Eddy è un libro di Gnomo Twins Federica pubblicato da youcanprint, di genere letteratura italiana, queer:  testi - 9788866187424.

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domenica 24 giugno 2012

IL RUMORE DEI TUOI PASSI




Il rumore dei tuoi passi
Valentina D’Urbano
Longanesi / maggio 2012


Devo dire che il romanzo di Valentina D’Urbano mi è piaciuto subito a partire dal titolo e la cover.
Il titolo è stupendo e azzeccato, perché l’eco degli zoccoli di legno  accompagna e sottolinea, come un sottofondo musicale, molti passaggi del romanzo. E la cover è didascalica perché polverosa, grigia  e spenta come lo sfondo di degrado in cui si muovono Beatrice e Alfredo, e tutti i protagonisti rassegnati di questa comunità. A onor del vero, però, non tutto è sfumato, infatti sulla copertina spicca una ragazza  in evidenza, e questo è voluto per sottolineare  la determinazione di Beatrice  di non lasciarsi travolgere completamente dall’ambiente in cui è nata.

Posso dire con sicurezza che lo stile di Valentina D'Urbano è diretto, l'autrice usa  un linguaggio semplice a tratti poetico, ma sempre e comunque brusco. Questo è quanto richiedeva questa storia che parte affascinante come un romanzo d’amore, senza tratti rosa,  e si trasforma in un incubo che mi ha ricordato i protagonisti di “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”.
 Si parla infatti di affetto speciale, nato tra due bambini vicini di casa, uno dei quali si mostra subito il più debole, Alfredo, che viene quasi adottato dalla famiglia di Beatrice, per sottrarlo alle botte del padre perennemente alcolizzato. I due piccoli amici, uniti al punto di assomigliarsi e conformarsi; diventare una cosa sola, tanto da essere chiamati gemelli, saranno lo spunto per mostrarci anche un ambiente di profondo degrado in cui vivono gli abitanti di periferie sub urbane, malservite e quasi abbandonate a se stesse. Qui in realtà ho avuto il primo sobbalzo, Valentina è giovanissima ma la storia, che al principio sembra contemporanea ( a mostrare quanto poco ahimè è cambiato in certe situazioni di degrado), si colloca invece in un periodo preciso: gli anni ottanta. Mi sono chiesta se fosse stata una scelta editoriale, o no, vista la giovane età della scrittrice, poi proseguendo nella lettura, in effetti, ho pensato che dovesse essere proprio una scelta dell’autrice per il tema trattato, cioè la dipendenza dall’eroina. Droga quasi dimenticata oggi, che ha fatto e fa migliaia di morti e la cui lotta è per molte famiglie un incubo quotidiano, ma che ebbe appunto i suoi picchi proprio negli anni ottanta.
L’ amore-odio-disprezzo; legame di sangue come vero, tra Alfredo e Beatrice e tutta la sua famiglia, è però il sentimento dominante e intrigante della prima parte della storia, che comunque non rimane circoscritta ai due protagonisti ma  si allarga  fino a coinvolgere molti altri personaggi della comunità e la rende corale anche nel suo finale tragico.
 L’attrazione che provano i due ragazzi, e il non volerlo ammettere per tutto il romanzo,   la volontà ferrea di Beatrice di proteggere Alfredo, anche contro se stesso, l’amore negato e poi sublimato nel sacrificio, sono  la spina dorsale  del racconto che comunque si nutre  di  un forte senso immobilismo sullo sfondo, di morte immanente che copre ogni angolo della Fortezza, insieme all’assenza della speranza di potersi riscattare dei suoi abitanti. Tanto è vero che  l’autrice , a scanso di equivoci, ci informa subito alla prima pagina che non ci sarà un lieto fine. Che questa, seppur a tratti bella e commovente, è una storia durissima. E mantiene le promesse per tutto il romanzo. Seppure giovane Valentina non cade in sbavature e percorre perfettamente la strada prefissata, mantiene coerenti i suoi personaggi fino alla fine, tranne che per un punto che io avrei evitato, un particolare nel finale che non sto però a rivelarvi, e che rende la storia meno dura e tutto sommato   si poteva evitare. Il che comunque  ricade  nelle aspettative personali e non inficia una storia interessante, diversa, e soprattutto diretta e coraggiosa.

Voglio terminare dicendo che il romanzo e lo stile di Valentina coinvolgono tutti i 5 sensi. In ogni capitolo si avverte il gusto amaro o ferroso del sangue, i colori scialbi e grigi del cemento, il rumore dei passi di Alfredo e dell’umanità della Fortezza, simile ad un enorme animale ripiegato su se stesso, gli avvallamenti dei lividi o la rugosità  delle croste sulla pelle, l’odore di sporco, muffa e urina. Ma anche quello dell’amicizia, lasciato sul cuscino di un letto dove non si consuma mai del sesso ma solo disperato bisogno d’amore e di possesso.

Federica Gnomo